UTOPIA DELLA PACE - ETTORE LEMBO NEWS

Title
Vai ai contenuti
Israele in guerra. Utopia della pace, utopia della guerra. Pragmatismo degli accordi
Le guerre nel mondo, secondo la Caritas, sono 170 di cui 23 ad alta intensità.
In questi anni i media hanno focalizzato la loro attenzione su quella Ucraina. Una di centosettanta.
Dal 7 ottobre scorso hanno sostituito la tragedia in terra di Ucraina con una nuova tragedia, quella in Israele.
Della prima, inoltre, si deve notare un interesse “tardivo”, dal 2014 al 2022 che i “bambini fossero uccisi in quel del Donbas” interessava zero e gli inviati rimanevano nelle loro redazioni.
Ai “cittadini semplici” come me la guerra in terra di Ucraina raccontata dai grandi media in tempo reale, neanche fosse una partita di calcio ai tempi di novantesimo minuto, è sempre sembrata un modo per favorire il consenso delle opinioni pubbliche occidentali di un vorticoso giro di soldi che, dalle tasse dei contribuenti statunitensi ed europei, si “muovevano” solo in parte, ci sarebbe da chiedersi quanto grande, verso i bisogni sociali e bellici del popolo ucraino e, per il resto, andavano chissà dove.
La “regia” di questo vorticoso movimento di soldi sembrerebbe essere facilmente identificabile negli Stati Uniti di Biden assecondati dai suoi vassalli presenti in europa.
Chiarissimo, infatti, in questi quasi due anni, il fatto che i media non si soffermassero su cosa avesse causato la guerra ma, al contrario, quasi esclusivamente, si focalizzassero nel “convincere” l’opinione pubblica su chi “avesse ragione”, dal punto di vista della singola testata ovviamente, in quello specifico conflitto.
Il tema sui media non è stato, mai, lo stimolare la creazione di un tavolo atto a identificare un “punto di mediazione” capace di fermare le armi.
Io, sempre “cittadino semplice” con i capelli oramai canutì, mi ricordo il vecchio detto popolare che recita “la ragione si da ai fessi ”conseguentemente, cercando di non farmi annoverare in questa eletta ed assai ampia schiera, provo a ragionare sul concetto di “pace” come punto di caduta di un equilibrio fra opposti.
Nel caso ucraino la “pace” invocata dai media si doveva interpretare come “resa” di “Putin” ancor più che della Federazione Russa.
Nel caso israeliano la “pace”, secondo i midia nostrani, deve passare per una trattativa fra lo Stato d’Israele e il gruppo terroristico di Hamas, cosa ben diversa dallo stato Palestinese.
Hamas d'altronde, non crede in uno stato palestinese, bensì propone la visione di uno stato Islamico Sunnita. Hamas, in pratica, è parte integrante di quella primavera araba globalista che veniva proposta dall’ISIS e che si riprometteva di cancellare i singoli stati arabi.
La “pace” non è il raggiungimento del “equilibrio perfetto”, è la continua ricerca dell’equilibrio con l’altro, il nemico.
La “pace” è fra i popoli, non fra le fazioni.
La “pace” non può che essere raggiunta se non attraverso il confronto ed il rispetto dell’altro. Altro che deve essere “credibile”.
L’idea “terroristica” che si possa addivenire ad una “stabilità”, ad una “quiete”, attraverso la sopraffazione è Impensabile. Direi intollerabile.
A causa di questo non ha molto senso cercare chi abbia “ragione”, o “più ragione”, in un conflitto basato su comportamenti terroristici, ne si può chiedere il rispetto di leggi internazionali del diritto di guerra allorquando di fronte vi sono terroristi e non un esercito regolare.
L’assunto di base, ancor più oggi nel terzo millennio, non può che essere che in guerra hanno tutti torto ma, anche, che non si può utilizzare la parola “guerra” se non ci si trova di fronte allo scontro armato fra eserciti regolari che tutelino gli interessi, più o meno leciti, di Stati sovrani.
Non si può definire “guerra” una “azione terroristica”, ne si può pensare ad una “tregua” con dei terroristi, tantomeno ad un “negoziato di pace”.
Ovviamente diverso il concetto di “trattativa con i sequestratori”.
Questi concetti appaiono a me, “cittadino semplice”, delle “ovvietà”, purtroppo la pochezza di molti politici dei nostri tempi ci danno torto.
Incredibile che vi siano Stati, ed i loro governi, che legittimino gruppi terroristici, fra questi Hamas ed Hezbollah.
Altrettanto incredibile che vi siano governi, anche di super potenze, che legittimano, e finanziano, Stati che intrattengono rapporti con gruppi terroristici, fra cui questi.
La motivazione è che la sopraffazione terroristica non può che causare altro che sopraffazione di Stato in una logica causale che non troverà mai un punto certo di partenza.
Non è questa la strada per legittimare i propri diritti, noi italiani lo abbiamo capito attraverso il triste periodo in cui la nostra Patria fu colpita dal terrorismo rosso e nero.
Confondere azioni terroristiche come quelle che Hamas ci ha costretti a vedere in queste ore non hanno nulla a che vedere con la gloriosa guerra partigiana che salvò la dignità alla nostra Patria colpita da una dittatura che seppe, addirittura, promulgare leggi razziali.
I nostri partigiani combattevano il “nemico armato”, non uccidevano bambini, donne, persone inermi.
Gli statisti, quelli che oggi sono assai difficili da identificare, sanno che la soluzione per la composizione delle diverse posizioni deve essere sempre raggiunta attraverso la trattativa.
Trattativa fra enti rappresentativi di popoli. I terroristi non lo sono.
Trattativa che non è altro che la ricerca di una terza via che componga una mediazione accettabile delle diverse posizioni socio politiche dei contendenti.
Una trattativa non può avere altro elemento di partenza se non i “bisogni” del momento.
Nel rispetto delle divergenze, paradossalmente anche del odio reciproco. Odio che va represso.
La “saggezza” è saper “congelare i rancori” ed iniziare un “percorso nuovo”, percorso basato sul dialogo e la comprensione dell’altro.
Lo Stato di Israele e lo Stato della Palestina ci provarono con gli Accordi di Oslo, successivamente falliti soprattutto per la volontà degli Stati arabi e dell’Europa di boicottarli.
Più recentemente, partendo proprio da quel fallimento, sotto la regia del Presidente Trump, lo Stato di Israele ha firmato con alcuni Emirati Arabi i Patti di Abramo, prodromici ad una pace complessiva in medio oriente.
Nelle ultime settimane iniziava a prendere forma la firma di identici Patti fra Israele ed Arabia Saudita.
Fatto che, sembra palese, ha preoccupato molti, sia nel mondo arabo che in alcuni ambienti statunitensi ed europei particolarmente aversi a Trump. Ancor più oggi che questi si accinge a correre per la elezione del presidente USA nel 2024.
Forse in questo incontro fra il governo israeliano e quello di Riad si può identificare la carsica motivazione della tragedia che in queste ore affligge la Terra di Davide.
I Patti di Abramo rappresentano, infatti, un percorso finalizzato a delineare le basi di un equilibrio di lungo periodo i cui punti di forza sono la comprensione, prima, e il rispetto, dopo, delle istanze di tutti i contendenti.
Percorso che, se avesse visto coinvolta l’Arabia Saudita, avrebbe potuto dare vera speranza di pace al popolo palestinese ed ebraico.
Utopico questo pensiero? I fatti dicono di sì, ma cercare il raggiungimento dell’utopia non sempre rappresenta stupidità, in alcuni casi, al contrario, è esclusivamente lungimiranza.
Un esempio ci è guida in questo percorso.
La “guerra fredda” fu, per i tempi, la soluzione che garanti settanta anni di pace al nostro Occidente.
Fu delineata a Yalta.
Guerra fredda che ebbe come “simbolo” il Muro di Berlino.
Paradossalmente alzare un muro volle dire garantire la migliore pace possibile.
Non la “pace perfetta”, la migliore attuabile.
Oggi si aborrano i muri ma si sopportano le stragi di innocenti pur di non alzare i muri.
Parlare con orrore di questi “muri”, infatti, non porta a nulla altro che allo stallo per tutti e, magari, a lauti guadagni per alcuni.
Alzare dei muri, in alcuni casi, può voler dire prevenire delle stragi e permettere al tempo di levigare la pietra portandola a non avere più parti taglienti, essere più rotonda, più facile da incastrare in quella complessità che è la convivenza con il diverso da te.
La convivenza fra popoli diversi, almeno ora “incompatibili”.
Muri e blocchi navali, in alcuni casi, impediscono il crescere incontrollato dei rancori, di quella rabbia prima carsica, poi violenta, che presto o tardi potrebbe portare alla barbarie.
Come definire altrimenti lo sgozzare persone? Addirittura bambini e neonati!
Quando la “rabbia” toglie la “ragione” e “l’etica”, gli esseri umani divengono solo corpi antropomorfi.
Essi possono essere sgozzati, venduti come schiavi, maciullati nel traffico clandestino di organi, usati come scudi umani.
Queste le cause che rendono incomprensibile il comportamento di alcuni leader politici che prima facilitano con le loro politiche la nascita di rancori, poi agevolano che i “peggiori” fra gli esseri umani si armino con strumenti sofisticati di morte.
Leader politici che, addirittura, finanziano Stati che facilitano il terrorismo e credono nei massacri come strumento di gestione delle genti per, poi, infine, come se nulla fosse, all’ultimo, si schierano con la “giustizia della reazione alla violenza inaudita” definendo “male allo stato puro” coloro che usano il terrorismo estremo per rappresentare il proprio esistere.
Terroristi che sono intrinsecamente legati agli Stati che poche settimane prima lo stesso leader, ora così attento alla “giustizia”, finanziava.
Fin quando esisteranno questi leader, l’umanità dovrà avere paura per il proprio futuro.
Sono questi leaders ad aver portato l’intera umanità sull’orlo del baratro.
Per questo noi “cittadini semplici” ci stupimmo quando Obama, prima, e Biden alcune settimane fa hanno finanziato con un totale di 7,7 miliardi di dollari uno Stato, quello iraniano, che uccide le sue donne perché non vogliono indossare il velo e finanzia gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah.
Oggi lo stesso Biden dichiara Hamas “male allo stato puro”, noi “cittadini semplici” lo sapevamo da tempo, esattamente come lo sanno da tempo i palestinesi che subiscono Hamas a Gaza.
Il mondo non ha bisogno di leaders che reputano possibile compiere questi “volteggi”.
Noi “cittadini semplici” aneliamo leaders che siano lineari e coerenti a quanto ci propongono nelle campagne elettorali in cui ci chiedono di onorarli con il nostro voto.
Il mondo necessita di statisti veri che sappiano costruire patti e, se necessario, alzare muri che dividano chi non è in grado di vivere insieme.
Questo accadde con la guerra fredda, quella guerra che, pur essendoci, permise all’occidente di trovare equilibri con quella che al tempo si chiamava Unione Sovietica.
Equilibri saltati allorquando “qualcuno” iniziò a credere all’utopia della “pace perfetta” portandoci all’utopia della “guerra per raggiungere la pace perfetta”.
“Esportatori di pace”, così si fecero, e fanno, chiamare.
Noi, “cittadini semplici”, preferiamo i “costruttori di patti”, anche se, magari per qualche decennio, serve alzare qualche muro.
Ignoto Uno
12/10/2023
.
Torna ai contenuti