Quale “tipo” di Papa potremmo desiderare
che arrivasse dopo Francesco

Due cose colpiscono immediatamente all’annuncio della morte di Papa Francesco: la prima è che la reputazione della Chiesa cattolica a livello mondiale, nonostante crisi, divisioni interne, lacerazioni varie per casi di pedofilia, scandali finanziari, conflitti profondi di natura dottrinale, questa reputazione – dicevamo – rimane intatta e, anzi, forse è addirittura cresciuta. Lo hanno mostrato il profluvio di servizi televisivi, radiofonici, giornalistici subito scattati e che hanno monopolizzato i notiziari in ogni parte del mondo. La Chiesa, nonostante tutto, continua a fare notizia, ad essere un punto di riferimento morale e spirituale imprescindibile. Ne hanno bisogno coloro che credono in Dio, ne hanno bisogno anche i non credenti che avvertono una esigenza profonda, quasi inconscia, di confrontarsi con il “soprannaturale”! E il Papa, con la sua Chiesa, è la raffigurazione vivente della dimensione “altra” a cui tutti guardiamo, anche se non crediamo in nulla … o quasi!
La seconda cosa, altrettanto singolare e potremmo dire sorprendente, è che alla “morte del Papa” il mondo non si ferma!
Questo avviene per il semplice motivo che non si tratta di una morte qualsiasi: sappiamo infatti che tutti moriremo, tanti uomini e donne muoiono ogni giorno. Ma la “morte del Papa” è qualcosa di diverso: in essa confluiscono la speranza dell’eternità, promessa da Gesù sotto forma di premio eterno per i buoni e castigo eterno per i malvagi, insieme alla caducità naturale di ogni essere umano, compreso il “vicario di Cristo”, colui cioè che da duemila anni viene scelto dai cardinali per proseguire l’opera di guida della Chiesa nella storia quale successore di Pietro.
Che un Papa muoia è un fatto clamoroso e ordinario insieme: egli è un uomo come noi, questo Papa in particolare, senza i tratti ieratici di un Paolo VI, oppure senza i tratti “profetici” di un Giovanni Paolo II, oppure senza i tratti teologici di un Benedetto XVI. Francesco invece si è caratterizzato per la sua intelligenza acuta, le accentuate e divisive simpatie “politiche” e migratorie, la decisa propensione non da tutti capita e gradita, ad abbracciare i “diversi” (gay, trans, poveri). i suoi “sbalzi di umore” (e Francesco ne ha avuti parecchi!). Ma è stato certamente il Papa che ha saputo raggiungere i “lontani” (non credenti, fedeli di altre religioni, atei, marxisti) mostrandosi ed essendo nel profondo un uomo e un prete venuto da lontano, figlio di gente semplice e umile, migrante come i tanti sui barconi che da anni cercano di venire da noi in Europa o in UK o negli USA, cioè nei paesi ricchi.
Davanti alla eccezionalità della morte di Francesco la mattina del Lunedì dell’Angelo, il giorno dopo la Pasqua, vengono alcuni pensieri di prospettiva.
Il primo è che “il tempo non è ancora finito”, come alcuni millenaristi vorrebbero: davanti al mondo si parano eventi epocali, una quarantina di guerre in corso di cui le due più famose (Gaza e Ucraina) non accennano a fermarsi, questioni economiche fortissime quali l’avanzata della intelligenza artificiale che rischia di spazzare via intere filiere produttive e di lavoro, i temi ambientali con l’inquinamento che cresce e minaccia gli equilibri di decine di paesi, la crescita della popolazione mondiale che oggi già viaggia oltre gli 8 miliardi e potrebbe comportare gravi problemi di sussistenza e di sfruttamento dell’agricoltura per sfamare così tante bocche.
Non sarà impresa facile per i circa 130 cardinali che a breve saranno chiamati a scegliere il successore di Francesco. Dovranno guardare a un uomo capace di fare sintesi tra i fattori ecclesiali interni, evitando lacerazioni profonde tra progressisti e conservatori già in corso in questi ultimi anni. Il futuro pontefice dovrà anche presentarsi sulla scena della politica internazionale come un uomo di dialogo e di compromesso di fronte a protagonisti coriacei quali la Russia, Israele, il mondo islamico, la Cina, l’India (che sarà forse la vera sorpresa dei prossimi anni) oltre a un “terzo mondo” emergente che sta rapidamente crescendo e anela al tenore di vita dei paesi occidentali dei quali conosce tutto tramite internet e i social media.
Ci vorrà quindi un Papa moderno e deciso, capace di destreggiarsi tra la diplomazia curiale romana, i vescovi dei cinque continenti che risentono delle “pulsioni” identitarie delle rispettive nazioni e culture locali, la politica internazionale messa a dura prova dai tanti conflitti e dall’emergere di figure quali i tre capi delle grandi potenze (XI, Putin e Trump), in particolare per le ripercussioni nei rapporti tra i “blocchi” e i vari organismi internazionali (Onu, Oim, Oms, Ue ecc.)
Il futuro Papa dovrà quindi essere un uomo di grande fede, capace di attrarre i credenti più semplici e genuini, come pure le élite politiche e culturali spesso in conflitto tra di loro per il dominio delle rispettive società. Ma dovrà anche essere “furbo come i serpenti” (lo ha insegnato Gesù) per non farsi ingabbiare in schemi riduttivi, al servizio dei più ricchi e dei più forti: la Chiesa ha il dovere di essere libera e indipendente per potere dire quello che va detto a chiunque, senza timori o sensi di inferiorità.
Personalmente tiferei per il ritorno a un Papa italiano e azzardo due nomi: il card. Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato vaticano, uomo di sicura fede, di grande equilibrio religioso e politico, oltre che figura capace di riunificare le componenti più in conflitto dentro la Chiesa per via dei diversi “salti in avanti” effettuati da Papa Francesco. Il secondo nome è quello del card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, figura che potrebbe costituire un grande mediatore nell’ormai eterno conflitto tra gli ebrei e i diversi popoli musulmani dell’area.
Vedremo cosa si “inventerà” lo Spirito Santo che, per chi crede, guiderà la scelta dentro il Conclave. Intanto recitiamo una preghiera di suffragio per Francesco, che oggi è davanti al Dio da lui servito per tutta la sua vita. E magari, da buoni cristiani, preghiamo perché il nuovo Papa arrivi presto, senza divisioni tra i cardinali e sia un uomo capace di continuare a guidare la Chiesa che – non dimentichiamolo mai – è una “barca nella tempesta” (lo dice il Vangelo) dentro la storia dell’umanità.
Il Credente
22/04/2025