Pubblichiamo una risposta
al Giudice Roia inerente l'articolo
apparso su il fatto quotidiano
del 2 Giugno 2023
che ci ha inviato Paola Fendoni,
scrittrice ed ipnotista.
![](images/Pubblichiamo-una-risposta-al-Giudice-Roia_yvo0w0ew.png)
Punti di vista che pur se divergenti evidenziano l'importante preoccupazione che l'aumento di casi di femminicidio sta procurando non solo tra l'opinione pubblica ma anche tra gli addetti ad i lavori: inquirenti, medici, sociologi, psicologi, e via dicendo.
Per completezza di informazione alleghiamo il link dell'articolo ispiratore della risposta.
Ettore Lembo
05/06/2023
Caro Giudice Roia,
Ho letto con profonda preoccupazione le sue dichiarazioni riguardo alla violenza di genere a fronte del 41° femminicidio commesso in Italia nel 2023 e vorrei esprimere alcune riflessioni dirette e sincere. È evidente che lei sia un esperto nel campo giuridico, ma temo che le manchi una comprensione approfondita delle dinamiche complesse che caratterizzano questi tragici eventi e dei disturbi psicologici che affliggono chi li compie.
Mi permetta una premessa. La violenza sulle donne ed il femminicidio rappresenta una problematica che richiede un'attenzione specifica e mirata. Sebbene sia importante considerare anche altre forme di violenza di genere, è fondamentale mantenere il focus sulla violenza diretta verso le donne. Questo ci permette di affrontare le cause profonde di questi delitti che contribuiscono a perpetuare tali comportamenti violenti.
Quindi mi scusi se parlerò di violenza sulle donne e non di violenza di genere.
Affermare che la responsabilità della violenza sulle donne ricade interamente sulla società è, a mio avviso, un'analisi superficiale. Sono convinta che la responsabilità sia SEMPRE personale, e non può essere ignorata o scaricata su qualcun altro e men che meno sulla società. Le vittime di questi abusi sono spesso costrette a rinunciare alla denuncia dei loro aguzzini perché non vengono credute, perché la violenza psicologica che subiscono non viene riconosciuta e perché temono seriamente per la propria vita. Aggiungiamo a ciò il fatto che, durante il processo, sono costrette a sopportare ulteriori violenze psicologiche nelle aule di tribunale e nelle varie fasi legali.
Le sue parole sulla necessità di aumentare il numero di magistrati che si occupano di violenza sulle donne e di adottare misure cautelari per proteggere le vittime sono apprezzabili, ma non basta. È imperativo che questi magistrati siano adeguatamente preparati per riconoscere i segnali e la pericolosità di questi individui. Purtroppo, troppe volte le tutele per le vittime sono insufficienti, e le conseguenze possono essere devastanti.
Non possiamo accontentarci di misure superficiali. Dobbiamo affrontare la violenza sulle donne in modo più incisivo e concreto. È fondamentale investire nella formazione di tutti i professionisti coinvolti nel sistema giudiziario affinché abbiano le competenze necessarie per affrontare queste problematiche complesse in modo adeguato. Solo così potremo garantire una vera protezione per le vittime e lavorare insieme verso una società più equa e giusta.
Le chiedo quindi di riflettere attentamente sulle sue parole e sulle implicazioni che possono avere per le donne vittime di violenza. È necessario un impegno sincero e un cambio di prospettiva per far sì che le istituzioni, compreso il sistema giudiziario, siano realmente in grado di supportare e tutelare le vittime. Non possiamo permettere che la nostra società perpetui l'idea che la donna sia una proprietà da cui ci si può disfare impunemente.
La sfida che ci attende è grande, ma possiamo superarla insieme. Chiedo a lei, in qualità di esperto e giudice, di adottare una prospettiva più empatica della psicologia delle vittime e di lavorare attivamente per promuovere un cambiamento reale e tangibile nella lotta contro la violenza sulle donne.
Cordiali saluti,
Paola Fendoni
05/03/2023
A questo link l'intervista a cui faccio riferimento: