La speranza dei giovani di Ieri verso i giovani di oggi:
Andrea Pinasco, minorenne, dal nulla,
con impegno e passione,
crea un’azienda che esporta in tutto il mondo.

E' in queste ore che il mondo assiste alle divisioni suscitate dai "politicanti" italiani, per la tipologia di "omaggi" che si intende rendere a Bergoglio, Capo della Chiesa Vaticana, in segno di lutto per il suo trapasso a miglior vita.
Comportamenti vergognosi che fanno riflettere circa l’opportunità di come celebrare la festa del 25 Aprile, in presenza di un così importante lutto che vedrà tutto il mondo partecipe con l’arrivo a Roma di numerosi Capi di Stato di tutto il mondo, sono previste oltre 170 delegazioni Internazionali.
Uno squallido teatrino, come sempre oramai assai noto, ma che oggi trova maggior vigore a causa della concomitanza tra una assai discussa festività e la proclamazione del lutto nazionale in Ossequio alla morte di Bergoglio.
In segno di lutto, qualcuno vorrebbe la celebrazione sobria del 25 Aprile, mentre qualche altro vorrebbe festività effervescenti e festeggiamenti protratti per tre giorni di fila.
Discussioni ipocrite e faziose lontane dal pensiero della popolazione che ha ben altri problemi quotidiani e che vive il dolore di fede accompagnandola alla propria quotidianità.
E, pur rispettando senza polemiche il dolore di chi partecipa al lutto per la perdita di colui, essere umano con pregi e difetti, che guidava in Vaticano la Chiesa Cattolica ed Apostolica, che preferiamo parlare di un personaggio che con il suo lavoro, con il suo intuito, pur senza disponibilità economiche di rilievo, senza lauree prestigiose o provenienza da famiglia altisonante, è riuscito a fare sognare, coinvolgere, appassionare migliaia di giovani italiani.
Un segnale di speranza per un’Italia piena di fatti e misfatti.
Lo facciamo proprio a pochi giorni dall’anniversario del 26 Aprile in cui ricorre il brevetto della famosa Vespa prodotta dalla Piaggio.
La Piaggio è una nota azienda ITALIANA produttrice di motoveicoli, tra le quali la mitica "Vespa", scooter brevettato il 26 Aprile del 1946, attuale ancora oggi, tanto che è assai diffusa e venduta anche in paesi lontani.
Fu, e lo è ancora in quei Paesi dove tutto oggi viene commercializzata, uno strumento che aiutò lo sviluppo del benessere, facilitando gli spostamenti, sia per motivi di lavoro che ludici.
Anche grazie a questo, subito dopo la seconda guerra mondiale, il duro lavoro, l'ingegno e l'operosità degli italiani fece si ci si potesse riprendere dalle macerie che la guerra che ci aveva visti perdenti, aveva lasciato.
Ripresa che ha portato la Nazione a diventare la quarta potenza industrializzata ne mondo.
Da un lato giovani che si impegnavano nello studio dall’altro giovani che si impegnavano nel lavoro, riconoscendo di non essere poi troppo portati nello stare sui libri, ma certamente capaci di sviluppare professioni magari artigianali, ma di elevatissimo rilievo, inventandosi anche lavori che nulla avevano a che fare con la tradizione familiare.
Insomma un’Italia con tanta voglia di crescere e migliorarsi.
Andrea Pinasco è uno di giovani, che la storia Italiana nel periodo della ripresa ha potuto annoverare.
Pinasco nasce a Genova nel 1952 da una famiglia di origine contadina, a 15 anni lascia la scuola e viene inserito nel pastificio di famiglia dove si occupa della manutenzione macchine.
Già in tenera età grande appassionato di Vespa e di motori, a 16 anni modifica la sua vespa dotandola di un secondo carburatore, l'anno dopo con una inserzione su motociclismo vende il primo Kit.
Dieci anni dopo ne venderà 6.000 al mese e grazie ai suoi Kits, creando la moda della trasformazione della Vespa si diffonderà in tutti i paesi dove lo scooter italiano è presente compreso il Giappone.
Nei primi anni '80 le sue conoscenze della tecnica duetempistica lo porteranno a progettare motori a basse emissioni per Taiwan e India, Svizzera e Stati uniti.
A 48 anni cede l'azienda da lui creata e si ritira a coltivare olive ed allevare cavalli.
Nel 2012 scrive “Quelli delle Vespa truccate” che racconta la storia del fenomeno condiviso da 3 generazioni di italiani.
Nel 2024, con il libro “Olive” che verrà presentato a Noto il prossimo 27 Aprile 2025, descrive invece il suo percorso emotivo fatto di aneddoti e considerazioni sentimentali legati al suo mondo e alla sua storia.
Mentre il 26 Aprile, proprio nel giorno della ricorrenza del brevetto, a Siracusa ci sarà una Cena aperta per tutti quelli che avessero il piacere di conoscerlo personalmente.
Abbiamo avuto l’onore di poterlo intervistare, ed è stato un piacere poterlo ascoltare.
Con semplicità ed umiltà, ci ha raccontato, in questa breve intervista la sua storia, semplice ma intensa.
Una intervista che induce a riflettere su come eravamo ieri, attivi con grandi inventive e con la voglia comune di aggregazioni sane e come siamo oggi, dove tante cose sembrano allontanarci l’uno dall’altro e dividerci, ma soprattutto dove l’inventiva e la semplicità sembra aver lasciato spazio alla complessità della burocrazia … e non solo.
Dom.: Come nasce in un ragazzo adolescente la voglia di modificare la Vespa?
Risp.: In quegli anni le distrazioni e le possibilità economiche, per noi ragazzi erano poche. I nostri genitori avevano inventato la Vespa per potersi muovere, noi che eravamo già un po' più fortunati, volevamo divertirci e lo facevamo con quello che avevamo.
D.:La scuola non le piaceva, ma come ha fatto ad accumulare la conoscenza necessaria per arrivare a produrre i kits e addirittura progettare motori per le case motociclistiche?
R.: Ho avuto grandi e generosi Maestri che la fortuna mi ha fatto sempre trovare al momento giusto, il mio talento è stato di coinvolgerli con la mia passione e fare in modo che avessero avuto voglia di insegnarmi e lavorare con me.
D.: Quale è stato l'apporto dei suoi genitori nella sua crescita come tecnico e come imprenditore? Il loro aiuto e sostegno anche economico è stato determinante?
R.: Mia madre mi ha sempre incoraggiato e spronato a darmi da fare, ho smesso di andare a scuola un venerdì e il lunedì già lavoravo nel negozio di famiglia.
Mio Padre all'inizio era incredulo e avrebbe preferito sistemarmi in Porto, ma è sempre stato al mio fianco, essendo minorenne, agli inizi ha dovuto richiedere al Giudice la mia Emancipazione Sociale permettendomi di firmare assegni e contratti già a 17 anni mentre si era maggiorenni a 21.
Dopo qualche anno un giorno mi sono trovato senza liquidità ed i miei genitori sono stati ben contenti di aiutarmi, ma ero orgoglioso e mi sono impegnato molto per non farlo più accadere.
D.: La sua Azienda nata praticamente dal nulla vende in tutto il mondo, La rivista Motociclismo le affida la Consulenza Tecnica per 20 anni, progetta motori per i costruttori e poi, a solo 48 anni, vende tutto e si ritira a fare l'agricoltore. Come è accaduto? Ce lo vuole raccontare?
R.: A 17 anni ero imprenditore, a 25 avevo grossi debiti con le banche, a 30 o poco più ero padre di due figli stupendi che vedevo pochissimo come del resto la loro madre.
Il progresso esponenziale del mio percorso mi ha dato molte soddisfazioni ma mi ha tolto anche molto di quella gioia che un uomo abitualmente ricava dagli affetti e dalla famiglia.
Mia moglie che ha avuto una grande importanza nel mio successo, facendo in modo che in casa potessi sempre sentirmi accolto ed amato, mi rimproverava e mi metteva in guardia per quello che perdevo irreparabilmente ogni giorno.
Negli anni '90 poi, tutto è cambiato e la Vespa come mezzo utilitario, ha lasciato il posto agli scooter automatici mentre i ragazzi, scoperto Internet non volevano più sporcarsi le mani.
A 45 anni sono andato a fare un controllo da un medico in gamba e lui dopo avermi fatto parlare di tutto per un paio d'ore, mi ha fatto notare che stavo dedicando quasi tutto il mio tempo e la mia energia in qualcosa che non mi emozionava più come un tempo.
Tre anni dopo, un Gruppo Industriale di Padova si offre di rilevare l'Azienda e prendendo il coraggio a due mani ho accettato.
D.: Cosa consiglierebbe ai giovani d'oggi che lottano per farsi un futuro?
R.: Gli direi di non trascurare l'importanza della famiglia perché è li che poggiamo i nostri piedi prima di spiccare qualsiasi salto. Direi loro di seguire la loro passione sempre ma di ascoltare, che non vuol dire seguire, quello che i loro genitori e i loro insegnanti dentro e fuori la scuola hanno da insegnare, perché Internet dice quasi tutto ma non spiega quasi niente. Direi di non credere nel guadagno facile e nelle fortune casuali, perché per mia esperienza, il destino può darti una strada ma sono i tuoi piedi i soli che possono percorrerla.
Traspare in maniera forte, in questa breve intervista, quanto quei valori, che oggi sembrano perduti, abbiano segnato positivamente, non solo la vita di Andrea Pinasco, ma tutte quelle generazioni che hanno vissuto in quel periodo dove “il motorino”, che sia vespa o altro, diventava anche sinonimo di libertà ed indipendenza individuale, ma anche momento di aggregazione.
E’ con grande sorpresa che ritroviamo nel profilo di Andrea Pinasco su Facebook, dopo la nostra intervista, la risposta ad una domanda che aveva involontariamente tralasciato.
Risposta, semplice ed appassionata, che riportiamo per intero così come l’abbiamo rilevata.
“Ieri intervistandomi un giornalista amico mi ha chiesto dei miei Maestri.
Racconto spesso che il destino mi ha fatto incontrare Maestri giusti al momento giusto e che il mio talento è stato quello di fare in modo che avessero piacere di insegnarmi e di lavorare con me.
Di loro però racconto poco, a volte neppure il nome, forse per pudore forse per gelosia.
Sono stati i miei genitori a sostenere il mio giovane tronco perché crescesse diritto.
Mia madre spingendomi sempre a tentare a provare, a fidarmi delle mie forze.
Mio padre insegnandomi dai primi anni l'amore per i lavori ben fatti e il rispetto per gli impegni presi.
Poi mio fratello maggiore e i miei amici, ho sempre avuto amici più grandi di me, forse per desiderio di imparare da loro, forse per sentirmi protetto.
A vent'anni, come spesso accade, avevo tanta energia ma poca lucidità, la vita mi attraeva e mi spaventava allo stesso tempo, decisi di cercare aiuto e conobbi Roberto Speziale, con lui il mio tronco prese forma adulta e i rami diedero finalmente fiori e frutti.
I segreti dei motori invece, me li svelò per primo Renzo Armozino, un gigantesco meccanico di periferia che riparava le moto dei poveri. Già prima dei 14 anni, passavo più tempo da lui in officina che sui libri. Di lui mi sorprendeva la grande preparazione tecnica, l'umiltà e la semplicità di vita.
Molto più tardi, quando ormai la mia attività aveva preso il volo, Nanni Costa mi insegnò molte malizie e trucchi da vecchio meccanico, materiale prezioso per chi come me, a differenza dei concorrenti, non era mai stato moto-riparatore.
Ho lavorato con molti Ingegneri e progettisti famosi, alcuni più preparati altri più creativi e geniali, ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa, probabilmente a molti di loro ho lasciato qualcosa anch'io.
Sono fermamente convinto che la gratitudine, altro non sia che una forma di saggezza che genera gioia in chi la percepisce più che in chi la riceve.
Sono grato ai miei Maestri buoni e cattivi, perché anche chi mi ha ingannato e denigrato in fondo mi ha insegnato qualcosa.
Sono grato alla mia curiosità e al mio desiderio di conoscere il diverso, da quello che già so, da quello che già credo, perché questo ha fatto di me l'uomo che mi piace.”
Lasciamo a Voi lettori ogni commento e tutti gli spunti di riflessione che possano tornare utili, con l’augurio di aver dato la speranza di una Migliore Italia che possa porre fine a questo periodo incerto e pino di difficoltà, ricordando che solo il lavoro, quello che costa sudore e fatica, la famiglia, il rispetto e i sani principi possono far diventare l’Italia quel punto di riferimento che ha sempre occupato e che…
Un’Italia Migliore con una Migliore Italia
Ettore Lembo
25/04/2025