Iniziano a cadere le foglie
A meno di un anno dalle elezioni presidenziali statunitensi Biden parla di “pace in medio oriente”.
“Costruire la pace”, quante volte abbiamo sentito usare questa allocuzione da coloro che, spesso con eccesso di ottimismo, si usa definire i “grandi della terra”!
Io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo cosa sia indispensabile per svolgere il ruolo di “costruttore di pace” fra, e nelle, nazioni in guerra fra loro.
Il primo dei requisiti, il requisito minimo, è la “credibilità”.
Credibilità che deve essere ampiamente riconosciuta, in primis, da coloro che compongono il proprio “campo” ed a seguire da quelli del “campo avverso”.
Gli attori nello scenario medio orientale, schematicamente, sono certamente lo Stato di Israele e il popolo palestinese.
Già in questo vi è una dissimetria
Da un lato uno Stato democratico con organi costituzionali legalmente, e liberamente, eletti.
Dall’altro un “popolo”, utilizzando il, più corretto, linguaggio del diritto pubblico si definirebbe “nazione”. Nazione con una storia ed una cultura ma, purtroppo, senza una reale unione organizzativa politica liberamente espressa.
Nella Striscia di Gaza, infatti, non vi è una struttura di Stato riconosciuta da tutti i componenti il popolo palestinese. Anzi vi è una struttura di comando dispotica, Hamas appunto, definita formalmente “terroristica” dalle Nazioni Unite e da moltissimi Stati che la compongono, fra questi gli Stati Uniti e tutti quelli che costituiscono l’Unione Europea, Italia inclusa.
Il popolo palestinese avrebbe uno Stato con sede a Ramallah presieduto dal presidente Abu Mazen, purtroppo questa entità non è riconosciuta ne a Gaza dai componenti di Hamas, ne dagli Hezbollah presenti al confine fra lo Stato di Israele ed il Libano.
Difficile in queste condizioni costruire una pace duratura fra i due popoli, quello israeliano e quello palestinese. Pace che non potrebbe che basarsi su un reciproco “riconoscimento”. Lo Stato d’Israele viene sollecitato da molti attori internazionali a “sostituire” il presidente Netanyahu, certamente ben presto la democrazia israeliana riterrà che il momento di compiere questo passo sarà giunto e non avrà difficoltà ad identificare democraticamente un nuovo premier. In fondo chi è chiamato a fare il ruolo del “cattivo” non potrà poi svolgere quello del “pacificatore”, lo insegna la politica.
Ebbene chi potrà trovare, “credibile” per il popolo palestinese tutto ancora prima che per l’interlocutore israeliano, al “tavolo della pace”?
Chi gli si siederà di fronte con l’autorevolezza e la credibilità indispensabili per chiudere un accordo?
Questo i media occidentali non lo spiegano, tantomeno i governanti.
Parlano di Abu Mazen, difficile pensare che ci credano per davvero.
Allargando lo sguardo al mondo intero si trovano un numero assai ampio di ulteriori “attori”. Tanti coloro che vengono dichiarati “strategici”, siamo sicuri che siano reciprocamente credibili?
Certamente Stati Uniti, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese sono fra questi.
Fra essi i rapporti sono assai tesi, nel caso di Russia e USA attualmente pressoché inesistenti. Necessario ricordare che gli Stati Uniti, sin dal 2008, hanno comminato sanzioni economiche alla Federazione Russa. Sanzioni ampliate con la guerra in terra di Ucraina.
I leaders di questi tre Stati hanno, tutti e tre, problemi di credibilità interna ed internazionale.
Collegare la parola “pace”, per esempio, alla figura di Biden risulta, almeno ad un “cittadino semplice” quale io sono, assai complesso.
In questi suoi primi tre anni alla Casa Bianca, non dimenticando che la sua elezione non è mai stata riconosciuta dal Presidente Trump, la sua politica estera si è basata su una sola parola, “guerra”.
Biden non è ritenuto “credibile” nemmeno dalla maggioranza del popolo statunitense, addirittura all’Interno del proprio partito vi è chi sta cercando in tutti i modi di trovare un sistema per non ricandidarlo nel 2024.
Biden, assai amato dai leaders europei, premier Meloni in primis, e dal presidente ucraino Zelensky, non è ritenuto affidabile da quello russo Putin.
Biden, presidente che in pochi in Stati Uniti reputano realmente avversario del leader cinese Xi JInping, è costretto a portare avanti una politica di, almeno formale, contrapposizione al governo cinese dall’ostilità del Congresso USA a qualsiasi azione di reale apertura verso questo interlocutore.
Dal suo canto il Presidente Putin ha una dichiarata e totale avversione di tutti i leaders occidentali. Capi di Stato che molto hanno sperato che il recente tentativo di golpe del gruppo paramilitare Wagner riuscisse nei suoi confronti.
Proprio l’aver, almeno politicamente favorito, quel tentativo rende oggi assai complesso ogni dialogo che permetta una, certamente di compromesso, soluzione di pace nello scenario ucraino.
Leader russo che si prepara, autocraticamente, a vincere per l’ennesima volta le elezioni.
Il leader cinese, infine, dichiarato “dittatore” anche da Biden nel recentissimo bilaterale a San Francisco in California, è certamente “autorevole” ma altrettanto “democraticamente non credibile”.
Interessante notare come venga usato in modo non lineare il concetto di “autocrate” nel mondo occidentale.
Dittatore con cui si può dialogare quello cinese, “autocrate” da dichiarare reietto quello russo.
Leader indiscutibile quel Biden che non ha visto la sua elezione riconosciuta dal presidente uscente Trump e che vede la presenza di una Commissione presso il Congresso statunitense sulla “integrità del voto”, la commissione presieduta da Jim Jordan, e “pericolosissimo personaggio” quel Trump che, così dicono universalmente i sondaggi, ha la maggioranza degli statunitensi che lo appoggia.
Nel chiosare sul concetto di “autocrazia”, magari di “oligarchia”, come definirebbero gli studiosi di politica un sistema ove fondare un nuovo partito è pressoché impossibile, ove i candidati al parlamento vengono “nominati” dai vertici dei partiti, ove i “vertici” degli stessi partiti sono in tutti i casi meno uno gli stessi dalla morte dei tempi ed ove la parola “congresso” è definibile come “desueta”?
Questo, per esempio, è quanto accade nella nostra amata Italia.
Lanciata questa “provocazione”, spero interessante, nel continuare una analisi sugli attori che dovrebbero trovare un comune intento finalizzato a costruire una pace duratura in medio oriente, non si può non evidenziare il ruolo di altri tre stati basati su “autocrazie”.
La Turchia, l’Arabia Saudita e l’Iran.
Turchia governata dal presidente sunnita Erdogan, autocrate a cui l’Europa elargisce miliardi di dollari al fine che questi tenga lontani i “migranti” dalle nostre frontiere. Turchia che massacra i curdi ma è membro della NATO.
Arabia Saudita governata dal Re Salman bin Abdulaziz al Saud coadiuvato dal primo ministro, suo figlio e principe ereditario, Mohammed bin Salman. Quelli del caso dello scrittore e giornalista Jamal Ahmad Khashoggi ucciso ad Istanbul il 2 ottobre 2018 da una squadra dei servizi segreti sauditi per capirci. Eppure tutto l’occidente, compresa l’attuale Segreteria di Stato americana e tutte le cancellerie europee, parla e fa affari con quello Stato, addirittura in gran massa lo vota come sede della futura EXPO Universale.
L’Iran degli Ayatollah, infine. Quel Iran che sta massacrando le donne che non vogliono indossare il velo, addirittura se lo “indossano male”.
Ayatollah che impiccano centinaia di persone ogni anno appendendoli a gru di camion nelle piazze e lasciandoli appesi in bella vista.
Eppure gli Stati Uniti in questi ultimi mesi riescono ad inviare a Teheran miliardi di dollari e molti Stati dell’Unione Europea vi fanno lucrosi affari pur se esisterebbero sanzioni economiche.
Un mondo strano, forse squallido, quello occidentale di oggi.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di fare grandi affari con la Cina, quella che massacra gli Uiguri. Un genocidio iniziato nel 2016.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di fare grandi affari con L’Iran che massacra le donne mentre l’occidente urla contro i “femminicidi”, probabilmente le donne non sono tutte uguali.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di fare grandi affari con l’Arabia Saudita che smembra un giornalista per farlo sparire nel nulla.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di finanziare e, probabilmente fare affari, con Hamas che compie immani nefandezze come quelle dai membri di questa organizzazione compiute il 7 ottobre in terra di Israele, utilizza ospedali, scuole e moschee come basi per lanciare missili e non si preoccupa di usare i propri compatrioti come scudi umani, solo per fare alcuni esempi.
Esempi, tutti questi, del doppio pesismo occidentale.
Trump, Netanyahu e Putin, molto presto anche il neo presidente argentino Javier Milei, fino a poco tempo fa l’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro, sono “infrequentabili”, sono “stigmatizzabili”, sono “da combattere”.
Xi Jinping, il presidente iraniano Ebrahim Raisi, in qualche forma Hamas, piuttosto che i tanti dittatori ricchi di materie prime nel resto del mondo sono, al contrario, “dalla parte giusta”.
“Parte giusta” contro “parte sbagliata” appunto.
Gli altri aspetti più inerenti alla morale nei loro comportamenti, sempre sbandierati dai politici nel nostro Occidente e nella nostra amata Italia, sono solo una foglia di fico…… ma le foglie, presto o tardi, cadono e lasciano il “re nudo”.
Certe volte cadono con un silenzioso assordante fragore.
Certe volte, cadendo, squarciano le tenebre e permettono al sole di splendere di nuovo.
Certe volte, cadendo, riportano in luce la “verità” e restituiscono “credibilità” a chi aveva il diritto di vederla a se riconosciuta.
Ignoto Uno
30/11/2023