CIRCOSPEZIONE E
RUSSOFOBIA,
CAUSA ED EFFETTO,
A DISCAPITO
DELLA REALTA’
Da mesi il cittadino medio si trova combattuto tra la ragionevole circospezione e ciò di cui l'informazione nazionale lo nutre: una vera e propria russofobia.
Sin dallo scoppio della pandemia ha cominciato ad aleggiare fra i cittadini quel senso di circospezione, quello “stare all’erta” per proteggersi da minacce esterne: siamo passati dall’additare quasi come untori coloro che, nei mesi più intensi del covid, anche solo uscivano di casa o si avvicinavano a meno di un metro, al guardarci intorno sospetti come per mantenere alimentata quella sottile ostilità verso tutto ciò che ha a che fare con la Russia, con Putin, con quel mondo che la televisione ci descrive così ostile e nemico della pace occidentale. Intendiamoci: questi pensieri e atteggiamenti non sono tipici di tutti i cittadini, ma di una buona fetta di essi che, nutrendosi dell’informazione propagata dai mass media, porta la sua capacità di giudizio a diventare una capacità di adeguamento alle idee comuni e rassicuranti.
Stanno emergendo proprio in questi giorni le notizie di presunte “spie russe” che fanno capolino, per loro imprudenza o per una qualche particolare efficienza nelle indagini, dagli organi istituzionali, dai circoli politici e da altre collocazioni nelle quali avrebbero molto ben potuto svolgere il loro mestiere.
Accenniamo ad esempio alla spia Maria Adela Kuhfeldt Rivera, 30 enne nata in Perù da padre tedesco, che secondo alcuni quotidiani nazionali e riviste online, che hanno fortemente propugnato la notizia, “si sarebbe inserita nei circoli mondani del capoluogo campano, riuscendo poi a infiltrarsi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense”. Questa operazione, come riporta la stessa fonte da cui abbiamo tratto la citazione, “sarebbe durata 10 anni”. Un tempo ingente, certamente, che porta il cittadino comune, che legge questi quotidiani e frequenta questi siti, da un lato ad additare la Russia per il suo ennesimo tentativo di sabotare l’equilibrio mondiale, dall’altro a riconoscere con stima e compiacimento il successo di quella che è stata definita una delle più importanti operazioni di intelligence degli ultimi anni. Ora, anziché subire passivamente l’effetto di una notizia del genere, non sarebbe più opportuno riflettervi sopra e valutare se, in aggiunta a quel fondo di verità puramente tecnica e innegabile, si siano innestate su questa vicenda anche una buona dose di esagerazione condita da una spolverata di russofobia, che sempre torna utile per accrescere il carico emotivo di una notizia?
Ma non rimaniamo soltanto in Italia: alcune settimane fa, precisamente l’8 agosto, abbiamo assistito alla perquisizione dell’FBI nella residenza di Donald Trump in Florida, la nota villa Mar-a-Lago, finalizzata alla ricerca di documenti scomparsi dagli archivi federali. L’ex presidente ha dichiarato illegittimo questo blitz che si è rivelato poi essere stato autorizzato proprio dal ministro della Giustizia. Ora invece, a distanza di un tempo piuttosto ridotto, intorno allo stesso Tycoon e alla sua cerchia è stata individuata la figura di una certa Inna Yashchshyn, alias Anna de Rothschild, per intenderci la versione americana della spia russa di Napoli, con la sola differenza di non essere direttamente legata alla Russia, almeno nella realtà dei fatti, non nell’idea comune.
Come riporta una nota testata nazionale, la donna “è riuscita, fingendosi un'ereditiera della dinastia bancaria Rothschild, ad entrare a Mar-a-Lago e infiltrarsi nel circolo ristretto di Donald Trump. Ora è sotto indagine dell'Fbi che sta passando al setaccio le sue passate attività finanziarie e gli eventi che l'hanno portata a entrare nella casa dell'ex presidente. Già da mesi nel mirino delle autorità canadesi, la donna 33enne è un'immigrata ucraina che parla fluentemente russo, figlia di un camionista dell'Ohio. Lo scorso anno, secondo quanto riporta il Pittsburgh Post-Gazette, è entrata a Mar-a-Lago in diverse occasioni con documenti falsi ed è riuscita, grazie all'importante cognome usato, a farsi conoscere da molti membri dell'esclusivo club di Trump [...]. Ora è nel mirino dell'Fbi, alla quale ha consegnato i suoi passaporti e documenti falsi”.
Soffermiamoci sull’espressione “già da mesi”: certamente questa figura era già stata riconosciuta come sospettabile e per questo motivo messa sotto osservazione, ma quale effetto potrebbe avere un’espressione simile per una persona che legge l’intero articolo? Il cittadino medio infatti, in un clima di russofobia dilagante, non si limiterebbe, come ragionevole, a pensare che la fonte parla di una donna ucraina che si infiltra in una parte d’America, ma estenderebbe la sua idea ed etichetterebbe l’episodio come l’ennesima ingerenza slava, per usare un termine generale, nel mondo occidentale. Che si tratti di una spia russa in Italia o di una ragazza ucraina in America, che nulla ha a che fare con la Russia, il cittadino medio tenderebbe ad equiparare le due cose e a finire, come sempre, potremmo dire, a puntare ancora il dito contro il gigante dell’Est, che da mesi ormai è coinvolto in un conflitto il cui fondo di verità non solo fatica ad emergere fra l’opinione comune, ma anche e soprattutto si trova osteggiato da infiniti tentativi di ricacciarlo in profondità.
Boris Borlenghi
29/08/2022