Italia fra “emergenze” e “ipertrofia emotiva”
Il rapporto annuale del Censis 2023 rappresenta l’Italia come una nazione che vive in una sorta di “ipertrofia emotiva” e racconta un Paese ove viene vissuto tutto come una “emergenza”.
Certamente, nell’Italia del dopo Covid, i media rappresentano tutto ciò che accade nella nostra nazione, probabilmente è meglio dire tutto ciò che ad un certo mondo interessa portare a conoscenza degli italiani, con toni allarmistici e, troppo spesso, acritici.
Emergenza femminicidi, emergenza fame nel mondo, emergenze umanitarie, emergenza bambini in Africa, emergenza adozioni a distanza, emergenza climatica, emergenza CO2, emergenza efficientamento energetico, emergenza catastrofi, emergenza migranti, emergenza occupazione, emergenza casa alle giovani coppie, emergenza ospedali, mi scuso se mi sono dimenticato qualcuna delle tante, troppe, “emergenze” che, sempre con toni tragici e grande patos, vengono dai media portate al cospetto dell’opinione pubblica italiana.
Nel sentire i media sembra sempre che vi sia una tragedia incombente vicino a noi. Ovviamente la stragrande maggioranza di queste “emergenze” ha un numero telefonico a cui si “può donare”, soldi ovviamente.
Molte le parole, spesso urlate, nei talk show televisivi, parole vuote, pressoché mai concrete. Parole senza reali e profonde, strutturali e strategiche, risposte politiche da presentare, e magari attuare, ai cittadini elettori.
Io, sempre “cittadino semplice”, a titolo di esempio fra i tanti, desidero portare alla memoria di chi mi onora di dedicare il suo tempo a leggere il mio pensiero proprio rammentando la follia del “cappotto termico” alle nostre abitazioni. Una valanga di denaro pubblico, oggi sappiamo una valanga di truffe, che ha devastato il conto economico, già pessimo, dello Stato italiano. Voglio insistere, solo una persona in assoluta malafede o assai poco avvezza all’analisi dei numeri può trovare una soluzione percentualmente significativa al tema della “emergenza da CO2 nel mondo” attraverso i pannelli solari.
Certamente la nostra amata Patria una seria e preoccupante “emergenza” la sta vivendo, forse l’unica di cui non si sente, se non raramente, parlare sui media, è la flessione demografica. L’emergenza delle nascite.
Numeri che preoccupano quelli che, sul tema, riporta il Censis nel suo rapporto annuale.
Recentemente abbiamo, noi “cittadini semplici” armati di comune senso del ridicolo, dovuto vedere surreali dibattiti ove la classe politica si “confrontava” sul tema dichiarando che la riduzione dell’IVA sugli assorbenti avrebbe facilitato le giovani coppie ed agevolato la ripresa della natalità.
Questi i numeri che ci presenta il Censis. Solo il 25,8% delle coppie italiane nel 2040 avrà figli e nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti, oggi siamo circa 59 milioni.
Una Italia la cui popolazione sarà composta sempre più di anziani, basti pensare che si prevede che vi saranno 3,7 milioni di cittadini in meno nella fascia di età fino ai 35 anni e 4,6 milioni di persone in più in quella sopra i 65 anni con una popolazione che tenderà verso i 55 milioni.
In questo quadro gli over 85 si stimano, sempre nel 2040, in 1,6 milioni e diminuiranno di 8 milioni di unità i residenti in Italia in età lavorativa entro il 2050.
Oggi sono 23 milioni e 182mila gli italiani che lavorano e mantengono tutti gli altri, il 39% circa della popolazione, di cui solo 3,7 milioni nel manifatturiero, cioè in quella comparto del “secondario” che produce il 71% del valore aggiunto della nazione.
Gli impatti sul sistema socio economico e produttivo saranno estremamente preoccupanti se, da subito, siamo già in nettissimo ritardo, non si porranno in essere azioni politiche e normative adeguate a riequilibrare questa fotografia dell’Italia.
La scelta politica di favorire l’ingresso di persone da altri continenti in modo massivo e senza reali e concreti percorsi formativi finalizzati ad integrare questi nella nostra cultura sta già avendo impatti preoccupanti ed inaccettabili.
Impatti, già oggi, sgradevolmente ed assai facilmente percepibili anche sulle nostre tradizioni, sul nostro modello sociale e culturale.
Altissimo, ed altrettanto inacettabilissimo, almeno per un “cittadino semplice” come me, vedere le proprie origini giudaico cristiane, le radici profondamente radicate nei latini e negli etruschi, nella cultura ateniese prima ed illuministica successivamente, essere a rischio. Essere messe rapidamente in discussione e minoritarie da etnie sempre più presenti nelle nostre comunità.
Etnie che, con ostentazione, evitano di acquisire i nostri costumi, anzi li criticano sempre più apertamente e cercano di imporre la loro visione culturale anche con l’uso della violenza.
Di tutta evidenza è indispensabile che una seria e chiara presa di coscienza di questa gravissima situazione, questa sì che è una “emergenza”, non solo da parte di chi, pro tempore, è chiamato a governare, ma da parte di tutto il sistema sociale italiano.
Voglio essere chiaro. La cultura della “accoglienza” non può essere dominante sulla “nostra cultura e le nostre tradizioni”.
Tristemente, noi “cittadini semplici” orgogliosamente radicati nelle nostre tradizioni, dobbiamo prendere atto che il Censis, nel suo ultimo rapporto, ci informa che il 73% degli italiani è convinto che, per via degli sconvolgimenti globali, arriveranno in Italia sempre più migranti e non sapremo come gestirli.
Il 73% è preoccupato della “invasione” in atto.
La strisciante scelta di far entrare queste persone senza reali controlli, senza reali procedure di integrazione culturale, è un fatto.
Fatto che non è difficile temere possa ben presto vederci subire le stesse situazioni di pericolo a cui i francesi sono oramai abituati.
Altrettanto interessante quel 73,4% che mette al centro i “problemi strutturali”.
La scuola e l’università non riescono a formare i profili richiesti dalle imprese, il sistema produttivo lamenta la carenza di manodopera e di figure professionali.
Contemporaneamente la nostra amata Italia è la nazione UE27 con il più alto tasso di disoccupazione, mentre il sistema produttivo vede, già oggi, una variazione negativa del Pil nel secondo semestre (-0,4%) e la stagnazione dell’economia nel terzo trimestre. Fatto assai più preoccupante, vede la riduzione dell’1,7% degli investimenti fissi lordi.
Assenza di programmazione che è drammaticamente, ed assai sgradevolmente, visibile anche nel sistema sanitario nazionale ove la qualità delle prestazioni è in continuo peggioramento.
In alcuni casi le risposte superano il livello della inadeguatezza per tracimare in quello della “drammatica comicità”. Come altrimenti definire una risposta del sistema sanitario pubblico che prevede accettabile programmare a sei mesi, in alcuni casi è anche peggio, una operazione chirurgica per un carcinoma?
Altrettanto inqualificabili gli standard del trasporto pubblico urbano in moltissime città italiane nelle quali le zone ZTL sono in continua crescita, forse perché i propri amministratori pubblici sono assai più avvezzi alle auto con i lampeggianti che alle attese alle fermate degli autobus pubblici.
Il rapporto del Censis ci dice che gli italiani vivono in una “ipertrofia emotiva”, sarà certamente vero, ma, forse, hanno raggiunto l’annichilamento da delusione verso il proprio ceto dirigente.
Gli italiani, infatti, i “cittadini semplici” come sono io, sono oramai delusi e stanchi di questo ceto dirigente che, come ho imparato nel mio periodo di vita fiorentina a dire con quella feroce ironia che in quella terra è presente, nulla altro fanno se non “farsi vento con la lingua”.
Urlano, urlano, ma nulla dicono e, soprattutto, nulla di concreto fanno.
Preso atto di tanta inadeguatezza mi fermo a pensare e mi persuado che le tante “emergenze” che la nostra amata Italia deve fronteggiare, emergenze alcune drammaticamente “vere”, altre assai “utili a non farci pensare a quelle vere”, troverebbero le proprie soluzioni se tornassero i De Gasperi e i La Pira.
Chissà perché, preso atto che le giovani coppie di italiani che hanno preso la via del migrare hanno un tasso di natività estremamente più alto di quello dei pari età in Italia, credo che la soluzione alla “emergenza natalità” sia in un nuovo ceto politico italiano.
Chissà perché, preso atto della distanza fra quanto promesso in campagna elettorale dai governanti ed amministratori nostrani rispetto alle loro “azioni” raggiunto il “potere”, credo che la nostra amata Patria vedrebbe tornare il proprio popolo a sorridere e perdere quel senso collettivo di “ipertrofia emotiva” rappresentata dal Censis se, o quando, ritroverà un ceto dirigente autorevole, coerente fra il proprio dichiarare ed il proprio fare, e, magari, perché no, austero.
Ignoto Uno
05/12/2023