2024 - ETTORE LEMBO NEWS

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Inizia l'Era Trump
Nelle stesse ore in cui in Stati Uniti, con la vittoria di Donald Trump, trovava termine un’era, il Presidente della Repubblica Mattarella viaggiava in Cina ove rimaneva per una visita istituzionale di ben sei giorni.

Il periodo storico che vedeva la sua fine ebbe inizio in Stati Uniti il 20 gennaio 1993 con la Presidenza Bill Clinton, si sviluppò negli otto anni della presidenza Obama, rallentò ma non si interruppe a causa di una forte e pervasiva presenza di un deep state americano durante il quadriennio di presidenza Trump che ebbe inizio il 20 gennaio 2017, riprese con forza con la controversa presidenza di Joe Biden.

Controversa al punto che una assai significativa percentuale di elettori statunitensi, primo fra tutti il neo Presidente eletto Donald Trump, ritiene ancora oggi che nel 2020 Biden vinse mettendo in atto massivi brogli elettorali.

Una visita, quella di Mattarella, definita “di intensi rapporti, tutti contrassegnati da grande amicizia, volontà di collaborazione, bilaterale innanzitutto, ma anche tra Cina e Unione Europea”.

Parole chiare, assai chiare.

Parole che aiutano a comprendere i messaggi all’Italia neanche tanto celati di Steve Bannon e di Elon Musk.

Il primo ha definito la Premier Meloni “irrilevante”, il secondo ha lanciato un sasso contro la magistratura italiana ottenendo una dura reazione del Presidente Mattarella utile a fare chiarezza sul reale stato dell’alleanza nel sempre menzionato, spesso assai poco rispettato, Patto Atlantico.

Parole che permettono di comprendere le cause profonde delle politiche verso l’Europa e la Nato su cui il Presidente Trump ha avuto nelle elezioni del 5 novembre il 56% dei voti popolari, 312 grandi elettori contro 226 della Harris, la vittoria nei sette famosi Stati ove il voto è da sempre in bilico (Pennsylvania, Michigan, Nevada, Wisconsin, North Carolina, Georgia e Arizona), la maggioranza sia al Congresso che al Senato. In pratica quello che gergalmente si definisce “un cappotto”.

I dati ISTAT ci informano che le esportazioni italiane negli Stati Uniti hanno raggiunto nel 2023 i 67,3 miliardi di euro contro i 19 miliardi di euro verso la Repubblica Popolare Cinese.

In questi semplici dati la preoccupazione italiana per la politica dei dazi preannunciata da Trump.

Chi conosce realmente il presidente eletto statunitense sa che lo stesso crede nei rapporti bilaterali ed userà i dazi per favorire gli “amici” e “mettere in difficoltà” gli “avversari” e che la vera “guerra globale” è, secondo Trump, esclusivamente quella fra Stati Uniti e Cina.

In Europa gli Stati che appaiono come i veri “alleati” di Xi Jinping sono la Germania e, dal mio punto di vista, purtroppo l’Italia.

Sulla posizione delle alte cariche istituzioni della nostra Patria pochi i dubbi nel leggere i resoconti dalla Cina sulle dichiarazioni del Presidente Mattarella ove si legge che lo stesso ha espresso l’esigenza di un “riequilibrio nel rapporto” sia nella bilancia importazioni-esportazioni che in ambito di investimenti cinesi in Italia.

Sommessamente faccio notare che dagli anni ‘90 i cinesi hanno passeggiato nelle aziende italiane, spesso ai tempi veri gioielli, e, acquisitele, le hanno spogliate di ogni contenuto e trasferite in Cina lasciando all’Italia disoccupazione e povertà.

Strategia attuata anche in Germania fatto che ha portato addirittura la recente chiusura di stabilimenti nel settore automotive essendo oramai stabilmente trasferita la produzione nel Far East.

Il dilemma dei cittadini europei ed italiani è tutto in questa semplice analisi, agli stessi la scelta su cosa scommettere il futuro dei propri figli.

Alcuni nel recente passato italiano proponevano la politica della “decrescita felice”, la decrescita non vi è dubbio che vi sia stata, sulla “felicità” lascio ad ognuno di chi mi onora nel leggermi la propria personale, e collettiva, analisi.

Trump ha parlato di una “era dell’oro” davanti agli americani ed ai loro alleati.

Come non ricordare il vecchio detto dei nostri nonni “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia ma non sa cosa trova”?

L’alleanza con gli Stati Uniti ha portato al boom economico ed ad un benessere diffuso dopo la seconda guerra mondiale, l’essersi spostato verso la Cina nel nuovo millennio ha causato la crisi attuale.

Una nuova era è già iniziata, si potrebbe definire “l’era della chiarezza”, i bizantinismi con Trump non funzioneranno.

Ignoto Uno
16/11/2024
E' tempo di chiarezza
Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha partecipato al 50° raduno di AGESCI.

Con i ventimila capi scout erano, anche, presenti il cardinale Matteo Zuppi accompagnato da diciotto vescovi, il sindaco di Verona Damiano Tommasi e dalle ex ministre Pinotti, Bonetti e Garavaglia, oltre che dal’ europarlamentare Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, tutti del Partito Democratico.

Nessun altro leader dei partiti di governo era presente.

Una evidente frattura fra una certa cultura della chiesa Cattolica, una cultura assai globalista, una cultura negli ultimi giorni rappresentata dal metropolita di Chicago Cardinal Cupich e, altrettanto certamente, dal Presidente della CEI Cardinal Zuppi.

Un raduno di guide e giovani che, attraverso le loro attività, imparano a convivere nel rispetto e nella armonia seguendo i dettati del Libro che dei Cristiani tutti è guida.

Un raduno ove i giovani hanno alzato manifesti con la scritta “Felici di accogliere, Ius scholae”, fatto politico che non dovrebbe essere parte di momenti come questo.

Da chiedersi quale il motivo di strumentalizzare la gloriosa storia dell’Agesci con queste storie di bassa politica.

Un vero peccato vedere un ambiente, la AGESCI, che per molte madri e padri è da sempre elemento di certezza per la formazione dei propri figli divenire strumento della politica.

La “accoglienza”, il “rispetto” non sono la “Ius Scholae”, sono conoscere se stessi e avere la serenità di convivere con chi ha tradizioni e culture diverse a causa della propria origine.

“Accogliere” non è una “cittadinanza”, è qualcosa di molto di più che un “passaporto”, è saper convivere con l’altro senza deflettere dalle proprie origini.

Cari “maestri” di questi giovani dell’Agesci, accogliere non è, per esempio, togliere il crocifisso dalle aule pubbliche, partendo da quelle scolastiche, o eliminare il presepe per “non offendere”.

La chiesa Cattolica, che piaccia o no, ha duemila anni di storia ed un Libro che ne è unica guida.

Guida assai più capace di insegnare la cultura dell’accoglienza di certi maestri cattolici.

“Quando Gesù se ne accorse, si arrabbiò e disse ai discepoli: lasciate che i bambini vengano da me; non impediteglielo, perché Dio dà il Suo Regno a quelli che sono come loro. Io vi assicuro: chi non lo accoglie come farebbe un bambino non vi entrerà", parole del Libro che esplicano il concetto dell’accoglienza dando ad essa un valore, un percorso, assai più profondo di un “passaporto”.

I vertici dell’Agesci, quando ero giovane, erano capaci di non farsi manipolare dalla politica e di insegnare ai “lupetti” il profondo valore del “rispetto degli altri”.

San Paolo VI vi era al tempo. Altri tempi.

Oggi la “parola” è, per alcuni, più “leggera”, manipolabile, strumentalizzabile, addirittura “vuota”.

Addirittura politicizzabile rendendola divisiva.

Anche per questo mi sovvengono alla memoria le parole di un grande poeta, Giorgio Gaber, che rappresentava la “sinistra” e la “destra”.

“Tutti noi ce la prendiamo con la storia, ma io dico che la colpa è nostra. È evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra” queste le parole che ci proponeva nel 1994 quell’immenso poeta che fu Giorgio Gaber.

Sono passati trenta anni e quel “la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra” sono, purtroppo oggi certamente più di ieri, totalmente attuali.

La domanda di Gaber “Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra” rimane il “dilemma”.

Un dilemma da risolvere in ordine ai grandi temi che dilaniano la nostra umanità oggi.

In primo luogo quello, intrinsecamente divisivo, del concetto di “umanesimo” che si contrappone a quello di “Transumanesimo”, ma non solo.

Altro tema è quello del’ essere “inclusivo” con quello del’ essere “esclusivo”.

Che cosa è la “inclusività”?

Coloro che si autodefiniscono “globalisti” la propongono come “l’accettazione dell’altro”.

Niente di più falso e demagogico.

Come si può “accettare l’altro” se non si “conosce se stessi”?

“Conoscere se stessi” è “esclusivo” ma non definisce in alcun modo la volontà di non rispettare l’altro, non contiene assolutamente una contrapposizione negativa, distruttiva dell’altro, violenta, feroce.

Contiene esclusivamente il “rispetto di se stessi”.

L’esclusività contiene intrinsecamente il rispetto di chi rispetta te.

Contiene l’amore per se stessi perché solo chi sa amare se stesso, conoscendosi, è in grado di “donarsi all’altro”.

Ecco, questo, dal mio punto di vista, è la distanza fra la nuova idea di sinistra, facilmente identificabile con il “globalismo”, e quella che deve essere una destra moderna, altrettanto facilmente identificabile nel “sovranismo”.

Una cultura della politica che si basa su un “bipolarismo”, quello sì divisivo.

Oggi non è tempo di “grigi”, è tempo di idee forti e certe.

Questo ovunque, molto più in Europa e nella nostra amata Italia.

La politica non può perseguire “bizantinismi”, “furbizie levantine”.

La “globalità” rende tutto immediatamente “nudo”.

Gaber narrava che “fare il bagno nella vasca è di destra, far la doccia invece è di sinistra” e tanti altri esempi divisivi.

Oggi, parafrasando il poeta, mi verrebbe da dire “tutelare le proprie tradizioni è sovranista, creare un annullamento delle stesse è globalista”.

Ancora “difendere la propria cultura è sovranista, voler costruire una cultura unica e astratta è globalista”.

Continuando nell’esercizio “tutelare le proprie tradizioni religiose è sovranista, cedere il passo a casa propria alle tradizioni religiose di altre nazioni è globalista”.

Permettetemi un ulteriore esempio “difendere il concetto della famiglia tradizionale è sovranista, voler superare i concetti di uomo e donna per creare la cultura gender è globalista”.

Gaber, sempre in quella magnifica poesia, diceva che “Il pensiero liberale è di destra”, ebbene sarebbe veramente il caso che chi si professa “politico di destra”, più che usare lo slogan, vada ad approfondirne i contenuti.

Oggi, troppo spesso, le parole vengono abusate, stuprate, instupidite, manipolate.

Per questo è assolutamente necessario essere rigorosi.

Essere “sovranista” è cristiano liberale e non prevede la cultura simboleggiata da quello che sempre Gaber definiva “saluto n po' degli anni '20, un po' romano”.

Quello che ha previsto lo sterminio degli italiani di religione ebraica tanto per riportare alla memoria qualcosa che molti vorrebbero tornasse di moda anche oggi.

Gaber quel saluto lo definiva “da stronzi oltre che di destra” ma al verso successivo riproponeva la sua domanda “ma cos'è la destra, cos'è la sinistra”.

Infatti, oggi, certe “pulsioni” sono pariteticamente a destra ed a sinistra.

Cultura assai “indistinta” quella proposta da buona parte dei politici di destra e di sinistra oggi.

La definirei cultura del “o Franza o Spagna, purché se magna”, celeberrima affermazione che fu attribuita all’ambasciatore fiorentino Francesco Guicciardini.

In fondo la politica di oggi ci venne spiegata proprio da Gaber con queste parole “è il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c'è e, se c'è, chissà dov'è”.

Questa la motivazione profonda che determina la frattura fra il pensiero politico espresso da molti, sia di destra che di sinistra, ed il “sovranismo”.

Quest’ultimo si forma su basi antiche e non negoziabili.

Patria, famiglia, religione.

Queste le sue colonne.

Fatto che garantisce a chiunque di vivere in pace, serenità e stabilità con chi, ospite in una Patria altrui, comprese e rispettate le fondamenta culturali e tradizionali del paese che lo ospita, può essere se stesso nel rispetto delle leggi di dove vive.

Questo vale per un migrante in Europa, in Italia, e vale per un Europeo o un italiano allorquando decide di vivere fuori da questi confini.

Inoltre, ed infine, la cultura del “globalismo”, assai spesso, non trova spazio fuori da detti confini.

È tempo di “chiarezza” nel nostro occidente, sia nel sistema sociale che nella Chiesa.

Chiesa Cattolica che non è mai stata strumento di un pensiero terreno, ma guida del “pensare alto”.

Ignoto Uno
28/08/2024
Un Cardinale assai “confuso
Il Cardinale Blase Joseph Cupich, attuale arcivescovo cattolico e 13* metropolita di Chicago in Stati Uniti è intervenuto alla Convention del Partito Democratico che si è svolta proprio nella sua città ed ha indicato Kamala Harris come candidata alle prossime elezioni presidenziali di novembre.

Una Convention ove il ticket democratico, Harris - Walz, è stato “nominato dagli Obama” e non “eletto dai grandi elettori del partito”.

Una Convention, a mio avviso, molto festosa e poco concreta ove spiccava la presenza di un camper della multinazionale Planned Parenthood ove si praticava aborti direttamente sul posto.

Il Cardinale Blase Cupich ha parlato durante la prima giornata, il 19 agosto, dal microfono della Convention senza assolutamente stigmatizzare quella presenza ne riaffermare i principi cardine della dottrina della Chiesa.

Dottrina che mette al centro il diritto alla vita del concepito e il coerente diritto della persona ad una morte naturale.

Il porporato non ha riportato alla memoria dei presenti il diritto dovere dei genitori naturali, una madre ed un padre che si sono uniti per amore, a occuparsi congiuntamente, in primo luogo dando direttive morali, dei propri figli.

Tantomeno il Metropolita di Chicago ha sentito il dovere di condannare l’ideologia gender, centrale nella piattaforma politica della Harris ma lontana dalla dottrina della Chiesa.

A dire il vero nel suo intervento il Cardinale non ha mai fatto riferimento a Nostro Signore Gesù Cristo ed ha ritenuto di celare la Croce, simbolo della sua fede, dentro la propria giacca.

Da credente preferivo l’energia e l’orgoglio del proprio credo di Giovanni Paolo II, oggi Santo.

Tempi e uomini diversi.

Il Cardinal Cupich, sempre nel suo intervento, ha usato queste parole “chiedo di comprendere veramente e rispondere alla sacra chiamata della cittadinanza”.

“Sacra chiamata della cittadinanza”? Nel concetto di “cittadinanza” di “sacro” non vi è assolutamente niente.

La “cittadinanza” è molto più modestamente un tema di trasmutazione in atto formale ed entuale di radici culturali e di tradizioni presenti all’interno di una “nazione”. Questo insegna il diritto pubblico, non è elemento della parola di Nostro Signore.

È tema da giuristi, non da uomini di fede.

Probabilmente proprio nel gesto di celare il Crocifisso il porporato si è voluto spogliare, almeno temporaneamente, del proprio ruolo spirituale ed ha voluto sguainare la spada dell’uomo di una parte.

Peccato che molti degli elementi fondanti la piattaforma politica di quella parte siano incompatibili con quanto i credenti studiano nel Libro che per loro, anche per la mia umile persona che cerca di camminare nella vigna del Signore, è l’elemento unico da cui tutto prende forma.

Il Cardinale è, da tutti i cultori delle cose Vaticane, ritenuto un fedelissimo dell’attuale Pontefice, da credente faccio fatica a comprendere il silenzio del porporato sui temi prima menzionati e così distanti da quello che lui sarebbe chiamato ad insegnare, almeno proporre, agli altri.

Ancor più faccio fatica allorquando prendo atto degli incarichi che lo stesso svolge all’interno della Conferenza Episcopale USA.

Il Cardinal Cupich, fra gli altri, è presidente della commissione episcopale per la protezione dei minori ed è un membro della commissione ad hoc per la traduzione della Sacra Scrittura.

Il Cardinale, vivendo a Chicago, avrà subito le influenze della famiglia Obama.

Famiglia che è l’ideologa principe nel mondo della cultura che è alla base del programma del Partito Democratico americano.

In fondo Barak Obama ne è il “Re”, questo dicono i media.

Un Obama, allora Presidente USA, che, per primo, espresse tutta la sua soddisfazione nel vedere arrivare al soglio di Pietro il Cardinale Bergoglio, oggi Papa Francesco.

Santo Padre che fu eletto il 13 marzo 2013 e nominò il Cardinale Cupich metropolita di Chicago nel 2014 con Obama alla Casa Bianca.

Un Papa Francesco che, eufemisticamente, potrebbe essere definito ostile al candidato Trump.

Importante, e doveroso, sottolineare come la piattaforma del Partito Repubblicano abbia ricevuto critiche dal mondo “pro life” statunitense che avrebbe gradito leggere una posizione non “annacquata” sull’interruzione di gravidanza.

Argomento demandato dal programma repubblicano alle determinazioni normative dei singoli Stati che compongono la Federazione statunitense.

Il documento programmatico del Partito Democratico statunitense dedica due delle 94 pagine che lo compongono ai "diritti riproduttivi" ed ad altri diritti LGBT.

Nello stesso documento si può leggere “indignazione” per l'inversione del 2022 della sentenza Roe vs Wade che legalizzò l’interruzione di gravidanza a livello Federale.

il documento dichiara che “il presidente Biden, la vicepresidente Harris e i democratici sono impegnati a ripristinare i diritti riproduttivi che Trump ha eliminato”.

Definire “diritto riproduttivo” il “diritto ad abortire” sommessamente mi sembra una “inversione del concetto”.

Allo stesso tempo delude l’apprendere come il porporato di Chicago non abbia ribadito con il dovuto orgoglio le parole del Santo Padre che definiscono aborto ed eutanasia “cultura dello scarto”.

Parole per un credente chiare.

Lo Stato, qualsiasi Stato, deve essere laico e le norme devono tenere conto della mediazione fra le varie culture che la compongono.

Questo è imprescindibile.

Diverso, direi incomprensibile, che un porporato non stigmatizzi il fatto che una Convention di partito proponga fattivamente l’aborto in un camper.

Un Cardinale sarebbe, questo il mio pensiero, dovuto correre vicino quel camper a portare conforto alle eventuali gestanti che stavano per affrontare un momento così drammatico.

Momento, voglio essere chiaro, che, laicamente, deve essere rispettato proprio perché drammatico anche da un credente.

Rispettato certamente sì, supportare da parte di un Cardinale il partito che ne fa slogan elettorale tanto da parlare dal podio della propria Convention altrettanto certamente no!

Nella vita la coerenza è importante.

Ignoto Uno
26/08/2024
I media innamorati
I media europei, ancor più quelli italiani,
si sono repentinamente “innamorati” di Kamala Harris.
In realtà questi “soldati innamorati” sono gli stessi “giornalisti” ed “opinionisti” che durante questi anni di amministrazione Biden dichiaravano che la Harris fosse una vera e propria palla al piede nell’attuazione dell’agenda politica del tuttora attuale inquilino della Casa Bianca.

Un Biden “messo da parte” perché incapace di reggere alle fatiche del ruolo a causa di evidenti problemi di salute.

Problemi di salute che erano già “evidenti” nei primi mesi del suo mandato allorquando cadeva per terra con una certa “facilità” e “frequenza”.

Un inquilino che, durante le primarie per incoronare il candidato alle prossime presidenziali statunitensi del suo partito, ha stravinto.

Primarie alle quali, utile sottolinearlo, la Harris non ha nemmeno partecipato.

Un Biden che, questo ne consegue, è stato ritenuto dagli iscritti al partito democratico adeguato a continuare la sua azione politica per un secondo mandato nel caso avesse vinto le prossime presidenziali di novembre.

Loro, gli iscritti al partito, questo hanno detto andando a votarlo in quindici milioni.

La famiglia Obama, pero, non la pensava nello stesso modo.

Elemento che ha determinato il futuro politico di Joe Biden.

I “padroni del partito democratico”, gli stessi che avevano identificato Joe Biden come candidato nel 2020, lo hanno “posato”.

Sono stati Barak e Michelle Obama ad “incoronare” Kamala Harris, non gli iscritti al partito democratico americano.

Questi, gli iscritti, veniamo informati dal Corriere della Sera, “prendevano appunti” durante la convention.

È Barak Obama a dare due forti messaggi.

Il già iconico per la stampa occidentale “yes, she can” e un preoccupante “se mentono su Kamala noi dobbiamo fare qualcosa”.

Se questa frase la avesse detta quel “cattivone” di Trump i nostri liberi giornalisti avrebbero gridato allo scandalo e si sarebbero strappate le vesti in tutela della “democrazia”.

Michelle Obama lancia la candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti con queste parole “per anni Donald Trump ha fatto tutto ciò che era in suo potere per far sì che la gente avesse paura di noi”.

La ex First Lady che, questo dicono i bene informati, ha a lungo agognato di poter “correre” personalmente e avrebbe voluto essere la prima “presidente donna”, ritenuta questa opzione troppo pericolosa, ha “lanciato” nella corsa Kamala Harris con queste assai sibilline parole “se mentono su Kamala, e lo faranno, noi dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo superare ogni tentativo di sopprimerci”.

Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vedere qualche “giornalista ben pensante” chiedere, magari in modo ficcante, alla Obama quanto le “dispiacesse”, alla Garbatella a Roma si direbbe con maggiore incisività “le rodesse”, dover “cedere il passo”.

Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vedere qualche “giornalista ben pensante” elucubrare su quei “fare qualcosa” e “sopprimerci”.

In democrazia si “vota”, la norma prevederebbe “un cittadino, un voto espresso direttamente dallo stesso”, e non si ragiona in termini di “soppressione” dell’avversario politico.

In realtà è proprio Trump che rischia in continuazione di essere escluso dalla “corsa alla Casa Bianca” con mezzi e sistemi che, allorquando sono stati usati contro Navalny da quell’altro “cattivone” di Putin, fecero urlare i “soliti giornalisti ben pensanti” al “colpo di Stato”.

In realtà, solo per precisione, Navalny non aveva ancora vinto niente conseguentemente l’allocazione era assai “eccessiva”.

Pesi e misure “diverse”.

Come non ricordare la famosa affermazione “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”.

Affermazione che, in termini estensivi, può essere applicata a molti concetti.

Per “l’amico Obama” si parla di “re del partito democratico”, per il “nemico Trump” si preferisce il termine di “dittatore del partito repubblicano”.

Con buona pace del fatto che Trump ha partecipato a delle primarie ove si sono candidati in altri cinque mentre Obama ha “incoronato” la Harris che non ha nemmeno partecipato alle primarie del suo partito.

Obama, il “puparo” prima di Joe Biden ed ora di Kamala Harris, il “re” è lui per l’appunto, può spacciarsi come colui che “porta la pace nel mondo”.

Pace che Obama ha “portato” prima direttamente e, in seguito, attraverso il suo “proxy”, noi diremmo “prestanome”.

Obama che può dichiarare fra gli applausi dei “soliti benpensanti” che Trump porta alla “guerra civile gli Stati Uniti”.

A dire il vero “l’esportatore” di “guerre civili” nel mondo è stato proprio lui.

Utile ricordarsi l’Ucraina nel 2014 e le tante “primavere arabe” che hanno rovesciato sistemi politici stabili in medio oriente spesso determinando caos e morte.

Ancor più utile ricordarsi la fine di Gheddafi in Libia voluta proprio dalla Presidenza Obama con “l’aiutino” di Sarkozy e di Napolitano.

Le “primavere arabe”, la guerra in Ucraina che sarebbe potuta finire ad Istanbul dopo quindici giorni con una assai intelligente dichiarazione di “neutralità” di quello Stato rispetto ai due schieramenti, la guerra in medio oriente dovuta ai doppi giochi dell’amministrazione Biden in quello scenario, in primis con l’Iran, queste le eredità in politica estera del “proxy” Joe Biden e della sua Vice Kamala Harris.

Ovviamente i “benpensanti” non “ricordano” e, tantomeno, ne fanno menzione.

“Mentre parlava Michelle Obama, c’era chi tra il pubblico prendeva appunti, chi ripeteva le sue parole come in un sermone in una chiesa gospel”, questo scrivono i media nostrani.

Gli stessi che denigrano i sostenitori di Trump come degli “invasati”.

Ancora, la Harris è stata presentata, sempre dagli Obama che i ben informati reputano miliardari, come “una donna della classe media, come lo è la maggior parte degli americani che non hanno il lusso di ricchezze accumulate per generazioni”, anche qui una frase assai sibillina.

Trump si è costruito totalmente da solo la sua fortuna.

A chi si riferiva l’intoccabile Michelle Obama?

“Nessuno ha il monopolio su cosa significhi essere americano” ha dichiarato il “re” del partito democratico.

Affermazione assai condivisibile, anche da un italiano innamorato della storia americana come sono io, a patto che “nessuno” includa anche il Re e la Regina del partito democratico, Barak e Michelle Obama.
Sono gli elettori, quelli veri, a decidere.

Ignoto Uno
23/08/2024
Dal Sovranismo al Ius Scholae
Il nuovo light motive italico è “senza gli stranieri non saremo in grado di pagare le pensioni, è un nostro dovere dare loro la cittadinanza italiana”.

Quel “saremo” va inteso che lo Stato non riuscirà a onorare i propri impegni con gli italiani in ordine alle loro pensioni.

Premetto che la prima domanda che mi sovviene è se questo accade per colpa di un errore strategico nel sistema pensionistico italiano o per, forse anche evidenti, meccanismi di “malaffare” e “malagestio” dovuti al sistema burocratico e politico che governa gli Enti preposti alla erogazione delle pensioni agli italiani.

Su questo punto lascio a chi mi onora nel leggermi la risposta.

Alcune considerazioni, a prescindere dalla sopra rappresentata domanda, mi sovvengono nel ragionare sulla ansiògena impostazione che porterebbe a ritenere che sia “imprescindibile” il concedere la cittadinanza italiana con nuove, e meno stringenti, regole al fine di “salvare le pensioni agli italiani”.

Partiamo da alcuni numeri.

A giugno 2024 gli occupati in Italia erano 16 milioni 37mila, a questi è necessario sommare 5 milioni 144mila lavoratori autonomi.

Non tutti sono italiani, alcuni di questi lavoratori sono stranieri con regolare permesso di lavoro.

Già da questa semplice deduzione si evince che non esista correlazione fra il diritto a lavorare nel rispetto delle leggi in Italia e la cittadinanza.

Permettetemi di tediarvi con qualche numero.

Al primo gennaio 2023 gli stranieri regolarmente residenti in Italia erano poco più di 5 milioni, l'8,6% della popolazione totale.

Una percentuale già assai significativa che denota la lungimiranza del legislatore nel permettere a persone nate altrove di integrarsi nella nostra amata Patria rispettando le nostre leggi e la nostra cultura senza perdere le proprie origini, rimanendo se stessi.

Sempre al 2023 gli italiani residenti nella nostra amata Italia nella fascia di età 15/65 anni erano 37.471.805.

Il tasso di disoccupazione ad aprile 2024 è stabile al 6,8%, al contrario è salito al 20,5% nella fascia “sotto i 30”.

Purtroppo non sono riuscito, voglio credere per mia incapacità, ad avere dati più aggiornati.

Certamente noto che molti giovani italiani, pur se vi siano ampi spazi di offerta di lavoro inevasi, non trova occupazione.

Quali le cause?

Certamente fra esse una errata impostazione culturale che ha delegittimato il lavoro manuale, artigiano.

A causa di questo risulta assai difficile trovare un elettricista, un idraulico, un giardiniere italiano. Professioni artigiane, queste, che garantiscono a chi le svolge tenori reddituali spesso assai più elevati di molte attività sedentarie.

È un fatto, non una opinione.

Facile comprendere, però, che un giovane, al quale per tutta la vita è stato insegnato che il titolo di studio ti garantisce una vita agiata dietro una scrivania a prescindere dalle reali competenze che l’università ha permesso al giovane stesso di acquisire attraverso il proprio percorso di studi, si senta “non adatto” a svolgere attività artigiane.

Questa cultura porta i giovani a ritenere molto più etico essere disoccupati che occupati attraverso una attività artigianale.

Però le “pensioni lo Stato potrà onorarle solo attraverso il dare la cittadinanza italiana a stranieri”.

Una vera baggianata.

Il tema del riconoscere la cittadinanza italiana ad una persona che ha genitori stranieri, sia che il candidato sia nato in Italia o meno, non riguarda per nulla i temi macroeconomici.

Esso afferisci a temi culturali e legati alle tradizioni italiane.

La domanda è se gli italiani ritengano corretto sradicare le proprie radici per divenire parte di un sistema socio politico senza profonde identità.

La mia personale opinione è che, a prescindere dal colore della pelle che poco ci appassiona, la cittadinanza possa essere concessa a chi si sia profondamente radicato nelle tradizioni e nella cultura italiana, una cultura che deve ricordarsi le proprie origini giudaico cristiane, a cui non possono che essere abbinate le tradizioni che trovano origine nel pensiero filosofico ateniese e a quello illuminista.

Questo mi costringe a ragionare sul concetto di “nazione” al fine di identificare il significato intrinseco del sostantivo.

A tal fine, chi mi onora nel leggermi sa che provo una profonda simpatia per il mai sufficientemente compulsato Treccani, vado a cercare il significato intrinseco della parola.

Interessante notare come il termine “nazione” è già presente nell’antica Roma ove con “natio” si indicava “un gruppo di persone legate da nascita o discendenza comune”.

La “natio” definiva le popolazioni che formavano l’impero, cioè le singole tribù, le singole stirpi.

Ognuna di queste era “legate da vincoli di origine, di sangue o di lingua, senza che ciò implicasse un significato di appartenenza a comunità in senso politico”.

La “natio” era in molti casi in opposizione a “populus” o a “civitas”.

Se proseguiamo nei secoli, sempre il Treccani, ci riporta alla memoria come sia in epoca medievale sia in quella rinascimentale “nazione” fu un termine utilizzato per definire “una dimensione, regionale o cittadina, di corporazione e di ceto sociale”.

Infine, oggi, la parola “nazione” acquisisce “una specifica e necessaria accezione politica, entrando direttamente in relazione, sebbene in maniera non univoca, con l’idea di Stato”.

Fu la Rivoluzione francese ad identificare la “nazione” come una “entità collettiva”, cultura che trovava stimoli filosofici in Vico e Voltaire, solo per citarne alcuni.

“Popolo” come elemento portatore di una “autocoscienza” politica e fonte di legittimazione dello Stato.

Fu Fitche, con altri, ad identificare nel fattore linguistico un elemento preminente collegando la lingua alle tradizioni.

Il principio di nazionalità, per il quale ogni “nazione” si organizza attraverso uno Stato costituì l’idea centrale del 19° secolo e fu Giuseppe Mazzini il suo ideologo fondamentale.

La “nazionalità” divenne, per questo, il “principio costitutivo degli Stati”.

La Società delle Nazioni ne fu una diretta conseguenza.

Oggi tutto questo percorso storico e filosofico viene messo in discussione da una nuova “filosofia” denominata “globalismo”.

Difficile identificarne i “pensatori”, molto più facile comprendere gli “interessi” che a detta teoria filosofica soggiaciono.

Interessi che favoriscono pochi a discapito di molti.

Difficile comprendere perché sia così “strategico” cambiare le leggi che permettono a qualcuno di divenire cittadino di uno Stato, primo fra tutti quello italiano.

Forse a “qualcuno” interessa modificare repentinamente i “pesi elettorali” nella propria nazione.

Come sempre nel nostro occidente i processi politici si originano in Stati Uniti.

Proprio quegli Stati Uniti ove fra circa 80 giorni si vota ed ove alcuni pensano di poter “abbattere” la probabile vittoria del “cattivone” Trump, per gli europei al potere da queste parti, modificando i corpi elettorali al foto finish.

Perché seguire questi “trucchetti” anche dalle nostre parti, soprattutto se rappresenti un pensiero cristiano liberale, oggi si direbbe “sovranista”?

Difficile comprenderlo….. o forse no.

Troppo “l’amore” per quell’asse “Cino - germanico” in alcuni “poteri” italiani.

Ignoto Uno
20/08/2024
L’incredibile “leggerezza” dei “dotti e dei sapienti”
Che cosa è la “vita”?
Egualmente cos’è la “malattia” e la “sofferenza”?

In che misura la scienza può e deve interagire con esse?

Addirittura prenderne il sopravvento.

Eutanasia e genetica sono temi assai presenti, purtroppo assai spesso in modo poco competente, sui nostri media.

Questo causa domande fra noi persone che amiamo la libertà di ragionare, amiamo il dubbio, cerchiamo ed aneliamo il diritto al “comprendere”, vorremmo poter avere l’opportunità di formare in noi stessi un pensiero basato sul nostro libero raggiungimento di una “convinzione”.

Pur se, banale essere fintamente modesti, so di poter annoverare la mia piccola persona fra coloro i quali un poeta moderno ridicolizzava definendoli “dotti e sapienti”, al contrario di molti miei “colleghi” sono ancora ancorato alla terra che mi circonda e “so di non sapere”.

Mai come su questi temi, ogni qual volta cerco di approfondirli, cerco delle sintesi, raggiungo l’angoscia tipica di colui che comprende quanto questi argomenti, su cui cerco di formare una mia libera convinzione, mi annichiliscano a causa della complessità e degli innumerevoli punti di vista che contengono.

Punti di vista, elementi di approfondimento, che rendono l’uomo, l’essere umano, almeno la mia persona, inadeguato a raggiungere una sintesi.

Di fronte a questo mio “limite” si contrappone il mondo di coloro che, con immensa “semplicità”, probabilmente senza una reale consapevolezza del loro essere altrettanto limitati di chi scrive, sentono di poter “insegnare”, in alcuni casi “imporre”, le proprie certezze agli altri.

Non nascondo che provo profonda invidia nel sentirli così “sicuri” delle loro “certezze”.

Certezze scevre da momenti di “timore di commettere errori”.

Persone “fortunate”, non capendo la drammatica forza del dubbio socratico vivono con “leggerezza”.

Questa “leggerezza” sia da parte di troppi “intellettuali”sia da parte di gran parte del sistema dei media impatta sulla consapevolezza di tanti e, conseguentemente, sul senso dell’etica comune in ordine a detti temi.

Temi che meriterebbero assai maggiore attenzione nell’uso della parola e assai maggiore rispetto della intrinseca complessità in essi racchiusa.

Proprio mentre tanti sentono di possedere detti temi così in profondità da poterne parlare erga omnes, la Pontificia Accademia per la Vita sente l’esigenza di produrre un documento che, almeno, dia definizioni condivise sulle singole parole garantendo, in questo modo, un lessico comune che permetta un dialogo fra posizioni diverse.

Da un lato la posizione del credente - sia esso cristiano, di religione ebraica , mussulmano o professi la sua fede verso altre forme religiose più presenti in continenti lontani dal nostro - dall’altro la posizione laica che lo Stato ha il dovere di assumere attraverso norme che rappresentino la mediazione fra le diverse culture presenti nello stesso.

Stato, però, che non può imporre posizioni di una minoranza ad una maggioranza esclusivamente per il fatto che la seconda è meno organizzata e più silente.

Quella storicamente famosa “maggioranza silenziosa”.

Anche per queste ragioni il documento della Pontificia Accademia per la Vita che affronta l’ostico tema del “fine vita” attraverso un vademecum dal titolo 'Piccolo lessico del fine vita' è particolarmente interessante.

È un “metodo” che sarebbe assai costruttivo se fosse una linea guida.

Linea guida, metodo, che andrebbe applicata ben oltre il tema in oggetto.

In esso si ribadisce la posizione cristiana che esclude il diritto del singolo all'eutanasia, ma riconosce allo stesso sia il diritto alle cure palliative che quello di non voler continuare in percorsi terapeutici ritenuti dal paziente oramai inutili.

È, questo approccio della chiesa Cattolica, un atto di rispetto della cultura laica che deve essere alla base di uno Stato occidentale moderno.

Un “laicismo” orizzontale non solo alle fedi religiose ma a tutte le “fedi” che inondano il nostro Occidente oggi.

La stessa Accademia Pontificia parla di uno "spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo".

Ecco quello che manca ai “dotti e sapienti” che ci inondano quotidianamente con il loro “sapere”, con le loro “certezze”.

Assente in loro l’umiltà del saper mediare, spesso anche del saper “ascoltare”.

In fondo il “mediare” non è altro che saper “rispettare” il pensiero altrui senza abdicare dal proprio punto di vista.

La cultura del “individuo” sta distruggendo quella del “rispetto dell’altro”.

Gli esseri umani torneranno alla felicità ed alla prosperità, soprattutto nella nostra Europa, esclusivamente se sapranno usare il “noi”.

Un “noi”, quello sì, veramente “inclusivo” se saprà sedersi a dialogare con chi è portatore di un pensiero diverso, finanche opposto, e, con questi, trovare una “mediazione”.

Ignoto Uno
09/08/2024
Una marmotta ci spiega il cambiamento climatico
Nel museo di Scienze naturali situato presso il castello di Saint Pierre in Val d'Aosta è da pochi giorni esposta al pubblico una mummia di una marmotta di cui gli scienziati datano la nascita 6.600 anni fa.

Si tratta della più antica mummia mai rinvenuta in Italia.

È stata ritrovata due anni fa sul ghiacciaio del Lyskamm a circa 4.300 metri di altezza e solo ora, dopo tutte le ricerche del caso, viene esposta al pubblico.

Al netto degli aspetti puramente scientifici, di questa marmotta è importante notare che è stata ritrovata ad una altitudine ove, oggi, questi magnifici animali non vivono,ne sono in grado di vivere, essendo essi erbivori ed essendo da tempo presenti a quelle altitudini dei ghiacciai perenni.

Questo ritrovamento, avvenuto a causa di una riduzione dello spessore del ghiacciaio, è stato assai “urlato” dai cultori dell’economia “green” proprio al fine di segnalare, ovviamente con toni allarmistici, lo scioglimento dei ghiacciai perenni e dare colpa di questo all’inquinamento globale.

Questo ritrovamento ci racconta che 6.600 anni fa, a quelle altitudini, erano presenti prati ed arbusti che garantivano ad una marmotta di poter vivere. Non vi erano ghiacciai perenni ne enormi ne in via di riduzione.

Facile comprendere che al tempo i motori a scoppio non erano stati ancora inventati e, conseguenza ovvia e diretta, non esistendo non potevano inquinare l’atmosfera della nostra amata terra. Altrettanto accadeva con le centrali a carbone.

Nulla che inquinasse e causasse il cambiamento climatico a causa delle scoperte scientifiche dell’uomo esisteva al tempo, solo il normale evolvere dei cicli del nostro sistema solare, l’eruttare dei vulcani e gli incendi delle aree boschive.

Al tempo, palesemente, non erano presenti, tempi semplici e certamente più etici quelli, neanche i tanti “affaristi” che oggi ritengono di poter cavalcare gli stessi cicli al fine di causare bisogni di mercato.

Corrado Gaspard, questo il nome della guida alpina che nell’agosto del 2022, durante un'escursione sulla parete est del Lyskamm, ghiacciaio appartenente al gruppo del Monte Rosa, ha trovato casualmente la mummia di questa marmotta rannicchiata su una roccia, ha involontariamente fornito un elemento che permette a noi tutti di ragionare sulla “tesi” che dette l’opportunità ad una adolescente svedese di nome Greta Thunberg di parlare e discernere, finanche insegnare agli scienziati, di fisica e climatologia.

La giovane, in varie occasioni, fu messa in condizione di incontrare da pari i grandi della terra portando loro, a nome di tutti, giovani e meno giovani, la richiesta di fermare l’inquinamento globale da CO2.

La giovane, ritenuta da molti intellettuali e giornalisti un novello “premio Nobel”, dichiarava, ovviamente in assenza di alcun contraddittorio, l’inquinamento come unico colpevole, primaria causa, del “riscaldamento globale”.

Riscaldamento globale, oltretutto, assai poco condiviso da molti scienziati che, ragionando sui cicli solari, dichiarano che la nostra amata terra abbia di fronte una nuova era di glaciazioni.

Tutto questo nell’ambito dei “cicli terresti” e non dei “mesi”.

Un ritrovamento eccezionale da molti punti di vista quello di Corrado Gaspard.

Certamente un ritrovamento che porta noi tutti a dover scindere il tema dell’inquinamento globale dovuto ai comportamenti umani da quello del riscaldamento, o raffreddamento, globale.

Un ritrovamento che porta noi tutti a porci serie ed, in alcuni casi sgradevoli, domande.

Per esempio porta a chiederci se i cultori dei pannelli solari e delle pale eoliche siano più paladini della difesa della qualità dell’aria della nostra terra o di altri interessi più profani.

La guida alpina, per fortuna e qualità professionale, avendo constatato di trovarsi al cospetto di un evento estremamente rilevante, ha immediatamente coinvolto le autorità competenti impedendo, in questo modo, che venisse negata la veridicità della stessa scoperta da parte di coloro che in essa avrebbero potuto trovare elementi di problematicità per la narrazione sulla “crisi climatica” che tanto aiuta alcuni a diventar benestanti a discapito di altri.

Narrazione che tanto aiuta, fatto che definirei strategico, a spostare, con l’aiuto di un ceto dirigente occidentale probabilmente cointeressato, i flussi macroeconomici globali a favore del cosiddetto “far east”.

Questo a discapito delle aziende occidentali, del PIL e della occupazione, in pratica del benessere sociale, soprattutto della nostra Europa, della nostra Italia.

Oggi le marmotte sul Monte Rosa le possiamo osservare molto più in basso proprio a causa di quei ghiacciai perenni, gli stessi che oggi si stanno riducendo, gli stessi che ai tempi di quella marmotta non esistevano e lasciavano spazio ad una rigogliosa vegetazione indispensabile alla vita di quel animale.

Quanto sarebbe serio ed utile imparare da questa storia legata ad una mummificata marmotta a pensare attraverso la maieutica socratica.

L’inquinamento esiste ed è colpa degli esseri umani, tutti gli esseri umani, non solo degli europei.

L’inquinamento globale va ridotto, tutto!

Non esclusivamente quello da CO2 che, forse, è addirittura assai meno invasivo di altri, per esempio quello da litio.

Le “furbizie” di chi vuol strumentalizzare ogni cosa per il proprio vantaggio economico a discapito del benessere complessivo vanno, anche assai velocemente, estirpate per permettere alle famiglie di continuare a pensare che il futuro dei propri figli possa essere migliore del loro presente.

Anche per questo le elezioni statunitensi di novembre sono importanti per tutti, non solo per i cittadini americani.

Certe volte, infatti, i “cattivoni” sono assai più interessati alla qualità della vita delle famiglie, del ceto medio, delle piccole imprese private, di quelli che rappresentano “il potere dei più buoni”, come li narrava quel grande poeta che si chiamava Giorgio Gaber.

Un uomo di sinistra vero lui, non un affarista al soldo del globalismo gender e green.

Ignoto Uno
05/08/2024
Stanchi dell'ibrido
Ogni uomo che sa cosa voglia dire essere un “uomo” vive con la certezza che non si “picchiano le donne”.

Non si “tocca una donna nemmeno con una rosa”, questo noi padri insegnamo ai nostri figli.

Nei tempi recenti è stato istituito il reato di “femminicidio”. Un omicidio che contiene in se l’aggravante che sia un uomo ad uccidere una donna per motivi di genere.

Queste “strane” Olimpiadi, ove si parla molto più di “altro” che di sport, hanno costretto tutti noi, anche i non appassionati di boxe come chi scrive, a vedere, con ribrezzo, una persona “non donna” massacrare con un solo pugno una atleta donna.

Questa la sintesi dal mio punto di vista.

Una sintesi che non mi piace.

Lo sport ha un solo ruolo, quello di insegnare valori positivi.

Una “non donna”, non sono io a dover scendere in valutazioni scientifiche sul suo “genere”, questo spetta agli scienziati, non agli intellettuali o ai politici, che gareggia con una “donna”.

Il risultato dello “scontro”, non del “incontro”, era tristemente, pateticamente, scontato.

La conseguenza è diretta. Perché far svolgere gli “incontri”?

Ovvio il fatto che, se l’atleta algerina non troverà sulla sua strada una altra “non donna”, questa atleta vincerà sempre.

Olimpiadi noiose queste di Francia.

Olimpiadi ove l’ideologia gender ha preso il sopravventò sullo sport.

Peccato.

Speriamo che, almeno nell’ultima parte, questa olimpiade sappia tornare, per quel che può, ad essere quello che una “olimpiade” deve essere.

Una sana e vera “Olimpiade” è il “tempio dello sport”.

Una nota di speranza per finire, fra quattro anni saremo in una nuova era, avremo una nuova Olimpiade, potremo tornare ad appassionarci alle gare, parlare da tifosi di sport olimpici, guardare in pace la televisione e commentare le medaglie vinte dagli atleti che rappresenteranno la nostra Patria.

Questo amano fare le madri ed i padri con i propri figli nella quiete di una estate olimpica con una bibita in mano ospitando degli amici nella propria dimora.

Questo è sempre stato il modo sano e tradizionale di “parlare d sport”.

Questa è la cultura della maggioranza degli esseri umani nel mondo.

Questo accadrà di nuovo, ne sono certo, fra quattro anni in California, a Los Angeles.

Quel giorno, infatti, la Presidenza in Stati Uniti sarà quella che per molti sarebbe già dovuta essere nel 2020.

Noi, madri e padri all’antica, non vediamo l’ora di dimenticare ogni forma di strumentalizzazione politica di qualsiasi “ibrido”, umano o ingegneristico che sia.

All’atleta algerina Khelif identica solidarietà che portiamo all’atleta italiana Angela Carini, due esseri umani che hanno pari dignità e che, entrambe, sono state strumentalizzate per motivi politici “globalisti” assai lontani dallo spirito olimpico.

Questo, non voglio nasconderlo, a tutti coloro che hanno il mio stesso sentire annoia molto più che un po’.

Ignoto Uno
03/08/2024
Risposta ad un lettore
Egregio direttore, nel ringraziarla per avermi inviato il commento del signor CN.
Commento, a dire il vero, che non posso che giudicare da un lato assai poco ponderato e dall’altro particolarmente pieno di mal celato livore, finanche astioso.
A detto commento, dopo aver comunque ringraziato lo stesso signor CN e ogni altro lettore che mi onora con il leggermi, addirittura con il commentarmi, reputo mio dovere - suo tramite - fornire una risposta chiara.
Per rispetto riporto integralmente quanto da Lei inviatomi.

“Questo Ignoto Uno mi sembra un pettegolo codardo che non ha il coraggio delle proprie azioni. Non accetto che un codardo possa dare informazioni nascondendosi dietro la sigla "Ignoto Uno". Se Ignoto Uno non ha i coglioni, si mettesse in fila in un bel gaypride, quello è il suo posto. Riferisca cortesemente al sig. Ignoto Uno che schifiamo profondamente il suo vile comportamento”.

Egregio lettore, la prego, legga con maggiore attenzione.

Essendo io certo che Ella conosce il significato delle parole che usa e mi attribuisce, in cosa nel mio scritto può evincere un “pettegolezzo”?

Il mio scritto è un commento, una opinione, e come tale è stato esposto.

Non è assolutamente un “pettegolezzo”, tantomeno un articolo che fa “cronaca” e, conseguentemente, da “informazioni”.

Egregio lettore ha studiato a sufficienza per comprenderne le differenze?

Sa il suo lessico basato sull’insulto mi causa dei dubbi, sempre socratici, mi creda.

Lei mi apostrofa dandomi del “codardo”, sento il dovere di garantirla sul fatto che il suo epiteto ne mi offende ne mi ferisce, in realtà mi causa preoccupazione per la sua persona.

L’astio con cui mi apostrofa mi porta a temere per la sua serenità.

Egregio lettore, se il leggermi le causa tanto livore, usi il suo libero arbitrio e, allorquando, dovesse leggere la mia firma sotto pseudonimo, passi oltre.

Segua Dante, “guardi e passi”.

Mi creda lei vivrà meglio ed io non me ne accorgerò nemmeno.

Una domanda, però, mi permetterà di proporla a Lei ed a chi mi onora di leggermi.

Lei ha mai letto i magnifici testi di Aron Hector Schmitz, piuttosto che di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, oppure di Marie-Henri Beyle?

Certamente con questi nomi no, questi grandi scrittori amavano usare “pseudonimi”.

I tre scrittori sono, in ordine, Italo Svevo, Pablo Neruda e Stendhal.

L’epiteto con cui lei si arroga il diritto di apostrofarmi si sentirebbe di usarlo nei loro confronti?

Probabilmente no.

Desidero aiutarla.

So di non valere neanche un centesimo di cotanti vati.

Io frequento, infatti, il senso della misura e ho consuetudine con la maieutica, cioè cerco di comprendere le mie ampie carenze culturali guardandomi con distacco e costantemente mi pongo i mai troppo frequentati dubbi socratici.

Ignoto Uno è uno stratagemma per far concentrare colui che mi onora di leggere il mio pensiero sullo stesso e non su chi scrive.

Nulla di “codardo” mi creda.

Solo “umiltà”.

Quella che parrebbe essere scarsa nella sua persona.

Per concludere, segua il mio consiglio, non mi legga, ne trarranno giovamento le sue coronarie.

Sempre con rispetto per il tempo che mi ha dedicato.

Ignoto Uno
29/07/2024
Da Notre Dame ai barconi sulla Senna
Le Olimpiadi sono iniziate, iniziate assai male.

Peccato, purtroppo la cerimonia di apertura è stata ritenuta da alcuni un utile strumento di propaganda di parte.

Un Gay Pride in mondo visione, così lo hanno commentato in molti.

Una strumentalizzazione dello sport olimpico al fine di imporre un punto di vista, una cerimonia divisiva.

In quanto tale lontana dallo spirito che è elemento alto delle Olimpiadi.

Alcuni hanno ritenuto di commentare la cerimonia inaugurale come “offensiva”, non lo condivido.

Perché “offensiva”?

La cerimonia è stata solo “inadeguata”, incapace di trasferire al mondo le tradizioni e la antichissima cultura francese e il motivo profondo per cui si svolgono le Olimpiadi.

Parigi è il simbolo della “grandeur”.

Dove questa arrogante certezza di superiorità francese poteva essere percepita nella trama narrata in questa cerimonia?

Fossi un francese, un parigino, sarei deluso.

Sarei arrabbiato che così poco, forse nulla, della importante storia di Francia fosse portato al centro del mondo attraverso un momento irripetibile quale è la cerimonia di apertura di una olimpiade moderna.

Una città che ospita il Louvre, la Tour Eiffel, simboli come l’Arco di Trionfo e, forse soprattutto, la immensa cattedrale di Notre Dame, senza dimenticare Versailles che da Parigi è così vicina, si è ridotta ad ospitare un Gay Pride in mondo visione.

Come non provare mestizia nell’essere stati costretti a vedere quelle immagini di una “ultima cena in salsa Pride”?

Parigi, per noi amanti del classico, per fortuna, rimarrà la città ove potersi esaltare davanti alla Gioconda in quel immenso tempio della cultura che è il Louvre.

Da uomo oramai canuto ed avvezzo alla sopportazione degli eccessi di chi confonde il “personale” con il “globale” ricordo con un coacervo di emozioni quando, allora giovane inesperto, andai con alcuni amici a vedere uno spettacolo del, al tempo, iconico Mouline Rouge.

Oggi I giovani, dal loro telefonino, possono vedere ben altro rispetto a due seni ed a gambe dritte e magnifiche.

Oggi non si “sogna” più, si “guarda”.

Forse proprio per questa perdita del “proibito” coloro, politici e coreografi che fossero, che volevano cercare di imporre una “ideologia” hanno ridotto un momento così importante a tanta pochezza.

Ieri pioveva a Parigi, avrà lavato tutto, ora, per fortuna, noi tutti potremmo tornare alla normalità delle gare olimpiche.

Come avrebbe detto un giovane bambino dell’asilo di venti anni fa, potremmo riprendere a “giocare”.

Lui, con la saggezza e la purezza dell’infanzia, avrebbe usato queste parole: “Papo oggi mi sono divertito, abbiamo giocato femmine con le femmine e maschi con i maschi”, la perfezione proposta nella Genesi, in quel momento, sarà tornata al centro del mondo.

Già, proprio la Genesi, allorquando scrive ai versetti 1,26-28 “Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina e disse loro di crescere e di moltiplicatevi”.

Il “resto” è “attività da camera da letto”, roba “intima” non da Cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi.

Speriamo che chi non ha saputo comprendere una cosa così semplice abbia il desiderio di respirare la cultura antica di quella magnifica città che è Parigi.

Se lo saprà fare, forse, potrà vivere con maggiore serenità il suo futuro.

Anche in camera da letto.

Ignoto Uno
28/07/2024
Conseguenze di un assassinio fallito
“Make America Great Again”, questo il motto proposto agli statunitensi da un uomo che non si è fermato nemmeno dopo che un proiettile lo ha colpito ad un orecchio.

Un proiettile che lo ha colpito a pochi millimetri dal cervello.

Un proiettile che lo ha portato a pochi millimetri dalla morte.

Un proiettile che è stato immediatamente sconfitto da un uomo che si è alzato con il pugno chiuso ed il braccio teso incitando il suo popolo a “combattere”.

Un leader che, con quel gesto, è entrato nella storia del mondo.

I media continuano a sbeffeggiarlo, a denigrarlo, a definirlo “antidemocratico”, però è lui ad aver subito un tentativo di omicidio.

Thomas Crooks, questo è il nome che entrerà nei libri di storia come autore dell’attentato, del tentato omicidio.

Un giovane che non si riesce veramente a comprendere come possa essere salito indisturbato su quel tetto ed arrivare a così pochi metri dal suo obiettivo.

Pensare che questo giovane possa aver fatto tutto da solo mette letteralmente paura.

Pensare che “qualcuno” possa aver “aiutato” questo giovane mette ancora più paura.

Viene addirittura da chiedersi se sia stato veramente lui a sparare o se non ci fosse solo lui da quelle parti, magari posizionato meglio e più nascosto.

Thomas Crooks, di anni venti, è stato “abbattuto”, lo avevano notato su quel tetto 85 secondi prima che lui sparasse, ma è stato abbattuto dopo che lo stesso ha compiuto il suo terribile gesto.

Nel suo discorso alla successiva Convention Repubblicana, il leader dei sovranisti di tutto il mondo ha invitato gli americani a essere “ottimisti ed entusiasti verso il futuro”.

Al netto della trita propaganda anti Trumpiana dei soliti media, il discorso di colui che ha qualche possibilità in più degli altri di giurare il 20 gennaio 2025 come quarantaseiesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, si è soffermato sulla necessità di “far sparire l’inflazione” e far terminare le drammatiche guerre in corso, quella Ucraina e quella mediorientale in primis.

Frasi enfatiche quelle usate dal candidato repubblicano, frasi da comizio.

La grande maggioranza dei giornalisti nostrani non si è accorto del fatto che in un comizio si usano iperboli.

“Chiudere ogni guerra con una telefonata” e “far sparire l’inflazione” sono iperboli, tipiche semplificazioni da comizio. Lo fanno tutti i politici, i giornalisti lo notano e lo stigmatizzano allorquando sono a parlare coloro che non sono coerenti alla loro “ideologia”, alla loro “fazione”, altrimenti tacciono.

Donald Trump, proprio perché non è parte di quella “fazione”, vede molti, in tutto il mondo, che lo aspettano trovando in lui un elemento di speranza.

Questa la motivazione del fatto che, se non verrà assassinato nei prossimi cento giorni o se non avverranno nuovamente “eventi atipici” quali quei famigerati tre giorni per calcolare i voti come accadde nel 2020, Trump ha già vinto.

Trump ha descritto gli attuali Stati Uniti come uno Stato ove non funziona più niente, cosa che nega avvenisse durante il suo mandato, e la grande maggioranza degli statunitensi la pensa come lui.

Trump dichiara che in Stati Uniti sia esplosa la criminalità e, anche su questo, soprattutto nei grandi centri urbani, gli americani la pensano esattamente come lui.

Trump ha criticato l’attuale amministrazione per le sue politiche sull’energia, i media notano con sufficienza che gli Stati Uniti non abbiano mai prodotto più energia di quanta ne producano oggi, ma il futuro probabile presidente stava ragionando sui costi per le famiglie, estremamente più alti oggi che durante il suo precedente mandato e gli statunitensi, dopo essersi frugati nel portafoglio, la pensano come lui.

Trump ha parlato di “virus cinese” in relazione al coronavirus, lo definiva in questo modo anche nel 2020, i fatti gli stanno dando ragione.

Trump, questo potrebbe essere un diretto messaggio all’ establishment italiano, ha di nuovo accusato i Democratici di “barare alle elezioni” e molti americani temono che un fatto che viene dato da quelle parti per certo, se si parla del 2020, possa ripetersi nel 2024.

Infine, Trump ha usato l’espressione “Green New Scam”, cioè “truffa”, quando ha affrontato il tema del cambiamento climatico.

Sulla crisi Ucraina l’inquilino di Mar a Lago è già stato conseguente.

Zelensky ha avuto, infatti, una telefonata con lui.

Telefonata semplice e chiara ove il messaggio è stato “è arrivato il tempo di sedersi e trattare. I soldi e le armi statunitensi non continueranno ad arrivare”.

Non sembra un caso che il Vaticano abbia deciso di attivare in quello scenario un grande mediatore quale è il Segretario di Stato Cardinale Parolin, superando di fatto il girovagare per il mondo del Presidente della CEI Cardinal Zuppi.

Allo stesso tempo in Europa abbiamo dovuto vedere la rielezione della Presidente Von der Leyen ed il “cordone sanitario” nei confronti di coloro che sono portatori di un pensiero diverso dal suo e da quello dell’asse franco - tedesco.

“Cordone sanitario”, appunto. Quanto potrebbe essere devastante se la nostra amata Italia, e la nostra assai meno amata Europa dei 27, dovesse, in quanto non affidabile e credibile per le superpotenze occidentali, finire in un assai più periglioso “cordone sanitario” americano e Russo!

In fondo, proprio perché ritenuta pericolosa dagli stessi super potenti, la storia ha già visto dopo la Seconda Guerra Mondiale fare da questi quella scelta.

Il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino e l’Europa tutta ebbe una grande possibilità di tornare ai fasti del passato.

Purtroppo, così parrebbe, gli “appetiti” di pochi stanno riuscendo a disintegrare i sogni di tanti.

Purtroppo nel momento topico gli abitanti dell’Europa non avevano a condurre il nostro continente degli Spinelli, dei De Gasperi, dei De Gaulle, degli Adenauer o, finanche, dei Kohl o degli Andreotti ma avevamo delle Merkel con i suoi amichetti francesi.

Magari aiutati da dei Clinton e degli Obama.

Per questo, nel vedere quel cerotto a quel orecchio, poco ci emozioniamo nel sentire le “baggianate” dell’opinionista filo Green Economy di turno e ci esaltiamo nel sapere che quel cervello vicino a quel orecchio incerottato ci permetterà di sognare di nuovo pace e prosperità al mondo intero.

A chi ama la “decrescita felice” noi, cittadini sovranisti nel mondo, garantiamo che potranno viverla con tutto l’impegno che vorranno nell’intimità della loro famiglia.

Noi, amanti della “radiosa crescita felice”, non impediremo loro di vivere come essi preferiscono.

Siamo democratici, crediamo nella libertà, amiamo il confronto nelle differenze, crediamo nel dubbio socratico, ci esaltiamo allorquando vediamo un giovane avere enorme successo, tuteliamo chi non ha il nostro stesso sentire nell intimità e, soprattutto, non accettiamo che qualcuno ci obblighi a vivere come piace a lui.

“Fight - Fight - Fight” ci ha ordinato il nostro leader.

Lo facevamo, lo facciamo, lo faremo.

Ovunque.

Oggi molto più convinti di ieri.

Ignoto Uno
21/07/2024
Alziamo il braccio come Trump
Una giornata storica segnata dalla fortuna quella appena vissuta in Pennsylvania.

Per chi, come il Presidente Trump, crede nell’Onnipotente, segnata dalla volontà Divina.

Una giornata che ha permesso al mondo tutto di comprendere la forza di un uomo che non si piega mai.

Una giornata segnata dall’immagine di un uomo a cui era stato sparato in testa da pochi secondi e che si è rialzato con il braccio alzato in segno di vittoria per dare forza al suo popolo scevro del pericolo che lo aveva appena colpito più che sfiorato.

Una immagine che entrerà nei libri di storia e segnerà in modo indelebile il futuro degli Stati Uniti e del mondo intero.

Con l’attentato al Presidente Donald Trump il mondo, non solo gli Stati Uniti, è entrato in una nuova era.

In quel preciso momento la speranza di chi non crede che alla base dei rapporti fra le persone, i singoli Stati, vi debba essere il valore del rispetto delle tradizioni culturali a favore di un appiattimento su una unica visione della vita indistinta e senza radici, chi crede nella cultura della menzogna politica e della inversione fra bugia e verità a favore della propria parte, chi crede nell’uso del sistema giudiziario come ricatto o clava contro il “nemico”, chi crede di poter gestire i popoli attraverso la propaganda mediatica, chi parla di “libertà di pensiero” ma annichilisce il diritto di pensare, chi propugna e crede in questi non valori sa di avere davanti un leader che non ha paura di loro ed un popolo che, ancor più da oggi, sa di potersi affidare a lui le proprie sorti.

Quel braccio alzato è già entrato nella storia dell’umanità.

Intorno a quel braccio alzato si sono compattati valori e popoli che urlano da tempo il desiderio di non essere sfruttati, usati, strumentalizzati, presi in giro, impoveriti, usati come cavie, spremuti come limoni per favorire una green economy che di “green” non ha niente ma che vuota le tasche dei semplici a favore di pochi.

Questi esseri umani, persone che chiedono che le proprie tradizioni e la propria cultura venga rispettata, cittadini onesti, padri e madri, lavoratori con sogni semplici desiderosi solo di poter dare un futuro migliore ai propri figli, sanno che possono tornare a sognare.

Sognare un mondo con leaders che pensano ai propri popoli prima che a se stessi.

Donald Trump, per molti “il vero Presidente”, ha pensato al suo popolò prima che alla propria vita.

Non è scappato, ha dato forza a coloro che hanno temuto di aver perso un punto di riferimento.

Così facendo è diventato, ancor più credibile, ancor più punto di riferimento.

Al momento dello sparo mancavano 114 giorni alle elezioni presidenziali americane.

Per molti mancavano 114 giorni all’alba di un nuovo sogno di pace e di prosperità.

Chi ha idee diverse da queste ne ha diritto, ma farà bene a iniziare a rispettare chi è portatore di valori diversi e ponga termine allo strumento del denigrare per mettere fuori gioco all’avversario prima culturale e, solo dopo, politico.

“God and Country” è lo slogan dei sovranisti.

Uno slogan antico che permette di sognare moderno.

Intorno ad un braccio alzato che nulla ha ne di destra né di sinistra….. è solo un segno di forza nelle proprie convinzioni

Ignoto Uno
14/07/2924
Gentile e Croce vs Schlein e Conte
Nel parlamento europeo si è formato un nuovo gruppo denominato “patrioti”.

Interessante notare l’immediato attacco da parte dei media italiani, una vera e propria azione di “chilleraggio” quella che alcune testate hanno intrapreso nei confronti di questa nuova e numericamente rilevante compagine politica.

“Camerati” sono stati definiti i suoi membri.

Questo atteggiamento mediatico porta chi scrive ad attuare una semplice azione di sillogismo.

Il ragionamento deduttivo della logica aristotelica è, di questo sono certo, un utile impegno della mente, peccato che sia sempre più sconosciuto sia ai cosiddetti intellettuali che a molti, quasi tutti, i leaders politici italiani.

La premessa è che i parlamentari appartenenti a questo gruppo sono stati eletti attraverso libere elezioni nelle loro nazioni. Certamente questo vale per i leghisti, partito che ha aderito ai Patrioti nel parlamento europeo.

L’affermazione maggiore, o “a contrasto”, di chi è ostile alle idee proposte da detto gruppo può essere ridotta a sintesi in queste parole: “sono camerati”. Affermazione ad effetto e, almeno per chi scrive, calunniosa.

Solo per rispetto del lettore affermo di aver votato il generale, ora onorevole, Vannacci e di essere graniticamente antifascista. Anzi di sentirmi fortemente calunniato se accostato al concetto di “camerata”.

Essere cristiano liberale, per i palati più fini direi Crociano, è assai vicino a molte delle posizioni dei Patrioti nel parlamento europeo ed assai lontano dai fascisti, neo o ante litteram che siano.

In fondo sono proprio dei membri della gioventù vicina al partito della Premier ad essere stati notati per atteggiamenti richiamanti il famoso ventennio è la Meloni parrebbe voler appoggiare la candidatura tanto amata dai ben pensanti della Von der Leyen. Fatto che rende la Premier poco attaccabile da molti.

Tornando, però, al sillogismo presente in questo mio ragionamento, la conclusione che ne deriva necessariamente è che gli elettori che hanno votato per i partiti che hanno aderito a questo gruppo, in Italia la Lega, sono dei “camerati”, cioè dei fascisti. Fatto che nelle righe precedenti ho escluso per buona parte di coloro che si sentono rappresentati da chi propone quelle idee. Idee Crociane per l’appunto.

Furono Benedetto Croce e Giovanni Gentile, infatti, i principali filosofi dell’idealismo italiano.

Impossibile non notare, almeno per chi ha la passione per Giovan Battista Vico e la sua teoria sui corsi e ricorsi storici, le similitudini fra il periodo in cui i due filosofi formarono il loro pensiero contrapposto al positivismo e quanto vediamo accadere oggi nel nostro occidente.

L’idealismo, infatti, si formò come reazione al positivismo agli inizi del ventesimo secolo esattamente per merito di Giovanni Gentile e Benedetto Croce.

Confronto che i due scienziati del sapere affrontavano anche pubblicamente attraverso i loro scritti sulla rivista La Critica.

Entrambi ritenevano che le teorie dominanti, al tempo il positivismo, fossero pericolose e deteriori.

Oggi per molti le ideologie gender e green causano la stessa reazione.

Proprio quel costruttivo confronto permise il formarsi di una teoria contrapposta a quella allora dominante.

Pensiero che, da follower direbbe gli esperti di marketing di oggi, divenne maggioritario e che i ben pensanti del tempo cercarono di reprimere.

Di nuovo chiare le analogie con l’oggi.

Il pensiero idealista di Gentile e Croce trovava origine nelle teorie filosofiche di Hegel, sarebbe stato saggio al tempo confrontarsi con le stesse e non cercare di minimizzarle, reprimerle.

Detto percorso intellettuale voleva contrapporsi al marxismo ed al materialismo, ne aveva lo spessore, la qualità intellettuale.

Ridurlo a “barzelletta da reprimere” ha permesso ai più esaltati di prendere il sopravvento sui più moderati, le conseguenze le abbiamo subite tutti.

Croce e Gentile, proprio per questo elemento denigratorio, presero strade diverse.

Il primo fu mentore del pensiero liberale e conservatore, il secondo divenne parte del partito fascista pur se più orientato ad una idea di liberismo quasi mazziniano.

Ne scrivo oggi perché il tanto parlare a vanvera, si usa definirli slogan, oltre ad essere spesso calunnioso è, anche, assai privo di spessore. Inoltre assai pericoloso per la tenuta democratica di molti Stati occidentali.

Le parole vengono usate come “clave” da chi detiene il cosiddetto potere.

Essi ritengono le stesse strumento di denigrazione e di annichilamento di colui che è portatore di un pensiero opposto.

In fondo hanno solo paura di perdere i benefici del potere.

Tutto questo, ovviamente, facilitato da un sistema mediatico oramai più propenso a fare propaganda per la propria parte che a mantenere un ruolo “terzo” utile al confronto fra idee opposte e, così facendo, porsi come garante del libero scambio di opinioni. Elemento questo cardine della tenuta democratica.

Facile, infatti, dare del “camerata” o del “cospirazionista” in assenza di contraddittorio. Facile ma assai pericoloso nel medio periodo.

Oggi i vari esponenti della sinistra italiana ed europea ritengono, esattamente come al tempo, che l’arte del denigrare garantirà loro il mantenimento del potere.

Io, cultore del confronto democratico, vivo questo loro espediente come la ripetizione di un errore storico.

Ignoto Uno
11/07/2024
Make Europe Great Again
Alla festa per i cinquanta anni del quotidiano Il Giornale, l’ex Sottosegretario di Stato statunitense del 2020, Mike Pompeo ha affermato che “Alle prossime elezioni vincerà Trump. L’attuale presidente ha messo in pericolo l’America, quindi tra Biden e Trump vincerebbe Trump”.

Un Pompeo, a dire il vero, che i frequentatori assidui della Florida dicono non in grandi rapporti con Trump che parrebbe ritenerlo assai bene informato su quello che l’inquilino di Mar a Lago chiama “the fraud”, cioè i brogli elettorali che lo stesso non si dimentica mai di menzionare e che incolpa della sconfitta nel 2020.

Mentre a Milano si parla delle elezioni presidenziali americane in questi termini, a Roma la Premier italiana riceve il Premier ungherese.

Incontro realmente importante questo visto che la Presidenza di turno del Consiglio Europeo sarà assunta dal 1° luglio proprio da Viktor Orban.

Un leader che ha scelto uno slogan assai simbolico come linea guida del “suo” semestre.

“Make Europe Great Again” (MEGA), questo lo slogan.

Slogan che allinea l’azione politica del Consiglio Europeo a quel “MAGA” simbolo da sempre della politica di Donald Trump.

Orban è Primo ministro in Ungheria sin dal 2010, lo era già stato dal 1998 al 2002, avvocato, sposato con cinque figli, tiene molto alla sua appartenenza alla chiesa calvinista ed a rimarcare come sua moglie e quattro dei suoi figli siano cattolici. Il quinto è pentacostale.

Da molti in Europa marchiato come “autocrate” almeno in famiglia sembra evidente che non imponga la sua “dittatura”.

A dire il vero il partito del premier ungherese alle ultime elezioni europee ha perso otto punti percentuali e due seggi rispetto a quelle del 2019, fatto che non sembrerebbe tipico delle “dittature”.

In Europa Orban viene definito con un’altra delle parole denigratorie dei “più buoni”, quel “populista” che marchia a fuoco tutti coloro che non si allineano al pensiero dominante a cui si abbina quel “filo putiniano” che, sempre i “più buoni” usano per denigrare chi, molto più semplicemente, ha l’ardire di credere che vi siano altre soluzioni a quella di tirare missili ed uccidere esseri umani per risolvere il conflitto ucraino, in sintesi evitare di dare del “macellaio” al presidente nemico e convocare un tavolo di tregua che non abbia le caratteristiche del “comitato appalti”.

In fondo, comunque, tutti i leaders mondiali che non si sono adeguati al “pensiero unico” che si origina nell’attuale amministrazione statunitense vengono immediatamente marchiati come “filo Putiniani”.

Passaggio, questo, per i “più buoni” intermedio per arrivare ad annoverarlo nel gotha dell’estrema infamia, quello di essere definito “Trumpiano”.

Da “Trumpiano” a “cospirazionista” il passo, poi, sarà ancora più breve.

Viktor Orban, però, pur se marchiato a fuoco dal sistema dei “più buoni”, non si cura della campagna di stampa occidentale che lo vuole ricoprire di fango e continua a perseguire il suo modo di pensare.

L’OCSE ci aiuta a comprendere le cause di questa sua “sicurezza”.

L’Istituto Economico Europeo indica, infatti, una crescita del PIL ungherese nel 2024 del 2,6%.

L’Italia, sempre secondo l’OCSE, si attesterà a 0,7%.

Il dato più rilevante, però, è quello del rapporto fra PIL e debito pubblico che in Ungheria è del 70,9%, nella nostra amata Patria è al 137,3% tanto è vero che pochi giorni fa l’Unione Europea ha aperto una procedura di infrazione per l’Italia per deficit eccessivo.

Molti i leaders politici europei che, magari senza volerlo far sapere, cercano una diretta interlocuzione con colui che, parrebbe sempre più probabile, sarà il prossimo presidente della Casa Bianca.

Viktor Orban il 10 marzo scorso fu ricevuto a Mar a Lago con tutti gli onori e definito da Trump come "un grande leader".

Immediato fu il controcanto di Joe Biden che definì il leader ungherese come “Un aspirante dittatore", affermazione che proviene da uno che in Stati Uniti viene ritenuto da almeno un 30% degli aventi diritto al voto come qualcuno che siede alla Casa Bianca a causa di brogli elettorali.
Giudizi, in ogni caso, che misurano la distanza delle linee politiche non solo tra i due sfidanti per la Casa Bianca ma anche fra gli attuali leaders che in Europa si allineano alla politica interventista in Ucraina e chi, al contrario, oserei dire con maggiore pragmatismo, reputa che salvaguardare il popolo ucraino non possa che passare che da un tavolo di trattativa alla presenza di Stati Uniti e Federazione Russa, fatto che sarebbe stato assai più democraticamente corretto se in costanza di un Presidente ucraino nel pieno del suo mandato istituzionale e non in prorogatio.

Tavolo di pace che, questo dovrebbe essere l’auspicio, sia attento agli interessi dei cittadini ucraini molto più che a quelli delle grandi aziende occidentali famelicamente lanciate nella “ricostruzione della terra Ucraina”.

Ad oggi, la precisione in queste cose è tutto, sono solo due i leaders europei che dal 2020 hanno avuto reali, non millantati, incontri diretti con Donald Trump.

Uno è, appunto, Orban, l’altro è il Presidente della Repubblica polacco Andrzej Duda che ha incontrato il Presidente Trump a New York il 18 aprile scorso.

Fatto rilevante nel semestre a guida Orban dato che il 5 novembre prossimo potrebbe divenire assai utile essere ritenuti affidabili dal “cattivone”.

Interlocutori affidabili, non “zerbini” del potere, sempre pro tempore in una democrazia, presente alla Casa Bianca.

In Italia recentemente si è potuto leggere sul social network X un interessante ed assai significativo scambio positivo di messaggi fra il leader leghista Matteo Salvini e l’inquilino di Mar a Lago.

In fondo Salvini, ancor più adesso che è affiancato dal ex Generale Vannacci, oggi parlamentare europeo, fu già un forte sostenitore nel 2020 di Trump, come non ricordare la mascherina anti COVID che il Segretario leghista indossava anche in Parlamento?

A questo scambio sul social network va abbinato anche un ulteriore testo postato sempre da Mar a Lago indirizzato all’ex generale oggi parlamentare leghista ove si può leggere fra le righe un primo indiretto invito a Salvini ad un incontro con Trump.

La Presidenza Orban del Consiglio Europeo, come ho già scritto, si apre con uno slogan forte e chiaro, quel MEGA (make Europe great again) che definisce un posizionamento in discontinuità con la cultura politica della “sostenibilità” a discapito del “benessere” di noi cittadini di questa Europa.

Donald Trump lo ha certamente notato, forte ed evidente il simbolismo che richiama lo slogan elettorale MAGA dal Presidente statunitense usato da sempre.

Per molti politici europei, ed altrettanti opinionisti, forte il mal di pancia nel notare il messaggio assai chiaro lanciato dal leader ungherese.

Per moltissimi semplici cittadini europei, al contrario, quel MEGA è il ritorno alla speranza che i propri figli possano vivere nella loro Patria senza dover emigrare tornando a quella felicità che conobbero i loro genitori nel periodo del boom economico.

Orban, al contrario di altri leaders in questa Europa, non si crede il primo della classe ma, questo è inconfutabile, dice quello che fa e fa quello che dice.

Fatto assai raro fra i politici presenti in Europa oggi ma che nel prossimo futuro potrebbe dimostrarsi un comportamento assai vincente.

Ignoto Uno
25/06/2024
Dal G7 alle "Cose Concrete"
Non possiamo non notare come il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden preferisca, durante il G7 in Puglia, occupare il proprio tempo in una conferenza stampa con Zelensky piuttosto che prendere parte alla concomitante cena offerta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il padrone di casa, mentre lo stesso Biden ritenga utile tenere un bilaterale della durata di 40 minuti con la Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni.

Bilaterale, lo riferiscono fonti di entrambi i presidenti, ove sono state concordate le azioni, anche di natura finanziaria e commerciale, rispetto a quella che congiuntamente definiscono “guerra di aggressione russa all’Ucraina” e “ribadire il comune impegno per un accordo complessivo al conflitto a Gaza per la fine delle ostilità, la liberazione degli ostaggi e il rafforzamento del sostegno umanitario alla popolazione civile, sottolineando l'importanza che Hamas assuma un approccio costruttivo a tale processo".

Nell’incontro si è anche discusso, lo riferisce lo staff del presidente americano, dei “rispettivi sforzi per rafforzare la sicurezza economica reciproca e rispondere alla coercizione economica".

Noi “piccoli del mondo” allo stesso tempo possiamo rimanere vincolati alle nostre tristi cose quotidiane e leggere il rapporto della Banca d’Italia diramato proprio durante il “bilaterale” che riporta tutti noi, “grandi” e “piccoli” del mondo dai fasti pugliesi ai piedi per terra.

La Banca Centrale dichiara che ad aprile il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 11,5 miliardi rispetto al mese precedente e si è attestato a 2.905,7 miliardi e che nel 2024 salirà del 4% rispetto al 2023.

Dichiara, inoltre, che il delta emissioni - rimborsi abbinato alla rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione ed alla variazione dei tassi di cambio ha aumentato il debito pubblico di 1 miliardo di euro.

Ancora, non si può non evidenziare che Banca d’Italia dichiara che l’intero aumento del debito è dovuto alle Amministrazioni centrali, cioè ai ministeri ed alle attività del governo, dato che sia il debito delle Amministrazioni locali sia quello degli Enti di previdenza è rimasto “sostanzialmente stabile”.

Inoltre, sempre la Banca Centrale italiana stima l’inflazione al 1,1% in base annua, dato che è indispensabile leggere insieme agli elementi presenti nel Rapporto Istat 2024 che delineano un quadro veramente a tinte fosche in ordine alla crescente povertà nel paese.

In esso si legge, infatti, che l'8,2% degli occupati è a rischio di povertà assoluta a causa dei salari bassi e degli impieghi di bassa qualità.

Il disagio economico, lo dice sempre il Rapporto Istat 2024, delle famiglie italiane è sempre più alto e, fatto ancor più grave, sempre più diffuso.

Rapporto che alza la percentuale di cittadini occupati a rischio povertà all’11,5% mentre quella dei lavoratori dipendenti in povertà assoluta è al’8,2%.

Il Pil 2024 Banca d’Italia lo stima al 0,6% con un minimo aumento nel 2025 ove si dovrebbe assestare a 0,9% e nel 2026 al 1,1%.

Nella UE27 il PIL nel 2024 si attesterà mediamente all'1,0% e la stima del PIL degli Stati Uniti per il 2024 si attesta a 2,5%.

Dati che definiscono spazi estremamente ridotti per la politica di bilancio dei prossimi anni.

A fronte di questa inconfutabile analisi che parte dalla constatazione che tutti i più autorevoli centri studi economici rappresentano lo stato di salute economica della nostra Patria nello stesso modo, stupisce, anzi rattrista, dover constatare i toni trionfalistici che noi italiani dobbiamo quotidianamente ascoltare sul ruolo dell’Italia nel mondo.

Lieti di sentir parlare da mesi del Piano Mattei per l’Africa, saremo ancor più lieti di sentir parlare di un più concreto Piano di taglio dei costi delle amministrazioni centrali visto quanto sopra riportato.

Una seria ed incisiva “spending review” appare come non ulteriormente procrastinabile per motivi palesemente clientelari.

A riguardo si consiglia di non perdere tempo e di usare a piene mani quel rapporto che Cottarelli, economista che non desidera essere definito professore ma che ha idee chiare e competenza comprovata, propose nel 2012.

Rapporto ancora drammaticamente valido.

Archiviato il “circo” del G7 in Puglia ove i proclami lasceranno in poche ore lo spazio alla realtà, un G7 ove noi che siamo i “piccoli della terra” abbiamo dovuto sentire il Presidente ucraino Zelensky affermare “ora possiamo vincere la guerra” dopo aver firmato alcuni accordi molto “urlati” ma dalla fattibilità “confusa” che, a noi italiani, riportano alla memoria la grillina affermazione “abbiamo vinto la povertà”, l’Italia rientrerà nel suo incubo quotidiano.

Se l’esecutivo italiano ha un passo da “statista” proponga ai propri cittadini progetti concreti.

Auspicabile e gradito, come sopra scritto, un forte progetto di taglio dei costi pubblici che non sia basato su logiche di tagli lineari ma incisivi e razionalmente strutturali che producano effetti di lungo periodo.

Altrettanto gradito ed auspicato un comprensibile e concreto Piano Industriale non basato su dismissioni e cessioni di quote di mercato come drammaticamente avvenuto in più casi nel recente passato.

Entrambi questi “piani” non possono che essere ritenuti altro che imprescindibili per poter attuare un concreto taglio delle imposte, elemento questo strategico per riportare alla competitività il nostro sistema Paese.

Oggi l’unico elemento di speranza di concreto passo avanti nella nostra amata Italia è la legge di riforma della giustizia, certamente timida, altrettanto certamente seria e percepibile da chi dall’estero deve decidere se investire in Italia è possibile o eccessivamente rischioso.

Vi è, poi, il “papocchio” della riforma del “Cancelierato” che con il tanto evocato in campagna elettorale presidenzialismo poco o nulla ha a che fare.

Tutto questo mentre il 5 novembre statunitense si avvicina e, se lo sgarbo di Biden al Presidente Mattarella al G7 fa comprendere come “l’amicizia” con l’asse Clinton - Obama - Biden sia garantita dalla Premier Meloni, non può essere sottovalutata la sempre più probabile vittoria del Partito Repubblicano a guida Trump.

Ovviamente sempre che non vi sia qualcuno che non speri in qualche “creativo colpo di teatro”.

In fondo è impossibile non tenere in considerazione il fatto che la stragrande maggioranza degli elettori filo partito repubblicano in Stati Uniti è certo che vi siano stati brogli che hanno stravolto il risultato delle elezioni presidenziali del 2020 in America e che gli stessi vivono con “rabbia”, più che con “preoccupazione”, che quanto da loro ritenuto come elemento certo dell’ estromissione del Presidente Trump dalla Casa Bianca nel 2020 si possa ripetere.
Ignoto Uno
15/06/2024
Dal G7 in Puglia all’Ucraina ed al Medioriente
È iniziato il G7 a presidenza italiana in Puglia.

Incantevole la location, l’esclusivo resort di Borgo Egnazia a Fasano in Puglia.

Tra i partecipanti vi è la prima volta di un Papa ed ovviamente l’immancabile Zelensky, uomo che lo si può sempre più trovare ovunque, il 6 giugno in Normandia, dalla Puglia andrà in Svizzera, meno, forse, a Kiev.

Ovviamente vi sono i Capi di Stato e di Governo dei sette Stati membri (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America), oltre al Presidente del Consiglio Europeo e alla Presidente della Commissione Europea.

Fra i tantissimi invitati il presidente turco Erdogan, quello brasiliano Lula e quello argentino Milei, II Re di Giordania, il primo ministro indiano Modi, il segretario generale dell'Onu Guterres e quello dell'Ocse Mathias Cormann oltre a vari Emiri e Presidenti africani.

Del mondo finanziario il direttore operativo del Fondo Monetario Internazionale ed il Presidente della Banca Mondiale

Un G7 che cade a pochi giorni dalle elezioni europee, con tutte le sue risposte, ed a pochi mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi.

Un G7 che potrebbe essere denominato mediando da un simbolismo americano “il G7 dell’anatra zoppa”.

Unica “vincitrice” delle ultime elezioni la Presidente Meloni, certamente persona volitiva ma altrettanto certamente non un “peso massimo” per il reale, non quello “voluto e narrato”, peso dell’Italia nel mondo.

Abbastanza poco interessato ai risultati di questo “summit”, cosi lo definiscono i media, essendo tristemente convinto che esso, non solo in questa tornata che va in scena in Puglia, non rappresenti molto di più che un “circo” e che non sarà in grado di portare novità di reale spessore, preferisco soffermarmi su uno dei più importanti dossier sul tavolo del mondo.

Mondo comandato da Stati Uniti d’America, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese per essere chiari.

Quotidiano il parlare di quanto drammaticamente accade nella Striscia di Gaza, proprio nel giorno di apertura del G7 sull’Ansa si è potuto leggere che “Hamas vuole garanzie scritte da parte degli Stati Uniti per un cessate il fuoco permanente” mentre il quotidiano Il Foglio riporta quanto rivelato dal Wall Street Journal in ordine ai messaggi tra Sinwar, il capo di Hamas dentro la Striscia di Gaza, ed i capi della stessa organizzazione terroristica all’estero ove si può leggere questa “vomitevole” frase “Abbiamo bisogno del sangue di donne, bambini e anziani palestinesi, per la nostra lotta”.

La domanda che più mi sovviene nel leggere la relazione della commissione delle Nazioni Unite, che non si ricorda cosa sia Hamas e parla di “genocidio da parte di Israele”, e le affermazioni sopra riportate è cosa sia in realtà la Striscia di Gaza e se la medesima Commissione si ricorda delle origini e degli scopi del Alto Ente di cui è strumento.

La mia risposta è che la Striscia di Gaza - con tutto il suo decennale portato di morte, povertà, carenza di alfabetizzazione e odio - sia un lembo di terra a cui i cosiddetti “grandi del mondo” non riescono a dare dignità e pace, forse non vogliono dare fino in fondo dignità e pace.

Troppo utile usare i palestinesi, che non sono etnicamente arabi ma sono mussulmani, per “rallentare” Israele.

L’identità palestinese, intesa come il fatto che gli abitanti della Palestina sentono di appartenere allo stesso popolo e si considerano quindi “palestinesi”, si è formata, secondo molti studiosi, nel 900 d.C. in contrapposizione agli ebrei che avevano deciso di rientrare nell'area.

Troppo utile usare i palestinesi per far soldi vendendo armi, costruendo tunnel, facendo girare una vorticosa quantità non resocontata in modo certo di denaro attraverso le organizzazioni delle Nazioni Unite per esempio o alcune più “sbarazzine” ONG.

Questa area del mondo che comprende lo Stato di Israele e la Striscia di Gaza viene denominata in molti modi: Terra Santa, Terrà Promessa, Palestina.

Su questo lembo di terra vi è la città simbolo delle tre fedi monoteistiche, su questa terra c’è Gerusalemme.

Nel ragionare sul dramma mediorientale la prima forte affermazione che dovremmo sentire dai grandi e meno grandi della terra presenti in Puglia in queste ore, sia che essi siano di fede cristiana sia che siano seguaci del Profeta Maometto, è che ogni estremismo è portatore di guerre e di morte.

Estremismo armato o politico che sia, ovunque, sempre.

Noi “piccoli della Terra”, annoiati da questi anni di “parole al vento” sui vari fronti di guerra, Ucraina inclusa, non possiamo che ribadire la distanza che separa i cultori della libertà democratica da chi ritiene di poter imporre la propria idea su quella degli altri attraverso la violenza o la sopraffazione finanziaria ed economica.

La tragedia che stiamo tutti vivendo nel seguire quanto accade nel martoriato medioriente, esattamente come in Ucraina, richiede un cambio di passo da parte di tutti gli attori mondiali nello scenario.

Richiede rispetto della verità e distanza dalle ideologie, richiede la dignità di superare i cinici interessi che necessitano che fra quei i popoli cresca la “rabbia” e “l’odio” reciproco.

Perché questo accada è indispensabile che coloro che si auto definiscono “i migliori”, i “più buoni”, rimettano al centro i concetti chiave e da essi tutti ripartano per, finalmente, costruire pace e benessere, sia che si stia affrontando la necessità di pace in “Terra Santa”, così la denominano chi, come chi scrive, si professa credente in Cristo, sia che si parli di quella nefasta e tanto inutile guerra in terra di Ucraina.

Nel focalizzarsi su quanto è accaduto dal 7 ottobre in medioriente, non si può passare sopra ad alcuni concetti spesso manipolati da politici e media.

Un essere umano rapito è colui che viene “sottratto, portato via con la violenza o con l’inganno”, questa la definizione del mai troppo poco compulsato Treccani, questa la definizione erga omnes ritenuta valida nel mondo.

La nostra amata Italia di rapiti ne ha dovuti vedere, e subire, molti.

Da quelli i cui rapimenti avevano il mero fine di richiedere una dazione economica, a quelli cosiddetti “di mafia” i cui fini sono stati, per esempio, la vendetta nei confronti di un “collaboratore di giustizia”.

Vi sono, infine, i rapiti per “terrorismo”. Uno su tutti il Presidente Aldo Moro che segnò indelebilmente la storia repubblicana italiana compiuto dai terroristi delle Brigate Rosse.

Il Presidente Moro fu “rapito”, non “preso in ostaggio” e, pur se con immane dolore e dopo continui ripensamenti, fu un grandissimo Santo Padre, San Paolo VI, a leggere dalla finestra di San Pietro una lettera alle Brigate Rosse che iniziava con “Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l'onorevole Aldo Moro” e passò alla storia per queste parole “in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l'onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni”, era il 21 aprile 1978.

Era un “rapito” il Presidente Aldo Moro, non un “ostaggio”, appunto.

Sono “rapiti”, non “ostaggi” gli israeliani, non gli “ebrei”, portati via quel ignobile e maledetto 7 ottobre, forse sarebbe utile che in quel di Fasano in Puglia i presenti lo ribadissero.

La posizione del “ostaggio” è, infatti, diversa.

L’ostaggio, di nuovo è il Treccani a venirci incontro, è una “persona che il “nemico” tiene in proprio potere per garantirsi da eventuali violazioni di un proprio diritto o, nel caso di occupazione di un paese, per garantire le proprie forze armate e la loro attività contro ogni possibile atto di ostilità da parte della popolazione”.

Perché vi sia un “ostaggio”, si evince dalla definizione, è necessario che colui che lo tiene prigioniero venga identificato come “nemico” e che lo stesso, proprio in quanto “nemico”, possa reclamare un “diritto”.

I terroristi possono compiere “rapimenti”, non detenere “ostaggi”.

Questo ci porta alla drammatica situazione mediorientale.

Hamas, nella sua organizzazione complessa e non solo nella propria ala militare denominata Brigate Ezzedin al-Qassam, è considerata un'organizzazione terroristica da Unione europea, Stati Uniti, Israele, Canada, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Giappone.

Per precisione al “movimento di Hamas” l’Unione Europea attribuì la definizione di “terrorista” e lo incluse nell'elenco delle organizzazioni terroristiche.

Hamas, immediata la deduzione, non è lo Stato di Palestina, a questa nefanda organizzazione si dovrebbe chiedere di liberare i rapiti esattamente come San Paolo VI fece nei confronti delle Brigate Rosse.

Da quanto sopra ragionato seguono delle conseguenze logiche e politiche sin dalla presa d’atto che Hamas, oggi, è una “organizzazione terroristica” che ha rapito in modo scellerato esseri umani.

Fatto fondante per determinare le conseguenze politiche che prendono origine dalla strage del 7 ottobre.

Il popolo palestinese ha diritto ad avere il suo Stato ed il suo territorio come fu definito con la Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in data 29 novembre 1947.

Essa definiva due costituendi Stati, uno israeliano e l’altro palestinese, di cui definiva la partizione del territorio lasciando la città di Gerusalemme sotto il controllo internazionale.

Furono i Paesi arabi a rifiutare l’attuazione di quella Risoluzione fino a dare inizio alla guerra arabo israeliana del 1948 con tutte le conseguenze legate a quel errore di prospettiva politica.

Lo Stato di Palestina non è Hamas.

Riconoscere lo Stato di Palestina, allorquando questi prenderà le distanze dal terrorismo palestinese e riconoscerà il diritto di esistere dello Stato di Israele in una reciprocità garantita dalle Nazioni Unite, è un atto dovuto, riconoscere Hamas come interlocutore istituzionale è, a mio avviso, un grave errore, un “non senso”.

Probabilmente servirà una conferenza finalizzata a ridefinire aspetti oggi non più coerenti alla Risoluzione del 1947, certamente la città di Gerusalemme deve essere rispettata nel suo, unico al mondo, “ruolo terzo” a tutte e tre le fedi monoteistiche in essa presenti.

Hamas, se realmente vuole divenire parte politica di un processo di stabilizzazione dell’area, deve liberare i “rapiti” ancora in vita senza condizioni e superare il terrorismo identificando una nuova classe dirigente che possa essere accettata da tutti, Stato di Israele in primis, come affidabile ed entrare nel gioco democratico fra le varie diverse “fazioni politiche” palestinesi.

In caso contrario, questa è la mia opinione, non potrà essere parte nel indispensabile percorso che porterà ad una definitiva pace fra i due popoli.

Allo stesso tempo Israele non può pensare che lo Stato di Palestina non debba prendere forma e ha il dovere di fermare chi reputi di poter occupare ogni spazio in quella terra, compresa la Striscia di Gaza e Gerusalemme.

La pace nasce sul rispetto reciproco.

Reciproco, appunto.

Anche dei fedeli delle tre fedi monoteistiche presenti in quella terra.

Per concludere, ritornando ai “Grandi e meno grandi della terra” in quel del G7 in Puglia, come si può pensare di giocare un ruolo di “pacificatori” dell’altrettanto drammatico scenario ucraino se si invita esclusivamente uno degli attori nel conflitto?

Probabilmente, questo si teme nel leggere i quotidiani in queste ore, ai presenti interessa maggiormente finanziare la “ricostruzione dell’Ucraina” e dividersi gli “appalti”.

Ragionamenti “senza l’oste” li definivano gli “anziani.

“Commissione trasparenza” alcuni nella Prima Repubblica italiana definivano quel tipo di “mercato”, fini male in quel 1993.

Ignoto Uno
04/06/2024
RISULTATI ElLETTORALI :
(La Lettura di Ignoto Uno)
Io queste elezioni europee le leggo così

FDL ha perso 656.501 voti
LEGA ne ha perso 383.867
M5S ne ha perso 2.031.631
FORZA ITALIA insieme a Noi Moderati ne ha perso 305.708
AZ+IV+(+EU) ne hanno persi 1.334.495

PD ha guadagnato 198.442 voti

ALLEANZA VERDI E SINISTRA ha guadagnato 535.710 voti

Conseguentemente l’aggregato dei partiti di sinistra deve prendere atto che di aver preso 1.297.479 voti in meno rispetto alle politiche

Da tutto questo si evince che:

1) la scelta di candidare Vannacci (che da solo ha preso circa il 25% dei voti della Lega) è stata vincente e che oggi il partito è saldamente in mano al duo Trumpiano Salvini - Vannacci

2) che la Meloni è l’unica che prende voti in Fratelli d’Italia e che se la sua leadership dovesse subire una crisi o per fattori interni all’Italia (magistratura?) o per la sua “distanza” dal cambiamento politico in atto in Stati Uniti (ritorno di Trump alla Casa Bianca) il Partito di Fratelli d’Italia cadrebbe a pezzi

3) che la Schlein (a capo del PD, persona di Obama) ha vinto la battaglia interna al mondo di sinistra

Ignoto Uno
10/06/2024
Dal D-Day alla insignificante Europa di oggi
Ottanta anni fa, era il 6 giugno 1944, 156mila uomini iniziarono la battaglia che portò alla liberazione dell’Europa.
Erano agli ordini del generale americano Dwight David Eisenhower, noto con il soprannome di “Ike” e futuro 34º Presidente degli Stati Uniti.
Quel giorno, che entrò nella storia con il nome D - Day, ebbe inizio “Operazione Overlord”, il più ampio sbarco militare mai avvenuto.
Lo sbarco in Normandia fu il primo passo verso la liberazione, da occidente, del territorio europeo.
Ad est l’allora Unione Sovietica, con l’Armata Rossa, da tre anni sosteneva un aspro conflitto contro le truppe della Germania nazista.
Furono 11.643 i sodati alleati che in quel D - Day persero la vita o rimasero feriti per portare la libertà al popolo francese e a tutta l’Europa.
Imponenti le forze utilizzate direttamente nello sbarco dagli alleati.
Furono 88.600 i soldati americani e 61 715 i britannici impegnati quel giorno. Utilizzarono 7.000 mezzi navali e 7.500 aerei.
I francesi che sbarcarono su quelle cinque spiagge - passate alla storia con i nomi in codice di Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword - furono circa 400.
La Seconda Guerra Mondiale finì in Europa il 7 maggio 1945, poco meno di un anno dopo, con la firma del documento di resa da parte del generale nazista Alfred Jodi.
In tutto furono 290mila i militari statunitensi morti e 670mila quelli rimasti feriti durante il conflitto, 8milioni le vittime militari dell’allora Unione Sovietica, senza dimenticare i britannici e i soldati delle altre nazioni alleate.
I partigiani, italiani e francesi, fecero certamente la loro parte per estirpare il nazifascismo in Europa, ma i numeri parlano chiaro allorquando riportiamo alla nostra memoria che quelli italiani, a noi più cari, furono in tutto circa mezzo milione di cui caduti in azione o nelle mani del nemico 44.700 durante tutto il conflitto.
In Italia il 3 settembre 1943 era stato firmato l’Armistizio di Cassibile, definito anche "armistizio corto", siglato segretamente dal generale Giuseppe Castellano su ordine di Badoglio e della Casa Reale.
Armistizio che divenne pubblico l'8 settembre del 1943.
A causa della totale mancanza di informazione preventiva alle truppe italiane la firma di questa “resa” dette origine ad una dura reazione tedesca a cui le truppe italiane non poterono contrapporsi perché prese alla sprovvista con la conseguente occupazione nazista della nostra Patria.
Occupazione che portò ancor più dolore e terrore nella nostra Patria, occupazione che vide una asservita Repubblica di Salò affiancarsi a quelli che non possiamo definire in altro modo se non “macellai nazisti”.
Come non ricordare i 775 morti che quei tedeschi vollero uccidere nell’eccidio di Marzabotto, piuttosto che le 650 di Sant’Anna di Stazzema o, fra le innumerevoli meno note, le 59 assassinate nella Strage del Turchino!
C’è da chiedersi se questa tanto insignificante Europa abbia veramente lavorato in questi ottanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale per sanare profondamente le ferite fra i popoli che la compongono oppure se tuttora, oltre la perbenissima e finta facciata formale, vi siano ancora presenti Stati, e popoli, membri di questa Unione Europea che, uniti fra loro da legami indichiarabili, usando le “armi” della burocrazia e della finanza lavorino per opprimere gli altri popoli europei.
Già dal 1941, a Ventotene, gli antifascisti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, in quell’isola confinati, avevano ragionato su una Europa unita ed avevano formalizzato il loro pensiero in un testo passato alla storia con il nome di Manifesto di Ventotene.
La stesura finale, del 1944, si formava in tre capitoli: La crisi della civiltà moderna, i Compiti del dopoguerra e la riforma della società, L’Unità Europea.
Una Europa quella da loro sognata che nulla ha a che vedere con questa.
Oggi, ad ottanta anni appunto, la tristezza sovrasta chi lègge insieme queste tre fondanti date e le contrappone alla drammatica pochezza dell’Europa che pretende di dettarci le regole non solo di vita ma, anche, della morale.
Impossibile, infatti, non constatare quanto i risultati di questa Europa burocratica ed assai spesso follemente ideologica abbiano impoverito i popoli che la compongono sotto ogni punto di vista.
Una Europa impalpabile e succube sia della Cina che degli Stati Uniti a conduzione Biden che, sfido a negarlo, non ha avuto nessuna crescita economica negli ultimi decenni al contrario di ogni altra parte del mondo.
Chi crede, io certamente fra questi, nel valore della libertà espresso in ogni sua forma, chi crede, io certamente fra questi, nella forza delle radici tradizionali, in primis nelle origini giudaico cristiane, vive con mestizia questa Europa che non sa nemmeno rispettare se stessa.
Vive con dolore il ricordo di chi ha tanto combattuto per dare a noi tutti la democrazia, combattuto fino anche all’estremo sacrificio.
Vive con senso di disagio la campagna elettorale che ci ha accompagnati tutti al voto dei prossimi giorni.
Molti degli aventi diritto al voto, proprio per questo, è assai probabile che non si presenteranno ai seggi, pressoché tutti o quasi coloro che andranno alle urne per esprimere il proprio pensiero lo faranno con altri intenti completamente legati a fatti inerenti il proprio Stato e non alla definizione di una linea politica comune in Europa.
L’Europa dal prossimo lunedì sarà ad un bivio: da un lato iniziare a passo assai rapido una fase costituente che, proprio nell’alveo del Manifesto di Ventotene, porti presto i cittadini a vivere in un vero Stato Federale ed a votare direttamente per il loro Presidente, dall’altro il prendere atto di un fallimento e sciogliere un matrimonio senza più, per molti, senso.
Un matrimonio che appare sempre più innaturale.
Il cuore e la razionalità porta a sognare un vero Stato Federale, quello pensato a Ventotene appunto.
Nel guardarsi intorno, però, impossibile identificare dei novelli Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, altrettanto introvabili figure quali furono Alcide De Gasperi, Helmut Kohl e François Mitterrand, solo per citarne alcuni.
Poche le facce nuove che diano il senso, e la speranza, di un cambio di passo, fra queste non posso non menzionare quel Vannacci assai attaccato dagli innamorati di questa Europa burocratica ed a trazione franco - tedesca.
Il Generale Vannacci verrà eletto, a lui ed a tutti i futuri parlamentari europei un monito.
In assenza di un immediato cambio di passo difficile non temere, forse addirittura sperare, che questa esperienza di Europa unita lasci il passo a qualcosa di più amato dai singoli popoli che la compongono.
Forse il vuoto che ne conseguirà potrà essere colmato con qualcosa di migliore, direi di assai più credibile.
Ignoto Uno
06/06/2024
“Guilty”
“Nessuno è sopra la legge”, questo il commento dello staff di Biden avuta la notizia della sentenza di primo grado che ha condannato il Presidente Trump per tutti i 34 capi di imputazione sul caso della “pornostar”.
Donald Trump è rimasto impassibile alla lettura del verdetto, questo narrano i media presenti.
Un verdetto indubbiamente storico.
Le successive dichiarazioni del Presidente Trump sono chiare “noi lotteremo per il Paese, noi lotteremo per la nostra Costituzione, il vero verdetto sarà il 5 novembre”.
Altrettanto immediati i commenti in quell’Europa che vive come un incubo il ritorno dell’inquilino di Mar a Lago nella Stanza Ovale.
“Dovremo vedere l'effetto sulla campagna elettorale soprattutto nei duelli negli Stati in bilico” hanno immediatamente dichiarato.
Altrettanto solerti i sondaggi secondo cui “una fetta di elettori moderati e indipendenti non è disposta a votare un candidato condannato”.
Ritenendo questo processo un deja vu per chi ha la consuetudine a dover constatare un uso politico della giustizia ed un “fatto assolutamente casuale e non ad orologeria”, ovvia la mia italica ironia, il fatto che la pena sarà stabilita in un'udienza fissata per l'11 luglio, vigilia della convention del Partito Repubblicano statunitense che formalizzerà la nomina a candidato alle presidenziali di novembre di Trump, avendo qualche conoscenza in quel di Mar a Lago, subito dopo aver letto la notizia del verdetto sui media nostrani, ho fatto qualche telefonata dall’altra parte dell’oceano.
Indubbia la mestizia nei miei interlocutori, non per la sentenza che ha raggiunto colui che viene chiamato dai suoi sostenitori “il vero presidente” ma per aver dovuto constatare che gli Stati Uniti devono imparare a confrontarsi con una magistratura strumento di una parte politica.
Viene da chiedersi se coloro che in Stati Uniti hanno acquisito questa postura nell’uso della giustizia abbiano imparato in Italia e se coloro che aborrono questa pratica vorranno compulsare il Ministro Nordio che, sempre nella nostra amata Patria, si sta confrontando con una riforma del sistema giudiziario atta proprio a ridurre, speriamo estirpare, certe “ideologizzazioni” del corpo giudiziario a tutto favore della terzietà dello stesso.
I miei interlocutori, oggettivamente assai delusi nel dover prendere atto di come si sia modificata in peggio la loro patria in questi quattro anni, si sono sfogati al telefono con me.
Io, nell’ascoltarli, pensavo a Berlusconi ed alla sua storia, ma non solo.
Durante una di queste conversazioni una agenzia di stampa ha riportato il commento dello staff dell’attuale inquilino della Casa Bianca, quel “Nessuno è sopra la legge” già riportato in questo mio scritto.
Immediato il cambio di tono del mio interlocutore, da mesto a serio, fulminea la risposta “su questo hanno ragione, questo concetto da novembre lo applicheremo ovunque fino in fondo”.
Alla mia domanda sui “danni” per la campagna elettorale del candidato repubblicano, una risposta che fa riflettere “gli americani non sono europei, oggi abbiamo guadagnato un altro milione di voti”, chissà se avrà ragione lui o gli esperti di sondaggi?
In Stati Uniti di tutto questo sono tutti stanchi, tutti anelano delle novità, molti sono convinti che su quei “tre giorni” di ritardo nel conteggio dei voti a causa di un “malfunzionamento” del sistema informatico di calcolo debba essere fatta totale chiarezza per ristabilire la credibilità della democrazia.
Allorquando, da italiano, ho provato a far notare che “il passato è passato, certe volte conviene voltare pagina”, fiera la risposta “noi siamo americani, andiamo sempre fino in fondo, ovunque”.
Dopo le mie conversazioni notturne temo che questa sentenza newyorkese dal sapore italico esacerberà i rapporti in America e che, anche di questo, memore del fatto che è assai più facile incolpare qualcuno lontano piuttosto che qualcuno che vive vicino a te, verranno ritenuti responsabili coloro che avrebbero facilitato quei brogli elettorali del 2020 che ogni giorno più elettori statunitensi ritengono siano realmente avvenuti.
Infine un’ultima considerazione notturna dovuta alle tante dichiarazioni sull’uso delle armi occidentali all’interno dei confini della Federazione Russa, addirittura quella del sito web “Politico” che dichiara che Joe Biden abbia “segretamente” già autorizzato queste attività limitandole ad alcune aree all’Interno dei confini russi, speriamo che a nessuno dei tanti leaders europei amici del Partito Democratico in Stati Uniti ed al trio Obama - Clinton - Biden non venga in mente che con una “bella guerra in Europa” si “risolvono tanti problemi” e, soprattutto, si rimane al potere.
In fondo Zelensky insegna e con buona pace di certi titoli di media filo Biden che hanno riportato una asserita dichiarazione di Trump dei giorni scorsi che suona “da Presidente io avrei bombardato Mosca”, il periodo 2016 - 2020 è l’unico nella storia recente degli Stati Uniti che non ha visto il Presidente in carica iniziare una nuova guerra da qualche parte del mondo.
Ignoto Uno
01/06/2024
GUERRA E PACE
Vi sono cose che, forse per ignoranza, forse no, faccio molta fatica a comprendere.

L’incipit dello statuto della NATO recita “Gli Stati che aderiscono al presente Trattato riaffermano la loro fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi”.

Nazioni Unite che si dichiarano decise “a salvare le future generazioni dal flagello della guerra ed a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne” e, poco più avanti nel testo, continua con “a praticare la tolleranza ed a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.

Infine, lo stesso Statuto dichiara che le Nazioni Unite hanno al centro della loro azione la volontà di “assicurare che la forza delle armi non sarà usata”.

Il Trattato della NATO, inoltre, dichiara che gli Stati membri “si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto. Aspirano a promuovere il benessere e la stabilità”.

Premesso che l’Ucraina non è membro della NATO ritengo fondante di un ragionamento intellettualmente onesto ricordare che l’articolo 1 della stessa organizzazione dichiara che “le parti si impegnano a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite”.

Comporre “con mezzi pacifici”, in queste ore lèggiamo il Segretario Generale uscente, Stoltenberg, dichiarare che l’Ucraina deve essere “libera di usare armi degli alleati per colpire in Russia” a cui è seguita una scontata reazione dell’ambasciatore russo Antonov: “Washington non vuole la pace in Europa. Annuncia armi all’Ucraina quando Mosca è disponibile a colloqui”.

Perché tutto questo? A chi serve?

Perché questi continui tentativi di causare una escalation del conflitto?

Come non notare che siamo a cinque mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi e,salvo eventi “anomali” assai temuti dal giro di Mar a Lago, il Presidente Trump appare vincitore certo.

Come non notare che lo stesso nella sua campagna elettorale dichiara che Biden ci stia portando verso la terza guerra mondiale mentre con lui “presidente non ci sarebbero state guerre", nessuna guerra.

È un fatto che Donald Trump sia l’unico presidente degli Stati Uniti a non avere ordinato l’inizio di nessuna nuova guerra.

Ci sarebbe da chiedersi se Biden avrebbe permesso al generale George Patton di portare i suoi carri armati fino a Mosca per “portare la democrazia” in quella Unione Sovietica governata da Stalin? Uno al cui confronto il Presidente Putin potrebbe apparire un sacerdote francescano.

Per fortuna in Stati Uniti vi era un Presidente assai più saggio, quel Roosevelt che seppe sedersi a Yalta.

Purtroppo alla Casa Bianca il mondo, oggi, non trova Roosevelt ne una figura che non crede nell’uso delle armi e negli eserciti ma nei dialoghi bilaterali come Trump.

Il mondo deve convivere con un presidente americano, Joe Biden, che spesso straparla.

In queste ore è tornato, senza freni istituzionali, a definire il presidente russo Vladimir Putin un “tiranno brutale”.

Difficile poter credere che dichiarazioni così “violente” possano facilitare una tregua in Ucraina dato che, permettetemi una ovvietà, non è Zelensky a poter decidere le sorti del popolo ucraino bensì chi siede alla Casa Bianca ed in alcune cancellerie europee.

Tutte “poltrone a rischio” nei prossimi mesi. Tutti leaders che, in fondo, con una “bella guerra” potrebbero risolvere i “loro problemi”.

In queste condizioni noi, cittadini amanti delle “parole” e non delle “armi”, non possiamo che sperare che il Presidente Putin non ceda alle provocazioni e non accetti una escalation di distruzione.

Onestamente, avendo dedicato tempo a studiare l’uomo, siamo sufficientemente convinti che questo accadrà con buona pace di chi vorrebbe ben altro.

In fondo nella cultura russa il concetto del “temporeggiare” è assai ben radicato, come non ricordare l’attesa del “generale inverno” per esempio?

A guardare questo quadro nasce, però, spontanea una domanda: sono queste Nazioni Unite e questa NATO strumenti utili a garantire una pace equa fra i popoli nel mondo?

Sembrerebbe di no.

Dopo ottanta anni, forse, è arrivato il tempo di dichiararli “superati” e di sostituirli con nuovi strumenti più efficaci, magari anche più efficienti visto i loro risultati in ordine a quanto direttamente espresso nei loro statuti.

Senza, poi, porre l’occhio sui loro rispettivi rapporti fra costi e benefici.

Ignoto Uno
27/05/2024
Tempo di verità, anche scomode
Dopo gli arresti cautelari nella Regione Liguria fra cui quelli dell’imprenditore Spinelli e del Governatore Giovanni Toti, oggi sospeso dalla carica, i partiti tutti si “agitano”.

Poco loro importa l’affermazione che, uscendo dal mancato interrogatorio di garanzia, Aldo Spinelli ha lanciato ai presenti, quel “male non fare, paura non avere” che già era stato usato dalla Ministro Santanchè per commentare le proprie vicissitudini giudiziarie.

La campagna elettorale per le elezioni europee, dopo i fatti di Genova, è diventata uno sorta di uno scontro di parole sul “Toti si deve dimettere” a cui si contrappone il sempre verde “giustizia ad orologeria”.

Campagna elettorale che, a dire il vero, aveva già visto affacciarsi la magistratura sia in Puglia che in Sicilia, ma anche in Piemonte per esempio.

Campagna elettorale che, a prescindere da tutto, non permetteva in alcun modo ai cittadini elettori di comprendere le diverse linee politiche su cui dover scegliere attraverso il voto.

Ci inondano di “votate Giorgia”, votate “Schlein”, “Calenda”, “Capitano Ultimo”, “Salis” a prescindere da quello che pensano.

Agli elettori viene chiesto di votare un “simbolo”, non di esprimersi attraverso il voto su linee politiche, contenuti.

Unica eccezione la possibilità di votare “Vannacci”.

Del generale possiamo leggere, piaccia o non piaccia quel che ha scritto, il suo pensiero in un libro tanto divisivo quanto chiaro ed esaustivo.

In fondo da “paracadutista” non ha paura a combattere per le cose su cui lui crede.

Di questo gli va dato merito.

Sarà questo il motivo per cui i suoi avversari spesso cercano di denigrarlo proprio su una sua, asserita dagli stessi, tendenza a cambiare opinione.

In quei casi facile riportare alla memoria le parole di un altrettanto discusso Presidente Andreotti sulla siderale distanza fra “morale” e “moralismo” allorquando dichiarò “ io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che spendono il loro tempo a parlare di etica, a forza di parlarne non hanno il tempo per praticarla”.

Non so voi, ma questa dichiarazione mi sembra particolarmente adatta ai tempi che viviamo.

Tornando ai fatti di cronaca, nel dover, mio malgrado, seguire questo tsunami di parole vuote, mi tornano alla mente momenti del passato della nostra Repubblica.

Essendo oramai canuto ricordo le immagini di quei giorni del 1992 con Mani Pulite che prendeva abbrivio.

Oggi, nel seguire le dichiarazioni dei singoli parlamentari, addirittura di ministri e capi partito, almeno chi scrive, ha la sensazione di un sistema politico, tutto, terrorizzato che si scoperchi il sistema di lottizzazione, di malagestio, per l’ennesima volta.

Sistema che sta letteralmente distruggendo la nostra Patria.

Forse anche per questo mi tornano alla memoria le parole che il 3 luglio del 1992 l’allora Segretario del Partito socialista italiano ed ex presidente del Consiglio tenne alla Camera dei Deputati con cui definì buona parte del sistema di finanziamento dei partiti politici del tempo “irregolare o illegale”.

In quel celebre discorso Craxi sfidò gli altri deputati a smentirlo e, contemporaneamente, lanciò un messaggio chiaro ai suoi “colleghi”.

Craxi consigliò al Parlamento tutto di non “dividersi”, proponeva di “fare quadrato”.

Il Segretario socialista aveva compreso fra i primi che gli arresti di politici che si stavano susseguendo, avrebbero spazzato via una intera classe politica.

Non troppi giorni dopo subì l’onta delle “monetine” e l’esilio.

L’Italia era agli inizi di quell’insieme di azioni giudiziarie che prese il nome di Tangentopoli, azioni che coinvolsero quasi tutti i principali partiti italiani e un pezzo importante dell’imprenditoria del nostro Paese.

Craxi, già raggiunto dalle inchieste, parlava di un sistema corruttivo e concussivo che riguardava tutto il potere della Nazione, una consorteria diffusa che univa tutti i partiti.

Il teorema di Craxi era che, essendo il metodo corruttivo sistemico, si doveva risolvere politicamente e non per via giudiziaria.

In queste ore le parole di Bettino Craxi del 1992 “d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale” tornano alla mia mente.

Finanziamento dei partiti, solo dei partiti o di un complesso sistema di potere autoreferenziale?

Autarchico si direbbe oggi.

In queste ore il Ministro della Difesa Guido Crosetto, nel commentare i fatti liguri, ha dichiarato “Con la logica usata per Toti, a cui non viene contestato alcun vantaggio personale e privato, possono arrestare la quasi totalità dei Sindaci, dei Presidenti di Regione, dei Dirigenti Pubblici”.

Il ministro, oltretutto, nello stesso messaggio sui social, lancia anche un sasso nello stagno dicendo “Suppongo potrebbero anche arrestare la maggior parte dei Magistrati”.

Messaggio simile, inoltre, arriva anche da Salvini che, parlando con la stampa anche lui dell’arresto di Toti, si esprime così “Mettessimo microspie negli uffici dei magistrati non so quanti continuerebbero a lavorare”.

L’opinione pubblica, a dire il vero, in cuor suo, spesso pensa che di corrotti ve ne siano un certo numero anche in quella categoria di funzionari che hanno giurato sulla Costituzione italiana.

Temo involontariamente i due ministri  attraverso le loro esternazioni denunciano il devastante degrado morale che regna sovrano in questa nostra triste Italia, degrado che non riguarda esclusivamente politici, funzionari pubblici ed imprenditori, riguarda la nostra nazione in ogni suo ambito.

Questa la causa che ha portato l’Italia al collasso.

I cittadini sono spaventati per il futuro, i giovani preferiscono vivere l’ora ed adesso, non programmano, hanno paura e conseguentemente preferiscono non procreare, alcuni addirittura decidono di lasciare la loro amata Patria.

Il consociativismo, il cosiddetto comitato d’affari, lo percepiscono tutti senza neanche concentrarsi troppo e lo percepiscono assai ampio e variegato. Assai, direi ostentatamente, pervicace.

Per questo ai magistrati ed alle forze sane del Paese consegno una suggestione utilizzando un noto aforisma di Eraclito da Efeso “Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare”.

Sono, infatti, assai convinto che la nostra amata Italia debba ritrovare “credibilità” e, per raggiungere questo stato, non bisogna avere paura di affondare il coltello fino in fondo alla “piaga”.

Nel 1992 vedemmo solo alcuni partiti, alcune fattispecie di reato, alcune categorie professionali essere coinvolti, quanto sarebbe utile che questa volta la “pulizia delle mani” potesse essere “integrale”.

Quanto sarebbe utile se la nostra amata Patria trovasse il coraggio di scoperchiare tutte le tombe imbiancate, senza “perbenismi” che, tanto per non essere frainteso, il Treccani definisce come “modo di comportarsi di chi vuole apparire persona perbene, seguendo con qualche ostentazione le norme della morale comune o uniformandosi a quelle della classe sociale dominante”.

Cosa di più dominante di un “comitato d’affari” appunto?

Cosa di “morale” nel “fermare la propria azione” allorquando si dovesse prendere atto che la stessa riguarderebbe persone o fatti che non si vorrebbe incontrare nello svolgimento della propria attività?

Tanti i rumori in questa triste Italia, l’apparato giudiziario sarà garante della credibilità del nostro popolo, della nostra Patria, se oserà e scoperchierà tutto.

Raggiungendo tutti e facendo emergere anche i fatti più scabrosi.

Forse in questo modo gli italiani saranno messi nella condizione di affrontare la realtà del loro Paese e reagiranno per ricostruire la nostra Patria.

Ignoto Uno
13/05/2024

Significativo video che va visionato, per Vostra conoscenza

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Mani Pulite bis? Forse Sì
Era un lunedì, esattamente il 17 febbraio 1992, il GIP Italo Ghitti autorizzò l’arresto richiesto dal pubblico Ministero Antonio Di Pietro del Presidente del Pio Alberto Trivulzio a Milano.
L’ingegner Mario Chiesa, per molti “Mariotto”, era stato colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente a lui portata in ufficio dall’imprenditore Luca Magni.
Era stato proprio questo ad informare l’Arma dei Carabinieri di dover “pagare” l’ennesima “tangente”.
Furono le forze dell’ordine a fornire sette milioni di lire “segnate”, così si dice in gergo, che l’imprenditore consegnò a Chiesa.
Quei sette milioni furono l’inizio della fine della cosiddetta Prima Repubblica.
Immediatamente iniziò quello che fu denominato “Circo Mediatico”, altrettanto immediatamente venne riesumato il tema della “questione morale” che il Segretario Politico del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, prima, e il Segretario Politico del Partito Repubblicano Italiano Giovanni Spadolini, poi, avevano cercato di posizionare al centro dell’agenda della politica della nostra Nazione, purtroppo senza successo.
Berlinguer pose sul tavolo il tema per la prima volta il 28 luglio 1981 in una intervista con uno dei più famosi giornalisti italiani e cofondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio Scalfari.
In quel lontano 1993 - 94, ben dodici anni dopo quell’intervista, la questione della morale nella gestione della cosa pubblica esplose attraverso un impressionante numero di arresti.
Arresti di politici, quasi esclusivamente dell’allora pentapartito, cioè di partiti governativi, e di industriali e manager pubblici e privati.
Gli italiani non potettero vedere arresti altrettanto di massa di amministratori, di qualsivoglia partito fossero, al comando di Regioni e Comuni.
Tantomeno videro arresti di sindacalisti, giornalisti e magistrati.
Infine, gli italiani non se ne accorsero al tempo, ma il malaffare ed il cortocircuito fra politica ed affari in Italia si fermava al nord, massimo centro nord. Eboli era lontana, la Sicilia o la Calabria e la Puglia ancor di più.
Allora, però, l’opinione pubblica aveva raggiunto un tale livello di insofferenza per coloro che rappresentavano il potere costituito da non farsi alcuna domanda, nemmeno allorquando avvennero suicidi, alcuni a dire il vero assai “strani”.
Solo recentemente alcune intercettazioni telefoniche fra l’imprenditore della chimica Raul Gardini e “qualcuno” in Sicilia sono riemerse portando a chi ha potuto ascoltarle ampi stimoli di riflessione.
Fra questi stimoli il principale è il ragionare su chi avesse “dimenticato in un cassetto” le registrazioni di quelle conversazioni telefoniche.
Una suggestione che gira fra i soliti salotti dei bene informati a riguardo è che a “perderle” fossero i “nemici” all’interno delle Istituzioni di altri alti funzionari delle istituzioni italiane che solo recentemente sono tornati ad una vita normale dopo essere stati assolti da reati che vedevano strani intrecci fra lo Stato e chi conta nel sud del nostro Paese.
Sempre “questione morale”.
Certe volte “questione morale” ove la linea della “morale” veniva, viene, probabilmente, dettata da quelli che nei film di Sergio Leone sarebbero stati additati come “i cattivi”.
I “cattivi” che vengono rappresentati come “buoni”, i “buoni” che vengono rappresentati come “cattivi”.
Chi si sentirebbe di negare che il popolo italiano stia sentendo nell’aria una strana atmosfera di “Mani Pulite Bis”?
Alcuni, forse molti, forse moltissimi, addirittura la anela.
Altri, avendo chiara la situazione socio politico economica della nostra Patria, pur temendo di dover ammettere che oggi l’Italia stia vivendo un momento di corruzione morale ancor più grave di quella di quegli anni, ha paura che la nazione non riesca a reggere un nuovo momento entropico legato ad una massiva ondata di sti nel nostro Paese.
Questione morale, sono passati quarantatré anni da quella intuizione politica di Enrico Berlinguer, ma la nostra amata Patria sembra non riuscire a superare certi comportamenti, cortocircuiti.
Anzi sembra andare sempre più in basso, avvitarsi su se stessa, perdere sempre più dignità.
I cosiddetti “Comitati di affari” sono sempre più facili da percepire.
Chi prova ad intraprendere e tocca i suddetti “comitati” viene, praticamente sempre, disintegrato.
La gogna mediatica abbinata a certe “attenzioni giudiziarie” impediscono la nascita di una economia sana e libera nel nostro amato Paese.
Mafie, politici, media ed ambienti istituzionali, drammaticamente, spesso, si vedono intraluce.
Oggi il popolo italiano vede arresti a tappeto di politici “affaristi” e pronti ad accettare di essere eletti attraverso “patti” che prevedono uno “scambio”, ultimo “caso” quello che vede fra gli arrestati il Presidente della Regione Liguria Toti.
Le azioni giudiziarie di quei lontani anni ‘90 distrussero un sistema ma non portarono una soluzione.
In molti casi gli arrestati vennero dopo molti anni assolti.
Eppure quel mondo era marcio, tutto marcio, non solo una parte.
Oggi parrebbe che una Mani Pulite Bis stia prendendo forma.
Fosse così speriamo che quella parte onesta della magistratura, certamente numericamente più numerosa di quella disonesta, abbia la forza di pulire fino in fondo.
L’Italia ha urgente necessità di ritrovare “dignità”, anche rispetto ad assai complessi e maleodoranti intrecci internazionali.
La grave crisi socio economica della nazione, ritrovata la dignità, potrà trovare nel ceto dirigente, anche politico, che sarà chiamato a costruire il “nuovo sogno italiano” coloro che sapranno riallacciare i legami internazionali che seppero creare i presupposti che portarono al mai dimenticato boom economico.
Questa è certamente la speranza di quella parte di popolo italiano sano ed onesto che di vivere in questa ambiguità della propria Patria non ce la fa proprio più.
Ignoto Uno
08/05/2024
Che le Nazioni Unite tornino a parlare di
“crescita felice”
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto i lavori dedicati all'Obiettivo 16 dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite dal titolo  "Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile".
Non posso nascondere che, per chi come me pone al centro gli interessi della propria Patria e dei suoi concittadini, l’elemento socio economico che ritengo debba essere massimizzato dall’agenda politica di chi è chiamato, sempre pro tempore, a rappresentare e governare il proprio popolo è lo “sviluppo” dello stesso.
“Sviluppo” che deve essere in armonia ed in equilibrio con quello delle altre “nazioni”.
Non uno “sviluppo” subalterno a quello di “altri”.
L’equilibrio e la stabilità socio economica di una nazione creerà sempre un “noi” che si contrapporrà ad un “loro”.
Questa contrapposizione necessita di “tavoli di dialogo” finalizzati a definire “equilibri condivisi e stabili” ove ogni “popolo” possa crescere sognando una possibilità di vita migliore di generazione in generazione.
Non una “decrescita felice” per permettere una “sostenibilità” ove “altri” possano vedere, grazie a detta “sostenibilità”, una propria “crescita felice”.
In questo mio pensiero non posso che riportare alla memoria quel magnifico intervento del fondatore di Apple.
Steve Jobs all’Università di Stanford in California, il 12 giugno 2005, In occasione della consegna dei diplomi di laurea emozionò i giovani, ed i meno giovani, con parole che possono essere riassunte  in quella magnifica suggestione di “siate affamati, siate folli”.
Sognare in grande, essere affamati appunti, e sforzarsi al massimo per raggiungere interamente i risultati che si sono sognati, questo noi adulti dobbiamo insegnare ai “nostri giovani”, non dobbiamo insegnare loro la “decrescita felice”, dobbiamo insegnare loro la “crescita radiosa”.
Una “crescita” etica, onesta, basata sul lavoro, sull’impegno, sulla “fatica” .
Una “crescita” basata sul rispetto in primo luogo di se stessi perché solo rispettandosi si può rispettare “l’altro”.
Una “crescita” in pace con gli “altri” perché li si rispetta nelle loro peculiarità, non li si “circonda”, li si “affronta in tavoli di confronto”per costruire “accordi”, “patti”.
Questo sia nella vita privata, sia nella vita professionale, sia fra Stati.
Una “crescita” sana ma orgogliosa.
Una “crescita” intelligente, non sostenibile.
Il Presidente Mattarella ha parlato di “Pace, inclusione, giustizia” come i “capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni Paese e di ogni società”.
Indubbiamente la “Pace” è l’elemento cardine per lo “sviluppo”, proprio questa considerazione mi porta a chiedere a me stesso cosa serva oggi avere, ed investire tanto denaro, nelle Nazioni Unite.
Quando il 24 ottobre del 1945, a San Francisco in Stati Uniti, entrava in vigore la Carta delle Nazioni Unite firmata il precedente 26 giugno, documento cardine dell’ONU, prendeva forma una organizzazione intergovernativa a carattere mondiale i cui principali obiettivi erano il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il perseguimento di una cooperazione internazionale e il favorire l'armonizzazione delle varie azioni compiute a questi scopi dai suoi membri.
Mi pare facile dichiarare che le Nazioni Unite stiano fallendo su tutta la linea.
Una delle molteplici cause potrebbe essere la eccessiva “polarizzazione” delle azioni di questo organo che, così a me sembra, è sempre meno “terzo” rispetto ai diversi punti di vista ed interessi degli Stati membri?
Allorquando si parla di “sviluppo sostenibile” non si rischia di posizionarsi su una linea?
Non si rischia di favorire eccessivamente alcune economie a discapito di altre? Fra queste la nostra. L’italiana.
I fatti dicono di sì.
Questa linea, lo dicono i fatti, sta favorendo una parte del mondo rispetto ad altre e fra le “altre” non è difficile annoverare la nostra Italia.
Questo raccontano i numeri macroeconomici e finanziari di lungo periodo e la scomparsa di un sistema industriale che è stato a lungo fiore all’occhiello della nostra amata Patria.
Il Presidente della Repubblica a New York ha dichiarato che “Pace e Sviluppo hanno destini incrociati”.
“Non può esservi l'uno, senza l'altra” ha aggiunto.
Il Presidente degli italiani ha ricordato a tutti che tutti i cittadini del mondo stanno vivendo “in un'epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale”.
Quanto sono vere queste parole!
È tempo di cambiare passo, è tempo di tornare a vedere le Nazioni Unite essere terze agli interessi dei singoli Stati che la compongono.
È tempo di tornare a parlare di crescita felice e di chiedere a tutti gli Stati di rispettare il “benessere” e la “crescita” degli altri Stati, degli altri popoli.
Se l’ONU non saprà essere centrale nella costruzione della “pace” e del “benessere” di tutti i popoli non potremmo che iniziare a ragionare su un nuovo modello di Nazioni Unite, magari assai più snello, magari assai meno costoso.
Una nota per finire, sempre sull’ONU e sulle sue Agenzie.
Qualche giorno fa il Guardian ha dichiarato in una sua inchiesta che nel 2023 in Europa sono scomparsi nel nulla cinquantamila minori arrivati come migranti, diecimila solo in Italia.
Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui governi per costringerli ad indagare a fondo su cosa sia successo a questi minori?
Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui media per costringerli a dare la giusta visibilità e la giusta consapevolezza dell’opinione pubblica su questa onta?
Sarebbe, infine, così bello se il Presidente Mattarella volesse fare un intervento diretto sul nostro Parlamento per stimolare le Camere ad indagare su quei diecimila minori migranti spariti mentre erano sotto la tutela della nostra Patria.
In fondo noi italiani non possiamo dimenticare le magnifiche parole che Ludwig Van Beethoven musicò nel celeberrimo “Inno alla Gioia”.
Inno che, in prima istanza, dedicò alla “libertà”.
In fondo non può esistere gioia senza libertà ne libertà senza gioia.
Parole che recitano “Gioia, figlia della Luce. Dea dei carmi, Dea dei fior. Il tuo genio ne conduceper sentieri di splendor.
Il tuo raggio asciuga il pianto,sperde l’ira, fuga il duol. Vieni, sorridi a noi d’accanto, primogenita del sol”.
Libertà di vivere in libertà in primo luogo, magari nella propria Patria nativa e non migranti in balia di trafficanti e di persone senza scrupoli.
Ignoto Uno
07/05/2024
I conti non tornano
Per comprendere lo stato di salute della nostra nazione uno dei principali “termometri” è il “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, usualmente indicato come “conto disponibilità”.
Esso è detenuto presso la Banca d’Italia ed assicura l’esecuzione degli incassi e dei pagamenti dello Stato.
La normativa comunitaria obbliga che non presenti mai un saldo negativo.
Vieta, infatti, alle banche centrali di concedere finanziamenti al Tesoro.  La legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 31 dicembre 2009, con le successive più stringenti modifiche, disciplina la programmazione finanziaria garantendo un costante monitoraggio del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato dei flussi di cassa di detto conto e la conseguente capacità operativa sia nel breve che nel medio - lungo periodo.
Il ministero dell’Economia è tenuto a dare mensilmente evidenza pubblica dell’andamento di questo strategico “conto”, purtroppo i media e gli italiani tutti trascurano assai spesso questa lettura.
Ebbene l’ultimo comunicato informa che, ad aprile, lo Stato aveva a disposizione 13.842 miliardi di euro, circa la metà di quello che esponeva a saldo dodici mesi prima.
Indispensabile sottolineare che il comunicato del Ministero di aprile 2022 esponeva a saldo 83.445 miliardi, esattamente 69.603 miliardi in più.
La guerra in Ucraina con la conseguente, ed assai ideologica, gestione della crisi fra Stati Uniti, Nato, Unione Europea e Federazione Russa era iniziata da due mesi.
Oggi la Comunità Europea tutta sta vivendo la campagna elettorale per eleggere il nuovo parlamento europeo.
In Italia, non è la prima volta, questa corsa elettorale viene usata dai partiti, e vissuta dai cittadini, molto più come una verifica dei pesi politici interni.
D’altronde il Parlamento Europeo non viene percepito come strategico, la Commissione Europea ed il suo Presidente viene decisa dal Consiglio dei Presidenti dei 27 Stati membri e non dal Parlamento, e il ruolo delle direzioni generali di Bruxelles incide assai di più che quello dei futuri eletti.
Soprattutto per questo sono impercettibili i programmi dei singoli gruppi parlamentari del parlamento europeo nella campagna elettorale mentre sono assai visibili gli scontri fra i partiti ed i loro leader.
Oggi in Italia è molto più sentita la corsa fra Forza Italia e Lega oppure fra PD e Movimento Cinque Stelle, addirittura fra il Generale Vannacci e Salvini contro i “colonnelli” nella Lega o fra la Schlein ed i cosiddetti “cacicchi”, che la necessità di costruire una Europa diversa.
Questo, banalmente, perché una Europa diversa non nascerà attraverso queste elezioni ma esclusivamente attraverso una implosione definitiva del ceto elitario che governa la UE27 oggi qualsiasi sia l’esito di queste elezioni.
A causa di questo assai poco edificante quadro i partiti che compongono la coalizione di governo, al fine di rafforzarsi in Italia, riempiono di promesse l’opinione pubblica.
Dai bonus in busta paga, agli aiuti al mondo agricolo, dagli sgravi a chi assume a sanatorie di diversa fatta.
La dura realtà dei numeri, di quel “conto disponibilità” appunto, rappresenta la “Caporetto” in cui vive lo Stato italiano.
Una “Caporetto” che richiede da parte dei politici tutti, dei governanti ancor di più, saggezza ed umiltà.
Doti, entrambe, assai rare nell’Italia di oggi.
Per il momento le agenzie di rating rimangono in attesa. Fitch ha mantenuto costante, infatti, la sua pagella sull’Italia in questi giorni.
Il 31 maggio toccherà a Moody’s, che molto probabilmente farà la stessa scelta.
Il momento dei segnali forti, sarà in autunno allorquando il governo italiano, questo o il prossimo, dovrà approntare la legge sulle future politiche economiche.
Quelle politiche che dovranno parlare con la nuova Commissione Europea e, forse ancora di più, con i mercati finanziari mondiali in costanza di un nuovo Presidente in Stati Uniti.
Ignoto Uno
06/05/2024
Da Giovanni Gentile ad oggi
Il filosofo fascista Giovanni Gentile fu l’ideoogo che fece imporre per legge ai docenti universitari nel 1931 “l’obbligo di giuramento di fedeltà al partito fascista”.
Su milleduecento furono solo venti i docenti che si rifiutarono.
In queste ore, a mia memoria prima volta nella storia repubblicana, basiti, noi cittadini italiani abbiamo dovuto assistere a manager pubblici di prima fascia schierarsi su un palco di partito, quello di cui è presidente la Premier Giorgia Meloni, con in mano una maglietta con lo slogan elettorale del partito stesso.
Sembrerebbe che solo l’amministratore delegato del ENI si sia rifiutato, al contrario vi sono iconiche immagini con il presidente di Leonardo Spa, Stefano Pontecorvo, e il presidente dell’Agenzia per la Cybersecurity, Bruno Frattasi, hanno accettato di farsi fotografare sul palco della convention di Fratelli d’Italia, a Pescara, con la maglietta del partito con lo slogan della campagna elettorale “L’Italia cambia l’Europa”.
Qualcosa che cammina in mezzo a due suggestioni. Da un lato la “maglia del cuore” indossata dai tifosi allo stadio, dall’altro quella triste “tessera” che ti permetteva di “lavorare”.
Importanti esponenti di Fratelli d’Italia hanno commentato le tante dichiarazioni che hanno espresso perplessità su queste immagini come “strumentali”, certamente vero ma come non notare che i manager di Stato dovrebbero almeno apparire terzi agli schieramenti partitici?
Certamente ad oggi è sempre stato così.
I manager pubblici hanno sempre avuto una appartenenza partitica, mai una sovraesposizione della stessa.
In fondo ci fu chi usava dire che “la forma è sostanza”, si chiamava Aristotele. Uno interessante da leggere.
Questo è accaduto, venerdì 26 aprile, al termine di un panel sulla “politica estera comune e la difesa della libertà europea” alla presenza del ministro della difesa Guido Crosetto.
Una domanda sorge spontanea in costanza di, assai divisive, elezioni presidenziali in Stati Uniti: come la commenterà questa immagine quel mondo americano vicino al candidato Donald Trump?
Quel mondo, utile ricordarlo, che ritiene che le elezioni presidenziali del 2020 abbiano visto gravi brogli elettorali telematici per essere chiari.
I dirigenti politici, questo il mio sommesso avviso, dovrebbero ricordarsi che la globalità di informazione che il mondo del web ha fornito ai cittadini del mondo vale sempre, non solo quando ci è utile.
Vi è una seconda ipotesi, è quella di pensare di usare questo sistema per lanciare messaggi nella bottiglia, in questo caso il web.
In comunicazione, però, la colpa della reazione al messaggio è sempre di chi comunica.
Questo insegnano i docenti di scienza delle comunicazione, ancor più oggi che non si usa prendere la “tessera per poter lavorare”.
Ignoto Uno
29/04/2024
Principessa Kate,
un esempio da copiare
In data 22 marzo la Principessa del Galles ha informato il suo popolo ed il mondo che l’intervento da lei subito a gennaio era dovuto ad un tumore addominale.
In questo mondo moderno basato su una forte consuetudine del parlare a vanvera e del guardare dal buco della serratura la vita degli altri, quanto ha sentito la responsabilità di fare la Principessa non può che essere ritenuto un gesto che dovrebbe insegnare a tanti, molti leaders europei e mondiali inclusi, come gestire il proprio ruolo.
Il sentirsi, infatti, a causa di quello che “si è a conoscenza avendo osservato da quella serratura”, nella condizione di giudicare e pontificare, spesso senza alcun senso ne del limite ne del ridicolo, è un comportamento che, purtroppo, oramai, ha superato il perimetro del “parlare al bar” ed è entrato troppo spesso nel “perimetro istituzionale”.
Un intervento pubblico, quello della Principessa, ove si vede una donna coraggiosa, certa dei suoi ruoli.
Una leader per il suo popolo, una madre, una moglie, una donna che, con dignità e saggezza, gestisce le sue ansie e la sua malattia.
Una donna che sa chiudere il proprio discorso pubblico al suo popolo ed al mondo con queste parole “In questo momento, penso anche a tutti coloro le cui vite sono state colpite dal cancro. Per tutti coloro che affrontano questa malattia, in qualunque forma, per favore non perdete la fede o la speranza. Non siete soli”.
Ha terminato il suo messaggio portando speranza, non chiedendo aiuto.
Ha terminato il suo messaggio dando a chi si trova nella sua stessa situazione forza nella fede e nella speranza.
Da vero futuro Capo di Stato ha dichiarato che questi sudditi “non sono soli”, questa una delle sue priorità.
Una donna, una vera donna, che chiama il marito per nome e, da madre, rende pubblica la sua preoccupazione su come i figli possano vivere lo stato di salute della mamma.
Con dignità ha parlato di “enorme shock”, definendo questo stato d’animo una “ovvietà” da “elaborare” con “William”, il marito e padre dei suoi figli, non il “Principe ereditario”.
Ha dichiarato che l’elaborazione di questo “shock” ha richiesto “tempo”, ma “soprattutto, ci è voluto del tempo per spiegare tutto a George, Charlotte e Louis in un modo appropriato per loro e per rassicurarli che starò bene”.
Una madre che tutela i propri figli.
“Speriamo che capiate che, come famiglia, ora abbiamo bisogno di un po’ di tempo, spazio e privacy mentre completo il trattamento”.
“Come famiglia”, quella ove un padre ed una madre hanno il senso del loro ruolo e tutelano il loro perimetro privato chiedendo “privacy”.
Non è importante se si crede nel valore della monarchia o in quelli dello Stato repubblicano, ciò che ci insegna questa donna, madre e moglie è che, allorquando le cose diventano serie, i valori fondanti per reagire sono “fede e speranza”, sono “famiglia” e “figli da tutelare”.
Con dignità, appunto.
L’occidente tutto, non solo il suo popolo, ha trovato un “simbolo”.
Un “simbolo” vero, non un “influencer”.
Dignità e compostezza, da Capo di Stato, appunto. Questo il “lavoro” di questa leader. Lavoro che, sempre in questo discorso, dichiara di amare.
A questa donna, questa madre, questa moglie, questa professionista della cosa pubblica,sommessamente e umilmente, non si può che augurare “lunga vita”.
L’occidente ha bisogno di questo “simbolo” per tornare nell’alveo delle proprie tradizioni.
Di persone inventate al potere ne abbiamo già troppe.
Principessa Kate, un esempio da copiare, appunto.
Soprattutto se si è, pro tempore, al potere.
Ignoto Uno
23/03/2024
Politicamente scorretti unitevi
“Acerbi mi ha detto ‘va via negro’” queste le parole dello “scandalo”.
Ennesimo scandalo mediatico sul nulla italiano.
Parole dette all’orecchio da un giocatore dell’Inter ad un giocatore, Juan Jesus, del Napoli durante una partita del campionato di serie A.
Il difensore si è rivolto all’arbitro per denunciare il fatto.
Capisco di essere “politicamente scorretto”, sono assai felice di esserlo, ma a me tutto questo mi sembra un comportamento da “asilo mariuccia”.
Quando andavo all’asilo vi era sempre un altro bambino, più frequentemente bambina, che si rivolgeva alla maestra e, sempre ad alta voce per attirare l’attenzione dei compagni di classe, dichiarava “maestra lui mi ha detto brutto”.
Avevo tre anni, oggi ne ho assai di più e questi comportamenti, il perdere tempo dietro a questi aneddoti, mi annoiano moltissimo.
“Mi ha detto negro”, tutti coloro che scendono in un campo per partecipare ad una partita di un qualsiasi gioco di squadra sa benissimo che i “colpi sotto alla cintura” sono costanti, fa parte del gioco.
“Figlio di ….”, “pezzo di ….”, recentemente un giocatore in modo furbesco ha stretto i gioielli ad un avversario, calci e sgambetti, gomitate, di tutto accade durante una partita.
Quasi nella totalità dei casi alla fine della partita ci si stringe la mano e finisce tutto lì.
Fa parte del gioco, appunto.
Da “politicamente scorretto” quale mi onoro di essere, sono addirittura Trumpiano, incredibilmente penso che gli accordi di pace si devono fare sedendosi al tavolo con il nemico per trattare, anche se si chiama Putin.
Penso, infatti, che “vivere all’asilo” non aiuti a costruire un futuro prospero della nazione
Quanto mi manca l’ironia di quel immenso attore che fu Gigi Proietti e quel momento di vera comicità sulla rete televisiva pubblica che lo stesso rappresentò.
Momento di cabaret che terminava con la romanesca affermazione “a fr…”!
Oggi non si può più trasmettere, anche film cult come “Amici miei” c’è chi li vorrebbe addirittura distruggere.
In fondo c’è chi abbatte le statue di Cristoforo Colombo!
Oggi i ben pensanti ci costringono a vivere con il loro “politicamente corretto”, reale perbenismo dato che la corruzione morale in Italia, e non solo, è ovunque.
Gli italiani, rimaniamo nel nostro recinto, debbono stare attenti al linguaggio, il sistema paese, però, si guarda bene dallo sradicare il malcostume delle tangenti, dei concorsi pubblici addomesticati, degli appalti pubblici gonfiati.
Meglio parlare di Acerbi e della sua frase all’orecchio in un campo di calcio.
Oggi dobbiamo seguire le notizie del “dossieraggio” da parte di organi dello Stato a Perugia.
Vi sono, fatto ancor più grave, i servizi pubblici, sanitari in testa, troppo spesso eccessivamente inadeguati e speriamo che il “problema” si limiti ad inadeguatezza.
Come non notare gli “affari” che girano sul traffico di migranti?
“Affari” da codice penale, non da “asilo mariuccia”, non da “maestra mi ha detto cattivo”.
Quanto è bello e facile per i ben pensanti spostare su fatti che i dotti definirebbero “inezie” l’attenzione mediatica!!!
Quanto anelo il poter tornare senza eccessivi rumori di sottofondo dei ben pensanti al linguaggio politicamente scorretto e, al contempo, alla capacità, e volontà, di sradicare tanto malaffare.
Oikofobia si definisce in dottrina medica, in psichiatria, l’avversione, fino alla paura, per il proprio ambiente domestico.
Sia nel concreto che in modo figurato.
In politica si riferisce al ripudio della propria cultura e delle proprie tradizioni per lodare gli altri.
Fermare per un giorno il percorso didattico di un plesso scolastico per permettere di seguire gli adempimenti del Ramadan, non far più svolgere le tradizionali recite del Santo Natale o non permettere che venga esposto un presepe, sono solo alcuni fra i tanti esempi di questa patologia nel sistema sociale italiano.
Il rispetto delle culture altrui parte dal conoscere e rispettare le nostre.
Il rispetto degli altri richiede il contestualizzare i fatti.
Un esempio.
In una recentissima partita internazionale di una squadra di calcio della nostra capitale i tifosi della stessa, presenti nella curva dedicata agli stessi, hanno esposto il seguente striscione “la Regina Elisabetta faceva i b…”.
Frase triste sempre, ancor più se riguarda una defunta nonché regina amatissima dai tifosi dell’altra squadra in campo.
Frase pubblica, non sussurrata all’orecchio di un avversario in campo che, ne sono certo, durante una partita usa tutti i trucchi del mestiere per far saltare i nervi all’avversario anche lui.
Leggo sui giornali, io di questo capisco assai poco, che Acerbi rischia una squalifica durissima ma nulla, se non poche righe, su questo fatto, forse perché gli addetti ai lavori ricordano quel dissacrante striscione in un Verona Napoli di tanti anni fa che recitava “Giulietta è una zoccola”, al tempo si misero a ridere tutti e si chiesero quale sarebbe stata la “risposta” veronese durante la partita di ritorno.
Quanto mi farebbe piacere un rapido tornare alla concretezza ed alla normalità.
Propongo un “gioco”, proprio in ossequio a tanta durezza dei ben pensanti su ogni inezia, l’obblio dalle facezie e il ritorno ai problemi veri sui media.
Per esempio, rubare una frase ad un personaggio pubblico quale Platinette e costringerlo alle scuse pubbliche io lo definisco “ostracismo”.
Tutto qui, niente di più, niente di meno.
Per questo l’occidente si sta dividendo, gli ostraticizzati, noi politicamente scorretti, iniziamo a renderci conto che dobbiamo contarci e dire la nostra.
Per questo noi ostraticizzati guardiamo con attenzione a quel pericolosissimo generale che ha onorato l’Italia rischiando la sua pelle negli scenari più pericolosi nel mondo.
Quanto è bello quel “Mondo al contrario” che rompe il pensiero unico!
Non è neanche così importante condividerne tutti i contenuti, va ringraziato solo per il fatto che scrive quello che tanti pensano ma pochi hanno il coraggio di affermare pubblicamente.
Chi non ha la necessità di uno psichiatra perché non soffre di oikofobia non può che sperare di poter tornare a sentire un attore dire quello che vuole circoscrivendo il suo dire al suo ruolo, sia se si chiama Platinette, sia se si chiama Litizzetto.
A chi scrive, entrambi, non fanno ridere, ma auguro loro libertà di parola.
La auguro a loro tanto quanto vorrei che fosse augurata a me, cattivo Trumpiano politicamente scorretto.
Ignoto Uno
20/03/2024
Putin, il Re è vivo e vegeto
Sono giorni che i media italiani dedicano ore a dimostrare che le elezioni politiche della Federazione Russa sono una farsa.
Premesso che la Federazione Russa è la diretta discendente dell’Unione Sovietica e che, conseguentemente, è pensabile che sia ancora assai presente in quella terra l’idea di controllo della nazione attraverso una oligarchia che sia in grado di mantenere, anche con strumenti “persuasivi”, il potere, il messaggio che ci arriva da quel 88% è forte e chiaro.
Con questo messaggio faremo i conti nei prossimi anni.
Putin è a capo di un sistema che ha il controllo del suo Paese.
La propaganda funziona allorquando conferma l’opinione ed i valori che il popolo vuole sentire e, attraverso questo, si possa confermare in se stesso.
Putin ha vinto perché l’oligarchia che ha alle sue spalle ha compreso che la maggioranza del popolo russo si sente sicura se lui è il punto di visibilità di un sistema complesso che governa la loro nazione.
I media italici, assai ossequiosi al potere a cui devono dare conto, in caso contrario sarebbero degli stolti e non lo sono, raccontano che Putin è un uomo solo al comando, un despota che in solitudine dispone della vita di un intero popolo, che decide in autonomia le sorti di una delle tre superpotenze al mondo.
Vere baggianate. Mi permetto di definirla “propaganda da dilettanti impreparati”.
Alla grande maggioranza del popolo russo Putin va bene e, conseguentemente, il sistema di potere russo lo sostiene.
Questa la causa che ha fatto fallire i tentativi di facilitare la sua caduta attraverso azioni dall’interno che hanno visto la regia, sempre, nel nostro occidente.
I colpi di stato, più o meno camuffati, richiedono il consenso interno.
La “marcia su Mosca” del capo della Wagner fallì, fu una vera farsa a cui per qualche ora solo in occidente potevano crederci, o far finta di crederci, perché l’assunto su cui si basava era errato.
L’assunto fu che il popolo si sarebbe schierato con il “liberatore” Evgenij Prigožin.
Il popolo russo non ne sentiva la necessità, la “marcia” si trasformò in “passeggiata”, tutto finì con una chiacchierata incredibile a favore di telecamere di generali dell’esercito russo seduti su un muretto con lo stesso Prigožin in cui i primi davano “consigli” al secondo di lasciar perdere.
La “marcia” iniziò e fini nella stessa giornata.
Putin è un autarca? Certamente sì, come molti altri, anche in Europa.
In Italia è impossibile creare nuovi partiti che possano presentarsi alle elezioni a causa di leggi votate da tutti i partiti seduti in Parlamento, questo è un fatto.
Le differenze di azione politica fra i governi di diverso colore sono assai ridotte rispetto ai roboanti proclami delle campagne elettorali, questa la causa delle sempre più risibili percentuali di presenti al seggio rispetto agli aventi diritto.
“Votare non serve a niente, tanto sono tutti uguali” questo dicono gli italiani.
Autarca Putin, sistema autarchico il nostro.
Questo parrebbe pensare il popolo italiano.
“È vivo il re, viva il re” questo ci arriva dal voto russo, con questo “re” le cancellerie occidentali tutte e la NATO dovrà fare i conti, non solo per quanto concerne l’Ucraina.
Come non notare che Stati Uniti e Stati europei tutti sono “debitori” mentre la Federazione Russa è “creditore”?
La Federazione Russa ha un sistema economico basato su numeri piccoli rispetto all’estesa ed alla popolazione ma, in costanza della guerra, esporta materie prime strategiche, grano compreso.
Quel 1.000% in più di importazione di grano da parte del sistema Italia dalla Federazione Russa nel 2023 non necessità commenti.
Salvo il “nuovo Napoleone”, Emanuel Macron, che vuole inviare formalmente e pubblicamente i suoi militari in Ucraina, molto probabile già oggi la presenza di soldati degli Stati aderenti alla NATO nello scenario, senza di essi l’esercito ucraino non esisterebbe, le cancellerie occidentali non sembrerebbero voler mettere in atto tale “follia” per tutta l’umanità. Dichiararla una “follia” è un cortese ed educato eufemismo.
Felici e rassicurati abbiamo letto quanto, con sempre maggiore forza e chiarezza, dichiara sul tema il Santo Padre.
Identiche emozioni causano le “strutturate” e “stabili” parole del Presidente Mattarella a Cassino del 15 marzo scorso.
Putin, da parte sua, nel discorso di ringraziamento al suo popolo dopo la vittoria nella tornata elettorale, ha aperto a logiche post belliche sull’Ucraina, concetto che il portavoce dello stesso leader russo Peskov aveva già messo sul tavolo il 13 giugno del 2023.
Al tempo lo scenario era assai meno favorevole all’esercito russo.
Ancor di più dopo le elezioni in Russia la necessaria, non solo auspicabile, pace in Ucraina si raggiunge con il pragmatismo.
Dallo stato dei fatti, e non dalla propaganda occidentale, bisogna partire per costruire una nuova stabilità.
In questo scenario noi occidentali dobbiamo ricordare la presenza del popolo ucraino, molto di più che di Zelensky e della sua oligarchia.
Sono certo, però, che anche il popolo ucraino desideri tornare ad una vita in pace con tutti.
Per questo l’idea delle aree cuscinetto sono un passo, probabilmente, nella direzione giusta.
Certamente assai più interessante a quella della guerra nucleare.
Se le nostre cancellerie non hanno la capacità del cambio di passo noi europei non possiamo fare altro che sperare nelle elezioni presidenziali americane di novembre.
Dobbiamo sperare che Donald Trump vinca ed il progetto MAGA riparta.
Make America Great Again potrebbe essere utile anche alla nostra Italia, ad alcuni Stati europei meno, ma mi chiedo quanto questo debba essere importante per noi italiani.
A Giugno si vota per l’Europa, forse agli italiani converrà “mandare in Europa” chi vorrà andarci con una postura più “da italiano”, postura di chi vuole realmente tutelare i nostri interessi, che piuttosto di chi ritenga che sia necessario in Europa una continuità attraverso un secondo mandato alla Von der Leyen.
I “ponti” in politica si costruiscono fra “simili”, simili per davvero non a chiacchiere elettorali.
Ignoto Uno
19/03/2024
Da Papa Francesco a Mattarella
Dopo il Santo Padre ha parlato delle crisi nel mondo anche il Presidente della Repubblica italiano.
Permettetemi una battuta irriverente, “quando il gioco si fa duro, i saggi (non i duri) scendono in campo” ed è una fortuna per i popoli occidentali.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando il 15 marzo, a Cassino, durante la cerimonia commemorativa dell'ottantesimo anniversario della distruzione della città, ha dichiarato che l’art 11 della Costituzione afferma che “l’Italia repubblicana ripudia la guerra sia come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli sia come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, lo riporta l’agenzia Ansa.
Questo è avvenuto il 15 di marzo, sarà un caso, ma è una data particolarmente evocativa essendo il giorno delle Idi di marzo.
Giorno, quello delle Idi di marzo, in cui veniva festeggiato il dio della guerra Marte ma non solo dato che è entrata nella storia, forse ancora di più, perché vide l'assassinio di Giulio Cesare, dittatore e pontefice massimo del tempo.
Tempi e leaders diversi quelli di allora, ma il desiderio del “fare da soli” a Roma non è mai mancato.
“La nostra Costituzione ci chiede, e questo resta il ruolo dell'Italia, di costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo perché la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie" questo sempre l’Ansa ci informa che abbia dichiarato il Presidente a Cassino.
Affermazioni di taglio opposto rispetto a quelle del leader francese Macron.
Ad essere onesti, parole assai diverse anche a quelle della Premier Meloni rispetto al ruolo dell’Italia nel mondo, scenario ucraino incluso.
Postura interventista quella della Premier, postura più “strutturata” quella del nostro Presidente.
Parole assai più sagge quelle del Presidente Mattarella, parole di un uomo politico che, in questa occasione, ha dimostrato di essere adeguato a gestire con esperienza e saggezza le attuali, pericolosissime, complessità internazionali.
Correttamente il presidente della Repubblica, attraverso le sue parole, non nasconde la preoccupazione per le sempre più alte tensioni fra la Federazione Russa e l’occidente, senza dimenticare l’altro grave scenario mediorientale.
Due situazioni di guerra che dovevano, e potevano, essere evitate, gestite assai meglio.
Chiare le colpe della politica dell’amministrazione Biden in entrambi i fronti.
Una amministrazione “ideologica” e non “pragmatica” quella statunitense di oggi.
Una amministrazione cinica e molto interessata a rilanciare l’interventismo americano nel mondo ed ad esportare un predefinito modello democratico, forse anche interessata a rilanciare certi affari da sempre legati agli scenari di guerra.
A qualcuno questo non piacerà leggerlo, ma è un fatto che la stabilità regnava in tutto il mondo prima che Biden entrasse alla Casa Bianca e rivoluzionasse la politica estera statunitense tornando a quelle logiche Obamiane di cui molti in occidente non sentivano la necessità.
Stabilità che portava serenità e benessere non solo in Stati Uniti ma anche in Europa.
Eppure i rapporti fra l’amministrazione Trump e le altre due superpotenze, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese, erano assai complessi.
Trump, colui che viene definito da molti radical chic l’amico di Putin, non ridusse mai le sanzioni verso la Russia pur ritenendo che dovessero essere sostituite da nuovi e stabili accordi bilaterali fra le due potenze nucleari.
Altrettanto dure furono le politiche dell’amministrazione americana a guida repubblicana nei confronti della Cina finalizzate a ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalla produzione industriale del paese asiatico, in particolare modo rispetto a farmaci ed alte tecnologie strategiche.
Da italiani non possiamo che apprezzare la diversa cifra delle parole del Presidente italiano rispetto a quelle del presidente francese, Emmanuel Macron, che ha voluto drammatizzare lo scontro proponendo l’invio di truppe occidentali in Ucraina.
Parole pericolose, parole dal sen fuggite e mal ponderate quelle di Macron, fortunatamente isolate in Europa.
Dichiarazioni che hanno permesso al ministero degli Esteri di Mosca di sbeffeggiarlo attraverso queste parole: “folli sogni paranoici”.
Da “grandeur francese” diremmo noi che dai cesari, e non dai Galli, proveniamo, appunto.
Per fortuna, almeno su questo dossier, gli italiani possono contare sul “pragmatismo siciliano”.
Terra complessa la Sicilia, terra piena di influenze e culture diverse, terra di templi greci e case arabe …. e non solo.
Sarà per questo che in Sicilia la “complessità” non è altro che una parte del tutto.
Ed oggi il “tutto” va gestito perché, proprio come si dice in quella terra del mediterraneo “tutto si tiene”.
Ignoto Uno
16/03/2024
Guerra o Pace
La guerra in terra di Ucraina è un elemento di visibilità di un ben più ampio scontro geopolitico.
Scontro i cui attori strategici sono ovunque meno che in Ucraina, tantomeno sono ucraini.
Questo è un fatto.
Fatto che non viene rappresentato, a mio avviso, correttamente ai cittadini europei.
Temi questi che rappresentano i reali elementi di difficoltà per superare il conflitto e raggiungere una pace accettabile da tutti gli attori in campo.
Fatto plasticamente dimostrato dalla risposta all’appello del Santo Padre alla televisione svizzera da parte del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa.
Questo funzionario ha dichiarato che “Il presidente Biden ha grande rispetto per Papa Francesco e si unisce a lui nelle preghiere per la pace in Ucraina che potrebbe essere raggiunta se la Russia decidesse di mettere fine a questa guerra ingiusta e non provocata e ritirasse le sue truppe dal territorio sovrano dell'Ucraina".
Lo stesso funzionario ha continuato dicendo che “Sfortunatamente continuiamo a non vedere alcun segno che Mosca voglia mettere fine a questa guerra e per questo siamo impegnati a sostenere Kiev nella sua difesa contro l'aggressione russa".
“Impegnati a sostenere” dichiara l’amministrazione Biden, affermazione che i privati cittadini non possono che interpretare come invio di armi e dazioni economiche.
Al contrario noi cittadini occidentali siamo costretti ad apprendere dall’agenzia Ansa che “il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski ha ammesso che militari dell'Alleanza sono presenti in Ucraina”.
Sempre dalla stessa agenzia giornalistica siamo, basiti, costretti a leggere che la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova ha dichiarato in un'intervista alla testata Izvestia che “la Russia è già a conoscenza del fatto che in Ucraina operano militari della Nato, perché è impossibile nasconderlo".
La Zakharova ha aggiunto che “Usa, Gran Bretagna e altri Paesi occidentali conducono una guerra ibrida contro la Russia facendo partecipare alle azioni istruttori delle forze speciali Nato".
Ecco le parole chiave “guerra ibrida”, guerra non dichiarata, guerra per “interposto Stato”.
Compreso questo aspetto, molte le domande che si formano.
Chi fu il primo a dare inizio? La Federazione Russa due anni fa con quella che il governo di Mosca definisce “operazione speciale” o l’amministrazione americana a guida Obama nel 2008 finanziando e supportando i movimenti anti russi in Ucraina a guida Julija Tymošenko?
Ancora, ritenuta attendibile l’affermazione della portavoce russa a causa delle dichiarazioni del ministro polacco, nell’elenco denominato “altri Paesi occidentali” si debbono annoverare anche “istruttori” italiani?
Nel caso il Parlamento ne è a conoscenza?
Nel caso la risposta alla domanda se vi siano già soldati italiani in Ucraina fosse positiva, potrebbero i giuristi esprimersi sul tema rendendo edotti i cittadini italiani sul fatto se detta azione del governo possa essere ritenuta coerente al nostro dettato costituzionale?
Da quanto sta emergendo risulta sempre più palese come le scelte in terra di Ucraina siano dettate da interessi geopolitici, e non solo, delle cancellerie occidentali e come queste siano etero dirette dall’amministrazione Biden.
Altrettanto chiaro è il fatto che queste cancellerie, l’amministrazione oggi presente a Washington e quelle europee che la frequentano, oltre alla NATO ed al Canada, sono oramai totalmente impossibilitate a modificare la propria linea politica a causa dell’approssimarsi di tornate elettorali sia in Stati Uniti che in Europa.
Dette cancellerie sono costrette a tenere il punto, lo dimostra quanto dichiarato dal funzionario statunitense, finanche portando l’occidente alle conseguenze più tragiche.
Queste cancellerie non possono fare altro che mantenere una linea interventista, anche con una postura sempre più aggressiva, a prescindere dalla logicità strategica della scelta avendo esse il fine di impedire l’emersione dei tanti “errori” compiuti sullo scenario ucraino sin dall’amministrazione Obama.
Errori nelle scelte strategiche ed “omissioni” nell’informazione ai loro cittadini.
Le seconde assecondate da un sistema dei media assai più “ideologico” che “terzo”.
Scelte politiche ammantate da elementi della morale che, in realtà, con la stessa e con l’etica rischiano di avere pochi elementi di contatto, fatto che emerge dalle parole del Santo Padre con chiarezza.
Parole che hanno causato prima stupore e, poi, reazioni che difficilmente non possono che essere ritenute irrituali, finanche rabbiose.
Se va ritenuta scontata la reazione del leader ucraino, attore totalmente etero diretto, che, questo è da temere, si è innamorato del proprio ruolo di “leader mondiale”, rattrista la cifra propagandistica del dibattito nel nostro occidente.
Una reazione rabbiosa ed a senso unico, tipico atteggiamento propagandistico a favore di una posizione, una reazione che ben si guarda dall’approfondire l’esortazione profonda che è insita nel ragionamento di chi si siede sul soglio di Pietro.
Se da un lato dobbiamo vedere il fuoco di fila dei media filo amministrazione Biden nostrani, dall’altro non possiamo che prendere nota del fatto che non vi sia nessun commento dai politici italiani.
Quest’ultimi, infatti, si sono astenuti dal commentare le parole del Santo Padre pur se “stimolati” dalla portavoce del ministero degli Esteri della Federazione Russa che ha fatto notare come il Santo Padre si rivolgesse fondamentalmente ai capi di Stato occidentali.
I fatti, però, rimangono invariati e sono altri come gli esperti militari fanno comprendere a chi ha l’opportunità di compulsarli.
Senza invii di enormi quantità di aerei da combattimento, piloti e staff tecnici inclusi, e di armi sofisticate in terra di Ucraina entro fine aprile causerà la sconfitta totale dell’Ucraina.
La politica è chiamata a decidere se questa posizione tecnica vada presa nella giusta considerazione o meno.
Due le strade che apre.
Quella voluta dall’amministrazione Biden di fornire armi e mezzi illimitati a chi gestisce il conflitto in terra di Ucraina, non a Zelensky che nulla potrebbe fare da solo, percorso che non può prevedere altro che un reale rischio di conflitto mondiale nel prossimo futuro, conflitto che prenderebbe origine nella nostra europa.
L’alternativa è aprire un negoziato come propone il Santo Padre.
Un negoziato che porti ad un accordo stabile e duraturo fra le Super Potenze, reali decisori nel conflitto in terra di Ucraina.
I “vassalli” di questi non potranno fare altro che accettarne le decisioni ed i patti.
Riducendo a sintesi, i cosiddetti “grandi della terra” sono chiamati a scegliere fra trovare un accordo equilibrato o portare l’occidente in una nuova e senza prospettive “Guerra Mondiale”.
La terza ipotesi, quella della sconfitta sul campo della Federazione Russa attraverso il finanziamento ed il supporto dell’esercito ucraino, dati i fatti concreti in campo, non può che essere definita in altro modo che “infondato e propagandistico”.
I cultori del benessere dei propri cittadini non possono fare altro che ritenere soluzione unica quella di evitare un devastante conflitto mondiale attraverso la “negoziazione”.
La Seconda Guerra Mondiale non è terminata, come si deve sentire narrare da opinionisti che si prestano a narrare questo sui media, con la sconfitta di Hitler e del Terzo Reich.
La Seconda Guerra Mondiale è terminata con la scelta politica del presidente americano Delano Roosvelt di fermare il generale Patton che con le sue divisioni di carri armati intendeva raggiungere Mosca.
Questa scelta di pace dette inizio alla Guerra Fredda, un periodo di ricchezza e benessere per il nostro occidente.
Un periodo di stabilità fra ovest ed est europa.
Furono errori gravi di natura economica a distruggere l’Unione Sovietica ed a far sciogliere il Patto di Varsavia, non le truppe alleate occidentali.
Oggi a quell’equilibrio dobbiamo tutti tendere.
I cosiddetti “grandi della terra” hanno il dovere di sedersi e firmare nuovi trattati di stabilità, una nuova Yalta e Reykjavik, e di disarmo nucleare, un nuovo SALT.
Questo è “negoziare”, senza personalismi, senza interessi bassi quali quelli di voler mantenere il proprio posto di potere.
Senza “vergognarsi”, questa l’interessante parola, parola assai più complessa di quello che potrebbe apparire ad una prima lettura, che il Santo Padre ha inserito al centro del dibattito.
Ignoto Uno
13/03/2024
Pace….. parola che non genera ricchezza ad alcuni, ma a tutti.
“È più forte chi vede la situazione, pensa al suo popolo ed ha il coraggio di negoziare” questo ha dichiarato il Santo Padre parlando della guerra in terra di Ucraina.
A chi stava parlando Papa Francesco?
Difficilmente si può credere che stesse parlando esclusivamente a Zelensky.
Molto più probabilmente il Santo Padre ha ritenuto di rivolgersi a tutti i “grandi della terra”, ai leaders occidentali in primis.
Inconfutabile il fatto che Zelensky non esisterebbe nemmeno senza l’appoggio diretto, non solo attraverso la NATO, dell’amministrazione statunitense a guida Biden e dei suoi alleati nelle cancellerie europee.
Sono questi ad inviare in Ucraina armi e denaro.
Sembrerebbe non uomini in armi, fatto che, comunque, dobbiamo sperare con tutta la nostra forza visto il pericolo altissimo che questa eventualità causerebbe alla pace in tutta Europa, nel mondo intero.
Alta preoccupazione ha causato in chi crede che la pace sia l’unica opzione da perseguire il recente articolo, in prima pagina, del quotidiano La Verità che lasciava intravvedere anche azioni italiane in terra di Ucraina opache.
Zelensky è totalmente nelle mani di Biden e dei leaders europei a questi politicamente legati.
Corretta, almeno dal mio punto di vista, la posizione della Federazione Russa che dichiara come l’intervento del Santo Padre sia assai più diretto all’occidente che al presidente ucraino.
In fondo non è così assurdo l’assunto che la guerra in terra di Ucraina è stata voluta, ed è tuttora alimentata, da chi ha finanziato e facilitato la vittoria nelle presidenziali americane del 2020 di Biden, mai dimenticare che l’allora Presidente Trump non ha mai ammesso la sconfitta.
Il ragionamento alla televisione svizzera del Santo Padre non va interpretato, banalmente va ascoltato.
Parole chiare, parole forti, parole che i cattolici dovrebbero prendere per il loro portato.
I cattolici tutti, Biden e leader europei che si professano tali in tempo di Quaresima in primis.
Queste le Sue parole “E'più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. Oggi si può negoziare con l'aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche paese che faccia da mediatore. Nella guerra in Ucraina, ce ne sono tanti. La Turchia, si è offerta. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore".
Quante le suggestioni ai “potenti” in queste parole!
Parole valide per la guerra in terra di Ucraina, parole importanti per ogni conflitto oggi, e ieri, presente sulla terra.
“E'più forte chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare”, è più forte perché ha il coraggio di mettere il suo popolo davanti al suo ego dopo aver letto lo scenario in cui è chiamato a decidere sulle sorti della propria nazione.
Questo ha voluto consegnare ai grandi della terra, o presunti tali, il Santo Padre.
“Negoziare” è la parola chiave del ragionamento del Papa. Parola che definisce “coraggiosa”.
“Oggi si può negoziare con l'aiuto delle potenze internazionali”, questo spera il Santo Padre, questo è quanto lo stesso chiede, auspica, che i leaders delle nazioni più potenti abbiano al centro della loro agenda.
“Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore”, andare oltre per costruire “pace”, questa la profonda suggestione del Santo Padre.
“Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore", mi chiedo chi, se vero statista ed in buona fede, può provare “vergogna” perché cerca di costruire “pace”.
Io provo vergogna per chi non prova vergogna a fomentare la guerra, magari per arricchirsi.
“Solo la forza della nostra protezione della vita, la nostra capacità di raggiungere i nostri obiettivi possono riportare la Russia a uno stato di sobrietà almeno parziale. La follia russa deve perdere questa guerra. Faremo di tutto per questo", questa la risposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a cui deve essere sommata la dichiarazione dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede che recita “Qualcuno parlò di negoziare con Hitler?”.
Evidentemente, forse, pensano ancora di poter “vincere il dragone”.
L’alternativa, sarebbe una drammatica alternativa dovesse essere presa in considerazione, è che qualcuno in Ucraina e nel gruppo degli alleati di Zelensky voglia ancora arricchirsi attraverso i soldi provenienti dall’occidente e, per questo, necessiti che una guerra persa da tempo continui.
Intanto a morire sono i figli del loro popolo, non i loro figli.
Drammatico in tal senso se qualcuno, mi sovviene alla mente nel seguire la domanda su Hitler dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, potesse avere l’idea di copiare i fatti di Danzica che fecero iniziare la Seconda Guerra Mondiale.
Al tempo il dittatore nazista vesti dei tedeschi da soldati polacchi per far uccidere dei soldati tedeschi, impensabile che qualcuno, con il solo fine di allargare il conflitto, possa essere così cinico da vestire da soldati russi chi russo non è per far uccidere, sto inventando per copiare la storia del ‘900, soldati polacchi.
Per fortuna questo non può che essere solamente un “incubo” ad alta voce.
Ignoto Uno
10/03/2024
Riflessioni sulla pace e sulle elezioni future
Nello studiare lo scenario elettorale che si presenta davanti a noi cittadini del mondo molti gli appuntamenti che ci aspettano.
Certamente fondamentali per il futuro di tutti noi sia le presidenziali di novembre in Stati Uniti che quelle di marzo della Federazione Russa.
Altrettanto certamente, soprattutto noi europei, quelle di giugno che definiranno il nuovo Parlamento della UE27 e, conseguentemente, la presidenza della Commissione Europea.
Per quanto concerne le elezioni americane lo scenario sembrerebbe oramai definito.
Sembra, infatti, che a chiedere il voto saranno Biden e Trump.
I programmi su cui i due contendenti si confronteranno sono diversi e chiari.
Al contrario non posso che notare, con mestizia, come non sia possibile riscontrare altrettanta chiarezza e diversità nei programmi dei gruppi europei che, attraverso i partiti che li compongono nei diversi Stati, chiederanno di essere onorati di ricevere il voto degli elettori europei.
In attesa di veder emergere un reale, credibile ed affidabile leader europeo di cultura concretamente “sovranista” in grado di lavorare alla creazione di una vera e paritetica Federazione degli Stati dell’Unione Europea, in assenza della quale inizia ad essere fondato chiedersi a cosa serva la UE27, mi permetto di soffermarmi su alcune delle affermazioni della Presidente Von der Leyen nel suo discorso di candidatura a leader del PPE.
La presidente della Commissione Europea, nel discorso di candidatura al Congresso del PPE, ha dichiarato di credere “nella dignità di ogni essere umano” e, fedele a questo assunto, ha aggiunto che “la nostra Europa, pacifica e unita non è mai stata così minacciata dagli estremisti e dai populisti sia di estrema destra che di estrema sinistra” e, per questo, bontà sua, ha deciso di “presentarsi e combattere in questa elezione, essendo oggi più importante che mai".
Premesso che non ho mai avuto modo di sentire nessuno, leader politico o meno che fosse, dichiarare che la “dignità umana” non sia centrale nel suo pensiero, ho qualche decisa difficoltà ad interpretare la Von der Leyen come una statista che abbia combattuto per far rispettare la dignità di tutti gli esseri umani in europa.
Difficile vedere una azione forte e certa della Presidente in ordine al grave fenomeno del traffico di esseri umani e della, contemporanea, tutela delle dignità culturali e delle tradizioni degli Stati europei.
Altrettanto difficile riconoscerle la difesa della tutela della dignità di coloro che nel periodo della pandemia Covid vivevano con preoccupazione l’obbligo vaccinale.
Preoccupazione che, peraltro, purtroppo,si deve iniziare a ritenere fondata aumentando, conseguentemente, il desiderio di chiarezza sulle scelte che la Commissione Europea impose a tutti gli Stati membri, in primis su quel contratto quadro secretato per l’acquisto delle dosi vaccinali con le case farmaceutiche.
L’unico commento che si può fare a tanta ipocrisia è notare quanto sia facile aprire bocca e dare fiato.
La stessa presidente si sente di dichiarare, essendo persona amante della pace, che “oggi gli amici di Putin stiano seminando odio”.
Come non notare come il “problema” della guerra sia completamente scaricato su scelte compiute da “altri”.
Nessuna capacità di autocritica su questi anni di suo governo della nostra Unione Europea, eppure cose che non vanno se ne possono evidenziare veramente molte soprattutto oggi che il Santo Padre implora Zelensky di “alzare bandiera bianca ed aprire un negoziato”.
Fatto che, mi permetto di credere, dovrebbe creare un forte imbarazzo ai leader politici che si professano cattolici, Biden ed amici di Biden in testa.
Preso atto di questa fondante ed assai condivisibile novità, mi permetto di confutare il pensiero della Von der Leyen partendo dal concetto di “pace”.
Da libero cittadino europeo, ed ancor più libero pensatore e cultore del pensiero di Giovan Battista Vico, esprimo la mia opinione in materia e, sperando sia ancora permesso senza finire “dossierato”, propongo delle suggestioni che, questo il mio auspicio, possano aiutare ad evitare che un conflitto, quello in terra di Ucraina, che doveva, e poteva, essere evitato o, almeno, risolto in poche settimane continui a causare morte o, addirittura, si ampli in terra d’Europa nelle prossime settimane.
Mi permetto, in primo luogo, di porre una domanda ai “potenti” ed ai “sapienti”: risponde al vero o è falso che la Gran Bretagna, molto probabilmente stimolata dall’amministrazione statunitense a guida Biden, hanno letteralmente impedito al Presidente ucraino Zelensky di firmare una tregua in Turchia dopo due settimane dall’inizio del conflitto?
Nel caso rispondesse al vero, come io credo, perché questa intromissione nelle scelte del popolo ucraino? Quali i “vantaggi” per gli ucraini?
In Ucraina il conflitto ha causato solo morte e povertà.
Gli studiosi di fatti bellici sono assai certi che il conflitto ucraino sia, oramai, destinato a vedere l’esercito della Federazione Russa vincitore, quale il cambio di passo finalizzato a far tornare gli europei tutti, ucraini inclusi, ad una vita con prospettive di pace e di ritrovato benessere propone la Presidente Von der Leyen e chi a lei si sente vicino?
Ancor più dopo gli auspici del Santo Padre il cambio di passo è urgente per acquisire una accettabile credibilità politica sul punto.
La “pace” non si “costruisce” partendo dal principio “io ho ragione, tu hai torto”, bensì si raggiunge attraverso il dialogo con il portatore di valori, idee, principi ed interessi diversi, finanche opposti.
“Esportare la democrazia” di Obamiana memoria, palesemente tanto amata dalla presidente e dai suoi affezionati, italiani inclusi, non è più una strada accettabile.
La guerra arricchisce pochi e uccide molti, la pace fra i popoli crea benessere e crescita.
Obama, ed il suo vassallo Biden, amici di questi inclusi, continuano a credere che la “democrazia” sia “esportabile” e, conseguentemente, perseguono politiche basate sul “dividi et impera” di romana memoria.
Chi, al contrario, crede che il Presidente Donald Trump non sia un “cattivone”, anzi sia un presidente che ha saputo “riportare pace” in molti degli scenari che vedevano in essere un conflitto al suo arrivo alla Casa Bianca nel 2016, oltre ad essere assai stanchi di veder morire tanta gente per far arricchire pochi, sarà felice di supportare chi nella nostra Europa, ed Italia, metta al centro la cultura della trattativa.
Una trattativa “dura”, basata sul rispetto dei nostri valori occidentali, quelli della famiglia e delle origini cristiane, quelli del rispetto delle tradizioni altrui perché si hanno chiare, in primis, le nostre, quella che sa che solo il dialogo permette di comprendersi.
Questo è il “sovranismo”.
Alleanze con i “simili”, rispetto di chi ci rispetta.
Come non sperare di poter veder prendere spazio dei leaders europei con questi principi?
Soprattutto se si è padri e madri del ceto medio.
Ignoto Uno
10/03/2024
Super Tuesday …. game over
Il 1 marzo 2024 la Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha incontrato alla Casa Bianca il Presidente statunitense Joe Biden ricevendo da questi un endorsement chiaro “Giorgia è mia amica”.
Un confronto dichiarato da entrambi “intenso” ed “utile” durante il quale la Premier Meloni ha inteso dichiarare il “Pieno sostegno agli USA” in particolare sulle strategie da attuare a riguardo delle guerre in Medio Oriente ed Ucraina.
Il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, al termine del summit, ha sottolineato la “forte posizione assunta dal presidente Joe Biden e dalla premier italiana Giorgia Meloni riguardo agli aiuti all’Ucraina”.
“C’è una incredibile unità e tutti condividiamo le stesse preoccupazioni riguardo al fatto che Putin conquisti l’Ucraina e ciò che questo significa per la sicurezza della Nato“ ha continuato Kirby negando che vi siano “fratture” tra Washington e Palazzo Chigi.
Sarà per queste dichiarazioni, oltre per un assai irrituale bacio sulla fronte di Biden alla Meloni, che Fox News ha dichiarato “cocca di Biden” la Premier italiana.
Nella settimana precedente a questo incontro in Virginia vi era stato il CPAC, congresso dei conservatori repubblicani americani, ed i beni informati riportano che i cinque deputati della delegazione di Fratelli d’Italia presenti si siano sentiti chiedere dai delegati presenti innumerevoli volte dove fosse la loro leader.
Oltretutto il Presidente dell’Ungheria Orban incontrerà Trump nella sua residenza di Mar a Lago in Florida il prossimo 8 marzo.
Un recente articolo del quotidiano Il Foglio riportava che la Premier italiana avrebbe “autorizzato” il deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione estera che comprende la Florida, onorevole Andrea di Giuseppe, ad incontrare Trump.
Sempre i bene informati, però, sottolineano che l’invito “all’autorizzato” non sarebbe mai stato inviato da Mar a Lago.
Chi frequenta da dentro il cerchio magico trumpiano sa bene come la Premier Meloni sia ritenuta una che ha “cambiato casacca”, frase assai eufemistica rispetto a quelle che si sentono nei circoli del conservatorismo statunitense.
Martedì 5 marzo c’è stato il Super Tuesday ed è finito 11 Stati ad 1, ove “l’uno” era il Vermont. Stato, a dire il vero, realmente insignificante dal punto di vista dei pesi per la nomination nel Partito Repubblicano. Stato in cui vivono 645.570 cittadini americani su 331,9 milioni degli Stati Uniti tutti (dati omogenei del 2021).
Sarà per questo che la CNN, testata da sempre assai ostile al Presidente Trump, poche ore dopo la chiusura delle primarie del Super Tuesday ha annunciato che l’avversaria del “cattivone”, Niki Halley, si stia apprestando a ritirarsi.
Assai difficile poter pensare che i rapporti fra il conservatorismo americano a guida Trump e la Premier italiana possano portare nei prossimi tempi Fox News a titolare “Meloni cocca di Trump”.
Questo richiederebbe un ulteriore e di segno opposto “voltafaccia” della attuale leader della destra italiana.
Cambio di posizione che potrebbe non sarebbe sufficiente.
Necessario è, infatti, che Trump e il conservatorismo americano tutto decidesse di dare alla leader italiana una “nuova possibilità”, in politica tutto è “possibile” ma nulla è “gratuito”.
Il politico Otto Eduard Leopold von Bismarck, nato in Germania nel 1815, è assai famoso per aver teorizzato il fatto che “con un “gentiluomo” si debba essere sempre più di un “gentiluomo”, ma con un “mascalzone” si possa essere più di un “mascalzone”.
Lo stesso politico tedesco, ed i tedeschi in Italia vanno assai di moda, usava anche teorizzare che la politica è “l'arte del possibile, la scienza del relativo” ed, ancora, che la politica “non è una scienza, come molti fra i signori professori immaginano, ma un'arte”.
infine, Bismarck usava ripetere che la politica “non è una scienza esatta”.
Questi elementi di riflessione sarebbe assai utile che il centro destra, o destra centro come amano oggi dire gli opinionisti italici, li riportino nel loro ragionare per il bene ed il futuro della nostra nazione.
Partendo, appunto, proprio dalla politica estera ove, sommessamente mi sento di temere, il rischio di un avventuroso schiacciamento su un lato della politica statunitense potrebbe arrecare più danni che vantaggi dal gennaio 2025.
Ragionamenti ad alta voce, forse, ragionamenti di chi ha la fortuna di ascoltare le “gole profonde” del “deep Mar a Lago”.
Ignoto Uno
07/03/2024
TEMPI DI GUERRA...
Due anni di guerra guerreggiata in Ucraina parte di un conflitto carsico, forse neanche tanto, fra Stati Uniti e Federazione Russa in terra di Ucraina iniziato almeno dal 2008, ma, molto più probabilmente, sin dai tempi di Bill Clinton presidente alla Casa Bianca. Unico momento di “tregua” il quadriennato di Donald Trump.
Il 3 marzo la Nave Duilio, prima azione di guerra di una nave della Marina Militare Italiana dalla fine della Seconda Guerra mondiale, nello stretto di Bab el-Mandeb ha abbattuto un drone lanciato dagli Houti dallo Yemen.
La nuova, e drammatica, escalation in Medio Oriente che ha avuto inizio il 7 ottobre scorso con il massacro causato da Hamas nei territori israeliani e la necessaria ma violentissima reazione dell’esercito nella Striscia di Gaza.
I tantissimi focolai di guerra in Africa e in molti luoghi di confine come fra Pakistan ed India.
Questo, per brevi e non esaustivi cenni, lo scenario in cui noi tutti siamo chiamati a vivere ed educare i nostri figli.
Anni sempre più bui quelli che ci costringono a vivere attraverso le loro scelte i nostri governanti occidentali. Stati Uniti, Europa ed Italia inclusi.
Errori, io li reputo tali, già visti nel passato.
Errori che causarono, e causano, impoverimento e morte nel nostro occidente.
Per ora non si vede una grande reazione a livello del ceto medio, eppure la paura cresce.
Probabilmente è solo una questione di tempo, troppa la distanza fra le politiche, soprattutto in Europa, ed il pensiero di ampi strati sociali in ordine a tanti temi.
Guerre, politiche gender e green in primis. Politiche eccessivamente lontane dalle tradizioni e dalle necessità del nostro occidente.
I media, molti dei quali assai schierati con quello che oggi chiamano “globalismo”, si affannano a spostare il posizionamento culturale delle persone che li seguono ma, poi, basta un generale che scrive un libro e che parla alla loro pancia, perché le “origini” tornino a governare le loro opinioni.
La cosa assai interessante, direi anche divertente, è che più gli stessi media, e non solo, cercano di massacrarne l’immagine pubblica, più la figura dello stesso generale diviene “simbolo” per chi vuole vedere salvaguardate le proprie radici.
Origini, appunto.
Pensando a questa strana corsa alla guerra non può che venire alla memoria come il 15 novembre 1969, in occasione della Moratorium march on Washington scesero in piazza 500.000 persone.
Quel giorno nacque il Movimento Pacifista, il suo motto era “Give peace a chance”, date alla pace una possibilità.
Il governo degli Stati Uniti dovette prenderne atto.
Guerra che era iniziata il 1º novembre 1955 e terminò il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, durò diciannove anni e sei mesi.
Cercare la “pace” non significa “subire il nemico”, significa “costruire un equilibrio con l’avversario attraverso la trattativa”.
Cercare la pace è un atteggiamento lungimirante, da statisti.
Furono statisti Franklin Delano Roosvelt e Iosif Stalin allorquando firmarono insieme l’Accordo di Yalta nel febbraio del 1945.
Qualcuno vuole vedere in quella scelta un accordo firmato fra due capi di Stato che avevano gli stessi valori?
Credo sia inconfutabile che in quella scelta di firmare quell’accordo non si possa che vedere la volontà di due avversari di trovare una forma di convivenza che potesse garantire a tutto l’occidente pace.
Cercare la pace significa non sentirsi al centro del mondo e unici portatori della “verità”.
È cercare la pace favorire movimenti rivoluzionari in nazioni confinanti con il “nemico”?
Certamente no! Sarebbe assai necessario esplicitarlo e, al fine di riportare stabilità ed armonia nel nostro occidente e nel mondo tutto, partire dal concetto che le cosiddette “zone di influenza” vadano facilitate.
Il cercare di fomentare forme rivoluzionarie, più o meno “non violente”, come accadde con i movimenti rivoluzionari in Ucraina dal 2008, oppure con le tristemente famose Primavere Arabe, per volere dell’allora presidente degli Stati Uniti Obama, già premio Nobel per la Pace, è parte fondante del caos in cui il mondo vive oggi.
Innegabile che durante la Guerra Fredda l’allora Unione Sovietica fece altrettanto.
In Italia dovemmo scoprire le liste Mitrokhin, gruppo che doveva facilitare l’avvicinamento al Patto di Varsavia del nostro Paese, gruppo ben noto al Partito Comunista Italiano del tempo, gruppo illegale, gruppo a cui si contrappose l’operazione della NATO nota come Stay Behind, in Italia divenuta famosa come Gladio.
Fu il Presidente democristiano Andreotti nel 1990 a renderla nota, fu il Presidente Emerito Francesco Cossiga a rendere esplicito che Stay Behind era una operazione coperta della NATO.
Di Gladio se ne sente parlare sempre tanto ancora oggi, sommessamente reputo in alcuni casi a sproposito, di Mitrokhin mai, mi chiedo il perché. Eppure i due dossiers andrebbero letti insieme.
Ancor più mi domando se oggi in Italia, ed in Europa, vi sia la presenza di una organizzazione antagonista all’atlantismo che abbia saputo pervadere la nostra società occidentale in tutti i suoi ambiti, anche, speriamo di no, istituzionali e partitici, una organizzazione che magari trovi stimoli ed alleanze più in estremo oriente che a Mosca.
Se dal 1964 iniziò a formarsi un movimento pacifista che seppe fermare la guerra del Vietnam e formare una cultura del rispetto delle diverse tradizioni e dei diversi popoli, se questa tradizione ha ancora seguaci nel mondo occidentale, se vi sono ancora persone che credono che la pace si costruisce con i tavoli di trattativa basati sul rispetto dell’avversario, se vi sono ancora persone che si rendono conto che la pace si basa su equilibri di forza, se vi sono ancora persone e leaders che la pensano così sarebbe stato assai saggio evitare sia la crisi ucraina che quella medio orientale.
Forse, però, magari agli stessi che in questi anni 2000 hanno tanto amato “esportare la democrazia” conveniva facilitare nuovi conflitti.
Come non comprendere che, in presenza di questi, qualcuno ci guadagna sempre.
Si chiama economia di guerra.
Si chiama, anche, arricchirsi sulla morte degli altri.
Ignoto Uno
06/03/2024
Riflessioni a due anni di guerra
Gli Stati Uniti a guida Biden assecondati dai leaders europei, Commissione in testa, assai poco attenti al futuro dei propri popoli e molto di più alle logiche di potere di certi ambienti finanziari, erano, almeno ufficialmente, certi di riuscire a far terminare l’autarchia di Vladimir Putin ed a ricondurre, attraverso la sostituzione di questi, la Federazione Russa all’interno del sistema dagli stessi creato per garantirsi il controllo dell’occidente tutto, in pochi mesi, attraverso la guerra in terra di Ucraina.
Operazione politica, a dire il vero, che prendeva inizio già nel 2014, Obama alla Casa Bianca, con la Rivoluzione Ucraina contro il presidente Victor Janukovyč.
Rivoluzione evidentemente “facilitata” da chi allora governava a Washington.
Victor Janukovyč, leader politico filo russo, che, nel 2010, aveva vinto le elezioni battendo Julia Tymosenko che, al contrario, teneva stretti legami con l’occidente.
Tymosenko era colei che, infatti, dichiarava già nel 2008 “la vittoria di Obama ci ispirerà, le capacità di Obama sono ciò di cui il mondo ha bisogno”.
Queste “capacità” il mondo le ha potute vivere sulla propria pelle.
Le tante, troppe, “rivoluzioni democratiche” e il trasbordante desiderio di “esportare la democrazia” dello stesso Obama hanno, oggi lo vediamo e subiamo assai bene, devastato molte regioni del mondo.
Tornando alla martoriata terra ucraina, non possiamo che, sconsolati noi che crediamo nella vita e nella pace, prendere atto che sono passati due anni dal giorno in cui iniziò la,così la hanno denominata al Cremlino, Operazione Speciale, era il 20 febbraio 2021, e i fatti dicono ben altro rispetto a quanto ci è stato raccontato in questi ventiquattro mesi.
Non fosse tragico sarebbe ilare il discorso alla Camera dei Deputati italiana dell’allora Premier Mario Draghi in cui narrava la “vittoria” dell’esercito ucraino sulle forze militari russe e la devastante crisi finanziaria ed industriale della stessa Federazione Russa.
Ovviamente i media nostrani si guardano bene dal riportare alla memoria degli italiani quelle che i fatti, oggi, non possono fare altro che definire quelle affermazioni, a dire il vero assai assertive, come “baggianate”, tantomeno intervistano il diretto interessato, sempre menzionato come “risorsa” per il futuro europeo, con il fine di chiedergli quali fossero le sue fonti per portarlo ad esprimersi pubblicamente in quel modo così fuorviante per le scelte del Parlamento italiano.
Migliaia di morti e feriti, l’Ucraina completamente distrutta, cinque regioni della stessa saldamente sotto il controllo delle truppe russe, esercito ucraino che deve coscrivere nuovi giovani militari, il Capo di Stato Maggiore ne chiede 500mila, e sta terminando sia le armi che le munizioni.
Questa la drammatica realtà.
Nessun leader politico occidentale parla più di tregua e, allo stesso tempo, chi non ha una propensione alla demagogia ed ha una reale competenza nella strategia militare ritiene oramai certa la vittoria russa.
Oltretutto, ben conscio che il detto “l’appetito vien mangiando” vale sempre, le forze militari russe sembrerebbero oramai pronte a prendere il controllo di tutta l’Ucraina e non solo delle regioni russofone che erano, due anni fa, il reale obiettivo di Putin.
Dazioni economiche a favore del governo ucraino, tredici pacchetti di sanzioni alla Federazione Russa hanno assai impoverito tutti gli Stati Europei e, questo vede chi ha avuto modo di viaggiare all’interno della Russia di oggi, non hanno annichilito ne il potere di Putin, ne il sistema socio economico russo.
Un esempio su tanti, l’Italia nel 2023 ha incrementato l’importazione di grano dalla Federazione Russa per più del 1.000%.
Questo è un fatto, un fatto che andrebbe ben tenuto in evidenza da chi, in democrazia si deve ritenere “pro tempore”, è chiamato a decidere per i popoli occidentali, europei in particolare, compresa la Premier Meloni oggi chiamata a presiedere il G7.
Il pensiero che le elezioni presidenziali statunitensi del prossimo novembre e quelle europee di giugno impediscano a chi governa di prendere atto che sia necessario cambiare strategia politica è assai forte in molti analisti politici.
Fosse vero questo, temo che nulla accadrà prima del gennaio 2025 e che la guerra in Ucraina continuerà a uccidere e distruggere lasciando al prossimo presidente statunitense, molto probabilmente Donald Trump, il compito di “sanare” questa “metastasi” causata da un pensiero politico ideologico e non pragmatico.
I mesi che ci separano da quel momento incrementeranno la distruzione non solo dell’Ucraina ma anche delle relazioni politiche fra Stati confinanti all’interno, in particolar modo, dell’area geografica europea.
Senza voler menzionare i danni ai sistemi socio economici degli Stati della UE27.
Impossibile non vedere una diretta correlazione fra le scelte politiche in ordine alla guerra in Ucraina degli Stati Europei ed il fatto, esempio simbolo, che la Germania è entrata in recessione.
Putin è un “autarca”? Certamente sì.
Una domanda, sommessa, però, mi sovviene nel pensare al concetto di “autarchia”.
Giorgia Meloni era già nel 2006 vicepresidente della Camera dei Deputati, Matteo Salvini europarlamentare dal 2004, Antonio Tajani europarlamentare dal 1994.
Tre esempi scelti perché al vertice della nostra amata Italia oggi, se vi diverte continuate voi, sia con altri esponenti di destra che di sinistra o del cosiddetto centro.
Una Italia ove i parlamentari sono “nominati” dai leaders dei rispettivi partiti.
Una Italia ove è impossibile a causa delle norme fatte ad arte partecipare alle elezioni con nuove formazioni politiche.
Una Italia ove i media portano alla ribalta, troppo spesso, esclusivamente una, come oggi si suol definire, “narrazione”, quella di chi attualmente comanda.
Non è “autarchia”, anche, questa?
“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” si legge nel Libro.
Ognuno, se amante della libera democrazia, se amante del pensiero logico che prevede che chi vince le elezioni rimanga conseguente al programma che ha proposto in campagna elettorale nella propria azione di governo, sarà libero, se lo vorrà, di riflettere su questa suggestione.
In fondo gli immensi filosofi ateniesi insegnarono, a chi li ha approfonditi sul serio, che per poter affrontare “l’altro”, prima, bisogna “conoscere se stessi”.
Le nazioni possono affrontarsi, confrontarsi, trovare equilibri, esclusivamente se rispettano se stesse.
Le proprie tradizioni, le proprie origini, la propria cultura.
Putin, esattamente seguendo questa traccia, parla di “area russa”, Zelensky riporta le sue scelte alla sua lettura delle “origini dell’Ucraina”, Trump parla di “America first”, difficile vedere un leader europeo di questi tempi fare altrettanto.
L’Europa, ancor più la nostra amata Italia, è ora che ricordi dove trova le sue radici, magari mettendo queste in mani salde che sappiano rispettarle ….. non solo a parole.
Ignoto Uno
26/02/2024
Epiteti dei “potenti” o presunti tali
Viene riportato dalla stampa che il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, durante un evento elettorale a San Francisco, avrebbe dichiarato che “Dobbiamo occuparci di un pazzo figlio di puttana come Putin e preoccuparci della guerra nucleare, ma la vera minaccia esistenziale per l'umanità è il cambiamento climatico".
Premesso che se il governatore della Regione Campania apostrofa con la parola “stronza” la Premier italiana i commenti sono al calor bianco e se il presidente degli Stati Uniti da del “figlio di puttana” al presidente russo non accade praticamente niente, questa volta, è da tempo che non succede, al netto dell’insulto assai gratuito alla signora Putin, fatto ancor più grave e politicamente sconveniente dell’epiteto contro la Premier italiana, Biden, suo malgrado, dice qualcosa di interessante.
Dice, infatti, che “la vera minaccia esistenziale per l'umanità è il cambiamento climatico” mentre si rischia la guerra nucleare, lasciando così intendere che i normali cittadini non hanno chiaro quali debbano essere le reali priorità del momento.
Di questo possiamo incolpare i media? Certamente sì. Questo accade quando gli interessi e la ideologia dominano sulla famosa “notizia”.
Biden dice, questo a me sembra, che il “cambiamento climatico” è un tema “secondario” di fronte al rischio imminente di catastrofe nucleare.
Dice che il mondo è sul limite di una guerra nucleare!
Il Presidente Biden afferma questo e, al posto di costruire un percorso di pace basato su un accordo di moratoria sulle armi nucleari, chiede al Congresso Statunitense ulteriori somme per armare l’Ucraina e stimola l’Unione Europea a fare altrettanto.
Difficile comprendere la sua logica.
Difficile soprattutto allorquando gli esperti militari non sono così convinti che la Russia stia perdendo la guerra.
Ne quella militare, ne quella socio economica.
I quotidiani italiani del 22 febbraio riportavano il paradosso delle enormi importazioni di grano che la nostra industria sta facendo dalla Russia, sopra il 1.000% in più degli anni precedenti.
Ci sarebbe da chiedersi come facciano i russi a “morire di fame” se possono incrementare le loro esportazioni di beni alimentari primari in questo misura.
Altro ilare tema è quello delle sanzioni.
Per comprendere quanto siano ridicole consiglio di passare un bel week end culturale a Mosca o a San Pietroburgo.
Troverete negozi pieni di merci occidentali.
Troverete gente che vive esattamente come prima della guerra in Ucraina e che si lamenta dell’inflazione esattamente come sono costretti a fare gli occidentali.
Troverete gente che ti chiede perché non si siedono tutti i potenti ad un tavolo per costruire una pace duratura esattamente come lo chiedo io e la maggioranza degli italiani.
Troverete gente che vorrebbe tornare a poter viaggiare a prezzi accessibili e senza dover fare il giro del mondo perché mancano le rotte, esattamente come facevano prima della guerra, esattamente come vorrebbero riprendere a poter fare gli occidentali tutti.
Statunitensi, europei e russi, quelli del cosiddetto ceto medio, si sono stancati di vivere male perché pochi potenti vogliono arricchirsi attraverso questa guerra.
Molti si chiedono se tutti quei soldi di cui si sente tanto parlare arrivano veramente in Ucraina o prendano altre direzioni, magari quelle dei paradisi fiscali e bancari.
Sarà, forse, per queste domande che quasi la metà degli italiani vorrebbe rivedere il Presidente Donald Trump alla Casa Bianca, quando c’era lui vivevamo tutti bene ed in pace.
Per fortuna, questo sembrerebbe proprio, sta tornando.
Sabato parlerà al CPAC in Virginia, qualcuno pensa che inizierà a dettare la linea, certamente lo ascolteranno molte delegazioni straniere, alcune capiranno che il mondo di oggi non prevede il tenere i piedi in tutte le staffe.
Ignoto Uno
23/02/2024
Primo giorno di un CPAC storico, anche per la UE
Il CPAC è il congresso del mondo conservatore statunitense ed è ritenuto riferimento per tutto il conservatorismo mondiale, oggi viene definito “sovranismo”.
Per questo vi partecipano delegazioni dei partiti sovranisti di ogni dove.
Oggi in Virginia, in Stati Uniti, prende inizio uno dei CPAC più importanti della storia repubblicana americana.
La causa si può trovare in tutto quanto è accaduto dalle elezioni presidenziali del 2020 ad oggi.
Periodo nel quale il tema dei brogli elettorali durante quelle elezioni non si è mai spento.
Tema sempre messo al centro dal Presidente Trump ed ostentatamente non affrontato dall’attuale inquilino della Casa Bianca e non solo.
Non solo in Stati Uniti.
Il 6 gennaio 2021, infatti, una enorme folla protestava davanti alla sede del Congresso, Capitol Hill, a Washington DC.
Una folla che riteneva che il risultato delle appena avvenute elezioni presidenziali fosse stato invertito attraverso brogli elettorali.
Un fatto storico da molti punti di vista che trovava origine da una inquietante sequenza di eventi.
Dalla, incredibile dichiarazione del candidato Biden alla chiusura dei seggi “oggi non sapremo chi avrà vinto le elezioni”, fatto mai avvenuto in Stati Uniti, a cui fece seguito un black out del sistema elettronico di calcolo per ben tre giorni, per terminare con una, per alcuni inquietante, ripresa del conteggio delle schede elettorali attraverso lo stesso sistema elettronico ed il rovesciamento dell’andamento dello scrutinio in molti Stati della federazione. Improvvisamente le schede erano tutte, il cento per cento, favorevoli a Biden.
Molti elettori statunitensi non credettero alla “casualità” e una parte di loro decise di protestare davanti a Capitol Hill.
Alcuni la invasero. Fatto storico perché mai era stata profanata la sacralità della sede del Congresso americano.
Storico perché, forse ancora di più, quella parte di corpo elettorale statunitense non credeva nella legalità delle elezioni presidenziali svolte nel precedente novembre.
Per la prima volta nella storia della democrazia americana, infatti, il popolo statunitense metteva in dubbio la legalità del voto in tutta la federazione, non in uno Stato come già accadde in Florida nel 2000.
Di tutto questo fu incolpato il Presidente Trump.
Purtroppo, da quel giorno ad oggi, nulla di serio è avvenuto per fare chiarezza su quella giornata e, fatto ancor più sconcertante, su quel voto.
Il “dubbio” nel popolo americano è nel frattempo accresciuto, in molti è divenuto “certezza”.
Questo proprio per la protervia del negare senza documentare la negazione. Doppia negazione, in politica come nella vita, cela sempre una “verità”.
Questo atteggiamento, diciamo così, alla “Marchese del Grillo” ha causato una unica certezza negli analisti e sondaggisti politici, quella che il Presidente Trump ha, tuttora, una gran parte dei cittadini statunitensi dalla sua parte ed è stabilmente avanti per distacco nel risultato elettorale del novembre 2024.
D’altronde l’uomo di Mar a Lago ha sin dal primo momento ritenuto di aver vinto con ampio margine anche quelle del 2020 tanto da aver lasciato al momento di abbandonare il famoso studio ovale uno scritto assai emblematico, quello che diceva a Biden “lo sai che hai perso”.
Certezza, condivisa con il suo popolo, che oggi esplicita dichiarando in ogni dove “vincerò per la terza volta”.
“Terza volta”, appunto, un modo neanche tanto subliminale per ricordare che l’elezione nel 2020 di Biden alla Casa Bianca non ha mai visto superati i dubbi dei primi giorni.
In ogni caso Biden e la sua parte le stanno provando tutte per impedire al leader indiscusso del Partito Repubblicano statunitense di correre alle elezioni del novembre 2024.
Forse sarebbe più corretto dire al leader del movimento sovranista nel mondo.
Un solo caso simile nella storia moderna del nostro occidente tutto, quella giudiziaria di Silvio Berlusconi.
C’è quasi da chiedersi se vi sia qualche “cattivo maestro” italiano a far da consulente a chi sta cercando di usare la magistratura come strumento politico anche in Stati Uniti.
In Stati Uniti, però, le radici democratiche e la fiducia nella necessità di scindere il ruolo politico da quello giudiziario sono molto più profonde.
Questo si comprende nel prendere atto dello scetticismo dei nove membri della Corte Suprema americana ad accogliere positivamente la sentenza della Corte del Colorado che dichiara ineleggibile il Presidente Trump proprio a causa delle vicende di Capitol Hill.
Due dei tre giudici nominati da Obama alla Alta Corte, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson, hanno dichiarato, infatti, che “permettere ad uno stato di decidere chi può candidarsi per una carica nazionale è un pericoloso precedente da evitare”.
La giudice Kagan, in particolare, ha ampliato la propria preoccupazione al fatto che “consentendo al Colorado di rimuovere Trump dal ballottaggio si creerebbe un precedente pericoloso nel conferire ai singoli Stati un potere straordinario che permetterebbe ad un singolo Stato di influenzare le elezioni nazionali”.
La giudice Kagan ha continuato dichiarando che “pur continuando a ritenere che il Presidente Trump sia responsabile di quell’assalto alla sede del Congresso americano, la Costituzione non autorizza un singolo Stato ad escludere un candidato per la presidenza federale degli Stati Uniti” ed ancora “sarà compito del Parlamento, nel caso lo ritenesse, di attivare una procedura di impeachment nei confronti del neo eletto, se dovesse vincere le future elezioni presidenziali, Presidente Trump per quanto avvenne il 6 gennaio 2021”.
Lezione alta di cultura democratica!
A causa di questa molti iniziano ad essere assai convinti che fermare la corsa vincente del leader repubblicano sia, oramai, impossibile.
“La protesta del 6 gennaio a Capitol Hill fu pacifica e patriottica” ha detto l’inquilino di Mar a Lago dopo l’udienza della Corte Suprema che molto probabilmente produrrà la sentenza entro il Super Tuesday del 5 marzo.
Anche questo è un messaggio chiaro e forte.
Quel martedì 15 stati voteranno per le primarie e il mondo, non solo gli statunitensi, saprà chi correrà a novembre per i repubblicani e, a guardare i sondaggi, questi vincerà le presidenziali.
La Corte Suprema visse un momento in cui fu chiamata a decidere chi avrebbe governato gli Stati Uniti nel 2000 allorquando annullò il riconteggio dei voti in Florida determinando la vittoria di Bush contro Gore.
L’opinione pubblica, in quell’occasione, ritenne la decisione della Corte Suprema una sentenza politica, per cui lontana da quella terzietà che la Costituzione americana garantisce ai membri della Corte attraverso la nomina a vita.
Anche nel 2022 una sentenza dell’alta corte fu ritenuta politica allorquando essa rovesciò la sentenza Roe contro Wade in ordine al diritto costituzionale ad abortire.
In questa occasione, da quel che si apprende dai media, sembrerebbe veramente che la Alta Corte voglia tenere al centro il dettato costituzionale a prescindere dalle opinioni che i singoli membri hanno sia sulla vicenda di Capitol Hill sia sulla figura del Presidente Trump.
Dovesse confermassi questo noi cittadini occidentali tutti non potremmo che esserne lieti, una sentenza basata esclusivamente sul diritto e non sulla ideologia politica sarebbe una lezione per molti, anche magistrati, nel mondo.
Allo stesso tempo tutto questo sta aprendo degli scenari particolarmente interessanti sul fronte democratico americano.
Mentre fino a pochi giorni fa nei salotti dei bene informati si sentiva sempre più spesso parlare di Michelle Obama come candidata democratica alle presidenziali del 2024, gli stessi salotti oggi iniziano con forza a ritenere la candidatura della consorte dell’ex presidente degli Stati Uniti come improbabile.
La motivazione è chiara, il presidente Trump è ritenuto un avversario “non affrontabile” perché amato e “voluto” da una gran parte del popolo americano e la famiglia Obama non ama rischiare di perdere.
Anche da questo cambio di orientamento si può facilmente comprendere che la possibilità che il mondo tutto, la nostra Italia forse più di altri, dovrà confrontarsi nuovamente con il Presidente Trump è sempre più vicina.
Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto lottare come una belva per difendersi da attacchi di ogni genere.
Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto accettare di subire molte umiliazioni che reputa totalmente dovute a quei brogli che lui è certo ci siano stati.
Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto vedere il suo popolo soffrire ed impoverirsi a causa di una leadership alla Casa Bianca che lui ritiene inetta.
Un uomo che in questi quattro anni ha dovuto vedere suoi amici e sostenitori subire processi, andare in carcere, essere ghettizzati, per il solo fatto di non averlo abbandonato e tradito dopo il 2020.
Un uomo che in questi quattro anni, proprio da tutta questa sofferenza, ha imparato molto e, lo si vede facilmente seguendolo, vuole tornare per mettere le cose a posto.
Tutte a posto, al loro posto.
Ovunque.
Ignoto Uno
21/02/2024
NATO O DIFESA EUROPEA... CHI PAGA?
I trentuno Stati aderenti alla NATO hanno, in termini aggregati, investito nelle forze armate il 1,8% del PIL nel 2022.
Questo viene presentato all’opinione pubblica come un sostanziale rispetto dell’accordo sancito nel 2014 in Galles.
Esso prevedeva che i singoli Stati membri investissero nella difesa il 2% del loro PIL.
I due numeri non parlano fra loro e, a dire il vero, si fa anche assai fatica a comprendere come sia stato calcolato quel 1,8%, ancor più escludendo dal calcolo gli Stati Uniti.
Stato che in spesa per la difesa investe 876.943.200.000, pari al 3,45% del PIL, numero che sposta in alto il calcolo complessivo degli investimenti ma che dimostra, ulteriormente, se inserito nel calcolo, come molti Stati membri facciano i “furbi” e scarichino sugli americani i loro costi per tutelare i loro confini.
Alcuni esempi di Stati UE27 per aiutarci a comprendere la sproporzione.
La Germania ha investito nel 2022, ultimo dato noto, in armamenti 55.759.747.827 pari al 1,39% del PIL, la Francia 53.638.748.769 pari al 1,94%, la Spagna 20.306.570.633 pari al 1,47%.
Dati assai facilmente riscontrabili con una banale ricerca sul web da fonti ufficiali.
L’Italia, sempre nel 2022, dichiara di aver speso in armamenti 33.489.705.251.
Una ulteriore suggestione per confutare la mia tesi che i membri della NATO, ancor più gli europei assai preoccupati dal confine russo, abbiano amato dal 2014 ad oggi scaricare una importante quota delle loro responsabilità di difesa sugli USA potrebbe essere questa.
Gli Stati Uniti spendono in difesa circa 2.617 dollari per abitante, la Germania, la nazione con più abitanti d’Europa, 670 euro, l’Italia 567 euro circa.
Numeri che parlano!
A fronte di questi dati leggiamo che il Premier polacco, Donald Tusk, in risposta alla provocazione del Presidente Trump sulla NATO, ha dichiarato che è necessaria “una nuova Nato accanto alla vecchia”.
Affermazione per nulla banale che può avere molte interpretazioni ed altrettante diverse soluzioni ma che, certamente, apre ad un percorso di superamento dell’attuale Nato.
Organizzazione molto agognata da tanti militari italiani soprattutto per gli interessanti stipendi esenti dalle tasse nazionali.
Il Segretario Generale della stessa NATO, Jens Stoltenberg, dopo le affermazioni di quel cattivone di Trump e le elucubrazioni di Tusk, si sta agitando assai.
L’ultima sua dichiarazione è che “diciotto dei trentuno Stati aderenti alla NATO nel 2024 raggiungeranno l’obiettivo di investire in spesa per armamenti il 2% del PIL”.
Fino al 2023 erano undici, dal 2014 dovevano essere trentuno a causa dell’accordo firmato fra i capi di Stato in Galles.
Tanto per raccontarla tutta nel 2014 l’obiettivo lo raggiunsero solo in tre, ed uno dei tre erano proprio gli Stati Uniti d’America che, già allora, erano quelli che chiedevano agli altri Stati membri di investire maggiormente in difesa.
Mi chiedo quanto sia facile vivere firmando accordi senza rispettarli?
Mi chiedo se chi pretende il rispetto degli accordi sia “pazzo” o sia uno “serio”?
Ognuno si dia la propria risposta e si domandi, almeno io me lo chiedo, come si possa essere sicuri nei nostri confini senza una forza armata che possa seriamente dissuadere da azioni offensive contro i nostri confini.
Allo stesso tempo mi chiedo con quali soldi l’Unione Europea intenda creare una seria forza armata comune dati gli, assai preoccupanti, dati che non ultimo pochi giorni fa il Commissario Europeo Gentiloni ha fornito sull’andamento economico dell’Unione Europea.
La UE27 ha una estesa pari a circa 4milioni di kmq su cui vivono 447 milioni di persone. L’estesa Statunitense è di circa 9 milioni su cui vivono, questo il dato ufficiale, 331 milioni di persone, c’è chi ritiene 335 milioni.
I numeri parlano sempre e, soprattutto, riducono assai lo spazio alle chiacchiere.
La NATO è strategica all’Unione Europea perché le permette di investire molto meno in spesa in armamenti.
Allorquando, però, si fa pagare ad altri il conto della nostra sicurezza ed allo stesso tempo si strizza l’occhio all’avversario di chi ti protegge, per esempio alla Cina, quando dovesse arrivare alla Casa Bianca quel “cattivone” del Presidente Trump è molto facile credere che presenterà il conto.
Non perché ha lanciato una “provocazione” in campagna elettorale, banalmente perché non sembra aver voglia di farsi prendere in giro.
Un conto assai salato.
Ignoto Uno
19/02/2024
Trump dixit
Il Presidente Trump, in un recente comizio in South Carolina, ha dichiarato che sarebbe pronto ad “incoraggiare la Russia ad attaccare i Paesi NATO che non pagano”.
Una evidente provocazione, forse un messaggio politico.
Si potrebbe, anche, pensare che questa dichiarazione possa essere una indiretta risposta ai messaggi che il Presidente Putin ha lanciato attraverso la recente intervista a Carlson.
Il Presidente Putin aveva, infatti, dichiarato di non avere nessuna intenzione di attaccare la Polonia ed i Paesi Baltici.
Il Presidente Trump parla di “Paesi che non pagano”.
Polonia e Paesi Baltici stanno rispettando l’accordo del Summit del Galles, conseguentemente sono fra quelli, diciamo così, “non attaccabili”.
Necessario, a questo punto, contestualizzare l’affermazione del Presidente Trump e verificare quali siano gli Stati membri della NATO definibili come “morosi”.
Essa trova origine nell’accordo, lo ho appena menzionato, firmato dagli Stati membri della NATO durante il Summit svoltosi in Galles nel 2014.
Accordo che sanciva che ogni Stato membro assumeva l’impegno di investire in armamenti il 2% del proprio PIL, accordo confermato nel 2016 a Varsavia con il Defence Investment Pledge.
Dopo le “firme” i fatti di molti Stati aderenti non sono mai stati conseguenti. Questo emerge da un documento della Camera dei deputati italiana del ottobre 2023.
In esso si dichiara che le stime della NATO affermano che solo undici delle trentuno nazioni che compongono la coalizione ha rispettato l’accordo.
Fra questi undici l’Italia non c’è.
Gli Stati Uniti investono il 3,49% medio annuo del proprio PIL, mentre sono in linea con l’obiettivo del 2% la Polonia (3,9%), la Grecia (3,01%), l’Estonia (2,73%), la Lituania (2,54%), la Finlandia (2,45%), la Romania (2,44%), l’Ungheria (2,43%), la Lettonia (2,27%), il Regno Unito (2,07%) e la Slovacchia (2,03%). La Francia e la Finlandia sfiorano l’obiettivo con il 1,9%.
L’Italia, nel 2023, si attestava al 1,46% del PIl, nel 2022 era 1,51%, nel 2020 andava leggermente meglio con un 1,59%.
Il Documento programmatico pluriennale della Difesa italiano per il triennio 2023-2025 dichiara che l’obiettivo verrà raggiunto nel 2028.
Come negare il diritto al Presidente Trump di vivere con un certo scetticismo questa affermazione?
Il tema che il Presidente Trump pone sul tavolo è quello del rispetto degli accordi nell’alleanza atlantica.
Probabilmente tutti gli accordi, non solo quelli di natura economica.
Accordi che molti Stati membri, fra cui l’Italia, dal 2014 ad oggi, non hanno mai rispettato.
A sentire i media italici, però, il “cattivone” è Trump, non gli Stati membri che non onorano quanto firmano.
Per quanto concerne l’Italia, inoltre, non è difficile notare quanti siano i dossiers complessi che la vedono contrapposta alla visione delle cose con Mar a Lago.
Dalla Via della Seta al Russiagate, per esempio. Senza dimenticare che il Presidente Trump non perde occasione per dichiarare che lui si accinge a vincere le elezioni presidenziali statunitensi per la “terza volta”, frase che potrebbe essere di interesse anche italico.
Le elezioni presidenziali in America si avvicinano, credo sia assai probabile che ne vedremo veramente delle belle nei prossimi mesi, certamente un momento interessante sarà il prossimo CPAC del partito repubblicano che si svolgerà in Virginia.
Gli analisti, ed i bene informati, vedono come sempre più probabile la vittoria di Trump a novembre, anche per questo gli stessi ritengono altrettanto probabile un “cambio di cavallo” in corsa sul lato democratico, il nome che gira nei salotti è quello dì Michelle Obama.
Certamente con Trump nuovamente alla Casa Bianca tanti dossiers “dimenticati” dall’amministrazione Biden torneranno prepotentemente sul tavolo.
Dossiers che, focalizzando l’attenzione sul nostro occidente, riguardano l’Unione Europea, molti singoli Stati che la compongono, la NATO.
In fondo la dichiarazione in South Carolina non sembra altro che l’inizio di un percorso di messaggi finalizzati, anche, a poter poi dire “vi avevo avvisato”.
Da cultore della materia Trumpiana rimango in attesa del prossimo “pizzino” certo che i media nostrani lo utilizzeranno per definire il Marines di Mar a Lago come un “fuori di senno”, altrettanto certo che molti elettori statunitensi, parrebbe la grande maggioranza, saranno lieti nel sentirlo.
Una domanda per concludere, ma se gli Stati aderenti alla NATO non rispettano la parola data nella NATO a cosa serve la NATO o, almeno, questa NATO?
In fondo l’accordo di Yalta sta per scadere e dovrà essere sostituito da qualcosa d’altro e, sempre in fondo, in occidente, che piaccia o no, oggi, gli Stati che contano sono due: la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America.
Gli altri, infatti, pensano di contare, tutti troppo sicuri di se stessi ed assai rivolti con la testa nel passato, Inghilterra e Germania in primis.
Ignoto Uno
13/02/2024
Produzione industriale -2,5% nel 2023, l’Italia non stava “volando”?
Non so se chi mi onora nel leggermi ricorda i toni trionfalistici sull’Italia “locomotiva d’Europa” degli opinionisti nel 2023.
Mi chiedo se sono io a ricordare male quanto ero costretto ad ascoltare o leggere sui vari media italiani o se la mia memoria non è fallace ed erano i molti opinionisti ad aver parlato a vanvera.
In questo secondo caso, più che “opinionisti”, detti giornalisti, cattedratici o “tuttologi” non possono che rappresentare null’altro che degli esseri umani chiamati a dibattere di argomenti su cui non hanno competenza.
Impossibile, infatti, poter ritenere che gli stessi fossero dei prezzolati o dei pavidi.
Certamente chi, fra i tuttologi televisivi e della carta stampata, ha ritenuto di poter narrare i “trionfi” italici durante il 2023 non potrà che essere ritenuto, quantomeno, incompetente o “asservito” al “coro del potere”.
In ogni caso, oggi, i numeri parlano e definiscono che la nostra amata Patria non naviga in acque tranquille.
L’Italia, dal mio punto di vista, sta vivendo una profondissima crisi culturale che impatta sulla “morale”, fatto che sta causando deficit devastanti in molti ambiti del sistema socio politico economico della nazione.
Due fra i tanti la sanità e la giustizia.
Solo guardando la realtà senza atteggiamenti propagandistici potremo far ripartire l’Italia, questo è oramai inconfutabile.
Fra i tanti elementi del sistema paese in crisi vi è il sistema industriale.
Indispensabile tenere bene a mente che il settore industriale italiano, nel 2022, ha registrato un PIL pari a 391,1 miliardi di euro, già in diminuzione rispetto ai 392,5 miliardi, in termini reali, del 2021, e che la percentuale sul PIL totale si attestava al 20,5%, un quinto del PIL totale.
L’Italia, e l’Europa, deve tornare a politiche industriali che semplifichino e deburocratizzino le attività di chi intende intraprendere e, conseguentemente, dare lavoro vero.
Politiche lontane dalla logica perversa dei sussidi.
La produzione industriale, in Italia, nel 2023 è calata del 2,5% rispetto al 2022, ancora in discesa, peggio anche della Germania che notoriamente non sta più interpretando il ruolo di locomotiva d’europa.
Il 2021, era facile prevederlo, è stato un anno di forte rimbalzo, il 2022 è stato segnato da stabilità, il 2023 non può che essere definito, per quel che concerne la produzione industriale, come un anno da dimenticare velocemente.
Le cause si possono trovare sia nella domanda interna, sia nella domanda internazionale, l’export.
Un elemento dovrebbe far molto riflettere. Negli anni passati l’industria doveva fare i conti con la carenza dei materiali, fino a meno 4,3%, nel 2023, purtroppo, la causa della crisi è assai diversa, è la mancanza di domanda.
Il 22% delle imprese italiane, il livello massimo da fine 2020, si dichiara preoccupata, infatti, proprio della crisi della funzione dei consumi interna e degli ordini dall’estero.
Ulteriore elemento utile a confutare la crisi è che le analisi di settore denotano che l’utilizzo degli impianti, oggi, si attesta al 75,5%, il minimo da tre anni.
Crisi, quella della industria italiana, che trova origine anche dalla diminuzione degli ordini provenienti dai Paesi europei, Germania in testa.
L’industria nella Federazione tedesca è diminuita del 1,5% e, addirittura, del 3,7% a dicembre nel manifatturiero.
L’industria chimica tedesca è, esempio particolarmente eclatante, ai minimi dal 1995.
Se, da un lato, non possiamo fare altro che prendere atto di questo scenario a tinte fosche della produzione industriale europea ed italiana, dall’altro dobbiamo notare come In dicembre, ci informa Banca d'Italia, il calo dei prestiti delle banche italiane alle società non finanziarie ha visto un ulteriore rallentamento rispetto al mese precedente, pari al 3,7%.
Bankitalia, inoltre, rende noto che, su base annua, il calo dei depositi è pari a 3,1%.
Tutti dati che dovrebbero portare le istituzioni politiche e finanziarie europee ed italiane ad agire senza indugio, fatto che non riusciamo a vedere.
Vediamo, al contrario, la difesa oltre ogni misura di una linea politica che è la principale causa di questa crisi.
Le elezioni europee si stanno avvicinando, purtroppo appaiono sempre più come un campo di battaglia fra i partiti, sia di maggioranza che di opposizione, con il fine di “pesare il potere” di ognuno di loro, potere calcolato in percentuale di rappresentanza.
Di programmi politici, magari condivisi all’interno dei singoli gruppi parlamentari rappresentativi del Parlamento Europeo, neanche l’ombra.
Forse perché reali differenze non ci sono.
Ed allora molto meglio far finta di litigare su Sanremo, sul caso Salis o su altre cose, importanti o meno che siano, che non declinano elementi strategici che permettano a noi cittadini di comprendere quale futuro avranno i nostri figli.
E, mediando proprio il Sanremo che fu, la “barca va”… a fondo.
Ignoto Uno
13/02/2024
Tucker Carlson intervista Putin, Trump ha un avversario con cui costruire la pace
Il 9 novembre 1905 il Presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt visitò Panama per porre una “ prima pietra” nel costruendo famoso canale, era la prima volta che un presidente americano in carica usciva dai confini della sua nazione.
Quel giorno prendeva forma la “commercial diplomacy”, quella che ebbe un momento altissimo con il famoso Piano Marshall in europa.
In data 9 febbraio 2024, anche questa è una prima volta, l’intervista rilasciata dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin al giornalista statunitense Tucker Carlson è andata in onda.
Una intervista che farà storia per i contenuti, per i messaggi.
Molti di questi assai ostici per la grande messe di sostenitori della guerra alla Russia, ovviamente in terra di Ucraina, ad ogni costo.
Quella che potremmo chiamare “Journalist Diplomacy” non nasce con questa intervista, come dimenticare il ruolo di quel immenso giornalista che fu Igor Man nei rapporti fra l’Italia e la Libia di Gheddafi o il ruolo di quella altrettanta immensa donna e giornalista che fu Oriana Fallaci nelle relazioni italiane con il leader libanese Walid Jumblad?
Certamente, però, l’intervista di Carlson al leader russo ha permesso ai cittadini occidentali di farsi una opinione non mediata su quanto stia avvenendo sullo scenario ucraino e, più in generale, europeo.
Immediatamente gran parte della “libera stampa” italiana ha ritenuto di svilire l’intervista sottolineando come il loro collega statunitense sia un “filo trumpiano”.
Sono gli stessi giornalisti che se additati come “di destra” o “di sinistra” replicano piccati “io sono un giornalista, faccio domande, non ho nessuna tessera di partito”.
In realtà, nella nostra Italia, sentiamo dagli stessi molto più delle opinioni che delle domande, al contrario da Carlson abbiamo potuto sentire solo domande.
Domande che hanno permesso a noi occidentali di sentire il punto di vista del cosiddetto “nemico”.
“Propaganda”, così sono state immediatamente tacciate le parole del leader russo, mentre quelle degli altri sono “parole pure”.
In guerra non ci sono “verità”, ci sono esclusivamente “punti di vista”.
Cosa ha risposto il Presidente Putin in questa che, piaccia o no, è una storica intervista?
Il primo, ed assai sgradevole per il nostro benessere, messaggio lanciato da Putin è che già diciotto mesi fa era stata raggiunta la pace fra la Federazione Russa e l’Ucraina davanti al leader turco Erdogan ma un intervento a gamba tesa dell’allora Premier britannico Boris Johnson su Zelensky ha fermato tutto.
I leaders occidentali, primo fra tutti il Presidente statunitense Biden, riteneva di poter distruggere la Federazione Russa attraverso la guerra in Ucraina.
I risultati, oramai di pubblico dominio mediatico, ci dicono che l’idea occidentale era assai mal ponderata.
Indimenticabili le dichiarazioni dell’allora Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi che declinava la disfatta russa.
Oggi, fu dichiarato moribondo per un tumore e già sostituito dal potere russo pronto a firmare la pace per limitare la invincibile armata Ucraina appoggiata dalle potenze occidentali, il Presidente russo è lì e sembra in buona salute sia personale che politica, oggettivamente migliore di quella della stragrande maggioranza dei leaders occidentali, Biden in testa.
Putin ha rassicurato che non invaderà Polonia e Paesi Baltici ed ha dichiarato che gli attentati ai due oleodotti Nord Stream sono stati compiuti dalla CIA.
Propaganda, forse, quest’ultima, certamente non era interesse russo distruggerli.
Carlson, ex anchorman di Fox News licenziato su richiesta di Dominion System come elemento della transazione economica con l’editore per le posizioni del giornalista statunitense sui brogli che il giornalista ha sempre ritenuto fossero avvenuti nelle elezioni presidenziali in Stati Uniti del 2020, ha dichiarato di aver condotto l'intervista perché i "media in lingua inglese sono corrotti e mentono ai loro lettori e spettatori".
Opinione personale, ovviamente, ma altrettanto dignitosa di attenzione rispetto a quella che ritiene il giornalista statunitense “non credibile perché filo trumpiano”.
Più interessante, anzi assai interessante, il messaggio nella bottiglia con cui il Presidente Putin chiude l’intervista, apparentemente riguarda la liberazione del giornalista americano recluso in Russia perché ritenuto una spia, in realtà è facile una lettura a più ampio spettro, “noi siamo pronti, ma l’occidente che cosa ci da in cambio?”.
“Dare in cambio” significa “sedersi e trattare”.
In fondo la pace in occidente vi è stata per settanta anni grazie a Yalta ove quattro leaders occidentali firmarono un accordo.
In quel caso gli europei erano tre, il francese De Gaule ed il britannico Churchil, geograficamente e non geopoliticamente il Sovietico Stalin.
La prossima “Yalta”, è ovvio che si dovrà arrivare a firmare un nuovo accordo per la pace in occidente dopo la guerra in Ucraina, mi sembra sempre più palese, sarà firmato a due.
Uno sarà certamente Putin, l’altro, a sentire questa intervista di Carlson, sarà il prossimo Presidente statunitense, quello che verrà eletto attraverso le elezioni del novembre 2024.
A vedere anche i Caucus repubblicani in Nevada ed i sondaggi quel presidente sarà Trump, magistratura americana permettendo.
Da oggi a quel giorno potrebbe esserci qualcuno che potrebbe far di tutto per far scoppiare un conflitto mondiale.
Un missile russo pochi giorni fa ha tenuto una strana traiettoria.
Questo, partito dalla Federazione Russa, è andato dritto verso il confine polacco per poi “sterzare” e tornare indietro.
Il missile era “programmato” in tal senso, lo dicono gli esperti di armi strategiche, il messaggio politico era chiaro.
Messaggio politico che Putin ha declinato ulteriormente nell’intervista a Carlson.
Nell’osservare tutto questo sembrerebbe che la pace la stiano cercando i due “cattivoni”, Trump e Putin, mentre tutti I “buoni”, secondo molti media ed opinionisti, Biden e leaders europei in testa, pensino che la soluzione sia la distruzione della Russia Putiniana.
Peccato che i fatti ci dicono che non stia accadendo e, al contrario, sempre i fatti, ci dicono che la qualità della vita del 91% degli italiani, a causa di questa drammatica guerra che parrebbe sia continuata per volontà del britannico Johnson, vivono assai peggio.
Ignoto Uno
09/02/2024
Dalla parte degli agricoltori, lontani dalla violenza
I media ci informano che entro venerdì confluiranno a Roma più di 1.500 trattori da varie parti d’Italia.
Una protesta, quella del mondo delle piccole e medie imprese agricole, che sta crescendo da settimane in tutta Europa.
Le cause sono chiare. Gli imprenditori agricoli non possono più accettare le incongruenze delle politiche europee e dei singoli Stati sui temi di loro interesse.
Da dette, dal mio punto di vista ideologiche e demenziali, politiche dipendono le loro attività ed il futuro delle famiglie che vivono dei profitti del sudore delle persone che vi lavorano all’interno.
Gente questa che “timbra il cartellino” mungendo le vacche alle quattro del mattino dentro una stalla, tanto per fare un esempio fra i tanti.
Gente che suda e produce.
Gente dai valori antichi.
Questa gente deve confrontarsi con leggi che impediscono loro di usare i fitofarmaci o obbliga di mettere a riposo il quattro per cento dei loro campi, leggi che vengono dichiarate come strumentali alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Fatto in alcuni casi vero, ma che si ferma ai confini, dalle nazioni da cui l’Italia importa a prezzi risibili gli stessi prodotti agricoli che produce la “nostra gente” arrivano, infatti, prodotti assolutamente inquinati da fitofarmaci e quanto altro.
Questa è solo una delle innumerevoli incongruenze delle politiche europee e italiane sul comparto.
Politiche che, con una povertà in continua crescita, iniziano veramente ad annoiare oltre ogni misura.
Gli italiani, questo dicono gli imprenditori agricoli, vogliono lavorare e non vivere di sussidi.
Gli italiani non vogliono essere “schiavi” del potere politico e delle multinazionali.
Gli italiani vogliono essere liberi di pensare e scegliere perché in possesso della libertà economica di farlo.
Questo si comprende da questa protesta, certamente ci sarà dell’altro, altro che dalla lettura dei media non si riesce a comprendere, ma questo ci piace.
Ci piace molto, questo ci ricorda la cultura del merito, la cultura del rispetto delle tradizioni, la cultura del lavoro.
Questo ci dice che nelle tradizioni vi è cultura.
Questo è il sempre urlato “Made in Italy”.
Loro, gli imprenditori agricoli, ci dicono con il loro manifestare che le chiacchiere dei politici demagoghi allorquando all’opposizione, proni ai poteri forti allorquando al governo, hanno stufato, annoiato appunto.
Il loro chiacchiericcio non convince più.
Chi governa faccia quello che ha dichiarato nel programma elettorale e non si nasconda dietro i cinque anni di mandato, più di uno è passato e poco si è visto.
Gli imprenditori agricoli sono i primi ad “alzare un dito”, non saranno gli ultimi.
Coloro che vivono di duro, non sedentario, lavoro sono sempre più stremati, lo dicono le analisi degli economisti.
Difficile non prendere atto che una recente indagine proposta dai principali media italiani dichiarava che il 91% degli stessi ha paura per il futuro.
Tutti, salvo pochissimi, hanno paura per il proprio futuro e, ancora di più, per quello dei propri figli.
Molti dei quali stanno fuggendo dal nostro Paese.
Questa è la fotografia della nazione ed i “trattori” ne sono il primo sintomo.
Agli imprenditori agricoli coloro che credono nel merito e nel diritto a ricercare una vita migliore attraverso il lavoro devono dare solidarietà.
Gli stessi hanno il dovere, il dovere di chiunque crede nei valori democratici, di ricordare loro di stare assai attenti ai famosi “cattivi maestri”.
Quei “cattivi maestri”, la nostra Patria ne ha visti molti, che potrebbero insinuarsi e cercare di usare la forte delusione di molti italiani verso le istituzioni, in particolar modo quelle elettive, per far esplodere la violenza.
Violenza che, da sempre, è il miglior strumento per far sì che tutto cambi perché nulla cambi.
La storia ci insegna che i veri cambiamenti li ha causati la pacatezza di Gandhi e non la violenza.
Proprio mentre sto scrivendo questo mio contributo al ragionamento le agenzie scrivono che la Presidente della Commisione Europa, Ursula Von der Leyen, ha compiuto un primo passo verso gli agricoltori proponendo il ritiro della legge sui pesticidi ed un incremento ai sussidi.
Immediatamente tutto il governo, Meloni in testa, si è immediatamente intestato la vittoria.
Io, a dire il vero, credo che questa primo e non esaustivo cambio di passo della Commissione Europea sia merito dei tanti agricoltori italiani ed europei che stanno facendo sentire la loro voce.
Voce forte, voce che tutela il loro lavoro e la nostra salute, soprattutto se riuscirà a costringere questa sempre osannata Europa ad inserire dei vincoli sulla qualità dei prodotti agricoli extra Unione importati.
Ignoto Uno
07/02/2024
I tumori aumentano. È tempo di un “J’accuse”
Il 4 febbraio è stata la giornata mondiale del cancro, interessante momento di riflessione sulla sanità e sulla correlata tutela della salute in Italia.
Pur se la scienza rende i tumori sempre più curabili, a patto che siano diagnosticati nei primi “stadi” di sviluppo degli stessi e che le cure siano immediate, dobbiamo prendere atto che i casi in Italia sono in aumento.
Questo quanto emerge dal rapporto  “I numeri del cancro 2023” redatto in collaborazione da AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), Fondazione AIOM e PASSI (Progressi nelle aziende sanitarie per la salute in Italia).
In esso dobbiamo apprendere con vivo rammarico che i tumori nel 2023 sono aumentati di oltre 18.000 casi rispetto al 2020.
Erano, infatti, 376.600 le nuove diagnosi (194.700 negli uomini e 181.900 nelle donne) nel 2020, sono 395.000 (208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne) nel 2023.
Dati che devono allarmare, far riflettere, causare reazioni politiche immediate e non demagogiche.
Al di là del tema della campagna vaccinale Covid, sulla quale tanti dubbi stanno crescendo nella popolazione, dubbi che dovrebbero portare il Governo, il Parlamento e il mondo dei media ad agire con azioni di analisi e verifica assai più concreti e seri di quanto stia avvenendo attraverso una Commissione Parlamentare che non sembra essere stata costituita per dare risposte certe alle preoccupazioni dei cittadini, le cause, queste drammaticamente certe, non definibili come “complottiste”, vengono identificate soprattutto nella mancanza di strutturali campagne di prevenzione a largo spettro, nella sempre più scadente qualità del cibo che i cittadini italiani possono permettersi, nei drammatici ritardi nelle azioni di cura dal momento della diagnosi, negli altrettanto drammatici tempi di attesa del malato dal momento del “dubbio” al momento di poter avere accesso a TAC o quant’altro necessario per l’accertamento della malattia.
Di fronte a questo sfacelo, nel Paese che presiede il G7 in questo momento, noi cittadini dobbiamo sentire commenti giornalistici che incolpano il “cambiamento climatico” come primaria causa dell’incremento dei casi tumorali.
È successo personalmente a chi scrive di sentirlo in un articolo di SkyTg24.
Viene da chiedersi quale dignità professionale abbia chi riesce a strumentalizzare anche una tragedia, per i malati e le famiglie, quale è vivere una situazione oncologica.
Il rapporto, che non parla di “cambiamento climatico” fra le cause ma cita l’inquinamento reale, non da CO2, inoltre, lancia un ulteriore allarme.
Esso dichiara che i dati peggioreranno nei prossimi anni a causa del fatto che la popolazione italiana sta invecchiando, ampliando le fasce d’età in cui le diagnosi di tumori sono più frequenti
Lo stesso rapporto, però, alza il dito sul fatto che gli “screening” sono stati sospesi a causa della pandemia da Covid-19.
Chi scrive, da malato oncologico quale sono da molti anni, avendo conseguentemente vissuto sulla mia persona le scellerate scelte governative di quei mesi, scelte che crearono malati di “serie A” e malati di “serie B”,  non può che portare la propria esperienza, anche di ansia, nel non poter avere avuto accesso alle cure che lo Stato italiano aveva il dovere di fornire a tutti i malati anche in quel periodo.
Mancanza di cure che sta condannando a morte molti malati oncologici che non ebbero accesso alle proprie, dovute, cure.
Sull’argomento chiedo un favore, che i media smettano certa comunicazione dell’emergenza su quel periodo, le poche ma sufficienti informazioni oggi reperibili rendono chiaro come le scelte politiche del tempo furono strumentali ad un disegno, un disegno scellerato e strumentale ad, oramai sempre più chiari, obiettivi.
Obiettivi di potere e finanziari, non di tutela della salute dei cittadini, questo emerge anche dal titolo in prima pagina a nove colonne del quotidiano La Verità, sempre del 4 febbraio, che recita “Il PD decise il lockdown spinto dalle grandi imprese”.
Il rapporto fornisce una analisi che deve far riflettere tutti, in primis coloro che, sempre pro tempore nelle democrazie, sono chiamati a prendere decisioni per il bene dei cittadini, attraverso esso, infatti, si dimostra che con cure appropriate e sempre più qualificate il periodo 2007-2019 ha potuto riscontrare in Italia una riduzione di 270.000 decessi dovuti a tumori rispetto al periodo 2003-2007.
Persone rimaste in vita, e con una accettabile se non ottima qualità della vita, a causa del fatto che sono state curate nei giusti tempi!
Dopo il 2019 è avvenuta una inversione di tendenza, inversione certamente dovuta a errate scelte governative nel periodo 2020 - 2023, affermazione che rischia di divenire eufemistica se i riscontri già qualificati in altri Stati occidentali sulle politiche durante il picco pandemico Covid dovessero essere riscontrate anche dal Parlamento italiano.
Anche per questo, non solo per questo, sarebbe gradevole vedere un forte cambio di passo della Commissione Parlamentare di indagine sul periodo Covid.
La citata analisi indica le scelte che sarebbe utile che l’Esecutivo, e i governi regionali, dovrebbero senza indugio attuare per ridurre drasticamente i decessi da tumore.
In primo luogo gli “screening” finalizzati a diagnosi sempre più precoci.
Scelta politica che apparentemente incrementerebbe i costi della già devastata, non solo economicamente, sanità pubblica italiana, ma che, in realtà, migliorerebbe in modo assai significativo il conto economico pubblico relativo alle voci di costo inerenti direttamente ed indirettamente ai tumori.
Nel rapporto si evidenzia come, un esempio assai significativo, occorre con urgenza alzare il livello di attenzione sui tumori legati al fumo di sigaretta nelle donne e sul cancro al pancreas.
Tumore questo su cui non si sono registrati miglioramenti nello sviluppo né di metodi di screening per la diagnosi precoce né di terapie.
Cancro al pancreas e, più in generale, i tumori addominali che si potrebbero, lo dice il rapporto, ridurre del 40% attraverso la riduzione drastica di fattori di rischio quali il fumo e, ancor di più, l’alcol e il miglioramento della qualità del cibo sulle nostre tavole.
Elemento quest’ultimo che porta a ragionare sulla follia delle politiche europee nel settore agricolo oggi evidenziate dalle proteste degli agricoltori in tutta Europa e nella nostra Italia.
Italia che ha, addirittura, un ministero denominato “Ministero delle imprese e del made in Italy”, elemento di facile demagogia il Made in Italy che, sarebbe assai auspicabile, vedere attuato con politiche che impediscano l’importazione di prodotti agricoli da nazioni, la Cina per esempio, ove la tutela della qualità delle produzioni agricole è nulla ed ove i prodotti chimici vietati in Italia nella produzione agricola sono intensivamente utilizzati, prodotti chimici qui vietati perché dannosi alla nostra salute.
Il rapporto, un rapporto assai interessante, sarà per questo che i media non lo divulgano con la dovuta intensità, ragiona anche sul legame diretto fra obesità e vita sedentaria ed incremento dei tumori.
Obesità assai spesso legata, di nuovo, ad una alimentazione povera.
Alimentazione povera dovuta, oggi, sempre più spesso al crollo verticale del potere di acquisto degli italiani.
Un recente articolo di RAI News ha evidenziato come il 91% dei consumatori italiani è preoccupato per la propria condizione economica e l'81% è preoccupato in maniera più ampia per l'economia del Paese.
Il 73% dei consumatori lamenta un incremento dei prezzi di beni alimentari ben oltre il dato ISTAT sull’inflazione, elemento che ha costretto un enorme numero di famiglie in Italia a ridurre la qualità dei cibi portati sulle proprie tavole con, lo dichiarano gli studi sul cancro, un diretto e correlato incremento di casi di tumori addominali.
A fronte di questa analisi dobbiamo, noi cittadini, sentire giornalisti correlare il preoccupante incremento della numerosità di tumori con il “cambiamento climatico”, fatto che, soprattutto dopo aver approfondito l’argomento, ci annoia un bel po’.
Anzi ci crea “rabbia”.
Cari giornalisti, i tumori non colpiscono noi essere umani perché fa “più caldo” o “più freddo”, bensì ci uccidono a causa di scelte scellerate del vari governi che si sono susseguiti nel tempo in Italia, sia a livello centrale che regionale.
Politiche che hanno ridotto la prevenzione attraverso screening obbligatori ed a tappeto che non vengono programmati.
Politiche folli sul controllo della qualità della produzione agricola interna alla nostra Europa ed Italia, ma che permettono l’ingresso dei prodotti OGM, sui cui danni alla salute poco si riesce a comprendere, e dei prodotti stratrattati con fitofarmaci dalle multinazionali del settore in nazioni ove questi prodotti chimici non sono vietati.
Trattamenti che incrementano in modo assai significativo la resa del campo agricolo con ovvi vantaggi sui prezzi di detti prodotti agricoli rispetto a quelli dei nostri agricoltori, ma con diretti maggiori rischi per la salute di chi li consuma.
Nella giornata mondiale del cancro avremmo gradito poter leggere di queste incongruenze.
Avremmo gradito vedere la sempre presente Europa nel campo della difesa della vita allorquando, celata dietro questo che appare sempre più come uno “slogan”, si tratta di imporre scelte onerose ai cittadini quali le, oggi non competitive sul piano dei costi per gli utilizzatori, automobili elettriche o altre “ilarità” simili, prendere la parola sui temi concreti legati alla prevenzione dei tumori, i temi presenti in questo mio intervento.
Al contrario, noi cittadini con la consuetudine alla ricerca ed alla comprensione diretta dei fenomeni e non massificata dai media, ci dobbiamo “annoiare” con ragionamenti demenziali quali quelli che legano l’incremento dei tumori dal 2019 al 2023 in Italia alla CO2 ed al “cambiamento climatico”.
Per essere chiari, il periodo temporale che ha visto investimenti pubblici stratosferici, il mitico “cappotto termico delle abitazioni” per esempio, investimenti che hanno devastato il conto economico dello Stato italiano, per ridurre i danni da CO2, è lo stesso periodo temporale che ha visto in Italia incrementare, non ridurre, di 18mila casi i nuovi tumori rispetto al periodo 2007 - 2019.
È tempo di dichiarare un “J’accuse” forte e chiaro di queste manipolazioni finalizzate a portare in povertà il ceto medio italiano ed europeo.
La salute e la qualità della vita dei cittadini, della piccola borghesia, è un dovere dei governanti tutelarla, anche a discapito degli interessi delle multinazionali globaliste.
Ignoto Uno
05/02/2024
E se fossimo nelle mani del “pensiero stolto”?
Neuralink, società di Elon Musk, il 30 gennaio 2024, ha annunciato di aver impiantato nel cervello di un essere umano un micro chip in grado di rilevare i picchi neuronali.
Lo stesso Musk ha dichiarato di avere come obiettivo quello di “rivoluzionare il cervello tramite chip in grado di aiutare chi ha problemi neurologici e lesioni traumatiche leggendo le onde celebrari”.
La Food and Drug Administration aveva autorizzato questa seconda fase della ricerca nel maggio scorso.
“Rivoluzionare il cervello umano” questo il tema, forse il problema.
Musk non ha dichiarato di voler aiutare il malato attraverso un supporto al cervello umano, ha dichiarato di volerlo “rivoluzionare”.
Chi ha la consuetudine con l’approfondimento sa bene che nel “particolare c’è il tutto”.
La scienza ha come scopo la ricerca della conoscenza con il fine unico di migliorare la vita agli esseri umani.
C’è da chiedersi, almeno io mi chiedo, se “rivoluzionare il cervello” sia lecito da un punto di vista etico.
C’è da chiedersi, almeno io mi chiedo, se “rivoluzionare il cervello”, organo assai complesso ancora poco conosciuto dalla scienza, sia un atto nella disponibilità etica degli scienziati.
C’è da chiedersi, almeno io mi chiedo, se “rivoluzionare il cervello” rappresenti un “miglioramento” che renderà gli esseri umani più “liberi” e con un “libero arbitrio”immutato o li renderà “succubi”, schiavi, di una macchina, un computer.
C’è da chiedersi, almeno io mi chiedo, infine, se, e fino a quando, detta macchina, detto computer, sarà controllato da un “qualcuno” che, per egoismo ed arroganza, ritiene di avere il diritto di “rivoluzionare il cervello” ai tanti che compongono l’umanità, o se, per stoltezza di questi arroganti, alla fine del processo, anche questi ultimi diverranno “strumento” di una macchina, di un “computer umanoide”.
Impianti “BMI”, interfaccia cervello macchina,in realtà, su esseri umani sono stati impiantati già prima di questo caso di Neurolink.
Ne aveva già impiantato uno, per esempio, l’olandese Onward con il fine di stimolare il midollo spinale e consentire a un paziente tetraplegico di riacquisire la mobilità.
Nel 2019, i ricercatori dell'istituto Clinatec di Grenoble avevano presentato un BMI in grado di dialogare con un esoscheletro permettendo, in questo modo, ad un essere umano di spostarsi.
Neuralink, però, si comprende dalle sue dichiarazioni, vuole andare oltre.
Al netto della benemerita idea di voler restituire la vista ai ciechi, Musk dichiara di voler curare malattie psichiatriche come la depressione.
In questo modo la macchina interagirebbe con la psiche dell’uomo.
Il miliardario Sudafricano va ancora oltre, a mio avviso va troppo oltre, parla, infatti, di voler rendere il suo impianto “disponibile a tutti con il fine di permettere una miglior comunicazione fra essere umano e computer”.
Interazione fra essere umano e macchina, nell’era dell’intelligenza artificiale, e intromissione nella psiche!
Questo “miglioramento” sarà, indispensabile chiederselo, a favore della “macchina” o dell’essere umano?
Chi o cosa dominerà chi o cosa?
Il transumanesimo è un movimento culturale che sostiene l'uso della tecnologia per incrementare le capacità fisiche e cognitive, di questo stiamo parlando, ma a favore di chi? Quale il limite? Quali i pericoli?
Intelligenza artificiale e BMI sono strumenti che la scienza fornisce all’umanità, sapranno gli esseri umani utilizzarli all’interno di un percorso etico?
Oggi, nel vedere quel che ci circonda, è veramente difficile dare una risposta ottimistica a questa domanda.
Troppo tecnocratica è, infatti, la nostra società.
Una società che, sempre meno, si sviluppa attraverso il pensiero alto, il pensiero colto ed è sempre più governata daL pensiero opportunistico.
Permettetemi di dire dal @pensiero piccolo”, dal “pensiero stolto”.
Ignoto Uno
03/02/2024
Da chi “studia” agli “eco attivisti”
Noi, persone adulte ed avvezze al ragionamento pragmatico, avvezzi alla ricerca nel dubbio, avvezzi al contraddittorio fra pari, noi, appunto, siamo oramai saturi nel subire i cosiddetti “eco attivisti”.
Cari “attivisti” è tempo di crescere e studiare, è tempo di rispettare gli altri, quegli altri a cui vorreste “insegnare” ciò che prima dovreste studiare.
Scusate la franchezza o voi che tutto volete insegnarci, partendo da come noi dobbiamo vivere, mangiare, respirare, le vostre “pagliacciate”, quelle che ci costringete ad assistere, iniziano veramente, forse troppo, ad annoiare noi che, al vostro contrario, per insipienza ed egoismo, riteniamo ancora “normale” rinfocillarci con la farina di grano o con quanto la terra, lavorata da altri egoisti quali sono gli agricoltori, ci offre. Addirittura, non inorridite o voi “eco sapienti”, abbiamo ancora la consuetudine, ed il piacere, di mangiare carne a noi fornita da dei, cattivissimi, macellai e non prodotta da stampanti tridimensionali.
Imbrattare monumenti ed opere d’arte, colorare fiumi, compiere quelli che voi, cari “eco attivisti”, cari non simpatici, cari perché ci causate valanghe di costi, ritenete “azioni dimostrative” ha stancato, stancato molto.
Egualmente hanno stancato i media che vi strumentalizzano dandovi tanto spazio mediatico distogliendo, in tal modo, l’opinione pubblica da temi seri e preoccupanti.
Temi quali il rischio di vedere il mondo esplodere in una devastante “guerra a pezzi”.
Temi quali il rischio di vedere il mondo esplodere in una devastante presa di coscienza che vi sono leaders e “filantropi” del mondo che permettono nefandezze quali il traffico di esseri umani. Leaders e “filantropi” occidentali.
Temi quali il rischio di vedere il mondo esplodere in una devastante presa di coscienza che la, mai abbastanza strumentalizzata, “fame nel mondo” non è altro che un cinico meccanismo di potere di alcuni su molti.
Bertold Brecht scrisse un magnifico poema che narrava come “I bambini giocano alla guerra. È raro che giochino alla paceperché gli adultida sempre fanno la guerra”.
Brecht continuava scrivendo “tu fai “pum” e ridi; il soldato spara e un altro uomo, non ride più. È la guerra”.
“C’è un altro gioco da inventare: far sorridere il mondo, non farlo piangere. Pace vuol dire che non a tutti piace lo stesso gioco”.
Ecco, appunto, è tempo in cui emerga come a molti, a noi, a quelli che amano vivere come un tempo, interessa giocare, e vedere giocare i nostri figli, ad un “altro gioco”.
Perché a noi, quelli che studiano per davvero ed amano approfondire i classici, la frase di Brecht “i tuoi giocattoli piacciono ancheagli altri bimbi che spesso non ne hanno, perché ne hai troppi tu” è una frase che “parla”.
Noi, quelli che studiano e non imbrattino le opere d’arte, sappiamo che la “pace” si costruisce sedendosi davanti all’altro, rispettandolo, non facendo solo “rumore”.
Un grande Papa, Benedetto XVI, durante una Giornata Mondiale della Pace, disse che “Le preoccupazioni manifestate da molti giovani in questi ultimi tempi, in varie Regioni del mondo, esprimono il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro. Nel momento presente sono molti gli aspetti che essi vivono con apprensione”.
Parole importanti e moderne, terribilmente moderne, anche oggi.
Quell’immenso Papa urlava, con toni forti ma sommessi, toni colti, come vi fosse “Il desiderio di ricevere una formazione che prepari i giovani in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale”.
Purtroppo i cosiddetti “grandi del mondo”, così sembrerebbe oggi, avevano interessi diversi.
Questa la causa che costringe “noi” a “subire” loro.
Loro quelli che “urlano”, “imbrattano” e annoiano chi, al loro contrario, “parla sommessamente” e dedica parte del proprio tempo a “studiare”.
Ignoto Uno
29/01/24
Verso le elezioni europee
L’Europa e l’Italia di oggi vedono un ceto dirigente politico che, probabilmente assai carente in ordine ad aspetti di competenza sugli argomenti che sono chiamati, spesso per fortuna pro tempore, a normare, ha nella ideologia l’elemento che governa le loro scelte.
Scelte che impattano sulla vita di tutti i cittadini.
Cittadini troppo spesso trattati come sudditi.
La coerenza, infatti, fra il programma presentato in campagna elettorale e le azioni normative attuate durante il periodo di governo, sia che esso sia centrale che amministrativo, è pressoché inesistente. Sempre.
Gli elettori italiani lo stanno vedendo, e subendo, con l’Esecutivo Meloni.
Esecutivo che, al netto di quanto ha, dal mio punto di vista assai meritevolmente, compiuto in ordine della devastante norma che fu il Reddito di Cittadinanza, nulla o quasi ha compiuto per dare un segnale di forte discontinuità con gli esecutivi precedenti. Discontinuità che fu la cifra che la portò a vincere le elezioni ed a salire a Palazzo Chigi.
Nulla importa, questo pensa chi scrive, se l’attuazione del programma su cui è stata votata ha trovato “muri insormontabili” da superare, uno statista non propone ciò che non ha certezza di poter mantenere e, nel caso dovesse addivenire alla certezza di non essere nelle condizioni di attuare il programma su cui è stata onorata dal voto, per coerenza e rispetto del proprio pensiero, si dovrebbe dimettere e riportare la nazione al voto ove potrebbe presentarsi con un programma più “realistico”, almeno rispetto alle sue capacità di attuazione.
Altrettanto si può dire di molte amministrazioni ed amministratori locali.
La famosa “scatola di sardine” di grillina memoria da “aprire” e quella altrettanto simbolica richiesta di “onestà, onestà, onestà” sono rimasti slogan che non trovano una reale messa a terra dall’attuale ceto dirigente ed amministrativo politico tutto.
Chi ha la consuetudine con le altre nazioni occidentali, assai spesso, rimane basito nel constatare la siderale distanza che separa la qualità dei servizi pubblici nella nostra amata Italia e nel Paese che lo sta ospitando.
Impossibile in Europa, la sempre citata Europa dai benpensanti, subire l’onta di vedersi dare un appuntamento a centottanta giorni per una visita medica, tantomeno per una TAC necessaria per diagnosticare uno Stato oncologico.
In Italia, se non si ha il solito “telefono amico”, questa onta è drammaticamente frequente.
Altrettanto impossibile, sempre nella citatissima Europa, ricevere una cartella esattoriale errata, ovviamente mai a favore del cittadino, o, addirittura, è successo recentemente a persona a me direttamente nota, vedersi bloccare i conti correnti dall’agenzia delle entrate su atti già “opposti”.
In Italia, con buona pace del concetto dello “Stato amico”, questo accade.
In Italia non solo non vi è alcuna relazione fra la dimensione, abnorme, di tasse e tributi che noi italiani siamo chiamati ad onorare, e la sempre più scadente qualità dei servizi che lo Stato e le amministrazioni pubbliche ci forniscono.
Impossibile, tanto per fare un esempio, dover camminare fra i cumuli di immondizia a Berlino, Parigi o qualsiasi altra capitale europea, ma assolutamente certo doverlo fare nel centro storico di Roma.
Roma Caput Mundi!
Questi sono solo alcuni dell’innumerevole quantità di esempi, catastrofi, con cui noi cittadini italiani dobbiamo convivere a causa dell’inadeguatezza del nostro ceto dirigente.
Un ceto dirigente che, ben coadiuvato da un sistema mediatico assai impegnato ad essere prono al potere, dedica molto più tempo a propagandare i “successi” italiani che a invertire la rotta ed iniziare a risolvere le tante criticità italiche.
Vi sono, inoltre, le “mode”, esercizi di comunicazione utilissimi a distogliere l’attenzione, ovviamente sempre attraverso i media, dai “problemi veri” con cui debbono quotidianamente confrontarsi i miei connazionali.
Oggi, sempre per giocare un po’ con le inezie, siamo stati tutti coinvolti sul tema dei “30 all’ora”.
Un tema che, in realtà, è un “non tema”.
È di tutta evidenza, infatti, che l’impatto di questa norma è strettamente correlato ai servizi pubblici forniti dal comune ove essa viene applicata.
I “trenta all’ora” non è, o almeno non dovrebbe essere, un tema ideologico.
Dovrebbe, sottolineo dovrebbe, drammaticamente in Italia non è, essere un tema strettamente sotto il controllo di pianificatori urbani e del traffico.
Dirigenti che dovrebbero essere nella condizione di attuare un equilibrio tra le diverse esigenze concorrenti a questa norma correlati.
Soprattutto dovrebbero essere scevri da affermazioni scientificamente false ma utili alla demagogia collegata all’ideologia a cui gli stessi fanno riferimento.
Mi rendo conto che in Italia chiedere questo è chiedere troppo.
L’Italia è, purtroppo, ancora, nella melma della “questione morale” richiamata, incredibile quanto tempo è passato, da quello statista che era Enrico Berlinguer a cui segui un’altro gigante che portava il nome di Giovanni Spadolini.
Grandi tempi, quelli!
Un ceto dirigente, il nostro, italico ed europeo, assai annubilato dalle teorie di alcuni ambienti finanziari che, attraverso le stesse e le conseguenti politiche, intendono eterodirigere il sistema socio politico economico e favorire il loro personale arricchimento.
Da questo drammatico “algoritmo di interessi” trova origine il tema politico della “transizione ecologica” e le conseguenti norme finalizzate a garantire un “ecosistema di mobilità più sostenibile”.
Mobilità “sostenibile” che altro non è che una clava finalizzata a favorire un mercato di sostituzione dei veicoli con auto elettriche i cui costi di gestione e la cui fruibilità rendono gli stessi totalmente non competitivi con quelli tradizionali.
Veicoli tradizionali che oramai si basano su tecnologie che garantiscono impatti ambientali risibili.
Quasi ilare prendere atto che il mondo degli “ecologisti” non alza il dito sull’inquinamento causato dal litio, indispensabile per produrre accumulatori, ma alza barricate insormontabili sulla costruzione di nuove, e di ultima generazione, centrali nucleari.
Gli stessi “ecologisti”, però, non alzano le stesse barricate contro l’acquisto di capacità energetica da Stati confinanti che producono la stessa con centrali nucleari poste ai nostri confini.
Non fosse drammatico per il nostro sistema produttivo tutto questo sarebbe comico.
Purtroppo questi, come innumerevoli altri esempi, riportano il nostro pensiero, il nostro ragionamento, al tema dell’etica.
Kant ci insegnò che etica ed estetica sono due facce della stessa medaglia e camminano insieme.
Cosa di positivamente estetico possiamo vedere nell’abbandono delle nostre città, nei comportamenti di una pubblica amministrazione che vessa i propri utenti, in una sanità pubblica che lascia morire i suoi malati rinviando di sei mesi l’inizio delle cure per salvare loro la vita?
Cosa di positivamente estetico possiamo vedere nella protervia di certe scelte internazionali?
Come non dichiarare, dopo questi e tanti altri esempi, senza alcun timore che noi cittadini elettori pretendiamo, non auspichiamo, di poter eleggere un ceto dirigente, politico ed amministrativo, di spessore culturale ed etico diverso.
La nostra immensa storia italica lo merita, lo impone.
Ignoto Uno
27/01/2024
Trump vince i caucus, ansia in Europa
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo aver compreso l’aria che tira nei caucus del partito repubblicano e sulle future presidenziali americane di novembre, inizia a mettere “i puntini sulle i”.
Ha dichiarato, infatti, che se cambierà la politica estera americana lei non lo può dire, ma certamente non cambierà “la nostra politica estera italiana".
Messaggio chiaro. Forte e chiaro.
L’intervista che Nicola Porro, un giornalista usualmente saggiamente “puntuto”, ha fatto alla Premier non ha visto domande su un punto che, piaccia o no alla Premier poco importa, è principale nella relazione fra Trump e l’Europa.
Porro nulla ha chiesto sulle affermazioni del Presidente Trump quali “vincerò per la terza volta” o “le elezioni del 2020 sono state truffate”.
“Rigged”, che vuol dire “truffate”, è la parola usata dal “leader del sovranismo mondiale”, così lo definiscono i sovranisti nel mondo, anche in Europa e in Italia, pochi giorni fa in New Hampshire e supera il concetto di “broglio” inserendo quello di “truffa”. Concetto assai più pesante.
Truffa implicitamente compiuta nei confronti del popolo statunitense, non di chi, dovesse essere corretto ciò che Trump dichiara, avrebbe dovuto legittimamente guidare la politica alla Casa Bianca dal 2020 al 2024.
Elezioni del 2020 che videro, accadde anche con quelle del 2016, l’Italia chiamata a verificare se qualche italiano assai “monello” avesse aiutato gli avversari di Trump a sconfiggerlo.
Avversari che sono sempre gli stessi, sono le famiglie Clinton, Obama e Biden.
Come non ricordare il ruolo del professor Mifsud nel 2016 in quello che passerà alla storia come Russiagate?
Un “gate” che per molti anni qualcuno, esponenti della FBI inclusa, ha cercato di rovesciare a favore della Clinton invertendo la verità dei fatti. Oggi sappiamo, attraverso atti giudiziari certi, che la Clinton era colei che beneficiava, non subiva, dalle azioni del Russiagate.
Chi crede nella necessità della “verità” non può che ricordare come, per invertire l’ordine della “verità”, fu addirittura arrestato un grande patriota statunitense dal nome Michael Flynn al fine di far credere che il Russiagate era una azione per favorire Trump contro Hillary Clinton nelle elezioni del 2016.
Una azione ove si cercò di incolpare la Federazione Russa, una azione che le determinazioni giudiziarie più recenti e definitive, atti compiuti in era Biden, hanno provato che il Russiagate fu per facilitare in modo fraudolento le elezioni della Clinton contro Trump, azioni che videro Roma centrale, azioni che, in quel caso, fallirono.
Come non ricordare che, durante l’amministrazione Trump, l’allora Segretario alla Giustizia provò in ogni modo ad acquisire dalle istituzioni italiane le prove, prove che non possono che essere nella disponibilità italiana, trovando un muro di gomma.
Come non ricordare l’endorsment di Hillary Clinton a favore di Giorgia Meloni a pochi giorni dalle elezioni politiche in Italia?
Forse è questa la ragione che porta la Premier italiana ha fare le dichiarazioni prima menzionate da Porro sulla futura politica estera della nostra Patria. Politica estera assai diversa da quella proposta dalla stessa Meloni in campagna elettorale, al tempo parlava ancora da “sovranista”.
La logica produce sillogismi e le elezioni producono conseguenze.
Trump, in questi anni post 2020, ancor più che nel periodo di presidenza, ha dimostrato di essere assai combattivo in ordine alla ricerca della “verità”, fatto che, al di là della facciata, terrorizza molti nella nostra amata Italia.
Nei salotti dei benpensanti in Italia ci si augura che Trump non torni alla Casa Bianca, si spera che il partito democratico statunitense superi Biden, magari a favore di Michele Obama, e che il nuovo candidato democratico inverta la tendenza che vede i repubblicani lanciati verso la vittoria a novembre.
Qualcuno, fra i più “monelli”, teorizza un terzo “gate” organizzato per fermare “l’onda Trump” e legge anche in un recente post di Alex Soros, o a lui attribuito, uno lettura facilmente contro Trump, uno stimolo in tal senso.
Un post ove è presente un proiettile che buca una vetrata e quarantasette dollari nell’altra metà dell’immagine con una scritta che ne indirizza la lettura.
La presidente Meloni dichiara che "Italia e Stati Uniti sono due alleati solidissimi e hanno sempre avuto ottime relazioni indipendentemente dal cambio del presidente del Consiglio italiano o del presidente americano".
Questo fa piacere sentirlo, almeno a chi crede nella storia atlantica che si è formata con la sconfitta nazifascista nel 1945.
La storia recente, però, ci costringe a ricordare che “le elezioni hanno conseguenze”, le ebbero la vittoria di Obama allorquando l’amico dei Bush, Silvio Berlusconi, pagò assai caro, direi troppo caro, quel G7 a Pratica di Mare del 2002 che mise fine alla guerra fredda.
Obama, che implementò le azioni politiche già poste in essere dalla presidenza Clinton, assecondato dal vice presidente Joe Biden, la storia lo dice, stimolò moltissimo certe azioni giudiziarie contro quel uomo, anche lui come Trump tanto amato e tanto odiato, che fu l’ultimo italiano a saper portare l’Italia al centro dell’agenda politica del mondo.
Oggi in molti, ma veramente molti, nel vedere le tante azioni giudiziarie in Stati Uniti nei confronti di Donald Trump colgono delle forti analogie con quello che subì Silvio Berlusconi, neanche ci fosse la stessa regia.
L’occidente ed il mondo necessità di una riformulazione del Patto di Yalta.
La Conferenza di Yalta, nel febbraio 1945, si svolse alla presenza di Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia.
Due gli Stati europei presenti al tempo.
La prossima, i fatti lo fanno comprendere facilmente, non vedrà l’Europa presente, si allargherà ad altre nazioni del mondo globale, ma non si vede come probabile la presenza dell’Europa.
L’unica nazione geograficamente europea sarà proprio la Federazione Russa, con buona pace del fatto che ha già perso la guerra in Ucraina.
La UE27, e la nostra Italia, paradossalmente ancor più la Germania, dovranno seguire gli accordi che i “veri” grandi del mondo firmeranno.
Questa la “catastrofe” di questa Europa, forse anche per questo certi poteri economici reali in Germania stanno facilitando la crescita dei neo nazzisti di Alternative für Deutschland la cui leader ha appena pubblicamente teorizzato l’uscita della Federazione Tedesca dall’EU27.
Alice Elisabeth Weidel ha, infatti, dichiarato, lo ha riportato l’Ansa in data 22 gennaio, che “la Brexit è stata dannatamente giusta ed è un modello per la Germania”
Idea certamente minoritaria in Germania, oggi.
Alain Kuperman, professore al MIT a Boston, fondatore del Nuclear Proliferation Prevention Program, analista militare di fama mondiale, ha dichiarato in una lunga ed esaustiva intervista al quotidiano La Verità che “Biden è il problema per gli Stati Uniti e la pace mondiale” ed ha rincarato dicendo che “ con l’Ucraina ha sbagliato tutto, ha illuso Zelensky ed i suoi di poter vincere sul campo. Invece di usare Putin contro la Cina, ha di fatto creato una alleanza fra dittature”.
Forse questo è avvenuto perché Obama, grande mentore di Biden, qualcuno direbbe “puparo”, parrebbe avere enormi relazioni con la Cina di Xi Jinping.
Trump dichiara che “in 48 Ore porrà fine alla guerra in Ucraina”, evidentemente fra Zelensky ed il rischio di “asse russo cinese”, il secondo è assai più importante da “gestire”.
Questo sembrerebbe pensare il Presidente Trump.
Vedremo una nuova “capriola” della politica italiana?
Vedremo il Presidente Trump accettarla?
A giorni anche noi, cittadini “forse semplici, certamente diversamente monelli”, ne capiremo di più, basta continuare a seguire gli eventi.
Ignoto Uno
23/01/2024
Trump: “pazzo per alcuni”, “statista per i semplici”
Il Presidente Trump, durante la propria deposizione presso il tribunale civile di New York nell’ambito del processo nel quale la sua società è accusata di frode, ha dichiarato, accadeva nell’aprile 2023, di aver “evitato l'olocausto nucleare".
Questo riporta, in data 19 gennaio, molti mesi dopo, l’Ansa.
L’agenzia di stampa ha, infatti, rilanciato il frammento di video dell’udienza che la procuratrice di New York Letitia James ha deciso di rendere pubblico.
Il verbale, che era già pubblico da tempo, è di 475 pagine, solamente una riguarda il passaggio reso oggi noto, di nuovo, anche con le immagini.
Assolutamente irrilevante comprendere se la motivazione di questa scelta, scelta avvenuta a pochi giorni dalla sentenza della Corte Federale sulla legittimità di Trump a correre per le elezioni presidenziali statunitensi di novembre, sia “politica”, magari per farlo passare per “pazzo”, oppure no.
Chi ha La consuetudine di cercare fonti attendibili è avvezzo a questi tentativi di delegittimazione della figura di Trump, anche nel suo privato.
Indimenticabile il caso di una intervista, avvenuta nei giorni appena successivi al voto delle presidenziali statunitensi del 2020, in cui un giornalista e scrittore statunitense, assiduo frequentatore della nostra amata Italia e delle trasmissioni televisive del nostro Paese, si sentiva autorizzato, neanche con una lunga locuzione verbale, a far credere che la First Lady Melania fosse una signora, diciamo così per carità di patria, “poco signora”. Questo avvenne fra i “sorrisi ammiccanti” di chi conduceva la trasmissione.
Fatti, quello come innumerevoli altri, patetici per chi li ha compiuti, non per chi gli stessi vorrebbero colpire.
Ciò che, infatti, rileva, oggi con il video sul “rischio nucleare” come ieri, è che il Presidente Trump è ritenuto “affidabile” da milioni, centinaia di milioni, di persone nel mondo e che lo stesso, in quella deposizione, continua dichiarando che questo è un rischio che “potrebbe ripetersi anche ora”.
Un “messaggio” lanciato nella bottiglia da un leader, un uomo che ha dimostrato in questi anni di non piegarsi mai.
Un uomo letteralmente odiato dal “potere costituito” ma ritenuto “leader del sovranismo mondiale” da una miriade di persone.
In Stati Uniti chi lo vorrebbe vedere disintegrato è costretto a confrontarsi con il “suo popolo” che inizia ad essere quantificabile attraverso i caucus, quello in Iowa è stato letteralmente devastante per i suoi avversari sia interni al partito che nel mondo.
Fuori dai confini degli Stati Uniti le “preoccupazioni” per chi ne teme il “ritorno” sono in continuo ansiogeno aumento.
La presidente della BCE Lagarde ha definito a France2 “evidentemente una minaccia per l’Europa” la rielezione alla Casa Bianca nel 2024.
Ci sarebbe, quasi quasi, da chiedersi se la “minaccia” sia per “l’Europa dei potenti” o per gli europei, io sono assai certo che moltissimi europei, potessero, lo voterebbero subito.
Durante il recente Forum di Davos Alex Soros, erede di cotanto padre, lo riporta la CNBC, ha rilasciato una, tutta da interpretare, dichiarazione.
Alex Soros dice, infatti, che “la vittoria di Trump è praticamente già fatta per l’élite di Davos, ma si sbagliano sempre”.
Coloro che hanno memoria dei tanti “casi non chiari” collegati alle elezioni statunitensi e del tanto “rumore” che genera sempre la famiglia Soros non possono che percepire questa affermazione più come un “messaggio”, quasi una minaccia, che come una opinione.
Contemporaneamente il Presidente Trump in data 20 gennaio, alle ore 9.28 PM est, sulle televisioni nazionali, a margine di un suo comizio nella città di Concord nel New Hampshire, ha dichiarato di sapere “chi ha truccato le elezioni nel 2020 e di avere tutto per provarlo”.
“Rigged” ha usato questa parola nel ribadire che vincerà per la “terza volta”.
Trump, sempre, dichiara che la “presidenza degli Stati Uniti sia il lavoro più importante al mondo. Essere il presidente permette di salvare milioni di vite”.
“Salvare milioni di vite”, non tutti i leaders al mondo, questa la mia opinione, hanno questo motivo come elemento cardine del loro operato.
Tutti, però, si rendono tronfi nel dichiararlo.
Chissà perché mi sovviene il tanto parlare dei leaders europei allorquando parlano della povertà in Africa e di quei poveracci che cercano di migrare.
Quanti soldi in pochi si fanno su quelle povere vite!
Però il “pazzo” è Trump ….. come non saperlo?!?!
Ignoto Uno
21/01/2024
Trump for ever
Il caucus del partito Repubblicano americano nello Stato del Iowa ha dato un messaggio chiaro.
Impossibile, anche per i più settari del mondo globalista, non dichiarare che Donald Trump ha un forte seguito fra gli elettori del suo partito.
Indubbiamente è corretto e necessario aspettare i risultati dei caucus in altri Stati, ma è assai probabile che i risultati saranno assai simili.
In Iowa i cittadini del mondo, non solo gli americani, hanno preso atto che parrebbe esserci un uomo solo al comando nel partito repubblicano in Stati Uniti, quel Donald Trump che non perde occasione per dichiarare che vincerà per la “terza volta”.
Sia Ron De Santis che Nikky Halley sono, infatti, usciti con le ossa veramente rotte, ma in Europa, ancora, qualcuno spera in loro per accantonare l’era Trump.
Al contrario, questo appare chiaro dopo i caucus in Iowa, una consistente parte di popolo statunitense vive Trump come leader insostituibile.
Con questo popolo l’Europa dovrà fare i conti, l’Italia ancora di più.
La frase “vincerò per la terza volta” è un forte messaggio, anche, per chi è chiamato, nelle democrazie sempre pro tempore, a governare la nostra amata Patria.
Forse anche per questo i leaders e l’establishment europeo ed italiano, gran parte dei media inclusi, si sforza nel continuo tentativo di massacrare Trump.
La7, un esempio particolarmente ilare, nei giorni appena successivi al caucus in Iowa, ha trasmesso un documentario che lo rappresenta addirittura come pazzo e contemporaneamente prega per la Halley.
L’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite, però, viene ritenuta dai ben informati colpevole di aver fatto accordi con i leaders del partito democratico per vincere le presidenziali.
A vedere i risultati in Iowa e le previsioni per i prossimi caucus, ad oggi, a dire il vero, sembrerebbe veramente molto poco probabile che l’ex ambasciatrice possa correre per la Casa Bianca a novembre.
Nikki Haley in Iowa è arrivata terza con il 19% dietro a quel Ron De Santis che qualche tempo fa in Europa veniva già dato per vincitore ed andava in giro per il mondo a fare accordi .
Oggi, pur se è arrivato secondo, del governatore della Florida praticamente non se ne parla più, i colti commenterebbero “tam quam non esset”, e, pur se alcuni finanziatori della Halley le hanno già tolto l’appoggio, primo fra tutti i Koch, clan che storicamente appoggia il partito repubblicano americano, alcuni sperano in una rimonta della 51enne nel New Hampshire, dove si vota martedì 23 gennaio.
In questo Stato la Haley potrà contare sul sostegno del governatore, Chris Sununu, ma, se dovesse andare male anche in questi secondi caucus, l’unica speranza per coloro che non vogliono vedere quel cattivone di Trump correre per la Casa Bianca a novembre sarà la via giudiziaria.
Fatto assai pericoloso per il mondo intero e per l’Europa, Italia in primis, in particolare.
Molti, infatti, pensano che la silente Commissione Jordan sui brogli elettorali nel 2020 sia silente per spirito di responsabilità, non perché non sappia cosa dire e far emergere.
In fondo un messaggio negli ultimi giorni lo ha lanciato sul tema “brogli contro Trump” anche quel giocatore di scacchi di Putin.
Il presidente russo ha, infatti, dichiarato che “Trump nel 2020 ha perso a causa dei brogli”
Il, assai ripetitivo ed assai schierato, mondo dei media europei, nel riportare questa notizia, ha subito commentato che “Trump e Putin sono già d’accordo”, nessuno ha ritenuto di ripotare il fatto che il tristemente famoso Russiagate vedeva parte del sistema di potere presente in Russia appoggiare la democratica Hillary Clinton, non Trump.
Pochi, inoltre, hanno notato che sono proprio le grandi aziende statunitensi a sperare in questo accordo, cosa che lascerebbe l’Europa e la nostra Italia da sola a gestire quel che resta di quel leader costruito a tavolino che si chiama Zelensky.
La Clinton, la stessa che nei giorni precedenti le ultime elezioni politiche in Italia si fece intervistare da Sky TG24 per appoggiare la Meloni, oggi è sparita completamente dalla scena politica proprio a causa dell’emersione della verità sul Russiagate che la hanno vista “tramare” contro la “regolarità delle elezioni” e “contro Trump” nel 2016.
Russiagate che vide la nostra amata Italia assai coinvolta, qualcuno si chiede il perché i media italici tanto chiacchierano sugli USA ma di Russiagate e della scomparsa del professor Mifsud proprio neanche un articolo.
Il vincitore dei caucus in Iowa, nel discorso con cui ha ringraziato chi lo ha votato, un messaggio sui “brogli elettorali” lo ha lanciato, ed è stato pesante, forse anche per questo gli schierati media del “bel Paese” tifano Halley.
Fra i supporter dell’ex ambasciatrice non si annota Joe Biden.
La motivazione è ovvia, il “puparo” Obama estromesso per via giudiziaria il nemico numero uno Trump ordinerebbe ai suoi scherani nel partito democratico di superare Biden ed aprire la strada a qualcuno a lui più caro, probabilmente Michele Obama.
Scenario, questo, che potrebbe portare gli Stati Uniti ad uno scontro interno senza precedenti.
Molti i segnali in tal senso, significativa una recente lettera aperta firmata da un ampio numero di alti ufficiali delle forze armate statunitensi, segnali che non dovrebbero far piacere a noi italiani dato che sono molti gli statunitensi che reputano l’Italia coinvolta nei brogli contro Trump del 2020 che anche Putin evoca.
I legali del Presidente Trump, nelle argomentazioni presentate alla Corte Federale Suprema che deve esprimersi sull'immunità del loro assistito, hanno fatto percepire il rischio scrivendo che l’esclusione di Trump dalle elezioni presidenziali del prossimo novembre "scatenerebbe il caos in tutta la nazione".
In ogni caso il 24 febbraio si svolgeranno i caucus in Sud Carolina, lo stato in cui Nikki Haley è stata governatrice, quel giorno sarà chiaro se la sua campagna ha un senso oppure no.
Dovesse arrivare seconda anche in quella tornata tutti, lei per prima, ne dovranno trarre le conseguenze.
Il 6 febbraio, però, sapremo le determinazioni dell’Alta Corte americana. Quel giorno la storia del mondo, non solo degli Stati Uniti, vivrà un giorno importante.
Paradossalmente per l’Europa e, soprattutto, per l’Italia potrebbe essere molto peggio un Trump, ferito ed umiliato ma con sempre più popolo a lui fedele, che si dovesse vedere costretto a “delegare” la vittoria per una influenza “esterna”, si potrebbe dire “straniera”, piuttosto che un Trump presidente costretto alle mediazioni della politica.
A giorni la prossima puntata.
Ignoto Uno
20/01/2024
Politicamente scorretto
Il patriarcato è stato un sistema sociale basato su ruoli precisi ove, ad un occhio distratto, il “potere” veniva detenuto in via prioritaria dalla figura maschile.
Il “potere”, di questo si parla nel patriarcato.
“Potere”, parola da interpretare, parola che definisce “l’avere la responsabilità di prendere decisioni finalizzate a garantire ad una comunità stabilità e benessere”.
Il “potere”, per chi lo deve esercitare, è una “responsabilità”, non una posizione che determina “diritti”. In realtà determina “obblighi per chi lo esercita”.
Questo sia nel sistema sociale nella sua interezza, sia nel nucleo famigliare.
Nulla a che vedere con la “violenza”.
La figura maschile “violenta”, violenta contro la figura femminile o la progenie, non lo è a causa di una cultura “patriarcale”, lo è perché insicuro del suo essere, insicuro del suo ruolo nel sistema sociale che lo vede inserito, incapace di svolgere i suoi “doveri”, incapace di “esistere”.
Il “violento” nella vita con l’altro sesso o con i figli, è una persona malata, non un “patriarca”.
Il “violento” è il “padre padrone” ben rappresentato da Grazia Deledda.
Il “violento”, nel sistema sociale della “coppia”, è solo un “fallito”.
Il patriarcato aveva nella “coppia” il punto cardine, coppia basata sul rispetto, non sulla violenza.
Il patriarcato si basava sulla famiglia tradizionale, quella di un uomo ed una donna che decidevano insieme, senza ne violenza ne imposizioni, di unirsi con il fine di costruire un futuro e procreare, far crescere i figli all’interno di una cultura basata su valori condivisi.
Io, sempre “cittadino semplice”, uomo di cultura cristiano liberale, con valori fortemente legati alla famiglia tradizionale, persona che ha nella cultura della condivisione e del confronto il suo punto di riferimento, certamente “maschio” ed altrettanto certamente essere vivente che aborra la violenza come strumento di coercizione della volontà altrui, io non riesco a comprendere quale sia il legame fra la “violenza nei confronti delle donne” ed il “patriarcato”.
Ovviamente se il significato, l’etimologia della parola, la radice reale e profonda della stessa, è ben conosciuta, oserei dire studiata, e coerentemente utilizzata nel ragionamento.
Per essere chiari, come a me “cittadino semplice” sovente capita di compulsare, patriarcato, sul Treccani, viene definito “tipo di organizzazione familiare a discendenza patriarcale, in cui cioè i figli entrano a far parte del gruppo cui appartiene il padre, dal quale prendono il nome, i diritti, la potestà che essi trasmettono al discendente più diretto e vicino nella linea maschile” e solo in modo estensivo, cioè senza vere origini culturali e storiche ma basato sull’uso quotidiano del termine, “complesso di radicati e sempre infondati pregiudizi sociali e culturali che determinano manifestazioni e atteggiamenti di prevaricazione, spesso violenta, messi in atto dagli uomini specialmente verso le donne”.
La versione “estensiva” si è determinata da un uso “volgare” del termine.
Come non dare atto che In famiglia, chi ha i capelli bianchi come me, difficilmente non può non avere memoria della propria mamma che lo richiamava ai propri doveri, alle proprie responsabilità commisurate all’età, ai risultati scolastici, al rispetto degli anziani, al dovere di collaborare al mantenimento del decoro della casa.
Come non dare atto che In famiglia, chi ha i capelli bianchi come me, difficilmente non può non avere memoria della propria mamma che, allorquando il comportamento del giovane diveniva eccessivo, “minacciava” di “dirlo a papà”.
Essere “padre” era altrettanto importante di essere “madre”, fra i due “genitori” vi era condivisione valoriale e “gioco di squadra” in tutto, ancor più nella educazione dei figli.
Il “patriarca” svolgeva il ruolo di “cassazione”, era il gioco delle parti fra due esseri umani, il padre e la madre, che si amavano e rispettavano.
In famiglia, chi ha i capelli bianchi come me, nella quasi totalità, ha certamente memoria del proprio padre dire, con voce ferma ed austera, “lo ha detto la mamma”. Questo metteva la parola “fine” ad ogni velleità del “pargolo”.
Uso la parola “pargolo” nell’ accezione usata con il “neutro latino”, non vorrei mai che qualche “ben pensante” poco avvezzo con la cultura e molto con l’ideologia’ offendesse la propria intelligenza dandomi del “omofobo”.
Non la mia “intelligenza”, che peraltro è nella media, la “sua intelligenza”.
Il “suo” pressapochismo nella comprensione profonda dei messaggi.
Lo ho scritto sin dal titolo di questo mio intervento, in queste mie righe ho scelto di essere “politicamente scorretto” e, spero, di dare l’esempio ai moltissimi che, certamente meno “arroganti” di me, sono stanchi delle tante manipolazioni di linguaggio ma, ad oggi, non hanno il coraggio di dire che si sono stufati di questa censura denominata “politicamente corretto”.
Censura che una minoranza impone a molti tacciando i secondi di “sessismo”.
Censura che supera il livello del “possibile” e sfocia nell’ideologia alla “Cetto La Qualunque” allorquando si cerca di mettere in discussione addirittura i cartoni animati.
Fatto nobilitato dal parlare addirittura in dotte sedi universitarie.
Il Corriere della Sera ci riporta un monologo dell’attrice Paola Cortellesi in cui la stessa affronta il sessismo nelle fiabe dichiarando che “se Biancaneve fosse stata una cozza, il cacciatore non l’avrebbe salvata”.
Io, sempre “cittadino semplice”, mi domando se è più “sessista” questa affermazione o il fatto che Biancaneve è stata disegnata “magra e bella”?
L’attrice, evidentemente non paga della banalità precedente, ha continuato domandandosi sul “perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?”.
Ancora “Biancaneve faceva la colf ai sette nani”.
Amenità, così si usava definire queste affermazioni un tempo.
Oggi alcuni, non tutti, le prendono “sul serio” e le tramutano in dibattito universitario.
Mi chiedo, sempre da “cittadino semplice”, di chi la “colpa”?
Certamente quando avevo i capelli fluenti e non canutì, nelle università, si volava più alto.
Ignoto Uno
15/01/2024
La sublimazione dei media
Un tempo si usava dire “lo ha detto la televisione”, “il telegiornale”, “il Corriere della Sera” o “La Repubblica”, “è sull’Ansa”.
Questi erano i “timbri” della “verità” su un fatto.
I media erano ritenuti, erga omnes, “autorevoli”. Lo erano perché “terzi” al sistema.
I lettori più sofisticati erano attenti agli articoli del New York Times piuttosto che del Financial Times o di Le Figaro.
I più anziani di noi, sempre “cittadini semplici”, collegano il Washington Post allo scandalo Watergate, alto momento di giornalismo che portò negli Stati Uniti alle dimissioni il Presidente Nixon.
Noi “cittadini semplici” un po’ più avanti negli anni ricordiamo le ficcanti domande, mai urlate ma puntuali, dei tanti giornalisti che partecipavano alle “tribune politiche” di Jader Jacobelli, Giorgio Vecchietti o Ugo Zatterin
In quei tempi i giornalisti, pur facendo “riferimento”, così si diceva al tempo, ad un partito politico, erano, pressoché tutti, assai puntuti nel fare “domande”.
Domande vere.
Oggi tutto questo è, troppo spesso, preistoria.
Il famoso “quinto potere” è sempre più prono al potere politico, finanziario, industriale.
Vi sono argomenti “intoccabili” per i media di oggi, argomenti “scomodi”.
Volendo menzionare fatti italiani, c’è qualcuno che si sente di avere la certezza che un Andrea Purgatori dei nostri giorni potrebbe “indagare”, prima, e “scrivere”, dopo, su un nuovo “caso Ustica”?
Potrebbe un novello Purgatori scrivere contro la “verità dichiarata dal potere” su qualche scomodo scandalo internazionale, magari formatosi in Italia, come al tempo permise il direttore del Corriere della Sera a quel, allora giovanissimo, giornalista?
La mia risposta è “No”.
Se la mia risposta dovesse essere corretta, drammaticamente, dovremmo tutti noi “cittadini semplici” dedurne che la democrazia ne stia subendo le conseguenze.
Oggi siamo, troppo spesso, alla sublimazione del ruolo dei media.
Da ficcante strumento di giudizio e controllo della qualità dei sistemi democratici, ad organo di indirizzo di quelle che un tempo venivano definite “le masse”.
Una sofisticazione della propaganda.
Questa, però, come non notarlo, è lo strumento con cui vengono “erogati” concetti ed idee con il fine di indurre nell’opinione pubblica specifici atteggiamenti, pensieri, azioni.
La “propaganda” lavora sull’inconscio degli esseri umani, pianifica tecniche di persuasione finalizzate al coercere il lato emotivo delle persone, determina i comportamenti.
Chi persegue la propaganda svolge un ruolo che è l’esatto contrario di chi si eleva a tutore della libertà di stampa, del “quinto potere” dei media. Al ruolo di “garante del sistema democratico”.
Chi persegue la propaganda sublima se stesso dal ruolo del giornalista a quello di servo del potere.
Non so se chi mi onora nel leggermi ha delle suggestioni dal mio scrivere, non so se nel leggermi ritiene che nella nostra amata, così tristemente povera di “schiene dritte”, Italia si possano, oggi, identificare giornalisti, addirittura intere testate giornalistiche, identificabili come appartenenti alla categoria di “giornalisti sublimati”.
Io, da “cittadino semplice” e per decoro, non amando la censura che assai spesso vedo intorno a me, aborrendo la propaganda, annoiandomi molto più di un po’ a causa della pochezza che mi circonda, anelando di poter leggere scritti paragonabili per spessore ed autorevolezza a quelli di Indro Montanelli, Enzo Biagi o Igor Man, non voglio, pur avendo le mie opinioni a riguardo, far italici esempi.
Porterò, esclusivamente, l’attenzione di chi mi legge un esempio internazionale, un fatto, dal mio punto di vista, esplicativo di come si stia scivolando in basso nel “giornalismo” di oggi.
Pochi giorni fa il New York Times ha ritenuto di scrivere un editoriale ove dichiarava che la cantante statunitense Taylor Swift è appartenente alla comunità LGTBQ+, e lo ha fatto ad insaputa della stessa, senza compulsarla.
La testata giornalistica si è lanciata in un ragionamento finalizzato a dimostrare che Taylor Swift sia “queer”.
Il New York Times si è lanciato, diciamo così, nel dichiarare che sia che l’artista “ne sia consapevole o no, la Swift manda segnali al popolo queer, nella nostra lingua, che ha qualche affinità con la nostra identità", questo ha affermato la giornalista, opinionista, del quotidiano Anna Marks. Giornalista che parrebbe far parte del mondo LGTBQ+.
La Swift, il suo staff, i suoi fan non hanno gradito questo essere “tirati dentro” a certe logiche, ambienti, essere “catalogati”.
Io, sempre “cittadino semplice”, sommessamente, continuo a ritenere che ciò che accade nel letto degli altri non debba essere di mio interesse.
Io, sempre “cittadino semplice”, sommessamente, continuo a ritenere che ciò che accade nel letto degli altri, se non contiene notizia di reato, non possa essere ritenuto elemento fondante di un pensiero politico a prescindere se fra quelle lenzuola avvengano eventi etero o meno.
Io, sempre “cittadino semplice”, sommessamente, continuo a ritenere che ciò che accade nel letto degli altri sia elemento cardine di quello che un tempo si definiva “intimità”, ambito che non veniva nemmeno sfiorato dalla politica, eppure, anche nei tempi dei sopra menzionati vati del giornalismo, le lenzuola avrebbero potuto “parlare”. Parlare assai.
Bei tempi quei tempi.
Quelli erano i tempi in cui in politica si cimentavano Berlinguer, Moro, Cossiga, Craxi, La Malfa, Pertini e Saragat, alcuni nomi fra i tanti che portarono benessere agli italiani.
Questi, ne sono certo, si sarebbero annoiati un bel po’ con molti dei giornalisti che van per la maggiore oggi.
Al contrario rispondevano alle domande dei giornalisti del loro tempo.
Domande “vere” quelle del tempo, appunto.
Ignoto Uno
11/01/2024
In onore della libertà di pensare
Uno dei più famosi slogan della rivoluzione culturale e sessuale degli anni settanta fu “Il corpo è mio e lo gestisco io”.
Con queste parole i nascenti gruppi di femministe rivendicavano il diritto delle donne di “decidere sul proprio corpo”.
La sessualità non era più un “dovere coniugale” bensì un elemento della rivoluzione dei rapporti fra uomini e donne.
Il concetto, queste parole, faceva letteralmente scalpore.
Era rivoluzionario, modificava radicalmente il paradigma sociale.
Al tempo le femministe parlavano di “affrancamento delle donne dagli uomini”.
Affrancarsi da un ruolo che veniva ritenuto subalterno all’uomo.
Quelle associazioni portarono al centro dell’agenda politica occidentale, non solo in Italia, i diritti delle donne.
Portarono la rivendicazione di un ruolo da protagonista per le stesse sia nel mondo del lavoro che nella sfera privata.
In questa ottica il corpo della donna diveniva simbolo.
Diveniva dissacrante simbolo di lotta contro l’egemonia maschile.
“Il corpo è mio” appunto, urlavano le donne.
Il 12 ed il 13 maggio 1974 l’Italia fu chiamata a decidere attraverso un referendum sul diritto al divorzio.
Con la legge del 22 maggio 1978, n. 194, vennero disciplinate le modalità all’accesso all’aborto in Italia.
Il 7 gennaio scorso, in Iran è stata condannata un’altra, non la prima, donna per aver violato la legge che impone alle iraniane di indossare l’hijab in pubblico. Un velo sui capelli.
È una curda, si chiama Roya Hesmati, ha 33 anni ed è un’attivista del movimento femminista.
Questa donna è colpevole, per il regime iraniano, di aver diffuso una sua foto senza il velo scattata sul Keshavarz Boulevard a Teheran.
Questa la motivazione che la ha condannata a subire 74 frustate oltre ad un anno di reclusione con la sospensione della pena.
Inoltre non potrà uscire dal Paese per tre anni.
In Italia quotidianamente noi “cittadini semplici” sentiamo parlare di patriarcato e femminicidi.
Molti politici ed opinionisti, in questi ultimi mesi, si sono schierati contro i contenuti del libro del generale Roberto Vannacci proprio per le posizioni “tradizionali” che propone.
Nulla a che vedere rispetto alla brutalità contro le donne che il governo iraniano perpetra.
Io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo, e continuerò a chiedere a chi non la pensa come me, perché il mondo che vive con così alto disagio le posizioni espresse dal generale Vannacci, tanto da chiederne l’allontanamento dall’esercito, non si sia attivato con visibili proteste ed atti plateali contro l’Iran che frusta ed incarcera le donne esclusivamente perché non vogliono indossare un velo sui capelli.
Dove sono le femministe?
Dove le parlamentari che arrivarono ad inginocchiarsi nel nostro Parlamento per protestare per l’uccisione di un pregiudicato statunitense da parte di un poliziotto?
Dove i tanti opinionisti che ci parlano pressoché quotidianamente dei “femminicidi”, quasi che in Italia vi siano solo uomini che ammazzano le donne?
Soprattutto mi chiedo, dove la coerenza dei membri delle Istituzioni, ministri in primis, che si lanciano in dichiarazioni ogni qual volta accade qualcosa nel mondo per stigmatizzarlo ed esprimere il loro “potere dei più buoni” come cantava Gaber?
Politici, opinionisti, intellettuali ed artisti, voi tutti che tanto vi rappresentate come quelli che hanno il diritto di dirimere fra il bene ed il male, su tutto, sempre, perché non alzate la voce contro quanto accade alle donne iraniane, perché non bruciate le bandiere come avete fatto con quelle statunitensi e quelle israeliane non ultimo alla prima della Scala a Milano, perché non marciate davanti all’ambasciata iraniana urlando gli slogan delle femministe degli anni settanta, anche quelli più dissacranti.
O voi parlamentari perché non occupate l’aula del vostro ramo del parlamento all’urlo “siamo tutte iraniane”, perché non vi tagliate i capelli sedute al vostro scranno in onore delle donne iraniane, perché non chiedete al ministro degli Esteri italiano di convocare l’ambasciatore di Teheran, perché non proponete con un ordine del giorno al governo di dare la cittadinanza italiana alle donne iraniane frustate per un reato di opinione?
In pratica, o voi benpensanti, fate i benpensanti anche questa volta.
Per una volta, dopo che io, noi “cittadini semplici”, mi, ci siamo assai sentiti annoiati dai vostri discorsi senza contraddittorio reale sul covid, sul cambiamento climatico, sulle politiche economiche green, sulla decrescita felice, sulla Federazione Russa che ha perso la guerra in Ucraina, su quanto sono cattivi Trump e Netanyahu, su quanto è utile la farina d’insetto, per una volta, la prima volta, ci schiereremo anche noi, “cittadini semplici un po’ socialmente retrò”, e con voi urleremo al potere iraniano che non si può frustare una donna solo perché vuole vivere libera e con i capelli al vento.
Una annotazione per finire, quanto vorrei vedere i nostri giovani italiani saper rischiare per le loro idee quanto queste immense donne, ragazze, iraniane!
Quanto vorrei vedere i loro professori, così tanto pronti ad insegnare loro la cultura “gender” togliendo spazio all’italiano, alla storia ed alla matematica, spingere i loro discenti a manifestare a favore di queste donne iraniane come in altre occasioni abbiamo potuto vedere i nostri professori fare.
Queste donne iraniane, come non ammetterlo, ci stanno insegnando molto.
Sono donne che “fanno”, non “parlano al bar”.
Sono donne che combattono per la loro libertà di opinione rischiando la loro vita, non sparando agli altri.
Per loro mi alzo in piedi in segno di rispetto.
Ignoto Uno
09/01/2024
Un operaio per bene ci fa riflettere
Luca Campana, trentuno anni, moglie e due bambini piccoli, la notte di capodanno era ad una festa della Pro Loco di Rosazza, un paesino di un centinaio di abitanti nel Biellese, il cui sindaco è la sorella del sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia onorevole Andrea Delmastro Delle Vedove.
Alla festa per festeggiare il nuovo anno è presente anche un collega di partito, Fratelli d’Italia, del membro del governo Meloni, l’onorevole Emanuele Pozzolo, nato a Vercelli, trentanove anni, laurea in legge all’Università di Pavia.
Pozzolo arriva armato alla festa, fatto, di per se, insignificante.
Altrettanto insignificante, onestà intellettuale e rispetto dell’etica nello scrivere mi obbligano a dichiararlo con forza, la presenza del Sottosegretario.
In quel locale vi erano molte persone, anche bambini piccoli, solo chi ha sparato e, nel caso non fosse il legittimo proprietario della pistola, fatto che appare sempre meno probabile dalle ricostruzioni giornalistiche che si possono leggere, lo stesso proprietario dell’arma che avrebbe permesso a qualcuno di maneggiarla con, i fatti lo dimostrano, gravissima incuria.
Grave, invece, il fatto che l’onorevole Pozzolo abbia estratto la sua pistola e, ad oggi si ritiene totalmente accidentalmente, dalla stessa sia partito un proiettile che ha ferito ad una coscia Luca Campana.
Fatto gravissimo, questo parrebbe dalla lettura dei quotidiani, il dover prendere atto che lo stesso onorevole Pozzolo abbia cercato di dissimulare la dinamica che ha causato realmente l’incidente, il ferimento.
Addirittura, questo parrebbe dalla lettura di alcune testate, abbia tentato di far ricadere la responsabilità dell’evento sullo stesso giovane ferito.
Ancor più grave che, di fronte ad un evento così estraneo alla tutela dei diritti di opinione politica, il parlamentare di Fratelli d’Italia parrebbe essersi, in una prima fase, trincerato dietro le proprie tutele di parlamentare.
Luca Campana arriva a formare la propria decisione di querelare l’onorevole solo dopo ben quattro giorni e dichiara, per spiegare questa attesa, al Corriere della Sera “Io sono un semplice operaio e lui è un politico”.
In questa frase vi è tutta la tragedia italiana.
Un cittadino, un elettore, un marito, un padre, un lavoratore alla domanda sul perché ha aspettato quattro giorni per chiedere alla magistratura di tutelarlo dopo che qualcuno gli ha sparato, gli ha sparato davanti ad altre persone, dice “lui è un onorevole”.
Praticamente afferma “io ho paura che la giustizia preferisca tutelare l’onorevole a me che sono stato ferito”.
Non è importante se questo timore sia “fondato”, in questo caso, questa è la mia opinione, mi sento di escluderlo, l’elemento che deve costringere le forze istituzionali tutte e gli intellettuali a farsi delle domande è il “sentimento di ansia” che Luca Campana sembrerebbe esplicitare in quella sua affermazione.
Un operaio che, questo si nota dalle sue dichiarazioni, non intende “cavalcare” a suo favore quanto gli è accaduto. Una persona che, questo parrebbe, si definirebbe “una persona per bene”.
Una persona che, sempre alla stampa, dichiara “è stato un fatto accidentale”, ma allorquando gli viene domandato da un giornalista di La Repubblica se temesse ritorsioni sul posto di lavoro replica: “Per fortuna oggi in procura, su questo, mi hanno molto rassicurato”.
“Teme ritorsioni”? “Sul posto di lavoro”?
Perché dovrebbe temerle?
Perché lui, colui che ha subito il ferimento, dovrebbe aver “paura”?
Non di certo perché, questo è ai fatti di oggi, si possa nemmeno lontanamente pensare che l’onorevole Pozzolo sia un criminale, banalmente è un “politico” e, nell’Italia di oggi, si ha “paura” del “potere istituzionale”.
Neanche fossimo in una “autarchia”!
Oggi i parlamentari, questo permette una legge sbagliata, sono dei “nominati” dai “potenti” nei singoli partiti.
In Fratelli d’Italia, lo dimostrano i fatti, da Giorgia Meloni e sua sorella Arianna coadiuvate da qualche parente e da qualche amico stretto.
Se l’onorevole Pozzolo, un uomo che ha fatto una “stupidaggine”, una grave stupidaggine, ma che di certo non è un “assassino fallito”, un uomo che, però, non ha il senso delle “proprie responsabilità, tantomeno ha il senso che il suo ruolo lo deve costringere a comportamenti adamantini, se questo uomo è un “onorevole”, questo sì, la “colpa” è di chi lo ha “nominato”.
La nostra Costituzione, sempre dichiarata la “più bella del mondo”, recita nell’articolo 1 al comma 2 “ La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
“Forme e limiti”, forse, visti certi fatti, migliorabili.
Nel frattempo, potrebbe essere assai utile per la nostra Patria, che chi ha il potere di “nomina” lo eserciti molto meglio.
Magari scegliendo persone meno “suddite” e più rispettose del ruolo che, sempre pro tempore, concetto che vale sempre per tutti in una democrazia, sono chiamate a svolgere.
Da “cittadino semplice” ringrazio, nel porgergli gli auguri di pronta guarigione, il signor, operaio per bene, Luca Campana che, con le sue dichiarazioni “oneste”, forse, permetterà a chi si sente “intellettuale” di ragionare sul fatto che non basta scrivere su un muro “la legge è uguale per tutti”, al contrario è assolutamente necessario in una democrazia che i cittadini, intimamente, ritengano “la legge uguale per tutti”.
I fatto, oggi, dimostrano che siamo lontani da questo.
Ignoto Uno
07/01/2024

Al giovane, colpito alla coscia sinistra, i medici dell’ospedale hanno estratto il proiettile dimettendolo la mattina del 1 gennaio con 10 giorni di prognosi e le stampelle. Campana si è presentato negli uffici della procura in qualità di persona offesa insieme all’avvocato Marco Romanello ed è stato sentito dagli inquirenti. Campana ha negato di avere maneggiato la pistola nel momento in cui è partito lo sparo come lasciato intendere da Pozzolo, che è indagato per lesioni e altri reati. “Io sono un semplice operaio e lui è un politico” ha dichiarato Campana a Corriere Tv spiegando il motivo per il quale solo oggi ha presentato una querela. “Poteva andare molto peggio, alla festa c’erano dei bambini”.
Il bivio del 2024: accordi di pace o guerra mondiale
L’anno dei, probabili ed auspicabili, “grandi cambiamenti” è iniziato.
Saranno 4 miliardi,il 51% della popolazione mondiale, 76 Stati, le persone chiamate ad inserire una scheda nell’urna durante il 2024 per eleggere, in molti casi si fa per dire, colui che li dovrà governare negli anni a seguire.
Oltre all’Unione Europea, agli Stati Uniti ed alla stessa Federazione Russa, andranno al voto otto dei dieci paesi più popolosi al mondo.
In Africa voteranno in diciotto Stati.
Si dovrebbero tenere nel 2024, ma la legge marziale e lo stato di guerra fanno pensare che Zelensky preferisca rinviarle, anche le elezioni politiche in Ucraina.
Il tema delle “autarchie” e dei “massivi brogli elettorali”, questi ultimi anche in USA e nelle recenti elezioni di nazioni UE27, è sempre più presente e sentito dai corpi elettorali.
Il tema della democraticità e veridicità del momento elettorale, come stiamo vedendo nella campagna elettorale statunitense in corso, non riguarda esclusivamente le autocrazie, riguarda tutti.
Certamente riguarderà la Federazione Russa, certamente riguarderà la Repubblica di Cina, più giornalisticamente nota come “Taiwan”.
È stato proprio il leader della Repubblica Popolare di Cina, quella con capitale Pechino, Xi Jinping, nel discorso di fine anno, a ribadire la posizione del suo governo su Taiwan dicendo “la riunificazione della madrepatria è una necessità storica. I compatrioti, su entrambi i lati dello Stretto, devono unirsi e condividere la grande gloria del ringiovanimento nazionale”.
Parole minacciose, basate sui concetti di una unica “madrepatria” e sull’esistenza di “compatrioti su entrambi i lati dello stretto”, a cui hanno fatto seguito l’incessante utilizzo di palloni aerostatici spia che hanno sorvolato, provocatoriamente, Formosa, l’isola principale del piccolo Stato democratico asiatico.
Parole e comportamenti che creano preoccupazione a chi, “cittadino semplice” quale io sono, ha la consuetudine di studiare ed analizzare numeri e non parlare ideologicamente.
Tenere questo, poco frequentato ma certamente saggio, comportamento, permetterebbe di comprendere, temere, che la crisi economica strutturale della Repubblica Popolare Cinese, abbinata al molto probabile “rischio” di perdere un avversario “morbido”, quale è l’amministrazione Biden, potrebbe portare Pechino ad iniziare una operazione militare basata su una “formale” richiesta di aiuto da parte di “compatrioti” in pericolo a Taiwan.
A questo alto rischio si contrappone Biden che, sempre I ben informati, sarebbe assai assente alla Casa Bianca, fatto che permette al cosiddetto Deep State, a guida Obama, di governare al suo posto.
Obama che, nessuno lo nega più, è, sin dai tempi in cui era direttamente al potere, molto “amico” di Pechino.
Molti statunitensi inorridirono allorquando, vi sono immagini televisive a tal proposito, adornò personalmente l’albero di Natale della Casa Bianca con una immagine che ritraeva Mao Tse Tung.
Cambiando scenario, come non ricordare che la parola “controffensiva” è stata la più usata dai politici occidentali e dagli “opinionisti” nel rappresentare il conflitto in terra di Ucraina in questo ultimo semestre.
Controffensiva a lungo narrata come una “cavalcata delle Valchirie” ove l’esercito russo sarebbero stato distrutto dagli “imbattibili patrioti ucraini”.
Solo a titolo di esempio, tanto per riportare alla memoria degli “smemorati” i toni di questi mesi, ecco cosa scriveva, sui suoi social, il Segretario di Stato statunitense Blinken in data 11 ottobre “Ad oggi l’Ucraina ha riconquistato più della metà del territorio preso dalla Russia dal 2022”.
Al tempo il colonnello Giorgio Stirpe, analista militare italiano presso la NATO, ora in pensione, andava per studi televisivi a presentare il suo libro in cui rendeva edotti tutti noi “cittadini semplici” sulle motivazioni per cui “Putin avesse già perso il conflitto in Ucraina”.
Chi, timidamente, al tempo provava a contraddire la “narrazione” veniva sbertucciato dai soliti “opinionisti”.
Eppure coloro che provengono da studi militari, sottovoce e di nascosto, ovviamente senza nessuna visibilità mediatica utile a permettere nell’opinione pubblica il formarsi una libera idea, già al tempo, rappresentavano come, dal loro punto di vista, l’esercito russo stesse “gestendo” il momento tattico e stesse nella realtà in forte vantaggio militare.
Al tempo venivano denigrati come “filo Putin”, erano esclusivamente “più intellettualmente onesti”.
Oggi è assai palese che il popolo ucraino non è in condizione di vincere la guerra da solo e che l’occidente non è più in grado di supportare finanziariamente e militarmente il conflitto ucraino a lungo.
Questa guerra rischia di durare molto a lungo, fatto assai pericoloso per l’europa.
Oltre a questi due scenari, quello cinese e quello ucraino, vi è quello medio orientale con il connesso rischio iraniano e yemenita.
Del 3 gennaio scorso la notizia che il Regno Unito sarebbe pronto ad unirsi agli Usa per lanciare attacchi aerei contro lo Yemen e le basi degli Houthi, terroristi filo iraniani, dal Mar Rosso.
Uno spazio di mare ove, oramai, quotidianamente si susseguono attacchi da parte di questi terroristi non solo a navi commerciali ma, fatto molto preoccupante, a vascelli della Marina militare statunitense.
Venti di guerra, non venti di pace.
Questo è il 2024 oggi.
La vera domanda, di un “cittadino semplice” quale io sono, credo debba essere “chi abbia la necessità di far scoppiare un conflitto mondiale”.
Io, sempre “cittadino semplice”, abituato a costruire le mie opinioni sui numeri puri e non sulle ricostruzioni dei vari “opinionisti”, nel provare un certo “sorriso” nel vedere come i media nostrani stiano iniziando una “virata” sia in ordine alla guerra in terra di Ucraina sia in ordine agli Stati Uniti di Biden, vedo proprio nella profonda crisi economico finanziaria cinese e nella concomitante crisi di ceto politico in Stati Uniti ed in Europa le cause di questo, assai presente, rischio di escalation militare.
Le politiche, cosiddette “globaliste”, in politica economica di queste amministrazioni occidentali, tutte, legate a filo doppio a quella di Pechino, hanno prodotto la catastrofe in cui noi “cittadini semplici” dobbiamo sopravvivere, non più vivere.
In questo scenario, oggi che si intravvede la seria possibilità che il più acerrimo “nemico” del globalismo, quel cattivone di Donald Trump, per molti in Stati Uniti anche oggi “vero Presidente”, possa tornare alla Casa Bianca, non si può escludere che a qualcuno dei più potenti sia potuto venire in mente che con una “bella guerra”, così la si sente chiamare in certi ambienti, sia possibile “rimanere al potere”.
Uno scenario globale, un rischio globale, quello che chi, pro tempore, è chiamato a governarci deve gestire in nome e per conto degli italiani, solo degli italiani.
A tal fine come non accorgersi della necessità che il mondo giudaico cristiano sappia ritrovare i suoi storici equilibri.
Come non ricordare il boom economico occidentale durante la guerra fredda?
Come non ricordare la stabilità economica, e del cosiddetto ceto medio, in tutto l’ovest dopo l’incontro di Reykjavik?
Come non comprendere che a noi italiani, ed all’Europa tutta, serve iniziare un percorso di trattativa con la Federazione Russa che vada molto oltre la soluzione del conflitto in terra di Ucraina.
Un tavolo che superi gli accordi di Yalta e produca, nel nostro occidente, una pace di lungo periodo.
A Yalta gli Stati Uniti furono rappresentati da un presidente capace di gestire potere e mediare con l’alleato/nemico Stalin, era Franklin Delano Roosevelt, un democratico capace.
Oggi, forse, nel caso, per fortuna, il 2024 dovesse archiviare la parentesi Biden in Stati Uniti e ridare a tanti nel mondo un vero leader occidentale quale è il Presidente Donald Trump, potremmo sperare in una nuova Yalta, in una nuova Reykjavik, e, con buona pace dei tanti “tifosi”, nei media e nelle cancellerie, certamente nella nostra amata Italia, di questa “era globalista”, inizierà il tempo della “ricostruzione”.
Ricostruzione basata sul pragmatismo della “verità” e non sull’ideologia militante.
Ricostruzione che, come la storia ci insegna, si basa sul dialogo fra contrapposti.
Ricostruzione che, come la storia, ovviamente per chi studia e non interpreta, ci insegna, porta stabilità e benessere diffuso.
Ricostruzione, la nostra amata Italia ne ha così tanto bisogno, non solo materiale, ancor prima morale ed intellettuale.
Ricostruzione che, non potrà che andare così, si baserà sul reciproco rispetto e la reciproca credibilità dei leaders politici negli Stati.
Queste furono le precondizioni che hanno consentito settanta anni di pace e benessere al nostro occidente.
Anche alla nostra Italia che, a quei tempi, aveva uno statista a guidarla,quel De Gasperi che, leader di una nazione sconfitta, fu ritenuto “credibile” dai vincitori e, proprio per quella sua caratteristica, poté porre le basi socio economiche della ripresa della nostra nazione.
Basi che permisero il formarsi di forti alleanze e grandi successi italiani nel mondo.
Avrà il mondo intero il tempo per vedere arrivare alla Casa Bianca un uomo che parli di pace e stabilità e non di guerra e morte?
Avrà l’Italia uno statista del calibro di De Gasperi capace di pensare veramente alle sorti della propria Patria?
Oggi le nubi sono sempre più nere, chi può faccia fermare questi inutili rischi.
Ignoto Uno
05/01/2024
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