1943 - 2023
Il 16 ottobre 1943 le forze nazi fasciste entrarono nel ghetto ebraico di Roma e rastrellarono 1.023 esseri umani che deportarono al “campo di sterminio” di Auschwitz.
Al termine della guerra soltanto 16 di questi tornarono alle loro case vivi.
Tutte gli altri furono “passati per il camino”, questo il linguaggio di quelle “bestie” delle SS.
“Bestie” quelle del tempo, “bestia” l’assassino che ha massacrato dei poveri ed ignari tifosi svedesi a Bruxelles nelle ultime ore.
“Bestie” gli adepti di Hamas che hanno sgozzato e bruciato, si spera non da vivi, bambini ed anziani il 7 ottobre scorso in Israele.
Chi, “cittadino semplice” come io sono, studia, vede questi eventi e coglie la ciclicità Vichiana della storia.
Chi, “cittadino semplice” come io sono, pervicacemente lavora per mantenere in se la certezza che l’umiltà del “sapere di non sapere” è l’unico strumento per migliorare la propria capacità di comprendere, nel vedere queste nefandezze recenti ed antiche sente dentro di se il desiderio di trovare risposte a molte domande che in lui emergono con forza.
La prima di queste è comprendere la reazione emotiva di chi ha, direttamente o indirettamente, vissuto eventi così gravi.
Questo mi ha portato a voler incontrare un amico di religione ebraica, persona assai più colta di me e della media di coloro che oggi ci innondano con le loro parole vuote attraverso le quali intendono spiegare a noi, sempre “cittadini semplici”, cosa stia accadendo in Terra di Abramo.
Una persona moderata, questo mio amico, che ha subito la Shoah.
A lui ho chiesto di mettermi nella condizione di comprendere le emozioni di coloro che si trovavano in Israele quel 7 ottobre di pochi giorni fa e nei giorni che sono seguiti.
Fra il tanto di lui che mi ha donato nella nostra chiacchierata, all’interno di un ragionamento sul “senso dell’ accerchiamento”, mi ha raccontato che sua mamma gli narrava che nel 1946, durante i pogrom fatti dagli arabi musulmani agli ebrei, mentre i primi invadevano con la violenza anche le case dei secondi, dicevano "Tbah àl yehud.", “Scanna il giudeo”.
“Scanna” dicevano a quel tempo gli arabi nella Terra di Davide. Era il 1946 e non era ancora nato lo Stato d’Israele.
Furono “scannati” gli ebrei dai nazisti nei, tanti, campi di concentramento.
Sono stati “scannati” i poveri tifosi svedesi ieri a Bruxelles.
Sono i “barbari” coloro che nei secoli pensano di vincere i loro nemici “scannandoli”.
“Scannare” vuol dire, appunto, “sgozzare”.
In queste settimane abbiamo dovuto, noi “cittadini semplici con un anima”, veder sgozzare dei bambini!
Ancor peggio, abbiamo dovuto sentire degli “intellettuali” cercare delle “motivazioni” che a tale “barbarie” permettano di dare delle “giustificazioni”.
Il 14 maggio 1948 il presidente del Consiglio nazionale ebraico Ben Gurion, un grande statista che seppe guidare il suo popolo, proclamò la fondazione dello Stato di Israele.
Questo avvenne dopo che, nel 1947, la Gran Bretagna aveva dichiarato la fine del suo mandato sulla Palestina rimettendosi per la soluzione della questione ebraico palestinese alle Nazioni Unite.
Fu un Comitato speciale ad elaborare un piano di spartizione territoriale che fu approvato con una maggioranza di due terzi dall’Assemblea generale dell’ONU il 29 novembre 1947.
L’ONU, attraverso quella delibera, aveva previsto la spartizione della Palestina occidentale in uno Stato ebraico e in uno arabo palestinese.
Il piano fu accolto con favore dagli ebrei, ma fu osteggiato dagli arabi.
Lo stesso giorno in cui il presidente Ben Gurion proclamò lo Stato d’Israele l’Egitto e la Siria invasero il neo Stato.
La motivazione fu che gli “ebrei” stavano occupando la terra dei palestinesi, terra araba.
Quel territorio, a dire il vero, nel tempo, vide il dominio di numerose civiltà.
Prima i cananei, a seguire gli egizi, poi gli israeliti, i filistei, i babilonesi, i romani ai tempi di Nostro Signore Gesù Cristo, i bizantini, i crociati e gli ottomani, furono tutti popoli che ebbero il potere su quella terra.
Terra che, infine, divenne parte del mandato britannico della Palestina prima di divenire, questa era la volontà delle Nazioni Unite, il luogo ove sarebbero dovuti formarsi due Stati per due popoli che avrebbero potuto, e dovuto, vivere in pace.
Nel Libro quella Terra è chiamata “Terra Promessa”, per questo, gli ebrei hanno sempre scelto quel luogo come propria terra elettiva.
Vi andarono gli ebrei di Spagna allorquando, nel 1492, Torquemada convinse la regina Isabella ad espellere gli ebrei.
Vi andarono gli ebrei nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale allorquando le organizzazioni sioniste iniziarono a progettare la costituzione di uno Stato ebraico.
Dopo la seconda guerra mondiale, pur se la Gran Bretagna cercasse in ogni modo di impedire un esodo di ebrei verso la Terra di Davide, moltissimi fra coloro che si salvarono dalla tragedia dei campi di concentramento, decisero di andare a vivere nella Terra Promessa.
Ebrei e mussulmani palestinesi si scontrarono in quel tempo.
Entrambi compirono atti terroristici di eguale efferatezza.
Fu questa la causa che portò, nel 1947, l’Assemblea generale dell’Onu ad approvare il “Piano di partizione della Palestina”.
Una scelta saggia che non fu presa all’unanimità.
Oggi i popoli, tutti i popoli, sono chiamati a fermare la violenza ed a recuperare la saggezza.
Questo non può passare per scelte ideologiche.
Questo non può avvenire se, prima, le “belve” non verranno estirpate dal tavolo della politica.
Questo non potrà avvenire se non saranno prima restituiti agli affetti dei loro cari gli ostaggi rapiti dalle “belve” e portati nella Striscia di Gaza.
Solo allora potrà essere recuperata la centralità della politica, quella che portò nel 1947 l’Assemblea dell’ONU a deliberare con saggezza, quella che portò il 13 settembre 1993 a ratificare i cosiddetti Accordi di Oslo, quella che ha portato lo Stato di Israele e alcuni Stati arabi a sottoscrivere i cosiddetti Patti di Abramo nei tempi più recenti.
Il mondo intero agogna una pace sana e durevole in quella martoriata terra di Palestina.
Una pace basata sul rispetto reciproco.
Una pace basata sulla ricerca dell’equilibrio possibile e non dell’utopia.
Per raggiungere questo obbiettivo servono statisti capaci di superare le ideologie.
Oggi tanti parlano, e straparlano, di “inclusività”, parola troppo spesso utilizzata per “dividere”.
Io, sempre “cittadino semplice”, vedo i morti, morti inutili, e spero, finalmente, che il “tempo della ragione” prenda il sopravventò sul “tempo dell’odio”, anche di quello camuffato da “inclusività”.
Ignoto Uno
18/10/2023