Italia, per migliorare
bisogna cambiare
Sir Winston Churchil disse che “non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”.
Questo aforisma del grande statista mi sembra calzare appieno alla storia degli ultimi trenta anni della nostra amata Patria.
Era il 17 febbraio 1992 ed io ero un giovane adulto in carriera allorquando il telegiornale mi informò che il presidente del Pio Albergo Trivulzio, a Milano, veniva arrestato mentre intascava una tangente.
Il suo nome era Mariotto Chiesa, socialista Craxiano, ignoto ai più ma uomo di straordinario potere in quella che al tempo veniva definita la “Milano da bere”.
Quel giorno iniziò un percorso, allora osannato da tutti, che modificò in profondità il tessuto socio politico economico e culturale della nazione. Lo chiamarono “mani pulite”.
Sono passati trenta anni, guardo indietro, mi ricordo chi eravamo, come vivevamo, quali erano le nostre speranze, le nostre rabbie, i nostri valori e mi chiedo se siamo veramente diventati una Italia migliore.
La risposta, almeno la mia, è “no”.
Nel 1992 vi era una diffusa corruzione morale, un endemico clientelismo, gli italiani ne erano estremamente stanchi.
Oggi, questa la mia umile opinione di “cittadino semplice”, la corruzione morale ed il clientelismo sono ancora più diffusi rispetto a quel tempo.
Oggi la corruzione, in ogni sua triste forma, regna sovrana.
Nel 1992 il popolo dei semplici italiani credeva ciecamente in due istituzioni cardine dei sistemi democratici: la magistratura ed il sistema dei media.
Oggi la magistratura è piegata da un eccesso di carrierismo politico che la induce ad usare la legge come clava e non come strumento di garanzia della libertà democratica della nazione tutta.
I cittadini onesti la vivono con paura e non come strumento a loro protezione.
Il sistema dei media si è trasformato da “quinto potere”, organo di controllo della tenuta democratica del Paese, a strumento di propaganda del potere.
Informazione e, così auto definita, contro informazione sembrano, con pochissime eccezioni, due pastori maremmani posizionati ai due estremi del gregge di pecore.
Ove le “pecore” siamo noi “cittadini semplici”. Pecore da condurre verso il mattatoio molto più che verso l’ovile.
Era il 1992 e la politica portava nel nostro Parlamento persone, allora tutte additate come “usurpatori del bene comune”, quali Andreotti, De Mita, Forlani, Goria, Craxi, De Michelis, Zanone, Occhetto e tanti tanti altri. Politici che, al tempo, furono massacrati, Craxi fu fatto addirittura oggetto di un famoso lancio di monetine e ridotto all’esilio.
Oggi vediamo la stessa caratura culturale e politica nel nostro molto più ameno che austero Parlamento?
De Mita venne, tanto per esplicitare il mio pensiero, additato da un famoso “avvocato” di Torino con un, non amichevole, titolo di “filosofo della Magna Grecia”, oggi la quasi totalità della nostra classe politica ha difficoltà anche con il congiuntivo ed il condizionale.
Nel 1992 vi era un politico di nome Gianni De Michelis che ideava un grande progetto di pace ad est dell’Italia che denominò “esagonale”.
Progetto che aveva l’ambizione di porre la nostra Patria al centro degli scambi culturali ed economici fra la vecchia Europa ed i paesi ex Patto di Varsavia.
Oggi in Europa la nostra Italia pesa meno della tanto bistrattata Ungheria di quel “cattivone” di Orban ed i nostri politici ed intellettuali vivono a colpi di slogan conditi da un mantra assai noioso: l’Europa lo vuole.
“Europa” che assai di sovente si declina come sinonimo di “poteri finanziari” o “poteri forti”. Quelli che, tanto per parlar chiaro, hanno come obiettivo l’annichilimento della cosiddetta classe media.
Nel 1992 il rapporto fra debito pubblico e PIL non raggiungeva il 100%, oggi supera il 134% con buona pace del fatto che abbiamo avuto un certo numero di “Governi dei migliori”.
Nel 2022 i giovani italiani espatriati sono più di 9 milioni.
Giovani in cerca di un mondo migliore.
Nel 1992 erano gli oriundi italiani del Sud America che volevano rientrare in Italia per vivere una vita migliore.
Oggi anche i clandestini usano la nostra amata Patria come piattaforma di ingresso in Europa per poi scappare verso lidi migliori.
Nel 1992 esisteva la Fiat, la Parmalat, il Made in Italy del lusso e tutti questi erano in gran parte marchi, maestranze, competenze italiane.
Ricchezza italiana che rimaneva in Italia.
Oggi di italiano non vi è quasi più niente e siamo al paradosso che le aziende controllate dal ministero dell’economia si rappresentano fiscalmente come aziende dei Paesi Bassi e pagano ad Amsterdam le tasse.
Il ceto politico, dirigente ed intellettuale italiano di questi trenta anni è il colpevole di tutto questo.
Il “merito” non si crea con un titolo o modificando il nome di un ministero, si crea con il ripristino dei valori che lo identificano.
Ecco appunto Churchil, la nostra amata Italia in questi trenta anni è cambiata, certamente non migliorata, per alcuni peggiorata, ma se non fosse cambiata, fosse rimasta quella del pentapartito e del consociativismo con il partito comunista oggi sarebbe ancora peggio di quello che è.
Per “migliorare bisogna cambiare” ci insegna lo statista.
Per l’Italia, ancor più per gli italiani, è arrivato il tempo del “cambiamento”, non del tornare indietro, ma del guardare avanti.
L’Italia ha davanti un periodo di enormi difficoltà, tutte dovute a scelte errate compiute dal suo ceto dirigente in questi trenta anni.
I numeri lo dicono, i fatti lo dicono.
La nostra amata Italia, conseguentemente noi cittadini, non abbiamo una autonomia energetica, non abbiamo più una massa critica industriale nel settore siderurgico, chimico e metalmeccanico, non abbiamo una autonomia nel settore delle nanotecnologie, non abbiamo un settore della ricerca vero e propositivo, non siamo competitivi con le nostre università.
La nostra amata Italia non cresce demograficamente e vede i suoi giovani lasciare la nazione per disperazione, ha una burocrazia ridondante clientelare ed estremamente costosa, la giustizia in ogni ordine e grado non ha più la fiducia del popolo che deve proteggere, nemmeno a livello di Corte Costituzionale, nemmeno da parte degli altri settori della sicurezza nazionale.
Gli italiani sono divenuti individualisti, disattenti al bene comune, tristi, in alcuni casi aridi, certamente disincantati e sfiduciati.
Questa è l’Italia che vedo io “cittadino semplice”, una Italia che i media non ci raccontano e, questo, crea ancora maggior disagio nelle famiglie che non si riconoscono in ciò che sentono in televisione e leggono sui giornali.
Le famiglie italiane hanno sempre più paura, hanno addirittura il timore per i propri conti correnti.
I media parlano di PNRR, quello che fino a poche settimane fa risultava “tutto fatto dal governo Draghi” ed oggi vede “opere a rischio” che potrebbero non essere realizzate per 44 miliardi.
I media parlano di miliardi, le famiglie di portafogli sempre più vuoti.
Socrate insegnava ai suoi discepoli che “Il segreto del cambiamento non è nel combattere il vecchio, ma nel costruire il nuovo”, ecco questo mi porta alla mente la fotografia, certamente a tinte fosche, che emerge nel cercare di guardare la nostra amata Italia governata, sempre dagli stessi, in questi trenta anni. Trenta anni di “sondaggi per fare scelte”, tanti sondaggi e nessun statista.
Gli italiani non hanno più molto tempo per iniziare a “costruire il nuovo”, magari buttando il cuore oltre l’ostacolo dopo la delusione che molti hanno provato nel vedere la distanza fra le promesse ed i fatti nel patto di cambiamento che sottoscrissero in molti con il M5S.
Io, “cittadino semplice”, non posso che augurare a tutti noi che siano in numero sufficiente quelli che amano Socrate.
Un uomo di dubbio alla ricerca della conoscenza.
Non del “sondaggio”.
Ignoto Uno
03/12/2022