In settembre al voto in Italia:
e il "diritto alla vita" chi lo tutela?
Ci ha chiesto di poter scrivere per Noi, una firma del giornalismo Italiano.
Una firma che noi ovviamente conosciamo, e proviene da Mondi complessi, che hanno avuto e continuano ad avere una grande importanza non solo in Italia.
Mondi che trattano temi altissima levatura, molto spesso fortemente delicati, dove nel trattarli è necessaria quella preparazione e competenza, che tengano conto di sensibilità e culture diverse e che invece spesso per demagogia, vengono sbrigativamente strumentalizzate.
Così ogni giudizio sommario ed affrettato, diventa fortemente divisivo, ed apparentemente indicato come indice di libertà.
L’utilizzo dello Pseudonimo “Il Credente”, che noi rispettiamo custodendo l’autore, ci induce a riflettere sulla complessità delle posizioni che in certi ambiti potrebbero essere oggetto di “censura” o altro.
Lo ringraziamo vivamente per averci scelto e lasciandovi fruire quanto ci ha trasmesso.
In settembre al voto in Italia: e il “diritto alla vita” chi lo tutela?
Dopo la recente sentenza della Corte Suprema degli USA sul “diritto all’aborto”, che non è contenuto nella Costituzione e quindi il suo riconoscimento viene demandato alla legislazione dei singoli Stati federali, è scoppiato a livello occidentale tra le due sponde dell’Atlantico un forte dibattito se tale “diritto” sia da considerarsi tra i “diritti umani” (come vorrebbero i partiti di sinistra a livello della UE), oppure se sia da bandire come violazione del primario “diritto alla vita”, come da sempre dice la Chiesa e come sostengono i movimenti “pro-life” in ogni parte del mondo.
Un ottimo intervento del vescovo Thomas Maria Renz, ausiliare della diocesi di Rottenburg-Stoccarda, ospitato dal blog di Marco Tosatti “Stilum Curiae” (clicca qui per il testo completo), rappresenta una pietra miliare per il pensiero cattolico di sempre. Mons. Renz a chiare lettere propone la tesi seguente: “La questione della protezione della vita diventa una questione di appartenenza confessionale: non può essere cattolico chi non professa chiaramente e inequivocabilmente il diritto illimitato alla vita fin dall’inizio!”.
Più avanti riprenderemo qualche passaggio analitico dello scritto di mons. Renz. Per ora, fermandoci a questa prima e fondamentale affermazione, dobbiamo considerarne la ricaduta diretta per l’elettorato italiano: un vero credente che in Italia si riconosca nell’insegnamento bimillennario della Chiesa cattolica, a rigore di logica non potrebbe mai votare per un partito che nel suo programma e nella sua prassi sostenga una legge in favore della interruzione volontaria della gravidanza (ciò varrebbe, per estensione, anche per temi quali i “matrimoni gay”, l’eutanasia, l’insegnamento del gender nelle scuole, droghe libere ecc.).
E’ chiaro che sul diritto alla vita siamo di fronte a una situazione etica del “prendere o lasciare”. Il vescovo scrive: “Il margine di manovra nella questione se l’uccisione prenatale di un bambino nel grembo materno non debba forse essere tollerata in singoli casi per “ragioni di umanità” da parte della Chiesa cattolica tende a zero. Infatti, in nessun altro ambito dell’insegnamento religioso e morale cattolico la situazione è così chiara come nel caso dell’aborto deliberato del feto: Il 5° Comandamento (“Non uccidere”) non lascia spazio a interpretazioni, perché non esiste un piccolo morto e un piccolo incinto”.
Mons. Renz non si limita a tale enunciazione, ma ricorda alcune delle definizioni più pertinenti della interruzione volontaria di gravidanza da parte di realtà e di persone eminenti del mondo cattolico: cita “l’interpretazione dell’aborto come “crimine abominevole” (Concilio Vaticano II), come “il più grande distruttore della pace” (Santa Madre Teresa di Calcutta) o come “omicidio su commissione” (Papa Francesco). Nessuno – prosegue - è obbligato ad adottare questa dizione netta dell’insegnamento della Chiesa nel proprio uso del linguaggio, ma la linea chiara, che non lascia praticamente spazio a deviazioni, è così tracciata in un modo che tutti possono capire. È, per così dire, la linea rossa da non oltrepassare impunemente se si vuole rimanere cattolici”.
Il vescovo fa quindi derivare da tale riconoscimento assoluto del diritto a nascere una conseguenza di carattere politico: “Coloro che vogliono essere e rimanere cattolici chiederanno quindi naturalmente un’offerta nazionale di aiuto diversificato per le donne incinte in situazioni di conflitto, ma non un’offerta nazionale di possibilità di sbarazzarsi della propria prole. Poiché è dimostrato che 9 donne su 10 che si trovano in un conflitto di gravidanza non vogliono liberarsi del bambino che hanno in grembo, ma “solo” dei problemi esistenti che si accumulano davanti a loro come montagne inespugnabili”. Dice in sostanza che tali donne in difficoltà è come se urlassero allo Stato: “Non: “Prendi mio figlio!”, ma: “Togli gli ostacoli che mi impediscono di accettare mio figlio!”.
Mons. Renz afferma – in polemica diretta con quella parte di sinistra e laicista del Parlamento europeo che vuole che l’aborto sia riconosciuto tra i “diritti umani” (sic!): “Chiunque sostenga un “diritto umano all’aborto” o voglia anche solo subordinare il diritto fondamentale alla vita al diritto all’autodeterminazione della madre, mina una società umana che si impegna a proteggere le specie in via di estinzione, il creato minacciato e i più vulnerabili e deboli”.
Tra l’altro provate a pensare all’assurdità di punire chi abbandona o uccide un gatto o un cane e invece di invocare l’analogo diritto a “uccidere” un bambino nel grembo materno!
Dobbiamo riconoscere a questo vescovo il pregio di “parlare chiaro” e senza giri di parole, non facendosi intimidire dalle masse urlanti dei sostenitori dell’aborto. Le conseguenze del suo intervento per quanto riguarda il nostro Paese dovrebbero essere che il classico elettore non pregiudizialmente schierato, ma che vuole scegliere un partito che rappresenti sia una qualità di governo, sia un insieme di valori etici nei quali riconoscersi, dovrebbe escludere per ciò stesso e immediatamente i vari raggruppamenti di sinistra (Pd, Leu, M5S ecc.) e anche qualche partito “di centro” che lascia libertà di coscienza su temi come questo. Salvo verificare la sincerità dei partiti rimanenti a difendere la vita dal concepimento ….
Ce la faranno gli elettori cattolici italiani a fare questa sintesi e votare di conseguenza? E - aggiungiamo - si meritano i partiti non abortisti il voto convinto dei cattolici? Perché non basta essere “pro-life”, occorre anche essere partiti e uomini politici seri e davvero impegnati a servire il Paese con impegno e competenza.
Il Credente
26/07/2022
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N.B.: testo completo di mons. Renz qui Kath.net, mons. Thomas Maria Renz. La Difesa della Vita come Criterio Confessionale. : STILUM CURIAE (marcotosatti.com)