Se la gerarchia della Chiesa rinuncia
a difendere il messaggio cristiano
Tutto potevamo aspettarci, salvo forse che un papa insistesse nel voler convincere i fedeli che sia bene “benedire” le coppie gay e irregolari. Un tempo nessuno si sarebbe posto il problema di tali “benedizioni”: si sapeva che i separati convolati a nuova unione venivano considerati “pubblici peccatori” e come tali non potevano pensare di pretendere alcuna “benedizione”, semmai dovevano pentirsi, cambiare vita e solo allora sarebbero tornati in grazia di Dio e quindi riammessi alla comunione spirituale con Dio nella Chiesa.
Peggio ancora per le coppie omosessuali, che una volta se ne stavano ben nascoste, un po’ per il forte stigma collettivo che le bollava come immorali (anche da “sinistra” e non solo da ambienti ecclesiali o democristiani!). Chi voleva vivere e intrattenere relazioni con un partner dello stesso sesso lo faceva in piena clandestinità, o quasi: sono noti i casi di cantanti, attori e uomini di spettacolo di cui tutti conoscevano la “tendenza”, che si guardavano bene dallo sbandierarla ai quattro venti.
Oggi invece c’è il “pride”, l’orgoglio gay, con le sue sfilate e la pretesa che la società riconosca non soltanto la legittimità di tale rapporto di amore, ma anche che esso sia totalmente parificato al matrimonio con tutto ciò che ne consegue sul piano civile, giuridico e – perché no? – pensionistico…
Ebbene, il papa si è accodato a questa tendenza tramutando in “fragilità” come si dice oggi, quello che invece era considerato un grave peccato, per di più considerato “impuro contro natura”. Francesco ha più volte fatto capire che per lui i “peccati sessuali” sono meno gravi, anzi quasi quasi non sono neanche peccati, rispetto a quelli “sociali”: così tra i grandi mali da lui denunciati ci sono lo sfruttamento dei poveri, dell’ambiente, il rifiuto della accoglienza dei migranti, sopra a tutto c’è il male del capitalismo, mentre lo sbocco sociale a cui anela sarebbe quello di un mondo senza frontiere, dove ciascuno va dove vuole e fa quello che gli pare senza controlli, senza passaporti, senza vincoli di sorta, in una società di fatto “comunista”, con una spruzzatina di cattolicesimo tanto per non dimenticare cosa ci sta a fare in Vaticano ….
Traslasciando i dettagli sulle schermaglie e i rifiuti suscitati dalla dichiarazione sulle benedizioni di cui sopra (si sono opposti tutti i vescovi africani, quelli olandesi, molti altri in giro per il mondo), il dato di fatto è che Francesco non cambia idea. Lo ha detto in ulteriori interviste e dichiarazioni, mettendo così in forte imbarazzo vescovi e parroci anche in Italia, costretti a inghiottire questo “boccone amaro” senza potersi ribellare, perché il papa è pur sempre anche il primate d’Italia.
Ma la ciliegina sulla torta viene da un altro alto esponente della Chiesa bergogliana, il card. Marc Ouellet, canadese, prefetto emerito del Dicastero per i Vescovi e presidente emerito della Pontificia Commissione per l'America Latina, oltre che ex-arcivescovo di Québec (Canada).
Ebbene, cosa ha detto Ouellet? Come riferisce il sito Nuova Bussola Quotidiana, in un articolo sulla rivista “Communio” Ouellet ha affermato che «L’era del cristianesimo è finita». «È iniziata una nuova era in cui i cristiani devono riposizionarsi in relazione al loro ambiente se vogliono trasmettere l’eredità culturale e spirituale del cristianesimo. Il cristianesimo è estraneo a questo ambiente; è accolto con indifferenza o addirittura ostilità, anche nei paesi tradizionalmente cattolici».
Secondo Ouellet, «Dobbiamo riflettere sul futuro del cristianesimo in un contesto che si aspetta che i cristiani adottino un nuovo paradigma per testimoniare la propria identità. Per questo dobbiamo guardare alla diversità culturale e religiosa con disponibilità al dialogo e offrire la visione cristiana gratuitamente e con attenzione alla fraternità umana».
A parte il fatto che già Gesù aveva detto ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15, 18-19). Quindi, - prosegue la Nuova Bussola Quotidiana - se il mondo odia il cristianesimo (com’è naturale che sia), «i cristiani devono riposizionarsi»? E cosa significa «riposizionarsi»?
Il finale del commento della Bussola è tragi-comico: “Tra tutti questi slogan, non facilmente decifrabili, appare alla mente una immagine chiara, precisa: un cartello appeso ad un negozio. Su questo cartello, una scritta: «Chiuso per fallimento». Io l’ho capita così: «Se vogliono trasmettere l’eredità culturale e spirituale del cristianesimo» i cristiani devono smettere di trasmettere l’eredità culturale e spirituale del cristianesimo; se vogliono «testimoniare la propria identità», devono piantarla di testimoniare la loro identità. Il sale della terra deve perdere sapore, per essere gettato via e calpestato dagli uomini (Mt 5, 13)”.
Quindi viene da chiedersi: ma allora, se il papa di fatto cambia la dottrina morale benedicendo tutti i peccati, senza che ci sia pentimento; e se un cardinale dice che bisogna abbandonare le perenni posizioni del cristianesimo per “adattarsi al mondo”, a che gioco stiamo giocando? Di parere ben diverso è un altro cardinale di tempra più austera e fedele alla Chiesa di sempre: Gerard Muller, grande teologo allievo di Benedetto XVI, sostiene che siamo di fronte al rischio di “fallimento” della Chiesa. La cosa sarebbe assai grave, salvo il fatto che (speriamo) non dovrebbe mai verificarsi perché Cristo ha assicurato che “le porte degli inferi non prevarranno”. Se le cose stanno così, ci resta quindi una sola domanda: noi cristiani comuni, persone semplici, vogliamo una Chiesa “fallita” o che abbia il coraggio di continuare ad annunciare il Vangelo così come lo ha ricevuto?
Il Credente
02/02/2024