LA CINA APRE
IL CONGRESSO:
VENTI DI NOVITÀ?
Parte 2 di 2.
Chi si accinge ad affrontare questo pezzo ha già probabilmente avuto occasione di leggere la prima parte, che porta lo stesso titolo e nella quale si tratta riguardo il XX Congresso del Pcc, il Partito comunista cinese che ha aperto i battenti domenica 16 ottobre alle 10 (4 in Italia), e che si chiuderà sabato prossimo, il 22 ottobre.
Dopo aver spiegato le possibili conseguenze sociali di tale evento e averne presentato le caratteristiche generali, è opportuno spostare l’attenzione sul modo in cui la Cina stessa, o meglio, il suo popolo sta reagendo, portando alla luce esso stesso quella contraddizione che il gigante asiatico da alcuni anni tende ad incarnare. Come si legge da una fonte italiana, che ha fornito spunti di riflessione anche per il precedente articolo, stanno emergendo moti e manifestazioni come, ad esempio, “una rara protesta anti-Covid a Pechino con le autorità che hanno rimosso alcuni striscioni di contestazione anche contro il presidente Xi”. Questa vicenda, accaduta nel primo pomeriggio di giovedì 13, è diventata virale sui social media: basti pensare che “sugli striscioni sistemati sul ponte di Sitong c'erano diversi slogan, tra cui un appello alla cacciata di Xi (definito un traditore) e per la fine delle politiche draconiane per contenere il Covid-19”. Molte immagini e video hanno fatto il giro dei social, come un filmato su Twitter (poi oscurato) che ritrae l’intervento della polizia per arrestare un uomo, e un altro che mostra “del fumo provenire dalla carreggiata in corrispondenza del punto in cui erano appesi gli striscioni, come per attirare l'attenzione di autisti e passanti”.
L'area interessata direttamente da queste manifestazioni si trova nel nordovest della capitale cinese, vicino alla zona universitaria di Zhongguancun. "Non vogliamo test Covid, vogliamo mangiare; non vogliamo lockdown, vogliamo essere liberi", si leggeva su uno striscione. "Vogliamo voti, non leader; vogliamo la dignità, non le bugie; siamo cittadini, non schiavi": la fonte continua spiegando che “la politica 'zero Covid', sponsorizzata con forza da Xi, ha causato con i blocchi totali e parziali pesanti danni economici e ha alimentato una frustrazione diffusa nelle città cinesi: anche a Pechino, dove i temi politici sono tabù, è facile raccogliere sfoghi spontanei e non sollecitati, anche da persone insospettabili”.
Queste, dunque, le condizioni di un Paese fra i più grandi e potenti al mondo che da una parte si dimostra impeccabile al tavolo delle trattative all’occidentale, dall’altra invece funge da culla di subbugli e movimenti che di democratico spesso hanno ben poco.
Una fonte differente riporta, a proposito, l’intervento di Axel Berkofsky, professore all'Università di Pavia e Co-Head dell'Asia Centre dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale): "Crescita economica e prosperità in cambio del silenzio, della garanzia che non ci saranno sfide alla governance del Partito comunista cinese sono l’accordo tra il Pcc e il popolo su cui si è basata la forza del Partito-Stato, [...accordo che però] non funziona più bene se un regime autoritario non riesce più a creare prosperità materiale. La Cina ha una grandissima classe media e non tutti soffrono il declino economico nell'immediato, ma [non va esclusa] una crisi di governance: il Paese, se non cambia rotta, potrebbe andare in recessione, magari non ufficialmente”.
Il presidente Xi Jinping, che "si considera come Mao", sarà probabilmente il primo ad entrare nella Grande Sala del Popolo, in ordine di importanza, alla fine del Congresso, ed è su chi lo seguirà, sugli “eredi” almeno morali che si concentra l’attenzione: come conclude la nostra fonte, “dalle minacce su Taiwan alla geopolitica [egli] compie passi che avranno un impatto molto negativo sull'economia cinese, in cui la crescita economica rapida ha sempre creato il fondamento della pretesa di potere del Partito”.
Cosa pensare, dunque, vista una situazione di questo genere? Da un lato sembra quasi inutile fare congetture, aspettandoci già una realtà dei fatti prevedibilissima… Dall’altro invece sarebbe più opportuno, come si addice ad ogni cittadino che nutra un minimo interesse anche nei confronti delle vicende e dei fatti non propriamente a lui vicini, cercare di applicarsi con la mente a quanto sta accadendo, senza accantonarlo come estraneo, ma rimanendo in guardia perché, come ben si è sperimentato, non tutto ciò che accade in un luogo rimane lì confinato. Tutto il mondo è paese: non limitiamoci al nostro.
Boris Borlenghi
17/10/2022