Italiano nel cuore
ma straniero di fatto,
campione del Mondo
di Kick Boxing,
ma nel silenzio.
Qui, non girano soldi.
Diventare Campioni del Mondo di uno sport duro come il Kick Boxing, dove disciplina e rispetto sono condizioni necessarie, sembra non interessare a i grandi media, comunicatori seriali solo per sport ricchi, capaci quindi di spendere fiumi di parole e pagine intere solo se fanno gola agli interessi economici.
Così non fa notizia quella passione coltivata in palestra, spesso rionale nata fin da piccoli forse per gioco, forse per volere dei genitori che saggiamente preferiscono impegnare i loro figli portandoli in palestra togliendoli dalla strada, magari perché non hanno il tempo di poterli seguire, spesso impegnati in lavori, quasi mai da ricchi.
Così Leonardo, il cognome non lo mettiamo per scelta, 16 anni, di Nazionalità Rumena, ma lui si sente Italianissimo e forse lo è più di tanti Italiani, poiché è nato e vissuto da sempre a Roma, pur se da genitori Rumeni.
Ama l’Italia e Roma, che difende forse più degli stessi Italiani e pratica lo sport, il Kick Boxing fin da quando aveva 7 anni circa.
Quest’anno è diventato Campione del Mondo categoria Kick Light.
Qualche trafiletto in qualche quotidiano, in fondo alla pagina dello Sport, insieme al suo amico del cuore, della stessa palestra Samuele, di un anno più grande di lui che ha vinto ben due Titoli Mondiali in due categorie diverse Kick Boxing, buttati li, più per dovere di cronaca che per convinzione, nonostante i numerosi altri titoli mondiali in varie categorie, di tanti giovani atleti.
Titoli mondiali che poco o nulla hanno destato l’interesse dei media.
Ma si sa, in questo sport girano pochi soldi, spesso gli atleti devono pure pagarsi le trasferte, e nonostante i duri sacrifici e gli allenamenti intesi, che nulla hanno da invidiare alla preparazione di più blasonate discipline, l’impegno è al massimo, ed i risultati, ci sono.
E’ proprio da una palestra di periferia che nasce una storia, quella di Leonardo, che deve far riflettere.
Un ragazzo di 16 anni, che ancora non ha la nazionalità Italiana, che vorrebbe a tutti i costi, e che si divide tra palestra e studio, con impegno e serietà.
Mentre oggi tanti burocratesi chiacchierano, forse sprecando fiato e senza considerare realtà che andrebbero valutate, trincerandosi dietro norme e leggi, incapaci di superare la praticità della vita, Leonardo partecipa al mondiale, indossando non la maglia di Italiana, che vorrebbe fortemente, ma la maglia Rumena.
Già, il mondiale lo ha vinto per la Romania.
Ma ciò che colpisce, non è la rivalità della nazionalità, che in tanti casi si evidenzia, bensì quella integrazione, quella superare ogni diversità territoriale, non legate ad interessi economici, ma all’essere Umano.
Così, vediamo gli allenatori della Romania, che hanno preso in carico il giovane Leonardo, e gli allenatori dell’Italia, uniti nel sostenere il giovane e felici di vederlo trionfare.
In un mondo dove le divisioni fanno da padrone, assistere e vivere storie come queste, commuovono, e dovrebbero essere amplificate, rese pubbliche.
Sono questi gli esempi che dovrebbero essere proposti. Esempi, questi, che fanno crescere i giovani sani, forti, e soprattutto insegnano quei principi, quell’equilibrio e quella cultura che oggi sembra essere smarrita.
E’ importante sapere che a guidare questo percorso di Leonardo c’è Manuel Peretti, insegnante Feder Combat TaekWondo, lo stesso che segue anche Samuele, nella stessa palestra, e tanti altri giovani atleti. Un insegnante con quella passione che da ventiquattro anni lo accompagna, avendo iniziato ad insegnare a 16 anni.
Un insegnante che cura con amore ma con grande cura i propri allievi, stringendo con essi anche un patto.
Si viene in palestra dopo aver studiato e fatti i compiti di scuola, altrimenti non ci si allena.
Un insegnamento non comune, ma un patto preso con grande serietà e che va rispettato cui non si fanno deroghe.
E, anche di questo, ne abbiamo avuto la conferma.
Leonardo e Samuele, due combattenti, due Campioni del Mondo.
Abbiamo chiesto ad entrambi, cosa vi ha insegnato questo sport?
All’unisono, contemporaneamente come solo la casualità può fare, la risposta univoca è stata: Manuel la prima cosa che ci ha insegnato è stata, Disciplina e Rispetto. Rispetto degli insegnanti e degli avversari.
Aggiungere altro, non serve se non a sperare che i Media si interessino a questi sport “minori”, che certamente non arricchiscono economicamente, ma impreziosiscono l’essere umano.
Mens sana in corpore Sano
Ettore Lembo
15/11/2022