Dal D-Day alla insignificante Europa di oggi
Ottanta anni fa, era il 6 giugno 1944, 156mila uomini iniziarono la battaglia che portò alla liberazione dell’Europa.
Erano agli ordini del generale americano Dwight David Eisenhower, noto con il soprannome di “Ike” e futuro 34º Presidente degli Stati Uniti.
Quel giorno, che entrò nella storia con il nome D - Day, ebbe inizio “Operazione Overlord”, il più ampio sbarco militare mai avvenuto.
Lo sbarco in Normandia fu il primo passo verso la liberazione, da occidente, del territorio europeo.
Ad est l’allora Unione Sovietica, con l’Armata Rossa, da tre anni sosteneva un aspro conflitto contro le truppe della Germania nazista.
Furono 11.643 i sodati alleati che in quel D - Day persero la vita o rimasero feriti per portare la libertà al popolo francese e a tutta l’Europa.
Imponenti le forze utilizzate direttamente nello sbarco dagli alleati.
Furono 88.600 i soldati americani e 61 715 i britannici impegnati quel giorno. Utilizzarono 7.000 mezzi navali e 7.500 aerei.
I francesi che sbarcarono su quelle cinque spiagge - passate alla storia con i nomi in codice di Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword - furono circa 400.
La Seconda Guerra Mondiale finì in Europa il 7 maggio 1945, poco meno di un anno dopo, con la firma del documento di resa da parte del generale nazista Alfred Jodi.
In tutto furono 290mila i militari statunitensi morti e 670mila quelli rimasti feriti durante il conflitto, 8milioni le vittime militari dell’allora Unione Sovietica, senza dimenticare i britannici e i soldati delle altre nazioni alleate.
I partigiani, italiani e francesi, fecero certamente la loro parte per estirpare il nazifascismo in Europa, ma i numeri parlano chiaro allorquando riportiamo alla nostra memoria che quelli italiani, a noi più cari, furono in tutto circa mezzo milione di cui caduti in azione o nelle mani del nemico 44.700 durante tutto il conflitto.
In Italia il 3 settembre 1943 era stato firmato l’Armistizio di Cassibile, definito anche "armistizio corto", siglato segretamente dal generale Giuseppe Castellano su ordine di Badoglio e della Casa Reale.
Armistizio che divenne pubblico l'8 settembre del 1943.
A causa della totale mancanza di informazione preventiva alle truppe italiane la firma di questa “resa” dette origine ad una dura reazione tedesca a cui le truppe italiane non poterono contrapporsi perché prese alla sprovvista con la conseguente occupazione nazista della nostra Patria.
Occupazione che portò ancor più dolore e terrore nella nostra Patria, occupazione che vide una asservita Repubblica di Salò affiancarsi a quelli che non possiamo definire in altro modo se non “macellai nazisti”.
Come non ricordare i 775 morti che quei tedeschi vollero uccidere nell’eccidio di Marzabotto, piuttosto che le 650 di Sant’Anna di Stazzema o, fra le innumerevoli meno note, le 59 assassinate nella Strage del Turchino!
C’è da chiedersi se questa tanto insignificante Europa abbia veramente lavorato in questi ottanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale per sanare profondamente le ferite fra i popoli che la compongono oppure se tuttora, oltre la perbenissima e finta facciata formale, vi siano ancora presenti Stati, e popoli, membri di questa Unione Europea che, uniti fra loro da legami indichiarabili, usando le “armi” della burocrazia e della finanza lavorino per opprimere gli altri popoli europei.
Già dal 1941, a Ventotene, gli antifascisti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, in quell’isola confinati, avevano ragionato su una Europa unita ed avevano formalizzato il loro pensiero in un testo passato alla storia con il nome di Manifesto di Ventotene.
La stesura finale, del 1944, si formava in tre capitoli: La crisi della civiltà moderna, i Compiti del dopoguerra e la riforma della società, L’Unità Europea.
Una Europa quella da loro sognata che nulla ha a che vedere con questa.
Oggi, ad ottanta anni appunto, la tristezza sovrasta chi lègge insieme queste tre fondanti date e le contrappone alla drammatica pochezza dell’Europa che pretende di dettarci le regole non solo di vita ma, anche, della morale.
Impossibile, infatti, non constatare quanto i risultati di questa Europa burocratica ed assai spesso follemente ideologica abbiano impoverito i popoli che la compongono sotto ogni punto di vista.
Una Europa impalpabile e succube sia della Cina che degli Stati Uniti a conduzione Biden che, sfido a negarlo, non ha avuto nessuna crescita economica negli ultimi decenni al contrario di ogni altra parte del mondo.
Chi crede, io certamente fra questi, nel valore della libertà espresso in ogni sua forma, chi crede, io certamente fra questi, nella forza delle radici tradizionali, in primis nelle origini giudaico cristiane, vive con mestizia questa Europa che non sa nemmeno rispettare se stessa.
Vive con dolore il ricordo di chi ha tanto combattuto per dare a noi tutti la democrazia, combattuto fino anche all’estremo sacrificio.
Vive con senso di disagio la campagna elettorale che ci ha accompagnati tutti al voto dei prossimi giorni.
Molti degli aventi diritto al voto, proprio per questo, è assai probabile che non si presenteranno ai seggi, pressoché tutti o quasi coloro che andranno alle urne per esprimere il proprio pensiero lo faranno con altri intenti completamente legati a fatti inerenti il proprio Stato e non alla definizione di una linea politica comune in Europa.
L’Europa dal prossimo lunedì sarà ad un bivio: da un lato iniziare a passo assai rapido una fase costituente che, proprio nell’alveo del Manifesto di Ventotene, porti presto i cittadini a vivere in un vero Stato Federale ed a votare direttamente per il loro Presidente, dall’altro il prendere atto di un fallimento e sciogliere un matrimonio senza più, per molti, senso.
Un matrimonio che appare sempre più innaturale.
Il cuore e la razionalità porta a sognare un vero Stato Federale, quello pensato a Ventotene appunto.
Nel guardarsi intorno, però, impossibile identificare dei novelli Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, altrettanto introvabili figure quali furono Alcide De Gasperi, Helmut Kohl e François Mitterrand, solo per citarne alcuni.
Poche le facce nuove che diano il senso, e la speranza, di un cambio di passo, fra queste non posso non menzionare quel Vannacci assai attaccato dagli innamorati di questa Europa burocratica ed a trazione franco - tedesca.
Il Generale Vannacci verrà eletto, a lui ed a tutti i futuri parlamentari europei un monito.
In assenza di un immediato cambio di passo difficile non temere, forse addirittura sperare, che questa esperienza di Europa unita lasci il passo a qualcosa di più amato dai singoli popoli che la compongono.
Forse il vuoto che ne conseguirà potrà essere colmato con qualcosa di migliore, direi di assai più credibile.
Ignoto Uno
06/06/2024