La storia...insegna
ed indica.
"IGNOTO UNO"
La rivoluzione russa portò al rovesciamento dell'Impero dei Romanov facendo nascere l’Unione Sovietica.
Il regime zarista, chiuso nella difesa del principio dell'autocrazia, aveva ormai perso del tutto il contatto con la realtà della Russia. Non era più in grado di interpretare la propria opinione pubblica.
Nel periodo appena precedente alla sua caduta anche le classi tradizionalmente alleate alla famiglia imperiale avevano preso coscienza che solo un'uscita di scena dello zar Nicola II avrebbe permesso loro di mantenere il controllo dello Stato. Sbagliarono i tempi, ovvero il consenso a favorire il cambiamento da parte del ceto dirigente si coagulò con eccessivo ritardo, e questo errore fu loro fatale. Non compresero, inoltre, che il mondo operaio stava prendendo coscienza del proprio peso politico.
La rivoluzione di febbraio ebbe culmine il 4 marzo 1922 del calendario giuliano allorquando gli operai e i soldati si accordarono per la deposizione dello zar e l'istituzione di un governo provvisorio.
Il governo provvisorio indusse lo zar Nicola II ad abdicare ma non ebbe egualmente lunga vita.
Il leader bolscevico Lenin, tornato dall'esilio, sostenne da subito la necessità di trasformare la rivoluzione borghese di febbraio in rivoluzione proletaria, guidata dai Soviet, con il fine di instaurare una società comunista.
Nell'ottobre i “bolscevici” occuparono i punti nevralgici della capitale dando vita alla nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa governata dal Consiglio dei Commissari del Popolo.
L’obiettivo del governo comunista era quello di sradicare lo stile di vita elitario praticato da alcuni ristretti gruppi di persone nella Russia imperiale. Per raggiungere questo obiettivo furono colpite milioni di persone in tutta la vasta Unione Sovietica. Ad esempio, gli spaziosi appartamenti di Mosca e San Pietroburgo vennero trasformati in appartamenti comuni (noti con il nome di komunalki attraverso i quali “ottimizzare” la disponibilità di alloggi. Ai vecchi proprietari veniva lasciata solo una stanza per la loro famiglia e le loro cose, e il resto dei locali era assegnata ad estranei. I servizi e la cucina erano in comune.
Ogni manifestazione del lusso era odiata e duramente criticata dai compagni comunisti, in privato però era agognata una vita più agiata. Un appartamento ove vivere da soli con la propria famiglia, il diritto ad acquistare beni migliori (presenti esclusivamente in negozi ove era necessaria una determinata “tessera” per potervi entrare), l’automobile, la Dacia o seconda casa in campagna.
I comfort e simboli del potere sovietico.
Un modo per segmentare il potere del sistema
Tutto finì con la Perestroika con cui Gorbachev cercò di tenere insieme l’Unione Sovietica senza successo a cui non poté che seguire l’arrivo di Putin, un nuovo Zar che ha cambiato tutto per non cambiare niente nella cultura della grande Russia.
Ecco io, grande cultore del pensiero di Giovan Battista Vico, vedo in questa lezione della storia qualcosa di molto utile per comprendere l’Italia di oggi.
Italia che perse la seconda guerra mondiale e vide molti gerarchi fascisti divenire ceto dirigente della nuova repubblica. Un Italia che vide il periodo di “mani pulite” a cui seguì la nascita di quella che pomposamente fu chiamata “seconda repubblica” basata su un ceto dirigente in gran parte derivante dalle seconde e terze file del potere precedente. Solo la sinistra ed il potere della magistratura non subirono, infatti, avvicendamenti significativi.
Infine l’attuale momento entropico che trova origine dalla nascita di un “potere del popolo”. Cosa se non quello il M5S movimento che nacque da un “vaffanculo” e da un “onestà onestà onestà” per finire con l’essere un partito sistema di Democrazia Cristiana memoria come lo vediamo oggi?
Quale la differenza fra l’agognata Dacia dei periodo Sovietico ed il posto di dirigente a vita in qualche partecipata statale a ventimila euro al mese più benefit?
Il caos finale dell’allora Unione Sovietica richiese che il potere profondo del paese esprimesse un “uomo forte”, il nuovo zar Vladimir Putin, quali le strade per l’Italia di oggi nell’era del covid e della troppa mancanza di etica al potere?
Oggi la nostra amata Italia è ad un bivio per superare questo evidente e spesso triste, anche da guardare, caos gestito da pochi capaci e moltissimi nani e ballerine scherani del potere. O una restaurazione di un vecchio ceto dirigente celato da un Putin in salsa italiana o la presa di coscienza della necessità di un nuovo ceto dirigente integro e competente.
Ceto dirigente capace di amalgamare ciò che di buono vi è anche oggi con una idea di nuovo che sia concreta e realizzabile.
Un nuovo che sappia dialogare con tutti e facilitare un cambiamento possibile e non “rivoluzionario”, parola spesso abusata e che non porta quasi mai a reali e concreti cambiamenti.
Un nuovo che faciliti la chiusura dello iato fra cittadino e potere dirigente, oggi presente e pericolosa, attraverso quei corpi intermedi (partiti, sindacati ed associazioni datoriali) oggi troppo spesso rappresentanti solo del proprio gruppo dirigente.
Un nuovo che sappia rispettare in toto la nostra sempre osannata ed altrettanto spesso stracciata Costituzione ridando valore al Parlamento come elemento di sintesi e mediazione dei sentimenti e delle istanze dei cittadini e delle forze economiche e sociali che compongo il sistema paese.
Oggi l’Italia ha la forte necessità di persone non autoreferenziate. Oggi la nostra amata Italia ha l’impellente necessità di cancellare i tanti urlatori contro, di veder sparire i troppi portatori di un pensiero egocentrico. L’Italia ha imminente ed immenso bisogno di altruismo e di pensiero lungimirante.
Gli italiani sono alla ricerca di un ceto dirigente capace di essere portatore di una sintesi di istanze diverse attraverso il dialogo nel rispetto del pensiero altrui.
L’Italia richiede confronto.
Gli italiani vogliono, e ne hanno diritto, uno Stato che rispetti l’idea profonda di democrazia che nacque al termine della seconda guerra mondiale, esigono il rispetto di quel patto sociale che fu alla base del benessere che abbiamo tutti dato per scontato molto a lungo e che ora è messo in discussione.
Gli italiani non cercano uno Stato padre ma uno Stato che organizzi la vita del sistema sociale nel rispetto reciproco delle differenti posizioni.
Uno Stato inclusivo e non divisivo.
Sia che il ceto dirigente sia quello attuale, sia che venga il potere gestito dal nuovo che cerca di farsi, in alcuni casi maldestramente, notare.
Ricordando, in ogni caso, due grandi lezioni: quella della storia del ‘900 Russo prima riportata alla memoria e quella altrettanto sottile di Tommaso di Lampedusa.
Tutto cambia perché nulla cambi, una evoluzione di ciò che esiste. Una evoluzione possibile che dia una nuova stabilità.
Sempre diffidare dai rivoluzionari che urlano ma non propongono altro che il loro urlo.
L’Italia, anche con i più recenti trascorsi, dovrebbe aver imparato che la competenza non è qualificata dai decibel o dalla violenza dell’affermazione, bensì da valori più compassati e qualificati, oggi quasi sempre assenti dovunque nel nostro amato Paese.
Per finire, chiunque sarà chiamato a governare nel prossimo futuro il nostro Paese deve comprendere che il tempo delle scelte tattiche e di cortissimo respiro non sono più tollerabili, altrettanto intollerabili le scelte contraddittorie che non permettono ai cittadini di programmare il proprio futuro.
“Estote parati” dicevano i latini, e l’impero romano fu un impero per l’appunto. Allora l’Italia sapeva esprimere un ceto dirigente leader globale e non servo di altrui popoli.
Ignoto Uno
17/01/2022