I cattolici in politica
appaiono irrilevanti
perché non difendono con vigore i valori "irrinunciabili"
“Non può e non deve sfuggire come alcuni programmi elettorali proposti per la consultazione del prossimo 25 settembre siano in assoluta contrapposizione con la dottrina cattolica e con la Chiesa per la presenza di punti come, ad esempio, le istanze della ideologia gender, il suicidio assistito o l’eutanasia, il cosiddetto riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne (sotto quest’ultima espressione spesso si intende l’appoggio e la diffusione della pratica dell’aborto e la lotta all’obiezione di coscienza dei medici e degli infermieri): tali argomenti esigono un’oggettività di valutazione morale e, da parte del cattolico, non possono essere valutati in relazione a parametri accessori dipendenti dalla contingenza delle situazioni oppure da una considerazione soggettiva di un ipotetico ‘male minore’”.
A scrivere queste parole, molto chiare, è il vescovo di Ventimiglia-San Remo, Antonio Suetta, in un messaggio rivolto ai fedeli in questi giorni. Purtroppo sono pochi i credenti in Italia che siano in grado di cogliere lo stretto legame che esiste tra la fede e il Vangelo, da una parte, e il voto politico dall’altra. Infatti, pur essendo l’Italia abitata da una larga maggioranza di battezzati, lo spezzettamento politico è estremo, attivisti “cattolici” sono presenti dall’estrema destra all’estrema sinistra e così non si capisce più dove indirizzare il voto, se si volesse votare per qualcuno che intenda rappresentare e difendere con una certa coerenza l’insieme dei valori della dottrina sociale e morale proposti dalla Chiesa.
Ci si chiede come sia stato possibile che, dopo oltre 40 anni di presenza di un cattolicesimo organizzato e anche in qualche modo rappresentato dal partito della DC, improvvisamente i cattolici siano quasi “spariti”, sparpagliandosi in tutti gli schieramenti secondo le diverse visioni e preferenze e di fatto diventando ininfluenti.
Di questo tema si sono occupati, recentemente, due commentatori sul “Corriere della Sera” (giornale apertamente schierato a sinistra): il primo è stato lo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi (18 agosto); il secondo lo storico ed editorialista Ernesto Galli Della Loggia (29 agosto).
La triste constatazione dei due commentatori è stata questa: oggi, a parte qualche uscita del Papa sui temi a lui cari dei migranti e dell’ecologismo (la “Madre Terra” o Pachamama, statuetta amazzonica portata addirittura in Vaticano e davanti alla quale molti prelati si sono genuflessi!), per i cattolici in politica e nell’agone sociale non si rileva uno spazio organizzato e definito che li qualifichi protagonisti in quanto tali. I credenti – sembrano dire Riccardi e Della Loggia – ci sono, sono numerosi, ancora rappresentano la maggioranza socio-culturale del Paese, ma non hanno più una loro pubblica rappresentatività e tantomeno la capacità di incidere a livello politico-parlamentare “in quanto tali”.
Della Loggia in particolare imputa ai vescovi e alla Cei di essere sostanzialmente afoni e di farsi sentire di tanto in tanto “con alcune paginette dedicate all’auspicio dell’ovvio” (notare la feroce ironia) “cercando di mantenere in piedi la finzione dell’identità cattolica. Che la Chiesa per prima sa bene essere una finzione, sicché proprio per cercare di mantenerla in piedi non può fare altro …che raccomandare a se stessa, ancora una volta, il più assoluto silenzio nel dibattito elettorale in corso”.
Considerando che Riccardi e la sua Sant’Egidio di fatto sono schierati con il PD e con tutte le realtà che a vario titolo sostengono da sinistra le politiche pro-migrazione e – secondo rilievo – che lo stesso Della Loggia sostiene che “dopo la fine della DC esponenti vecchi e nuovi del mondo cattolico … si sono schierati sì col PD ma sempre nella sostanza come dei puri vassalli fiancheggiatori … con la speranza forse di dare un’anima cristiana a una sinistra rinnovata ….”, il quadro che emerge dai due scritti è di una sostanziale sudditanza e irrilevanza dei cattolici in quanto “corpo sociale” culturalmente rilevante.
Diverso il discorso da parte di altre singole figure di cattolici che – schierati in partiti diversi, sia a destra sia a sinistra – spesso fanno sentire la loro voce, anche autorevole. Senza citare nomi particolari, si può dire che su alcuni temi specifici (aborto, lobby gay, gender, eutanasia, droghe libere, suicidio assistito e altre tematiche eticamente rilevanti) ogni tanto la visione cristiana della realtà emerge da parte di questi pochi “coraggiosi”, e qualche volta anche assume un ruolo rilevante di discrimine tra le opzioni in gioco. Purtroppo sono e rimangono voci isolate, perché nei partiti – specie in quelli del centrosinistra – la loro presenza di fatto è mal sopportata e se solo osano alzare i toni per riportare all’attenzione valori nodali dell’ethos cattolico, vengono pesantemente silenziati e ricondotti alla sottomissione alla “ragione di partito”.
Quindi c’è da chiedersi dove stia il problema di questo “silenzio assordante” del cattolicesimo sociale che, invece, a partire dalla metà dell’Ottocento e per tutto il Novecento ha costituito una guida alta e rispettata dell’umanesimo occidentale, tanto da innervarne le principali istituzioni: pensiamo a quanto l’Unione europea debba ai loro fondatori “cattolici” (Schuman, Adenauer, De Gasperi), senza parlare delle Costituzioni democratiche di varie nazioni che risentono apertamente dei valori cristiani.
C’è chi argomenta che questo silenzio e sudditanza valoriale sia da attribuire al conformismo delle élite cattoliche che si sono progressivamente appiattite soprattutto sugli schieramenti di sinistra per garantirsi posti in politica e prebende. C’è anche chi imputa alle gerarchie ecclesiastiche (compresa quella italiana) di avere accolto o “subito” il ciclone-Papa Francesco con la sua visione “sinistrina” (come lui stesso una volta si è definito), con ciò stesso mutilando qualsiasi voce o pulsione centrista o di centro-destra per timore di tirorsioni sul piano delle “carriere ecclesiastiche”.
Sarebbe invece opportuno mettere di più l’accento sul “pensiero fluido” dei cattolici di oggi (parliamo di quelli che occupano posti rilevanti nella politica, cultura e giornalismo) dai quali è difficile cogliere affermazioni chiaramente in sintonia con la dottrina sociale della Chiesa. Sembra che questa dottrina, con i suoi valori secolari (quali i “principi non negoziabili” di Papa Ratzinger-Card. Ruini, rifiutati dalle élite cattoliche) non faccia più parte organicamente dell’anima cattolica di chi ci governa, di chi scrive o di chi occupa cattedre e posti di rilievo. Ad esempio, si sposano i valori dell’accoglienza (a volte indiscriminata) dei migranti, ma si chiude un occhio – spesso tutti e due! – sui disvalori legati a comportamenti sessuali decisamente contro la legge divina. Si urla alla difesa della vita ad esempio delle donne vittime di femminicidio e non si dice nulla sulla difesa della vita del nascituro nel grembo materno.
I valori cattolici sono quindi presenti, ma come sparpagliati all’interno dei partiti e movimenti, con diverse accentuazioni e comunque non più declinati in senso unitario, dove uno di tali valori sostiene l’altro ed entrambi sono necessari per assicurare un “umanesimo integrale” che non trova riscontro nelle odierne società.
Una ricetta per far rinascere il movimento cattolico in Italia non c’è. Al momento, di fronte alla “fluidità” che non è soltanto degli Lgbt+ ma anche dei cattolici in politica, si può soltanto sperare che i più consapevoli si diano da fare per essere testimoni credibili, seppure a livello singolo o di piccoli gruppi, perché non si spenga il lumicino dei valori cristiani che sono quanto mai vivi e dal valore indiscutibile.
Il Credente
21/09/2022