Dal CPAC di Washington
a Roma.
Messaggi da oltre oceano.
A Washington, dal 1 al 4 marzo, si è svolta la convention del Partito Repubblicano statunitense chiamata CPAC.
Il CPAC nacque per volontà di un grande Presidente americano, fu Ronald Regan a volerla.
Quel Ronal Regan le cui azioni politiche furono la causa del termine della guerra fredda in Europa, della fine dell’Unione Sovietica, permisero la riunificazione delle due Germanie, la formazione di sistemi democratici in tutte le nazioni che compongono la zona est dell’Europa e che, direi soprattutto, seppe firmare a Reykjavik, in Islanda, la pace con l’allora Presidente russo Gorbachev.
La Conservative Political Action Conference, CPAC appunto,dalla prima edizione del 1974 è il momento in cui il partito repubblicano statunitense delinea le linee politiche a breve ed a medio termine.
Allo stesso tempo con la Conferenza vengono definite le forze in campo all’Interno dello stesso partito rispetto alle primarie che decideranno il candidato alle elezioni per il presidente degli Stati Uniti delle successive elezioni presidenziali, oggi quelle del 2024.
Molti luoghi comuni, pressoché sempre di origine giornalistica, sono stati spazzati via da questa CPAC.
Essa, infatti, ha delineato un partito con un leader indiscusso.
Il CPAC ha nettamente definito il Presidente Donald Trump come la vera guida del mondo repubblicano americano.
Il sondaggio interno ha dato risposte chiare, il 62% degli elettori repubblicani vuole Trump come candidato.
Il Governatore della Florida Ron Desantis si ferma solo al 20%.
Gli altri potenziali, almeno così li dichiarono il mondo dei media, raggiunge valori ad una cifra.
L’unica candidata ad oggi realmente presente, Nikki Haley, candidata in chiave antitrumpiana, ottiene il 5% delle preferenze.
L’unica credibile, quella, appunto, di Ron Desantis, infatti, non è stata ancora annunciata dal diretto interessato. Ad oggi sono esclusivamente i media ad annunciarla in continuazione, anche nei giorni appena precedenti questa CPAC. Desantis continua a non dire niente e chi lo conosce realmente riferisce che in privato Ron spera di correre in ticket con Trump e non di correre in solitaria contro Trump.
Posizionamento molto logico sia per la vicinanza fra i due e per l’età del Governatore della Florida, sia per le attuali pulsioni all’interno del partito repubblicano.
Guardando il discorso conclusivo di Trump al CPAC si possono identificare molti messaggi molto interessanti anche per noi italiani ed europei.
Il Presidente Trump ha, per esempio, dichiarato di sapere come “agire per far terminare la guerra in Ucraina”. Dichiarazione che evidenzia il fatto che Trump vuole agire per trovare un nuovo equilibrio fra le due super potenze occidentali basato sul dialogo e non sulla guerra.
Il Presidente ha ribadito “la pericolosità dei deep state”, dei “giudici corrotti”, dei “servizi segreti deviati”, della cultura “globalista”, lui la definisce “comunista e socialista”, proveniente da Davos.
Il mondo dei media continua a definire le affermazioni del Presidente Trump come “fake news” ma, come evidenzia il sondaggio interno, il popolo repubblicano statunitense le reputa credibili.
Gli americani vogliono comprendere fino in fondo quanto alcuni apparati dello Stato abbiano deviato il corso della democrazia in Stati Uniti e del fatto che i media le definiscano “fake news” poco loro importa.
Sapranno i media, non solo in Stati Uniti ma anche nella nostra Europa ed Italia, aiutare il ceto dirigente a comprendere questa evidenza proveniente da oltre oceano?
Il mantra della “fake news” poco serve a comprendere le logiche americane nel caso, oggi assai probabile, che il Presidente Trump dovesse sedere nuovamente nello “studio ovale” della Casa Bianca.
FBI, CIA e procuratori legati al deep state sono stati avvertiti, con loro i loro amici. Il popolo repubblicano americano non intende vivere in una democrazia corrotta e deviata.
“America first” è il loro motto e la loro America non prevede che alcuni corpi dello Stato dirigano gli Stati Uniti da dietro le quinte.
Le primarie sono ancora lontane, tuttavia è chiara la linea politica del partito.
Tanto chiara da costringere i commentatori italici, da sempre schierati contro il Presidente Trump, a dichiarare che “Trump è molto più forte di quanto si pensasse e con buona probabilità sarà lui a sfidare Joe Biden nel 2024 “.
Messaggio che, auspicabilmente sapranno riportare anche i delegati dei gruppi parlamentari europei ed i consulenti della Presidente Meloni presenti alla Convention.
Forse, questi ultimi, da politologi e professori universitari, saranno più attenti a riportare i segnali che, anche dai discorsi nei corridoi e non solo dal palco, avranno potuto percepire, comprendere.
Segnali che potrebbero essere determinanti per il futuro della nostra amata Italia.
Segnali con cui dovremo molto probabilmente fare i conti in futuro.
Molti ed importanti questi segnali. Dal continuo ripetere che nel 2020 “la vittoria è stata rubata” al fatto che il 79% dei rappresentanti repubblicani presenti disapprova gli aiuti, militari e non, all'Ucraina.
Nella linea di politica estera presentata da Trump si ribadisce quanto il Presidente sarebbe stato pronto ad attuare durante il suo secondo mandato in ordine alla ristrutturazione della NATO.
Allo stesso tempo il discorso del Presidente ha evidenziato nuovamente, e con determinazione, la non terzietà della Organizzazione Mondiale della Sanità rispetto ad alcuni interessi e la vicinanza della stessa alle politiche della Repubblica Popolare Cinese.
Sulla Cina il Presidente ha ricordato che, se verrà eletto, ne bloccherà l'import per quattro anni, togliendo a Pechino lo status speciale di partner commerciale.
Non casuale, per chi comprende i segnali deboli, la presenza dell'ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro. Un “amico” lo ha definito Trump dal palco.
Ultimo ma non ultimo, il Presidente Trump ha definito per ben tre volte “un amico” anche il Presidente Putin.
A chi vuol intendere
Ignoto Uno
06/03/2023