Da Luisa Spagnoli ….. ai giorni d’oggi
In Italia negli ultimi dieci anni è avvenuto un vero e proprio crollo demografico.
La popolazione italiana fra trenta anni potrebbe ridursi a quarantotto milioni contro i cinquantanove milioni di oggi.
La nostra Patria è passata dai 500mila nati all’anno ai circa 393mila nel 2023. I decessi si sono attestati a circa 700mila, l’età media quarantasei anni.
Fotografia di una popolazione sempre più anziana.
L’Istat ha recentemente rinnovato l’allarme dichiarando che in Italia, già oggi, vi sono quasi sei pensionati per ogni minore di sei anni, dato che peggiorerà velocemente.
Anche la cultura e le tradizioni sono a rischio. Sempre meno gli italiani e in costante crescita il numero dei cittadini regolari stranieri presenti nel nostro Paese.
Oggi questi ultimi rappresentano l’8,7% della popolazione ed hanno una età media assai inferiore.
Nel 2023 gli stranieri regolari sono aumentati del 2,2% e la propensione ad avere figli è assai più alta di quella degli italiani.
A questi vanno aggiunti i clandestini.
Palesemente la nostra nazione deve, anche con molta velocità, affrontare questa fotografia del Paese e porre in essere reali, non demagogiche, azioni.
Tanti ne parlano. Istituzioni, politici, sindacati ed imprenditori, da tempo, dichiarano i rischi legati a questo scenario.
Le azioni sono assai poco coerenti ai dichiarato.
In Italia sono molte le cause che stanno portando a qualcosa di non troppo lontano dalla “autodistruzione” una delle più antiche culture al mondo, quella latina.
Fra queste è certamente in evidenza il profondo disagio della nazione nel vedere l’assoluta mancanza di qualità ed efficienza del sistema pubblico.
Dalla percezione di un sistema giudiziario che non appare terzo alla politica e troppo spesso non efficiente, ad una burocrazia più autoritaria che autorevole, certamente troppo costosa per quel che consegna ai cittadini.
Vi è, poi, la scuola estremamente autoreferenziale e politicizzata, a cui segue il sistema universitario sempre meno competitivo rispetto agli omologhi nel mondo.
Come non notare l’assoluta mancanza di posti di lavoro adeguatamente retribuiti per i neo laureati in un mercato del lavoro asfittico e troppo spesso pronto ad offrire proposte di impiego demansionate e sotto retribuite, a cui si abbina il contemporaneo delta fra la domanda rispetto all’offerta di posti di lavoro in ordine a causa della incapacità del sistema educativo di fornire giovani con adeguate competenze rispetto alle richieste del sistema produttivo.
Veramente poco edificante affrontare il tema delle inefficienze, oltre che dei costi, della sanità pubblica italiana. Ambito ove non vengono premiati le alte qualità di molti medici a causa del fatto che la “regola” per “fare carriera” è, nella grande maggioranza dei casi, in tutta Italia, l’appartenenza, sottomissione, ad un partito.
Come non notare che molti fra i “nostri” migliori giovani medici stanno lasciando la loro Patria proprio per questo squallido meccanismo clientelare?
Questi sono alcuni, non tutti, dei temi che impediscono a giovani coppie di formare un nucleo familiare e sentire il desiderio di avere figli.
Oggi sono 9,5 milioni i giovani italiani che hanno lasciato il loro Paese per trovare lavoro all’estero. Questi percentualmente hanno molti più figli che i loro pari età rimasti in Italia.
Un fatto chiaro ed indiscutibile che definisce meglio di qualsiasi altro argomento quanto l’Italia, come sistema socio politico economico, sia la causa della mancanza di nuovi nati nella nostra Patria.
Altro che “Paese più bello del mondo” con la “Costituzione migliore al mondo” ed altri mille “migliori al mondo” con cui veniamo riempiti di “barzellette” tutti i giorni dagli “opinionisti tanto al chilo” costantemente presenti sui media italici.
Ogni tanto mi chiedo, io “cittadino semplice”, se costoro siano usi al confronto con gli standard di vita e dei servizi delle altre nazioni occidentali e siano in grado di comprenderne le grandi, in alcuni casi devastanti, differenze.
Proprie dette “differenze” sono la causa del fatto che le giovani coppie di italiani residenti all’estero sentano il desiderio di procreare ed i giovani italiani rimasti nella loro Patria no.
Preso atto di questo, potrebbe essere utile guardare nel nostro passato per trovare casi positivi e di successo.
Casi “sani” e, credibilmente, ripetibili in gran parte anche oggi.
Casi “concreti” e non “demagogici”.
A tale proposito mi permetto di portare alla memoria di chi mi onora nel leggermi la storia di una grande donna italiana del recente passato.
Il 30 ottobre 1877 nasceva a Perugia Luisa Spagnoli, nata Sargentini, morirà nel 1935 a Parigi dopo aver vissuto una vita impensabile per i suoi tempi e lasciato un segno indelebile del suo passaggio.
Oggi conosciuta per il marchio nella moda, in realtà questa magnifica donna italiana è stata colei che ha fondato prima la Perugina, in quel periodo creò il Bacio Perugina e le Rossana, poi la Buitoni e solo nell’ultimo periodo della sua favolosa e assai moderna, anche per i nostri giorni, vita , il marchio d'abbigliamento “Luisa Spagnoli”, questo portato avanti nell’alveo degli insegnamenti della madre dal primo dei tre figli.
Donna, madre, moglie e amante nella vita, imprenditrice e manager, creatrice di innovazione, nacque in una famiglia il cui padre aveva un negozio per la vendita al dettaglio del pesce e la madre casalinga.
Oggi la sua famiglia di origine si definirebbe, ovviamente con tono “sprezzante” da parte di coloro che governano il “pensiero dominante mediatico”, “patriarcale”.
Famiglia che seppe educare la figlia alla “libertà di pensiero” ed al desiderio, capacità, di rischiare e assumersi doveri e responsabilità anche in momenti molto complessi.
Una figlia che, giovane donna, a ventuno anni, sposò Annibale Spagnoli. Uomo che tradì in seguito per un nuovo e devastante amore, quello con Buitoni con cui creò il famoso marchio.
Dal matrimonio ebbe tre figli: Mario, Armando e Aldo.
Nel 1907, insieme a Francesco Buitoni, il cui figlio Giovanni divenne prima amante e, poi, inseparabile compagna, e Leone Ascoli, decise di aprire una piccola azienda con sede nel centro storico di Perugia, quindici i dipendenti all’inizio, la “Perugina”.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il marito ed i dipendenti di quello che sarebbe divenuto uno storico marchio italiano vennero chiamati al fronte.
Questa grandiosa donna moderna non si perse d’animo e, senza mai interrompere la produzione, chiamò a lavorare le mogli dei suoi dipendenti.
Dette loro lo stesso ruolo che i loro mariti avevano avuto fino alla chiamata al fronte in azienda ma, questo il motivo del mio scrivere oggi, apri un asilo per i figli delle stesse e mise la regola aziendale che il tempo necessario ad allattare i neonati fosse conteggiato come “tempo retribuito”.
In pratica inventò il welfare.
Al termine della guerra le dipendenti, tutte donne, erano passate da quindici a più di cento!
Contemporaneamente creò gli allevamenti di conigli d’Angora per i filati con cui iniziò a creare scialli ed altri indumenti.
Indumenti che suo figlio Mario, memore degli insegnamenti della grande madre, userà donare ai bisognosi sin dal 1940, filantropia che non interruppe nemmeno durante i duri anni della Seconda Guerra Mondiale.
Anni di fame e freddo per molti italiani durante i quali Mario Spagnoli, anche in memoria della madre, usava donare ai suoi dipendenti per Natale maglie, calze e lana per un valore di 4.000 lire, un valore immenso per quei tempi.
Il figlio Mario continuerà ad implementare, sulle orme della madre, le politiche di welfare aziendale facendo predisporre, nei pressi dello stabilimento di Santa Lucia, una piscina per i dipendenti e le loro famiglie. Quelli erano gli anni in cui i bambini andavano al mare con le “colonie comunali”.
In seguito fece costruire abitazioni per i dipendenti, approntare asili nido in ogni stabilimento per i figli, promosse centri ricreativi per il tempo libero degli stessi e delle loro famiglie.
Il caso “Spagnoli” non fu l’unico caso in quegli anni. Ferrero, nelle Langhe, fondatore dell’omonimo marchio, applicò le stesse linee politiche nei confronti dei suoi dipendenti. Costruì case per chi lavorava nella sua azienda ed organizzò navette che giravano per i paesi del territorio e portavano le persone al lavoro.
Non furono gli unici e furono amati e rispettati da coloro che entrarono in contatto con loro.
Io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo perché i nostri governanti al posto di promulgare stravaganti norme quali la detassazione dei “Tampax” per favorire le nascite, non provino a studiare questi fulgidi esempi e, attraverso norme adeguate e lungimiranti, facilitino gli imprenditori che intendano emularli.
Allo stesso tempo mi chiedo, sempre io, sempre “cittadino semplice”, quali le motivazioni che non facilitino la predisposizione di asili nido nelle sedi dei principali enti pubblici italiani e nelle istituzioni in genere.
Si sente parlare tanto del fatto che il quaranta per cento delle donne che diventano madri lasciano il lavoro, forse seguendo gli esempi del passato questa percentuale diminuirebbe fortemente e le nascite riprenderebbero a salire.
In fondo quello che manca nella nostra amata Patria è sognare un futuro migliore. Migliore e concreto sin dalle piccole, ma grandi, cose.
Se nella nostra amata Patria ci fosse meno clientelismo e più lungimiranza l’Italia tornerebbe a sognare, sperare, credere nel futuro e, come gli italiani hanno sempre saputo fare, lavorare ed inventare.
Così facendo creeranno benessere e, con esso, il desiderio di avere famiglie numerose.
Famiglie formate da un uomo ed una donna che si amano e rispettano reciprocamente. In fondo, che piaccia o no, i figli nascono esclusivamente dall’unione di questi due “gender”.
Agli altri il diritto di vivere in pace e serenità.
Ignoto Uno
30/12/2023
Giorni di Natale fra guerre vere e guerre di parole
È passato il Natale, momento centrale per un “credente in Cristo”.
La nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, quest’anno, purtroppo, almeno per chi scrive, dai media, ma non solo, è stata assai strumentalizzata.
Come riusciremo a dimenticare, noi “credenti semplici e amanti della normalità insita nelle tradizioni”, “l’innovativo presepe” di quel don Vitaliano?
Un “parroco” che ha “scoperto” che la Madre di Gesù, prima del parto, era stata “ripudiata” dal marito Giuseppe ed aveva chiamato vicino a se ad accudire il “Suo Neonato” una amica?
Non può che essere questa la motivazione che ha portato questo sacerdote a presentare un presepe con due donne ad accudire il Bambinello senza il San Giuseppe.
Essendoci in essere il dogma della “verginità di Maria” e, allo stesso tempo, ricordando che in quegli anni era ancora legge, anche sotto l’Impero Romano, il diritto del marito di “ripudiare” la moglie, possiamo presupporre che il parroco abbia ritenuto che Giuseppe, allora non ancora Santo, avesse attivato il Suo “diritto di ripudio” ripetendo tre volte “essa non è più mia moglie ed io non sono più suo marito” come nel Libro (Os 2, 4) è scritto che potesse un marito fare.
Io, sempre “cittadino semplice”, credetemi, non sono divenuto “pazzo”, tantomeno “altrettanto innovativo”, ritengo, però, che certe “idiozie” non possano che essere “spente” in altro modo se non con “l’ironia”.
Più difficile, invece, essere “ironici” nel veder “strumentalizzato” un altro presepe, il più importante, quello di Betlemme.
Un presepe, quello di quest’anno nella piazza della Mangiatoia, realizzato con macerie e filo spinato.
Un presepe strumentalizzato dai media, probabilmente ben oltre il reale messaggio che aveva insito in se.
Media, troppo spesso lontani da quella “terzietà” così necessaria al vero giornalismo, in caso contrario si definisce “propaganda”, che hanno immediatamente reso simbolo del “popolo palestinese massacrato a Gaza” sia il famoso presepe di Betlemme che il Patriarca che lo ha voluto.
Detti media sono stati, in questo, certamente stimolati dal fatto che il Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha raggiunto la città della Cisgiordania e la chiesa di Santa Caterina, adiacente alla Basilica della Natività, in processione da Gerusalemme, attraversando in auto il posto di controllo israeliano lungo il muro di sicurezza attraverso il varco aperto proprio per la messa, indossando sopra l'abito talare rosso, è la prima volta, una kefyah bianca e nera simbolo del nazionalismo palestinese.
Probabilmente proprio questa “scelta” del Patriarca ha portato la consorte del leader israeliano Netanyahu a scrivere una lettera al Santo Padre per chiedere il “Suo autorevole intervento a favore della liberazione dei rapiti israeliani da parte di Hamas il 7 ottobre senza condizioni”.
Fatto avvenuto durante il discorso papale, il giorno di Natale, dalla famosa “finestra”.
Immediata la risposta da parte del leader di Hamas, Yahya Sinwar.
Questi, sparito dal 7 ottobre, ritenuto dagli israliani il "cervello" degli attacchi allo Stato ebraico, è riapparso con un messaggio ove parla di “una battaglia feroce, violenta e senza precedenti contro Israele” ed, ovviamente, nulla dice dei centoventicinque rapiti israeliani che detiene nei tunnel di Gaza da quel giorno. Ventotto i minorenni, molti i bambini.
Bambini che sono “bambini” esattamente come quelli che stanno morendo a Gaza a causa delle bombe israeliane e del loro utilizzo come “scudi umani” da parte dei terroristi di Hamas.
Questi sono “giorni strani”, giorni di attesa di quel 2024, anno che si preannuncia assai complesso.
Anno che dovrà vivere le elezioni statunitensi e quelle della Federazione Russa, inoltre vi sarà la tornata elettorale nella Unione Europea.
Elezioni che, facile prevederlo, porteranno a cambiamenti di rotta ed a, questo sì che è auspicabile, nuovi percorsi politici che doneranno nuova pace e prosperità al mondo.
In questi “giorni strani” di inizio di tante “campagne elettorali”, ultima, ma non ultima, possiamo, anche, leggere una intervista al Cardinal Matteo Maria Zuppi sul Corriere della Sera.
Una intervista, definiamola “non ostile”, comunque molto interessante, tutta, pur se spesso difficile da condividere, almeno per chi scrive.
Una intervista “facile” per Sua Eminenza, una intervista “illuminante” del pensiero di quello che, così dicono molti ben informati di “oltretevere”, sembrerebbe “il pupillo di Papa Francesco per la successione al soglio di Pietro”.
Una intervista che è probabilmente la reazione al tanto spazio che recentemente è stato dedicato al Cardinale dal settimanale Panorama e dal quotidiano La Verità.
Testate che hanno reso tristemente evidente il rapporto fra Luca Casarini, la sua ONG Mediterranea e la Chiesa Cattolica italiana a guida Zuppi.
Luca Casarini, ex leader delle “tute bianche”, uomo che ha celebrato il matrimonio civile della figlia del “cattivo maestro” Toni Negri a Pantelleria, è attualmente sotto inchiesta da parte della procura di Ragusa per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione del codice della navigazione”.
In questa intervista, ove ampio spazio è dedicato ai rapporti fra l’ex Tuta Bianca e varie istituzioni della Chiesa Cattolica in Italia, vi è un passaggio per “palati fini”.
In essa, infatti, il lettore può leggere questa interessante affermazione del porporato, attualmente Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al giornalista: “alcuni avversari del Papa mi ricordano gli gnostici, che riducevano Dio a entità e la fede a un salotto intelligente, senza esperienza umana. All’estremo opposto ci sono quelli convinti che la salvezza sia frutto solo delle nostre mani, come se la grazia non esistesse. In mezzo c’è il cristianesimo, la Chiesa che non contrappone mai la dimensione umana e quella spirituale”.
Frase assai criptica per i più, ma assai dotta, ove il Cardinale sovrappone il Cristianesimo al Cattolicesimo.
Io, sempre “cittadino semplice” la definirei, soprattutto, assai illuminante sul “conflitto” in essere nella Chiesa Cattolica Romana.
In fondo, sempre nelle segrete stanze, sempre più spesso, l’uditore attento sente usare una parola, brutta e pericolosa per la storia della Chiesa così come rappresentata dall’Evangelista Matteo, “scisma”.
Rischio che si percepisce nell’ascoltare molte comunità cattoliche.
Forti, per esempio, i malesseri nella Chiesa Cattolica statunitense, malesseri gestiti con la “frusta” da Papa Francesco che ha deposto i Vescovi a Lui “ostili”.
Famoso anche in europa il caso del vescovo texano Joseph Strickland, capo della Diocesi di Tyler, rimosso personalmente dal Papa perché aveva accusato lo stesso Francesco di eresia e di minare alle radici “il patrimonio della fede in materia di sessualità, sacramenti, sinodalità”.
Altrettanto forte la decisione, sempre del Santo Padre, di “togliere” l’appartamento e lo stipendio al Cardinale Raymond Leo Burke.
Il porporato, anni 75, è considerato un esponente di spicco della corrente tradizionalista statunitense e sembrerebbe essere stato apostrofato come “nemico” dallo stesso Pontefice durante una riunione della Curia romana.
“Un mio nemico” avrebbe detto il Santo Padre.
Se esistono i “nemici” vuol dire che esistono, anche, gli “amici”.
Due “fazioni”, il rischio di “scisma”, se queste parole fossero attendibili, sarebbe “plausibile”.
Plausibile ma, certamente questo pensano tutti i credenti in Cristo nel mondo, assai poco auspicabile.
Anche per questo rischiano di essere ulteriormente “divisive” le parole del Cardinal Zuppi sugli “gnostici”.
Gnostici, in alcuni casi a loro insaputa, assai numerosi nella Chiesa Cattolica che ha amato Papa Benedetto.
Gnostici, ancor più spesso a loro insaputa, assai presenti, e forti, nell’ indispensabile, anche per le casse vaticane, Chiesa Cattolica Statunitense.
Cattolici, questi, netta maggioranza nel corpo elettorale chiamato al voto per eleggere il futuro presidente americano nel 2024.
Cattolici assai schierati con quel Donald Trump proprio non “apprezzato” da Papa Francesco così “vicino” ai Clinton ed agli Obama tanto da aver recentemente partecipato ad una manifestazione pubblica della Fondazione Clinton in video conferenza.
Il Natale è passato fra “guerre” e “guerre di parole” purtroppo, ma, a guardar bene, ci ha portato in dono una “chiave di lettura” dell’anno che verrà.
Io, sempre “credente e cittadino semplice”, non potrò che ricordarmi tutti i giorni le magnifiche parole di Papa Benedetto il giorno che sali al soglio di Pietro “Io, umile servitore nella vigna del Signore”.
Forse, anche io gnostico, magari a mia insaputa, certamente “umile” nel solco di quel grande teologo, vero maestro di vita, non solo cristiana.
Ignoto Uno
27/12/2023
Il Presepe. Da Greccio ad, alcuni, dei giorni d’oggi
Fu San Francesco d'Assisi nel 1223 ad avere per primo, dopo un viaggio in Terra Santa, l’idea di rappresentare la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo.
Lo fece a Greccio perché quel posto gli ricordava Betlemme.
Da quel momento, fra i cristiani, in tutto il mondo, nacque l’usanza di predisporre nelle proprie abitazioni, nei propri luoghi di culto, nelle piazze delle loro città, un “presepe”, ovvero rappresentare la nascita di quel “Bambinello” che, per coloro che credono, è il figlio dell’Onnipotente.
Niente di più, niente di meno.
Questo è il Presepe.
Un atto che tende al “sacro” perché “rappresenta” un fatto che, per chi ha dentro di se “fede”, è l’inizio di un percorso di vita che portò, attraverso il “sacrificio sulla croce”, al “perdono del peccato”.
Il “Figlio di Dio” nasce, questo è scritto nel Libro, da Maria, sua madre, sposata a Giuseppe.
Il rappresentare quel “momento messianico”, in quella “grotta”, in quella “mangiatoia”, presepe deriva dal latino “praesaepe” che significa, appunto, mangiatoia, è un modo per rivivere la “verità”.
Tutto questo è “vero”, ovviamente, per chi “crede”.
“Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,unigenito Figlio di Dio,nato dal Padre prima di tutti i secoli”, questo recita il “credo” dei cattolici.
I nostri nonni ci insegnavano che “non si gioca con i Santi”, pensate se ci avrebbero permesso di “giocare” con “il Figlio di Dio”!
Farlo è blasfemo, ovviamente sempre e solo per chi “crede”.
“Credere” non è obbligatorio, si definisce un “dono”.
Lavorare per portare quel “credo” agli altri non è un “lavoro”, è una “missione”.
Io, “cittadino semplice” disturbo il lettore con questo “banale” ragionamento, perché un sacerdote, tal don Vitaliano, parroco della chiesa di San Pietro e Paolo, in località Capocastello a Mercogliano, nell'Avellinese, ha “avuto una pensata”.
Tristemente, dopo il “suo”pensiero, è passato, anche, all’azione.
Ha ritenuto accettabile “manipolare” la nascita di Gesù Cristo per “fare politica” e dare “notorietà” ad un proprio pensiero ed a se stesso.
Questo sacerdote “innovativo” ha ritenuto fosse nella sua disponibilità rappresentare la “Natività” con “due mamme” e senza San Giuseppe.
"Ci sono tanti modi di essere famiglia", ha spiegato.
Per coloro che “credono” in realtà “no”.
La “famiglia”, per un cristiano, esserlo non è obbligatorio, è il “matrimonio fra un uomo ed una donna”.
“L’Unione” è una scelta d’amore fra persone.
Totalmente rispettata, almeno da chi scrive, ma una cosa diversa.
Don Vitaliano, libero di fare politica, può dire il suo pensiero nei modi e nei luoghi appropriati.
Egli è libero di ritenere che vi sia “disprezzo, anche da parte di settori della Chiesa cattolica, contro le “famiglie arcobaleno” e la loro condanna a prescindere, senza una discussione e un confronto serio e onesto, è la pennellata di tenebra che contribuisce a dipingere la notte del nostro tempo”.
La conseguenza di “provocare” allestendo un Presepe con due mamme, come spesso accade nel mondo di oggi, annoia. Fa “parlare” ma non causa reale “dibattito”.
Cosa può provare, infatti, un credente se non noia nel vedere un uomo che si sente così “onnipotente” da ritenere di avere il diritto di strumentalizzare a favore del proprio pensiero politico sociale addirittura la nascita di Nostro Signore?
Il Sommo Poeta Dante affrontò nel Cantico XI del Purgatorio la “superbia”.
Nel primo girone si “purga la vana gloria”, uno dei “rami” della “superbia”, appunto.
In esso troviamo il Conte Umberto de’ Santafiore, chissà se il Poeta, oggi, avrebbe potuto ritenere utile esempio di “vana gloria” questo “assai innovatore”, per alcuni “blasfemo”, sacerdote avellinese?
Io, e non solo io, ne sono certo, sempre “cittadino semplice”, sarei assai lieto di tornare a vedere una Chiesa Cattolica che “porti la parola” e la “benevolenza” fra le genti.
Un esempio fra i tantissimi, Papa Francesco, lo riprende il Messaggero di Roma in data 21 dicembre, elogia Luca Casarini e l’ONG Mediterranea, con queste parole “salvano le vite in mare di tanti poveretti”.
Forse è vero, forse scopriremo dalle indagini della procura di Ragusa in corso, che la “verità” potrebbe essere diversa.
Io, sempre “cittadino semplice”, però, in un recente passaggio a Roma, da credente in Cristo, ho voluto visitare, alle tre del mattino, sotto il freddo ma vestito da uomo “benestante”, il sagrato di San Pietro ove, proprio quest’anno, è esposto il Presepe di Greccio.
Emozionante, sempre per chi crede, vedere quella “rappresentazione della nascita di Gesù” come la ideò San Francesco.
Drammatico, molto più che triste, vedere le centinaia di persone “senza tetto”, così si usa definirle, dormire “al freddo ed al gelo” nella stessa piazza.
Quella “piazza” che Papa Francesco può osservare guardando dalla finestra da cui si affaccia la Domenica.
Da “uomo”, dopo essermi soffermato a pensare a questa contraddizione, drammatica e poco edificante, ho compreso la fortuna che noi, in questo caso “credenti semplici”, abbiamo in dono allorquando lèggiamo nel Libro, in Matteo (16,13-18) “tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere”.
Felice di essere “Cristiano”, penso a chi prima di me, silenziosamente, “fece qualcosa per chi aveva meno di lui” e, senza far rumore, continuerò a provare a copiarlo.
Una piccola “goccia” nel mare della “sofferenza”, certamente “silenziosa”, certamente non “vana gloriosa”.
Ignoto Uno
21/12/2023
Del “potere dei più buoni” ci “siamo rotti i …..”
Lunedì 18 dicembre, una settimana dal Natale, otto del mattino circa, ora di punta, una ventina di “attivisti”, così si autodefiniscono, interrompe la circolazione poco prima dello svincolo fra la Salaria e via Olimpica a Roma, un punto nevralgico della città.
È l’ennesima “azione di protesta” che compiono, non la prima.
La Salaria, arteria che permette l’ingresso nella capitale dalla provincia di Rieti, a quell’ora vede tantissimi pendolari, persone che anelano di arrivare in tempo in ufficio e “timbrare il cartellino”.
Persone, tremendamente spesso, costrette ad usare un mezzo proprio per i loro spostamenti a causa delle carenze del trasporto pubblico.
Vi sono, infine, i più “sfortunati”, quelli che sono costretti ad avvalersi proprio di quel trasporto pubblico su gomma, nel Lazio Cotral, la cui qualità in tutta Italia ha standard ritenuti adeguati esclusivamente da chi ha la fortuna di non averne nessuna necessità.
In primis da coloro, usualmente i più benestanti, che hanno la fortuna di risiedere e lavorare all’interno delle zone ZTL, a seguire da molti amministratori pubblici avvezzi all’estensivo utilizzo della “macchina blu”, “lampeggiante” incluso.
Circa otto del mattino, ho appena scritto, la ventina di “ecologisti”, a quanto pare esenti dalla necessità di “portare la pagnotta a casa”, si sdraiano al centro della carreggiata e bloccano il traffico.
Immediato il caos, immediata la formazione di una fila chilometrica.
Veicoli, tutti, con il motore accesso, un po’ per la speranza di poter proseguire, un po’ per il freddo.
La “rabbia” in alcuni conducenti rischia di prendere il sopravventò sullo spirito “ecologista” degli stessi.
Per chi è un “cittadino semplice”, quale io sono, non è difficile comprenderli. Sono, tutte, persone, automobilisti, pendolari, bloccati, sequestrati.
La loro vita tenuta ostaggio da una ventina di arroganti che ritengono che la propria ideologia sia più importante del rispetto che si deve agli altri, del rispetto delle leggi, del rispetto della dialettica democratica per far prevalere il proprio punto di vista su quello degli altri.
Le forze dell’ordine, in questo caso, intervengono con tempestività, per fortuna e capacità non arrivano sul posto in tre ore come recentemente accaduto, sempre a Roma, ad una autoambulanza chiamata a soccorrere una persona alla Stazione Termini, la principale e centrale stazione ferroviaria della città.
I tutori dell’ordine riescono a far mantenere una adeguata “calma” a tutti.
Vi è da chiedersi, però, quando verrà dato loro l’ordine di arrestare questi invasati e quando troveranno un magistrato che avrà il coraggio di incriminare questi “tutori non richiesti della ecologia italica” per reati per i quali, al fine di impedire il reiterarsi degli stessi, è prevista la carcerazione cautelare?
Io, sempre “cittadino semplice”, percepisco un continuo crescere dell’ esasperazione “delle persone per bene”, delle persone che fanno fatica ad arrivare a fine mese.
Esasperazione che cresce, ancor più, in coloro che, più fortunate e benestanti, hanno la consuetudine di viaggiare e possono, fattivamente, fare confronti.
Servizi pubblici indegni, sanità pubblica allo sfascio, qualità del manto stradale assai spesso simile a quello delle strade di Gaza oggi, raccolta “differenziata” della nettezza urbana che lascia montagne di immondizia sulle nostre strade.
Decoro urbano inesistente, strade intasate a causa di politiche che non tengono minimamente presente la necessità di spostamento dei cittadini.
In tutto questo io, noi, “cittadini semplici”, veniamo annoiati, e disturbati, dal “potere dei più buoni”, come narrò nella sua canzone quel grande poeta che fu Giorgio Gaber.
Quella che recita “La mia vita di ogni giorno è preoccuparmi di ciò che ho intorno. Sono sensibile e umano, probabilmente sono il più buono”.
Ecco, di questi “più buoni”, attenti all’ecologia a casa nostra e non a quella globale, ci siamo, parlo al plurale fiducioso di non essere solo, assai stufati.
Quanto sarebbe interessante vederli seduti per terra al centro di una arteria stradale a Pechino!
Altrettanto interessante vederli sdraiati di fronte ai giga trattori che devastano la foresta amazzonica ogni giorno.
A questo punto una sommessa proposta: i media “censurino” la “notizia” delle loro azioni.
Sono certo che la “legalità” tornerebbe immediatamente sulle nostre strade e le nostre città.
Se, poi, i magistrati battessero un colpo molti “cittadini semplici” avvezzi a dover portare la famosa “pagnotta a casa” non sarebbero più costretti a “rompersi i ……”.
Ignoto Uno
20/12/2023
Lotta armata …… “cattivi maestri”
Era, probabilmente, il 1970 quando io, allora bambino, compresi perché nella cucina dell’abitazione ove vivevo con la mia famiglia vi era sempre un televisore acceso.
Era un “brionvega bianco”, al tempo trasmetteva i suoi programmi solo la RAI, ed erano in bianco e nero.
Da quel giorno “odiai” quella televisione. Quel giorno compresi, infatti, la ragione per cui tutti in quella cucina smettevano di muoversi, parlare, lavorare allorquando “quella televisione” trasmetteva la sigla della “edizione straordinaria” del telegiornale.
Mi ricordo, in quei tristi anni, gli occhi lucidi della mia povera mamma, la tensione che, durante quelle edizioni straordinarie, cresceva nella stanza, il silenzio surreale e, infine, assai spesso, in un misto di nuova serenità, di senso di colpa, di mestizia, di dolore, una frase “no, anche lui”.
Quel “lui” era, molto spesso una persona conosciuta a casa dei miei genitori, era l’ultimo “gambizzato” o “assassinato” dai “terroristi”.
Il “senso di colpa”, lo iniziai a capire in quegli anni, nasceva dal fatto che il “colpito”, magari a morte, anche quella volta, non era mio padre.
Neanche fosse una “colpa” essere ancora vivi quando si era nel loro mirino.
Il primo “atto terroristico” in Italia avvenne il 25 aprile 1969. A Milano una bomba al “padiglione Fiat” della fiera provocò morti e feriti.
Ebbe così inizio il cosiddetto “autunno caldo”, diretta conseguenza delle agitazioni studentesche di quegli anni.
Il terrorismo fu sia di matrice “comunista” che “fascista”.
Il 9 agosto dello stesso anno esplosero su otto treni diversi delle bombe che causarono, fortunatamente, solo dei feriti.
Vennero condannati due neo fascisti di Ordine Nuovo, Franco Freda e Giovanni Ventura.
Il 19 novembre, sempre a Milano, veniva ucciso con un tubo d’acciaio l’agente di polizia Antonio Annarumma durante una manifestazione dell’Unione Comunisti Italiani.
Quel drammatico 1969 si chiudeva il 12 dicembre con la strage di Piazza Fontana a Milano.
Una bomba, esplosa dentro la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura causava, 17 morti e 88 feriti.
Nessuno ricorda che in quell’ora gli attentati terroristici furono ben cinque.
Anni di Piombo, anni di stragi, anni di omicidi politici, anni di omicidi senza senso, anni di gambizzazioni, anni di dolore, anni di paura.
Soprattutto, però, anni di vedove e di orfani, anni di famiglie nel terrore, anni incomprensibili.
Si, anni senza senso, nulla di quel terrorismo aveva un senso, quelli erano gli “anni settanta”, l'economia italiana era cresciuta rapidamente e il miglioramento del tenore di vita, per tutti, non solo per i “padroni” come dicevano al tempo, era percepita.
Quelli erano gli anni del “boom economico”, quello che derivava dalle politiche lungimiranti dei grandi statisti italiani del dopo guerra, quello che derivava da quel lungimirante progetto di benessere diffuso per la distrutta Europa, in alcuni casi “sconfitta Europa”, che passò alla storia come “Piano Marshall”.
Anni di “miracolo economico”, anni ove la mortalità infantile si riduceva fortemente a causa del benessere diffuso, le nascite aumentavano in continuazione grazie al senso di sicurezza nel futuro, l’analfabetismo era praticamente scomparso.
Anni ove il livello culturale cresceva e si diffondeva.
Anni di egemonia culturale della sinistra che, secondo la dottrina gramsciana, occupava ogni forma di “cultura”, certa così di poter avere, nel lungo periodo, vantaggi nelle consultazioni elettorali.
Anni, purtroppo, di “cattivi maestri”, primo fra tutti il professor Antonio Negri, per tutti Toni Negri.
Professore a Padova, iniziò nell’Azione Cattolica, nel 1956 passò al PSI, nel 1963 era nel Movimento Socialista Indipendente e nell’Associazione Italia-Cina.
Dopo, nel 1967, entrò in Potere Operaio, poi Autonomia Operaia.
Finì nel Partito Radicale di Pannella.
Per me, allora “bambino semplice” con padre “porco americano” per loro, per me solo “papà”, Negri era, ed è stato fino all’ultimo giorno, un ideologo della lotta armata. Un terrorista, niente altro.
Ancora oggi, non più bambino ma sempre “cittadino semplice”, provo vergogna e noia nel leggerlo rappresentato come “filosofo”, “politologo”, “saggista”, “accademico” e “politico italiano”.
Per me era, ed è stato fino al suo ultimo giorno, un terrorista, voglio ribadirlo, a lungo un “latitante” assai protetto dallo Repubblica francese.
Anche per colpa sua io sono stato un bambino “diverso dagli altri”.
Lui è stato un “cofondatore” delle organizzazioni della sinistra extraparlamentare, accusato di aver partecipato ad atti terroristici e d'insurrezione armata, motivo per cui finì in carcere e venne processato. Assolto nel processo “7 aprile” fu condannato a 12 anni di carcere per associazione sovversiva e concorso morale nella rapina di Argelato.
Negli anni ottanta, oramai anziano, si dedicò a studiare Spinosa.
Massimo Cacciari, nel ricordare Negri, ha detto “auspico che anche i suoi nemici ricordino il rilievo culturale di Toni Negri”.
Il filosofo, certamente uno dei più interessanti personaggi che frequentano gli studi televisivi in questi tempi, ha continuato dicendo “Ci sono state fasi diverse ma Negri è stato un grande studioso di filosofia e di filosofia del diritto, ha scritto libri importantissimi di rilievo internazionale”.
Lo stesso professor Cacciari rilevò anni addietro al quotidiano La Repubblica di aver interrotto i rapporti con Toni Negri allorquando comprese che quest’ultimo riteneva il ‘68 l’inizio della rivoluzione.
Io sempre “cittadino semplice”, credente e certo dei valori della democrazia, continuerò sempre a pensare che i “cattivi maestri” hanno rovinato la vita a tanti e Toni Negri era il primo dei “cattivi maestri”.
Loro hanno rovinato la vita, più di coloro che speravano, alle famiglie di chi era in pericolo di subire attentati terroristici, a coloro che hanno dovuto piangere i loro morti, ma, paradossalmente, ancor di più a quei giovani, ed alle loro famiglie, che hanno scelto di seguire la strada proposta proprio da quei “cattivi maestri”.
“Maestri” che insegnavano ad uccidere senza nemmeno avere il coraggio di metterci la faccia e farlo in prima persona.
Negri non c’è più, io, ex “bambino semplice”, penso alla sofferenza di mia madre nel temere di non vedere tornare suo marito, mio padre, e, se cristianamente ricordo all’Onnipotente l’anima del defunto, umanamente spero non nascano più “maestri” come lui.
Ignoto Uno
18/12/2023
Verso un “Capodanno” diverso
Tutti noi festeggiamo il Capodanno.
Probabilmente non tutti ricordano cosa realmente esso rappresenti da un punto di vista biblico.
Nel Vangelo di Luca, per chi volesse approfondire al (2,21), vi è scritto che Nostro Signore Gesù Cristo, nel rispetto della prassi ebraica della “Milah”, venne “circonciso l’ottavo giorno dalla nascita”.
Fu durante quel atto rituale che al neonato venne dato il nome di “Gesù” il cui significato in lingua ebraica significa “salvatore”.
La “circoncisione” è l’atto con cui un maschio entra giuridicamente a far parte del popolo ebraico.
Questo momento della Sua vita è ricordato nella festa liturgica celebrata il 1º gennaio del calendario giuliano ed il 14 gennaio del calendario gregoriano.
È, conseguentemente, momento unificante del popolo dei Cristiani.
Per i credenti è una festa che celebra la prima occasione in cui Gesù “donò il sangue per l'umanità” e ricorda “l'obbedienza” di Gesù a Suo Padre, l’Onnipotente, ed alle antiche leggi.
Leggi che con Lui, ed attraverso di Lui, ed alla Sua Passione e Resurrezione, trovarono la loro fine per essere riscritte, in continuità, nel Nuovo Testamento.
Nostro Signore Gesù Cristo visse nel rispetto delle leggi e delle tradizioni ebraiche, banalmente perché era ebreo.
Questo assunto ha delle “conseguenze”.
Spesso, troppo spesso, nella storia del cristianesimo, antica e recente, questa ovvietà venne, e viene, dimenticata.
Fu un grande Papa a ricordarcelo nei tempi recenti, quel, oggi Santo, Giovanni Paolo II, durante quella prima storica visita alla Sinagoga di Roma, ove il 13 aprile 1986, di fronte al Rabbino Capo, professor Elio Toaff, aprì il suo intervento con “cari amici e fratelli ebrei e cristiani, che prendete parte a questa storica celebrazione”.
Quel grande Papa, in quella occasione, volle omaggiare il professor Toaff con queste parole “Mi è poi ben noto che il Rabbino Capo, nella notte che ha preceduto la morte di Papa Giovanni, non ha esitato ad andare a Piazza San Pietro, accompagnato da un gruppo di fedeli ebrei, per pregare e vegliare, mescolato tra la folla dei cattolici e di altri cristiani, quasi a rendere testimonianza, in modo silenzioso ma così efficace, alla grandezza d’animo di quel Pontefice, aperto a tutti senza distinzione, e in particolare ai fratelli ebrei”.
Egualmente ricordò il giorno in cui Giovanni XXIII, Papi entrambi titanici quei due, volle far “fermare la macchina per benedire la folla di ebrei che uscivano dal Tempio”.
Karol Wojtyła, come tanti lo continuarono a chiamare, in quello storico momento parlò “dei secolari condizionamenti culturali” che “non possono tuttavia impedire di riconoscere che gli atti di discriminazione, di ingiustificata limitazione della libertà religiosa, di oppressione anche sul piano della libertà civile, nei confronti degli ebrei, sono stati oggettivamente manifestazioni gravemente deplorevoli”.
Ricordò il decreto Nostra Aetate in cui vengono deplorati “gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei ogni tempo da chiunque” e, con quella indimenticabile forza e chiarezza della parola, ricordò l’olocausto di milioni di vittime innocenti durante la seconda guerra mondiale.
Durante quell’incontro il Papa disse che “la religione ebraica non ci è “estrinseca”, ma in un certo qual modo, è “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori”.
Quel “fratelli maggiori”, così biblicamente complesso, causò qualche “mal di pancia”, ma, preso senza una lettura simbolica, ricordava a tutti quanto il popolo di fede ebraica e quello cristiano siano uniti ed in continuità fra loro con Gesù Cristo, il “Salvatore” per chi in Lui crede, come “passaggio” ma, anche, “unione”.
Il Concilio Vaticano II, momento cardine per i cattolici, definì gli ebrei come un popolo a cui non può essere imputata alcuna colpa atavica o collettiva per ciò “che è stato fatto nella passione di Gesù”.
Il giorno di Capodanno, oltre alla festa profana, al cotechino ed alle lenticchie, a quel rito del mangiare dodici chicchi d'uva come simbolo di buona fortuna e prosperità nel nuovo anno, esattamente dodici come gli apostoli, ai fuochi di artificio, è, anzi per i credenti soprattutto dovrebbe essere, il momento di rimembranza di quel momento di duemila anni fa e delle sue conseguenze logiche.
Oggi l’antisemitismo torna a sentirsi presente ed evidente nel mondo dei cristiani.
La rabbia nei confronti dei “fratelli maggiori” torna ad essere palese, addirittura, in alcuni casi, dichiarata.
Incredibilmente riappare sin dal soglio di Pietro. Come interpretare alcune affermazioni pubbliche di Papa Francesco e di sacerdoti in queste settimane?
Affermazioni che hanno causato la reazione delle comunità ebraiche in occidente, in particolare di quella di Roma.
Recentemente, con tristezza, a causa di un intervento del successore di Pietro sulla crisi in medio oriente, crisi che ha preso origine dal massacro del 7 ottobre e che, tuttora, vede nelle mani dei terroristi di Hamas un abnorme numero di “rapiti”, non “ostaggi”, l’attuale Rabbino Capo di Roma, il professor Riccardo Di Segni, ha dovuto dichiarare “no a equidistanze inopportune”.
Frase, purtroppo, anche essa “storica”.
Simbolo di un essere tornati ai tempi bui ove si usava dimenticare che Nostro Signore Gesù Cristo fu “circonciso”.
Per questo, io “cittadino semplice”, credente in Cristo e solo in Lui, sento forte in me le parole che quell’immenso teologo di cui tanto si sente la mancanza che fu Papa Benedetto, il 17 gennaio 2010, durante la seconda ed ultima visita di un Santo Padre alla Sinagoga di Roma, dichiarò “venendo tra voi per la prima volta da cristiano e da Papa, il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, quasi ventiquattro anni fa, intese offrire un deciso contributo al consolidamento dei buoni rapporti tra le nostre comunità, per superare ogni incomprensione e pregiudizio. Questa mia visita si inserisce nel cammino tracciato, per confermarlo e rafforzarlo. Con sentimenti di viva cordialità mi trovo in mezzo a voi per manifestarvi la stima e l’affetto che il Vescovo e la Chiesa di Roma, come pure l’intera Chiesa Cattolica, nutrono verso questa Comunità e le Comunità ebraiche sparse nel mondo”.
Parole che sembrano “dimenticate”, oggi certi ambienti cattolici di “potere” prediligono i rapporti con personaggi quali Casarini e strane dazioni economiche a strane ONG.
Quelle dei “traffici di migranti”, non “dell’aiuto ai più deboli” e, speriamo, non emerga altro.
Quello che la Procura di Ragusa ci ha costretto a leggere, a noi “cittadini semplici”, è bastato ed avanzato per tornare sul Libro in autonomia da certi, anche loro, “strani maestri”.
Il capodanno, però, è oramai vicino e, con lui, speriamo, ancor più in questi momenti così “tristi”, che il detto “l’ultimo dell’anno porta via i mali di tutto l’anno” si avveri.
Io, sempre “cittadino semplice”, in attesa di festeggiare il Santo Natale nell’alveo delle tradizioni antiche cristiane occidentali, mangiando di magro la Vigilia e nel fragore degli affetti il giorno della nascita di Nostro Signore, fra uno spumante ed un panettone di fronte ad un camino adornato da un albero di Natale ed un presepe composto di antiche statuine rituali, auguro a me stesso un 2024 colmo di “novità”.
Ben sapendo che il 2024 sarà un anno pieno di date e momenti che potrebbero essere storiche per l’occidente tutto.
Oggi, nel vedere la pochezza che circonda noi “cittadini semplici”, la tristezza di un urlare vuoto che cerca di stordirci, nell’essere assai annoiato dai tanti “uomini di potere” che piegano la storia del mondo ai loro interessi personali, auguro a tutti voi, a tutti noi, che l’anno che verrà ci doni, in fondo si voterà in tanti Stati centrali per il mondo, governanti con quel senso della “morale antica” e riporti a chi deve governare le genti tutta la saggezza della ricerca, della pace e della unione fra i popoli.
Ignoto Uno
11/12/2023
Da Trump a Trump.
Il Corriere della Sera, testata che di certo non “apprezza” le idee trumpiane, ha voluto raccontare agli italiani come saranno gli Stati Uniti con cui, molto probabilmente, noi tutti ci dovremo confrontare dal 20 gennaio 2025.
In questa data, infatti, avverrà il giuramento del prossimo presidente.
Presidente che, questa è la mia opinione, dovrà “mettere a posto” il caos che le politiche di Biden hanno causato agli americani ed a tutti i cittadini del mondo.
Il Presidente Trump, il Corriere della Sera si dimentica di ricordarlo, non ha mai riconosciuto la “vittoria” nel 2020 del suo avversario ed ha reiteratamente dichiarato di ritenere che vi siano stati massivi brogli elettorali che hanno modificato il risultato di quelle elezioni.
Riportato alla memoria questo non banale aspetto, possiamo leggere sulla testata milanese che nelle intenzioni di Trump vi è quello di avere esclusivamente “fedelissimi in tutti i 4.000 posti chiave del governo e delle agenzie federali per i quali la Casa Bianca ha poteri di nomina” e “decapiterà”, il linguaggio è sempre del Corriere, “le figure intermedie, licenziando i 50 mila funzionari con incarichi amministrativi di rilievo da sostituire con dirigenti fedeli al programma America First del nuovo presidente”.
Stupisce che il giornalista del Corriere non “ricordi” come negli Stati Uniti esista, da sempre, il cosiddetto spoil system e che, chi ha consuetudine con Washington DC lo sa molto bene, con l’arrivo di una nuova amministrazione la capitale degli Stati Uniti veda andare via una gran parte di coloro che vi hanno vissuto nel quadriennio precedente per vederli sostituiti da “facce nuove”. Da questo punto di vista fu proprio una “anomalia” quanto avvenne nel 2016 con la vittoria “dell’imprenditore Trump” che, probabilmente per inesperienza e mancanza di uomini chiave, non attuò questa prassi americana.
io, sempre “cittadino semplice”, nell’ammettere a colui che mi onora con la sua lettura di essere ben inserito nelle dinamiche statunitensi, in particolare in quella parte di mondo americano che sa quanto il Presidente Trump sia oggi amato, oramai una maggioranza abnorme di elettori lo vuole di nuovo alla Casa Bianca, qualcuno ritiene, probabilmente a ragion veduta, che così fosse anche nel 2020, mi stupisco un bel po’ nel vedere il Corriere della Sera schierarsi in modo così plateale e fuorviante contro il probabile vincitore delle presidenziali americane del 2024.
Sembrerebbe quasi che la testata superi il ruolo di strumento atto ad informare per scendere in campo con una parte. Una linea dell’editore più che giornalistica.
In fondo, proprio l’editore del Corriere della Sera e di La7, Urbano Cairo, in data 9 marzo 2020 rilasciava una intervista alla sua testata dal titolo “Coronavirus, Urbano Cairo: «Servono misure drastiche alla cinese»”, titolo che farebbe pensare, per alcuni temere, una “amicizia” fra questo imprenditore e chi anelerebbe un allineamento dell’Europa UE27 alle politiche ed agli interessi di Pechino.
Ovviamente chi ha questa “speranza” non può che vedere come fumo negli occhi un ritorno del Presidente Trump alla Casa Bianca.
Interessante, veramente molto interessante, quasi comico, leggere che il quotidiano usa la parola “militarizzazione” del ministero della Giustizia, ovviamente da parte del Preside Trump.
Chi, oggi, osserva con spirito libero i comportamenti della “giustizia” in Stati Uniti ed ha la consuetudine all’ascolto di “tutti”, e non solo di “alcuni”, opinionisti in quella grande e variegata nazione, può notare quanto venga da molti statunitensi ritenuto “politicizzato”l’apparto della giustizia in molti Stati, per esempio, nello Stato di New York, uno di quelli che ha portato a processo il Presidente Trump.
Un recente sondaggio ha evidenziato che, proprio a causa di questa, inusuale per gli americani, “politicizzazione”, una alta percentuale degli stessi avrebbe preso in considerazione di lasciare la loro nazione.
Sempre il Corriere usa la parola “vendetta” allorquando, francamente un po’ a modo suo, riporta la volontà di molti ambienti prossimi a Trump di voler, in America molti dicono “finalmente”, poter fare luce su quanto è realmente successo durante le elezioni del 2020.
In Stati Uniti sono molti coloro che reputano corretto, oserei dire indispensabile, portare a processo eventuali responsabili di quei brogli.
Fatto così vero che, dopo le elezioni di mezzo mandato, quelle che hanno dato la maggioranza del Congresso al partito repubblicano, questa Camera ha costituito la Commissione sulla “integrità del voto”, quella presieduta dal trumpiano Jim Jordan.
Io, sempre “cittadino semplice”, proprio non riesco a comprendere cosa vi sia di strano che un popolo voglia comprendere se “qualcuno” ha compiuto atti che potrebbero aver causato massivi brogli a favore di uno dei candidati, in questo caso Biden, e che, se trovate le prove, voglia che i colpevoli siano sanzionati, ancor più nel caso si dovessero confermare le ipotesi del coinvolgimento di personaggi di primo piano dell’amministrazione Trump.
Sono, infatti, assai frequenti, questo si sente nell’ascoltare i “ben informati”, le voci di “strani comportamenti” al tempo di Mike Pompeo, allora Segretario di Stato, e Mike Pence, allora Vice Presidente.
Notoriamente questi due ex collaboratori del Presidente Trump non sono ben visti nella residenza di Mar a Lago e, addirittura, Pence ha provato a presentarsi alle primarie repubblicane contro lo stesso Trump per, poi, avendo dovuto prendere atto che i suoi sostenitori non raggiungevano nemmeno il 2% dei votanti repubblicani, ritenere dignitoso ritirarsi.
Dovessero essere confermate da prove le voci, in certi ambienti assai insistenti, del coinvolgimento di costoro in eventuali brogli contro il “loro” Presidente, sarebbe, almeno così crede un “cittadino semplice” quale io sono, scontato che la “giustizia”, non la”vendetta”, facesse il suo corso nei loro, e dei loro accoliti, confronti. Accoliti che potrebbero essere anche fuori dal territorio statunitense.
Il Corriere della Sera, nell’articolo, evoca il rischio che, in caso di manifestazioni di piazza successive ad una nuova vittoria del Presidente Trump, il quotidiano dichiara dette manifestazioni “prevedibili”, l’amministrazione americana, liberamente eletta dal popolo statunitense, attivi “l’Insurrection Act del 1807” e ordini all’esercito di riportare la serenità nelle strade delle città americane.
Nell’auspicare che la più antica democrazia al mondo non debba vivere un momento così drammatico, io, sempre “cittadino semplice”, mi domando cosa dovrebbe fare un Presidente che, liberamente eletto, conscio del fatto che nelle precedenti elezioni del 2020 potrebbe aver subito massivi brogli tali da configurare un colpo di Stato, se non agire al fine di impedire il libero corso democratico, addirittura attraverso la violenza, utilizzando le norme.
Norme in essere, non dal giorno prima, bensì dal 1807.
Tutto questo viene definito “Cupo scenario di fantapolitica” dal Corriere della Sera.
Libero di pensarlo e di dichiararlo, ma ritengo che sarebbe stato giornalisticamente corretto se la testata avesse preso atto che per molti “cittadini semplici” in tutto il mondo l’unica speranza rimasta di tornare a vivere avendo fiducia in un futuro migliore è proprio vedere quel “cattivone” di Trump alla Casa Bianca e che, per tutti questi cittadini del mondo, il rientro di quello che chiamano il “Vero Presidente” alla Casa Bianca è una “grande speranza”.
In Italia, per esempio, alcuni sondaggi riservati evidenzierebbero che l’eventuale formazione di una compagine politica voluta da leaders credibili e sostenuta dal “cattivone” potrebbe facilmente avere un risultato percentuale a due cifre.
In Stati Uniti usano dire “elections have consequences”.
Mai come in questi tempi così divisivi, così pieni di doppi giochi, così avvezzi a “tradimenti”, questa frase diventa importante.
“Le elezioni hanno conseguenze”, lo abbiamo sempre visto, lo vedemmo dopo il 2020, lo vedremo di nuovo, ovunque.
Ignoto Uno
08/12/2023
Italia fra “emergenze” e “ipertrofia emotiva”
Il rapporto annuale del Censis 2023 rappresenta l’Italia come una nazione che vive in una sorta di “ipertrofia emotiva” e racconta un Paese ove viene vissuto tutto come una “emergenza”.
Certamente, nell’Italia del dopo Covid, i media rappresentano tutto ciò che accade nella nostra nazione, probabilmente è meglio dire tutto ciò che ad un certo mondo interessa portare a conoscenza degli italiani, con toni allarmistici e, troppo spesso, acritici.
Emergenza femminicidi, emergenza fame nel mondo, emergenze umanitarie, emergenza bambini in Africa, emergenza adozioni a distanza, emergenza climatica, emergenza CO2, emergenza efficientamento energetico, emergenza catastrofi, emergenza migranti, emergenza occupazione, emergenza casa alle giovani coppie, emergenza ospedali, mi scuso se mi sono dimenticato qualcuna delle tante, troppe, “emergenze” che, sempre con toni tragici e grande patos, vengono dai media portate al cospetto dell’opinione pubblica italiana.
Nel sentire i media sembra sempre che vi sia una tragedia incombente vicino a noi. Ovviamente la stragrande maggioranza di queste “emergenze” ha un numero telefonico a cui si “può donare”, soldi ovviamente.
Molte le parole, spesso urlate, nei talk show televisivi, parole vuote, pressoché mai concrete. Parole senza reali e profonde, strutturali e strategiche, risposte politiche da presentare, e magari attuare, ai cittadini elettori.
Io, sempre “cittadino semplice”, a titolo di esempio fra i tanti, desidero portare alla memoria di chi mi onora di dedicare il suo tempo a leggere il mio pensiero proprio rammentando la follia del “cappotto termico” alle nostre abitazioni. Una valanga di denaro pubblico, oggi sappiamo una valanga di truffe, che ha devastato il conto economico, già pessimo, dello Stato italiano. Voglio insistere, solo una persona in assoluta malafede o assai poco avvezza all’analisi dei numeri può trovare una soluzione percentualmente significativa al tema della “emergenza da CO2 nel mondo” attraverso i pannelli solari.
Certamente la nostra amata Patria una seria e preoccupante “emergenza” la sta vivendo, forse l’unica di cui non si sente, se non raramente, parlare sui media, è la flessione demografica. L’emergenza delle nascite.
Numeri che preoccupano quelli che, sul tema, riporta il Censis nel suo rapporto annuale.
Recentemente abbiamo, noi “cittadini semplici” armati di comune senso del ridicolo, dovuto vedere surreali dibattiti ove la classe politica si “confrontava” sul tema dichiarando che la riduzione dell’IVA sugli assorbenti avrebbe facilitato le giovani coppie ed agevolato la ripresa della natalità.
Questi i numeri che ci presenta il Censis. Solo il 25,8% delle coppie italiane nel 2040 avrà figli e nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti, oggi siamo circa 59 milioni.
Una Italia la cui popolazione sarà composta sempre più di anziani, basti pensare che si prevede che vi saranno 3,7 milioni di cittadini in meno nella fascia di età fino ai 35 anni e 4,6 milioni di persone in più in quella sopra i 65 anni con una popolazione che tenderà verso i 55 milioni.
In questo quadro gli over 85 si stimano, sempre nel 2040, in 1,6 milioni e diminuiranno di 8 milioni di unità i residenti in Italia in età lavorativa entro il 2050.
Oggi sono 23 milioni e 182mila gli italiani che lavorano e mantengono tutti gli altri, il 39% circa della popolazione, di cui solo 3,7 milioni nel manifatturiero, cioè in quella comparto del “secondario” che produce il 71% del valore aggiunto della nazione.
Gli impatti sul sistema socio economico e produttivo saranno estremamente preoccupanti se, da subito, siamo già in nettissimo ritardo, non si porranno in essere azioni politiche e normative adeguate a riequilibrare questa fotografia dell’Italia.
La scelta politica di favorire l’ingresso di persone da altri continenti in modo massivo e senza reali e concreti percorsi formativi finalizzati ad integrare questi nella nostra cultura sta già avendo impatti preoccupanti ed inaccettabili.
Impatti, già oggi, sgradevolmente ed assai facilmente percepibili anche sulle nostre tradizioni, sul nostro modello sociale e culturale.
Altissimo, ed altrettanto inacettabilissimo, almeno per un “cittadino semplice” come me, vedere le proprie origini giudaico cristiane, le radici profondamente radicate nei latini e negli etruschi, nella cultura ateniese prima ed illuministica successivamente, essere a rischio. Essere messe rapidamente in discussione e minoritarie da etnie sempre più presenti nelle nostre comunità.
Etnie che, con ostentazione, evitano di acquisire i nostri costumi, anzi li criticano sempre più apertamente e cercano di imporre la loro visione culturale anche con l’uso della violenza.
Di tutta evidenza è indispensabile che una seria e chiara presa di coscienza di questa gravissima situazione, questa sì che è una “emergenza”, non solo da parte di chi, pro tempore, è chiamato a governare, ma da parte di tutto il sistema sociale italiano.
Voglio essere chiaro. La cultura della “accoglienza” non può essere dominante sulla “nostra cultura e le nostre tradizioni”.
Tristemente, noi “cittadini semplici” orgogliosamente radicati nelle nostre tradizioni, dobbiamo prendere atto che il Censis, nel suo ultimo rapporto, ci informa che il 73% degli italiani è convinto che, per via degli sconvolgimenti globali, arriveranno in Italia sempre più migranti e non sapremo come gestirli.
Il 73% è preoccupato della “invasione” in atto.
La strisciante scelta di far entrare queste persone senza reali controlli, senza reali procedure di integrazione culturale, è un fatto.
Fatto che non è difficile temere possa ben presto vederci subire le stesse situazioni di pericolo a cui i francesi sono oramai abituati.
Altrettanto interessante quel 73,4% che mette al centro i “problemi strutturali”.
La scuola e l’università non riescono a formare i profili richiesti dalle imprese, il sistema produttivo lamenta la carenza di manodopera e di figure professionali.
Contemporaneamente la nostra amata Italia è la nazione UE27 con il più alto tasso di disoccupazione, mentre il sistema produttivo vede, già oggi, una variazione negativa del Pil nel secondo semestre (-0,4%) e la stagnazione dell’economia nel terzo trimestre. Fatto assai più preoccupante, vede la riduzione dell’1,7% degli investimenti fissi lordi.
Assenza di programmazione che è drammaticamente, ed assai sgradevolmente, visibile anche nel sistema sanitario nazionale ove la qualità delle prestazioni è in continuo peggioramento.
In alcuni casi le risposte superano il livello della inadeguatezza per tracimare in quello della “drammatica comicità”. Come altrimenti definire una risposta del sistema sanitario pubblico che prevede accettabile programmare a sei mesi, in alcuni casi è anche peggio, una operazione chirurgica per un carcinoma?
Altrettanto inqualificabili gli standard del trasporto pubblico urbano in moltissime città italiane nelle quali le zone ZTL sono in continua crescita, forse perché i propri amministratori pubblici sono assai più avvezzi alle auto con i lampeggianti che alle attese alle fermate degli autobus pubblici.
Il rapporto del Censis ci dice che gli italiani vivono in una “ipertrofia emotiva”, sarà certamente vero, ma, forse, hanno raggiunto l’annichilamento da delusione verso il proprio ceto dirigente.
Gli italiani, infatti, i “cittadini semplici” come sono io, sono oramai delusi e stanchi di questo ceto dirigente che, come ho imparato nel mio periodo di vita fiorentina a dire con quella feroce ironia che in quella terra è presente, nulla altro fanno se non “farsi vento con la lingua”.
Urlano, urlano, ma nulla dicono e, soprattutto, nulla di concreto fanno.
Preso atto di tanta inadeguatezza mi fermo a pensare e mi persuado che le tante “emergenze” che la nostra amata Italia deve fronteggiare, emergenze alcune drammaticamente “vere”, altre assai “utili a non farci pensare a quelle vere”, troverebbero le proprie soluzioni se tornassero i De Gasperi e i La Pira.
Chissà perché, preso atto che le giovani coppie di italiani che hanno preso la via del migrare hanno un tasso di natività estremamente più alto di quello dei pari età in Italia, credo che la soluzione alla “emergenza natalità” sia in un nuovo ceto politico italiano.
Chissà perché, preso atto della distanza fra quanto promesso in campagna elettorale dai governanti ed amministratori nostrani rispetto alle loro “azioni” raggiunto il “potere”, credo che la nostra amata Patria vedrebbe tornare il proprio popolo a sorridere e perdere quel senso collettivo di “ipertrofia emotiva” rappresentata dal Censis se, o quando, ritroverà un ceto dirigente autorevole, coerente fra il proprio dichiarare ed il proprio fare, e, magari, perché no, austero.
Ignoto Uno
05/12/2023
Tanto per cambiare era una “mistificazione giornalistica”
Il 26 novembre scorso la giornalista Paola Di Caro del Corriere della Sera intervistava il ministro della difesa Guido Crosetto al rientro da un viaggio a Gerusalemme.
Il titolo che la testata ritenne di utilizzare fu “Crosetto: «Gruppi di magistrati contro il governo»”.
Facile dedurre che il quotidiano abbia colto nelle due ultime risposte dell’intervista l’elemento più interessante della stessa, eppure il ministro della difesa italiano era in rientro da un incontro con l’omologo israeliano in costanza della guerra nella Striscia di Gaza.
Al fine di non essere tacciato di “complottismo”, e per permettere a chi mi onora di leggere quanto scrivo una autonoma riflessione, riporto integralmente la parte “incriminata”dell’intervista al Corriere della Sera.
Alla domanda della Di Caro “È questo il più grande pericolo per la continuità di questo governo?”, il ministro rispondeva «L’unico grande pericolo è quello di chi si sente fazione antagonista da sempre e che ha sempre affossato i governi di centrodestra: l’opposizione giudiziaria».
Probabilmente stupita la giornalista incalzava Crosetto chiedendo spiegazioni attraverso questa domanda “Ma cosa intende?”
La risposta fu «A me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a “fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni”. Siccome ne abbiamo visto fare di tutti i colori in passato, se conosco bene questo Paese, mi aspetto che si apra presto questa stagione, prima delle Europee...».
Questo ha dichiarato al Corriere della Sera il ministro della difesa, ed è “virgolettato”.
A causa di queste dichiarazioni e delle reazioni politiche che ne sono seguite, il ministro della difesa è stato chiamato a dare spiegazioni dalla Camera dei Deputati in data 1 dicembre.
Interessante leggere il titolo del sito del Corriere della Sera a poche ore dall’audizione “Crosetto: «Mai parlato di incontri segreti e cospirazioni dei magistrati, contro di me un plotone d’esecuzione»”.
Oggettivamente che le dichiarazioni del ministro non fossero state prese come “una cosa seria” lo si poteva desumere dalla “oceanica” presenza di deputati durante le sue dichiarazioni, per la precisione trenta su quattrocento.
Guido Crosetto, utile menzionarlo al fine di permettere a tutti di comprendere il momento, era chiamato a rispondere ad una interpellanza parlamentare su quanto dallo stesso dichiarato del deputato Benedetto Della Vedova, esponente del gruppo “+Europa”.
In essa il parlamentare chiedeva di “circostanziare le accuse” e di far comprendere il significato della dichiarazione di Crosetto allorquando lo stesso “parla di opposizione della magistratura”.
Della Vedova ha chiesto esplicitamente al ministro “che cosa voleva dire?” e lo incalza con “Cosa voleva fare? Mettere le mani avanti rispetto ad eventuali provvedimenti giudiziari a carico di membri del governo o della maggioranza?”.
La risposta del ministro, il Corriere della Sera ci informa che lo stesso aveva un piglio “deciso”, è stata questa “Io non ho attaccato e non attaccherò mai la magistratura”.
Crosetto continua con “quando c’è stata la necessità di rivolgersi a un magistrato per denunciare fatti gravi, l’ho fatto”.
Dichiara, sempre l’esponente governativo di Fratelli d’Italia, di avere nei confronti dei magistrati “totale fiducia” e spiega che “il suo allarme dipende da cose dette da alcuni magistrati all’interno di dibattiti pubblici”.
Termina aggiungendo che «Non ho mai parlato di incontri segreti e cospirazioni».
Nell’intervista di cinque giorni prima al Corriere della Sera risulta virgolettato questo pensiero del ministro “A me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a “fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni”.
Io, sempre “cittadino semplice”, faccio veramente fatica a comprendere la risposta del ministro in Aula alla interpellanza del Onorevole Della Vedova.
Non posso nascondere di essere rimasto quasi deluso, speravo, infatti, in un vero “colpo di teatro” con il quale il ministro sbaragliasse la sempre decantata “magistratura militante”.
Invece niente. Come sempre “non abbiamo capito noi”, non hanno capito i giornalisti del Corriere della Sera, anzi, questo si comprende da un titolo di Sky TG24, Crosetto ritiene che siano state “mistificate le mie parole”.
La magistratura nella nostra amata Italia ha, purtroppo, in più occasioni, svolto un ruolo che è apparso, da noi “cittadini semplici”, non in linea con la sua terzietà. Questo è un fatto.
Che esista una parte, assai minoritaria ma rilevante, di “magistrati militanti”, sin dal 1993, appare, purtroppo, tristemente per chi si ostina a credere che la “giustizia è uguale per tutti”, chiaro.
Molte le domande, per esempio, che i “cittadini semplici” hanno dentro loro stessi, tuttora, su quel devastante periodo che è passato alla storia come “Mani Pulite”.
Quella “Mani pulite” che annientò il ceto dirigente facente parte del “pentapartito”, ma non trovò nulla sull’allora PCI, eppure l’Italia era in un periodo politico che passerà alla storia come “consociativismo”.
Di queste ultime settimane nuove suggestioni di stampa, sempre per esempio, legano quelle indagini della Procura del Pool di Mani Pulite di Milano alla tragedia di Via D’Amelio a Palermo ove vennero trucidati il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta.
Interessante la lettura, ancora per esempio, dell’intervista, su Libero, il 30 settembre scorso, al ex ministro Cicchitto che, sin dal titolo (“Cicchitto: perché Mani pulite non è mai arrivata in Sicilia”), fa intravvedere legami assai interessanti fra il sistema industriale del nord e la politica al sud.
Famose alcune intercettazioni telefoniche del 1990/1992 di Raul Gardini, intercettazioni che pochi giorni fa sono tornate alla ribalta della cronaca in ordine ad indagini sui rapporti fra il gruppo dallo stesso presieduto e la mafia.
Sempre sulle strane “lotte di magistratura” è impossibile non riportare alla memoria quel famoso, e strano, “papello” che sarebbe stato consegnato dal capo di Cosa Nostra, Totò Riina, all’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino che, a sua volta, dichiarò di averlo consegnato agli ufficiali del Ros Mori e De Donno.
Questi ultimi, per quelle dichiarazioni, vennero arrestati.
Arresti “eccellenti” e “carriere rovinate”.
Arresti, oggi, dichiarati “sbagliati” in quanto gli “arrestati” sono stati “assolti perché non hanno commesso il fatto” come ci ha informato, in data 27 aprile 2023, l’agenzia Ansa con questo titolo “Stato-mafia: confermate le assoluzioni per Mori, Subranni, De Donno e Dell’Utri”.
In quell’Ansa si legge che “al termine della camera di consiglio i giudici hanno annullato la sentenza di appello senza rinvio, con la formula per non avere commesso il fatto, per quanto riguarda il generale dell'Arma, Mario Mori e per gli ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni e Giuseppe De Donno”.
Corvi, stragi, attentati, inchieste giudiziarie, insabbiamenti veri o presunti, intrighi internazionali, omicidi eccellenti, sparizioni di indagati e testimoni, questa l’Italia dei misteri ove, purtroppo, la magistratura non ha saputo, in alcuni casi, forse, voluto, portare “verità”.
In questa nostra amata Italia, Patria tanto martoriata, nazione con un sempre più scadente ceto dirigente, proprio nessuno, ma veramente nessuno, sentiva la necessità di questa, speriamo ultima, temiamo non ultima, ulteriore, caduta di stile istituzionale.
Come se non con queste parole, possiamo, noi sempre “cittadini semplici”, commentare questa ennesima “farsa” della politica italiana?
Ignoto Uno
02/12/2023
Spot di Natale … ma non solo.
Lo spot pubblicitario del Charlie’s bar è stato definito il più bello sul Natale in questo anno.
Lo riporta l’Agenzia Ansa e lo rilanciano tutte le televisioni nazionali in queste ore.
È stata una ricerca voluta da John Lewis, famoso per le sue campagne natalizie, a premiare questo spot di un pub dell’Irlanda del Nord come “il migliore dell'anno”.
Lo spot, prodotto con un telefonino e costato settecento euro, questo viene dichiarato, parla di un anziano solo che porta, emozionandosi, un mazzo di fiori sulla tomba della moglie, nessuno gli rivolge la parola, chi incontra evita il suo sguardo.
Infine si siede in un pub, Charlie’s bar appunto, tipico locale irlandese ove si può chiedere una birra.
Nell’entrare una giovane coppia, una donna con il suo fidanzato con il loro cagnolino, prima gli cedono il passo all’ingresso, dopo, a causa del cane e comprendendo che l’anziano è solo, si siedono con lui a bere una birra ed a parlare.
Cose di un tempo, cose da persone che vogliono vivere con il modo “educato” di un tempo, cose semplici ma vere.
Lo spot chiude con un messaggio “Non ci sono estranei, ma solo amici che non conosci ancora”.
Quanti i contenuti in questo spot!
Il primo è la ricerca di “normalità”, di “tradizioni”.
Questo spot, perché non dovremmo dirlo con chiarezza, parla di tutto quello che un certo mondo vuole “sradicare”, “distruggere”, “superare”.
Parla del ”rispetto delle emozioni”, parla del “rispetto del dolore perché l’amata di una vita non c’è più”, parla “del rispetto degli anziani”, parla “del rispetto degli animali”, parla “di buona educazione”, parla della “coppia tradizionale”, parla della “importanza della tradizione orale”, l’anziano che parla con i giovani venendo rispettato da questi.
Nessuna giovane donna semi nuda nello spot, nessun uomo “palestrato”, nessun ammiccamento “gender”, nessun messaggio “ecosostenibile” forzato.
Nello spot si vede una tipica cittadina irlandese, pulita e ben manutenuta, un cimitero ove il dolore si rispetta attraverso il mantenere il luogo ordinato, una panchina con un signore che legge il giornale, un locale con sedute tipiche di un pub.
Cose semplici, cose “normali”.
Eppure emoziona.
Gli studiosi di marketing direbbero che “passa”. “Passa” così tanto da aver reso famoso un piccolo pub nel mondo.
Molto probabilmente altri, quelli che si auto celebrano come moderni e ben pensanti, lo definiranno “reazionario”.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo giovani donne discinte nelle trasmissioni di intrattenimento televisivo e, poi, sentire parlare tanto di “patriarcato” e di “femminicidi”.
Io, “cittadino semplice, un po’ antico ed attempato, che ama e rispetta le donne, ancor più le ‘mie donne’”, aborro i femminicidi e mi disgusto nel vedere una cultura ove avvengono. Mi disgusto ancor di più allorquando ne sento tanto parlare da chi, contemporaneamente, ritiene che si debba accettare che nella mia amata Patria, quella Italia che si è formata su valori e simboli giudaico Cristiani, si debba accettare di vedere donne segregate in casa o con il velo per strada che camminano un passo dietro al “loro” uomo perché vanno “rispettate le tradizioni degli altri”.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo parlare di “ambiente” e, poi, sono costretti a vivere in una città ove i cumuli di immondizia raggiungono vette da “scalata del Monte Bianco”.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo parlare di “ambiente” e, poi, sono costretti a vivere in una città dove i parchi comunali sono abbandonati a loro stessi e resi pericolosi da ogni punto di vista.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo parlare tanto di “ambiente”, di cultura “green, di “automobili elettriche”, di “parchi eolici e pannelli solari” e, poi, deve vedere le file di centinaia e centinaia di persone di mezza età fare la coda alla mensa della Caritas perché hanno perso il lavoro a causa delle tante aziende fallite per la cultura “green”, quella che delocalizza nel far east per intenderci.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo parlare tanto di “diritti alla maternità surrogata” e, poi, deve vedere tanti italianissimi bambini vivere, orfani o abbandonati, nelle “case famiglia” mentre coppie di giovani uomini e donne, altrettanto italianissimi, che anelano di poter adottare un bambino, magari neonato e non quindicenne, non riescono a realizzare nella nostra amata Italia il loro “sogno di genitorialità” e devono rivolgersi ad “organizzazioni umanitarie” che permettono loro di adottare bambini africani o sud americani. Che puzza, vero fetore, di “mercato” in tutto questo! Che puzza, vero fetore, di “mercanti”. Proprio quei “mercanti” che duemila anni fa furono cacciati dal tempio proprio da Colui che, oggi, molti utilizzano come riferimento per rappresentarsi agli altri come “benefattori”.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo parlare tanto di “bontà” e, poi, vivere in un mondo che è stracolmo di spot televisivi ove si chiede di donare “nove euro al mese” per questo o quest’altro, neanche le donazioni sono più spontanee!
Noi, sempre “cittadini semplici” tanto annoiati e disillusi, ci chiediamo il perché di tanta bontà verso i bambini cechi africani e altre immani tristezze e tanta poca bontà verso gli italiani in difficoltà, saremo “cattivi” ma ci vien, spesso non sempre, da pensare assai male.
Sono certo che a molti come me, “cittadini semplici”, persone che si annoiano un po’ a vedere solo parlare tanto di “migranti” ed ONG fa un po’ tanto schifo il leggere di “traffico di migranti” e temere di leggere in un prossimo futuro di “traffico di organi”.
In fondo siamo “cittadini semplici”, non “cittadini acefali”.
Oggi vediamo questo spot, niente più “baci fra uomini o fra donne” per proporre un panettone, niente pannelli solari, niente macchine elettriche, niente uomini o donne sugli yacht, niente macchine di lusso o ville magnifiche ed irraggiungibili a noi “normali”, niente locali super lussuosi.
Oggi vediamo questo spot con un cagnolino che tanti hanno, due giovani felici fra loro, un anziano che ha ancora tanto da donare agli altri, un pub alla portata di tutti e pensiamo che quel modo di vivere ci piaceva. Anzi ci continua a piacere.
Oggi vediamo questo spot e pensiamo che tutti questi “opinionisti” che ci propongono, spesso impongono, la loro “modernità” ci hanno un bel po’ stufato.
Io, “cittadino semplice” che non ha paura di vedersi puntare il dito contro perché vuole vivere in un mondo che qualcuno vuole cancellare, vedo questo spot e penso che, dato che è stato definito come “il più bello di questo Natale”, vuol dire che non sono solo.
Non sono solo a voler vivere in un mondo “colto ed antico”, così racconterei il “mio mondo”. Un mondo ,non massificato e vuoto, ove tutti vengono rispettati nelle loro “idee e differenze” perché rispettano quelle degli altri. Un mondo che non “giudica” gli altri e non “pretende” di stravolgere le tradizioni degli altri.
Felice, nel rispetto di me stesso e dei miei valori retrò per alcuni ma non per me, in onore di chi ha saputo emozionarmi con queste immagini vado a bere, insieme ai miei affetti, una bella birra fredda, anzi no, da “italiano antico”, un bel bicchiere di vino mentre predispongo la mia casa a “vivere il Natale” adornata da un albero di Natale ed un presepe.
Ignoto Uno
01/12/2023
Link al video da vedere
https://www.youtube.com/watch?v=IUnEMzDNowA
Iniziano a cadere le foglie
A meno di un anno dalle elezioni presidenziali statunitensi Biden parla di “pace in medio oriente”.
“Costruire la pace”, quante volte abbiamo sentito usare questa allocuzione da coloro che, spesso con eccesso di ottimismo, si usa definire i “grandi della terra”!
Io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo cosa sia indispensabile per svolgere il ruolo di “costruttore di pace” fra, e nelle, nazioni in guerra fra loro.
Il primo dei requisiti, il requisito minimo, è la “credibilità”.
Credibilità che deve essere ampiamente riconosciuta, in primis, da coloro che compongono il proprio “campo” ed a seguire da quelli del “campo avverso”.
Gli attori nello scenario medio orientale, schematicamente, sono certamente lo Stato di Israele e il popolo palestinese.
Già in questo vi è una dissimetria
Da un lato uno Stato democratico con organi costituzionali legalmente, e liberamente, eletti.
Dall’altro un “popolo”, utilizzando il, più corretto, linguaggio del diritto pubblico si definirebbe “nazione”. Nazione con una storia ed una cultura ma, purtroppo, senza una reale unione organizzativa politica liberamente espressa.
Nella Striscia di Gaza, infatti, non vi è una struttura di Stato riconosciuta da tutti i componenti il popolo palestinese. Anzi vi è una struttura di comando dispotica, Hamas appunto, definita formalmente “terroristica” dalle Nazioni Unite e da moltissimi Stati che la compongono, fra questi gli Stati Uniti e tutti quelli che costituiscono l’Unione Europea, Italia inclusa.
Il popolo palestinese avrebbe uno Stato con sede a Ramallah presieduto dal presidente Abu Mazen, purtroppo questa entità non è riconosciuta ne a Gaza dai componenti di Hamas, ne dagli Hezbollah presenti al confine fra lo Stato di Israele ed il Libano.
Difficile in queste condizioni costruire una pace duratura fra i due popoli, quello israeliano e quello palestinese. Pace che non potrebbe che basarsi su un reciproco “riconoscimento”. Lo Stato d’Israele viene sollecitato da molti attori internazionali a “sostituire” il presidente Netanyahu, certamente ben presto la democrazia israeliana riterrà che il momento di compiere questo passo sarà giunto e non avrà difficoltà ad identificare democraticamente un nuovo premier. In fondo chi è chiamato a fare il ruolo del “cattivo” non potrà poi svolgere quello del “pacificatore”, lo insegna la politica.
Ebbene chi potrà trovare, “credibile” per il popolo palestinese tutto ancora prima che per l’interlocutore israeliano, al “tavolo della pace”?
Chi gli si siederà di fronte con l’autorevolezza e la credibilità indispensabili per chiudere un accordo?
Questo i media occidentali non lo spiegano, tantomeno i governanti.
Parlano di Abu Mazen, difficile pensare che ci credano per davvero.
Allargando lo sguardo al mondo intero si trovano un numero assai ampio di ulteriori “attori”. Tanti coloro che vengono dichiarati “strategici”, siamo sicuri che siano reciprocamente credibili?
Certamente Stati Uniti, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese sono fra questi.
Fra essi i rapporti sono assai tesi, nel caso di Russia e USA attualmente pressoché inesistenti. Necessario ricordare che gli Stati Uniti, sin dal 2008, hanno comminato sanzioni economiche alla Federazione Russa. Sanzioni ampliate con la guerra in terra di Ucraina.
I leaders di questi tre Stati hanno, tutti e tre, problemi di credibilità interna ed internazionale.
Collegare la parola “pace”, per esempio, alla figura di Biden risulta, almeno ad un “cittadino semplice” quale io sono, assai complesso.
In questi suoi primi tre anni alla Casa Bianca, non dimenticando che la sua elezione non è mai stata riconosciuta dal Presidente Trump, la sua politica estera si è basata su una sola parola, “guerra”.
Biden non è ritenuto “credibile” nemmeno dalla maggioranza del popolo statunitense, addirittura all’Interno del proprio partito vi è chi sta cercando in tutti i modi di trovare un sistema per non ricandidarlo nel 2024.
Biden, assai amato dai leaders europei, premier Meloni in primis, e dal presidente ucraino Zelensky, non è ritenuto affidabile da quello russo Putin.
Biden, presidente che in pochi in Stati Uniti reputano realmente avversario del leader cinese Xi JInping, è costretto a portare avanti una politica di, almeno formale, contrapposizione al governo cinese dall’ostilità del Congresso USA a qualsiasi azione di reale apertura verso questo interlocutore.
Dal suo canto il Presidente Putin ha una dichiarata e totale avversione di tutti i leaders occidentali. Capi di Stato che molto hanno sperato che il recente tentativo di golpe del gruppo paramilitare Wagner riuscisse nei suoi confronti.
Proprio l’aver, almeno politicamente favorito, quel tentativo rende oggi assai complesso ogni dialogo che permetta una, certamente di compromesso, soluzione di pace nello scenario ucraino.
Leader russo che si prepara, autocraticamente, a vincere per l’ennesima volta le elezioni.
Il leader cinese, infine, dichiarato “dittatore” anche da Biden nel recentissimo bilaterale a San Francisco in California, è certamente “autorevole” ma altrettanto “democraticamente non credibile”.
Interessante notare come venga usato in modo non lineare il concetto di “autocrate” nel mondo occidentale.
Dittatore con cui si può dialogare quello cinese, “autocrate” da dichiarare reietto quello russo.
Leader indiscutibile quel Biden che non ha visto la sua elezione riconosciuta dal presidente uscente Trump e che vede la presenza di una Commissione presso il Congresso statunitense sulla “integrità del voto”, la commissione presieduta da Jim Jordan, e “pericolosissimo personaggio” quel Trump che, così dicono universalmente i sondaggi, ha la maggioranza degli statunitensi che lo appoggia.
Nel chiosare sul concetto di “autocrazia”, magari di “oligarchia”, come definirebbero gli studiosi di politica un sistema ove fondare un nuovo partito è pressoché impossibile, ove i candidati al parlamento vengono “nominati” dai vertici dei partiti, ove i “vertici” degli stessi partiti sono in tutti i casi meno uno gli stessi dalla morte dei tempi ed ove la parola “congresso” è definibile come “desueta”?
Questo, per esempio, è quanto accade nella nostra amata Italia.
Lanciata questa “provocazione”, spero interessante, nel continuare una analisi sugli attori che dovrebbero trovare un comune intento finalizzato a costruire una pace duratura in medio oriente, non si può non evidenziare il ruolo di altri tre stati basati su “autocrazie”.
La Turchia, l’Arabia Saudita e l’Iran.
Turchia governata dal presidente sunnita Erdogan, autocrate a cui l’Europa elargisce miliardi di dollari al fine che questi tenga lontani i “migranti” dalle nostre frontiere. Turchia che massacra i curdi ma è membro della NATO.
Arabia Saudita governata dal Re Salman bin Abdulaziz al Saud coadiuvato dal primo ministro, suo figlio e principe ereditario, Mohammed bin Salman. Quelli del caso dello scrittore e giornalista Jamal Ahmad Khashoggi ucciso ad Istanbul il 2 ottobre 2018 da una squadra dei servizi segreti sauditi per capirci. Eppure tutto l’occidente, compresa l’attuale Segreteria di Stato americana e tutte le cancellerie europee, parla e fa affari con quello Stato, addirittura in gran massa lo vota come sede della futura EXPO Universale.
L’Iran degli Ayatollah, infine. Quel Iran che sta massacrando le donne che non vogliono indossare il velo, addirittura se lo “indossano male”.
Ayatollah che impiccano centinaia di persone ogni anno appendendoli a gru di camion nelle piazze e lasciandoli appesi in bella vista.
Eppure gli Stati Uniti in questi ultimi mesi riescono ad inviare a Teheran miliardi di dollari e molti Stati dell’Unione Europea vi fanno lucrosi affari pur se esisterebbero sanzioni economiche.
Un mondo strano, forse squallido, quello occidentale di oggi.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di fare grandi affari con la Cina, quella che massacra gli Uiguri. Un genocidio iniziato nel 2016.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di fare grandi affari con L’Iran che massacra le donne mentre l’occidente urla contro i “femminicidi”, probabilmente le donne non sono tutte uguali.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di fare grandi affari con l’Arabia Saudita che smembra un giornalista per farlo sparire nel nulla.
Un mondo che attacca e sanziona l’autarca Putin, ma non si preoccupa di finanziare e, probabilmente fare affari, con Hamas che compie immani nefandezze come quelle dai membri di questa organizzazione compiute il 7 ottobre in terra di Israele, utilizza ospedali, scuole e moschee come basi per lanciare missili e non si preoccupa di usare i propri compatrioti come scudi umani, solo per fare alcuni esempi.
Esempi, tutti questi, del doppio pesismo occidentale.
Trump, Netanyahu e Putin, molto presto anche il neo presidente argentino Javier Milei, fino a poco tempo fa l’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro, sono “infrequentabili”, sono “stigmatizzabili”, sono “da combattere”.
Xi Jinping, il presidente iraniano Ebrahim Raisi, in qualche forma Hamas, piuttosto che i tanti dittatori ricchi di materie prime nel resto del mondo sono, al contrario, “dalla parte giusta”.
“Parte giusta” contro “parte sbagliata” appunto.
Gli altri aspetti più inerenti alla morale nei loro comportamenti, sempre sbandierati dai politici nel nostro Occidente e nella nostra amata Italia, sono solo una foglia di fico…… ma le foglie, presto o tardi, cadono e lasciano il “re nudo”.
Certe volte cadono con un silenzioso assordante fragore.
Certe volte, cadendo, squarciano le tenebre e permettono al sole di splendere di nuovo.
Certe volte, cadendo, riportano in luce la “verità” e restituiscono “credibilità” a chi aveva il diritto di vederla a se riconosciuta.
Ignoto Uno
30/11/2023
Crosetto, Gasparri, i Media e la magistratura. Scontro fra poteri … occulti
Il ministro della Difesa, Crosetto, politico di lungo corso, fondatore di Fratelli d’Italia, parte di quel “cerchio magico della Presidente del Consiglio” che tanto sta stretto anche all’interno del suo stesso partito, ha dichiarato che “Il vero pericolo per il governo è l’opposizione giudiziaria”.
Affermazione sempre “sgradevole” in un sistema democratico basato su “pesi e contrappesi”. Inutile ricordare che il “potere giudiziario” è un “contrappeso” al “potere legislativo”.
Potere legislativo che dovrebbe essere il Parlamento e non “l’Esecutivo”, cioè il governo.
Come non notare che, purtroppo, nella nostra amata Patria, ormai, il Parlamento è costituito da “nominati” che pressoché mai incide sulle azioni governative.
Io, “cittadino semplice di lungo corso”, sin da quella “Mani Pulite” che distrusse il “sistema del pentapartito” ma non sfiorò nemmeno ne l’allora Partito Comunista ne i sindacati, tantomeno si accorse della corruzione al suo interno o dei corrotti nel mondo dei media, non sono sprovveduto al punto da non saper comprendere e percepire le tante, troppe, fughe dalla linea illuministica della terzietà della magistratura dall’azione politica.
Io, “cittadino semplice di lungo corso”, osservo con favore alcuni recenti articoli che riportano al centro lo “strano” e mai ben analizzato assassinio di quel immenso servitore dello Stato che fu quel magistrato che risponde al nome di Paolo Borsellino.
Uomo che quel 19 luglio 1992, alle 7.30 del mattino, a poche ore dall’essere massacrato con la sua scorta a Via d’Amelio a Palermo, incontrava il Procuratore Gianmanco, il suo superiore, che gli dava mandato formale e secretato di svolgere indagini in ordine ai rapporti, anche internazionali, fra la politica e l’omicidio Falcone.
Io, “cittadino semplice di lungo corso”, noto con sgradevole stupore alcune azioni giudiziarie su temi quali gli atti di questo, e di precedenti, governo contro il traffico dei migranti e certi comportamenti di alcune ONG. Triste certamente assistere ad un processo contro l’allora ministro degli Interni Salvini per le azioni di governo compiute nel ruolo al tempo, ancor più triste vedere un magistrato oggi liberare un assai dubbio migrante a Palermo.
Io, “cittadino semplice di lungo corso”, però, vivo come assai poco accettabile leggere che un potente ministro della Repubblica, il ministro della Difesa, dichiari ad un giornalista “a me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a 'fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni'".
Azione sovversiva questa fosse vera e provata.
Oggi, tristemente per l’ennesima volta nella nostra amata Patria, si “parla di scontro fra politica e magistratura”.
Io, sempre “cittadino semplice”, avrei preferito veder “cercare la verità”, questo dichiara Crosetto nel tentativo goffo di correggere il tiro, attraverso atti propri ed adeguati. Non attraverso il buttare un sasso nello stagno e nascondere la mano.
L’Associazione Nazionale dei Magistrati, la famosa ANM, dal suo lato, reagisce. Ben si guarda, però, dal favorire una azione che risolva in profondità quei sgradevoli intrecci fra la magistratura stessa ed altri poteri dello Stato che fan sì che alcune indagini si “fermino” ed altre subiscano strane “deviazioni”.
Guardando il passato e non il presente, solo a titolo di esempio, giusto perché in questo articolo ho rammentato quel grandissimo uomo delle istituzioni che fu Borsellino e quel documento a lui consegnato alle 7.30 del mattino da Gianmanco, lo stesso Procuratore che archiviò l’indagine di cui dette incarico al magistrato ucciso quello stesso giorno in modo anomalo il successivo 14 di agosto, quella importantissima indagine sul ruolo in Italia degli appartenenti alla lista Mitrokhin e la relazione che vede intrecciarsi alcuni politici e la mafia in quel 1992 che vide l’azione di Mani Pulite “lavare le mani” pressoché esclusivamente al centro nord Italia. Indagini, quelle interrotte, che venivano al tempo portate avanti da uomini dello Stato che videro finire la loro carriera con arresti e carcere. Uomini assolti moltissimi anni dopo per non aver commesso il fatto. Uomini che, probabilmente, potrebbero dire ancora molto se tutelati da uno Stato onesto.
Io, sempre “cittadino semplice”, in questa epoca di truffe, guerre e strani migranti, in questa epoca di “disagi” e “confusione”, in questa epoca di “paure per il futuro”, vorrei, finalmente, vedere politici che parlino esclusivamente nelle sedi opportune ed a favore del bene comune e non di se stessi e dei propri amici.
Allo stesso tempo vorrei vedere magistrati che indaghino sul serio su tutto e tutti con il fine di far emergere la vera e profonda “verità”, senza “selezionare” su quali indagini sia “politicamente corretto” portare avanti le loro indagini.
Io, sempre “cittadino semplice”, troverò, infatti, la serenità per i nostri figli allorquando li percepirò tutelati dal un sistema giudiziario, anche coadiuvato da un veramente libero quinto potere, quello basato sui media, che affondi il coltello nelle vere piaghe di questa nostra amata Italia.
Magari una nuova “mani pulite”, che raggiunga tutto e tutti questa volta, non solo una parte.
Una Nuova Mani Pulite che superi il mondo degli appalti ed indaghi su nuove forme di finanziamento ai poteri forti ed occulti, che indaghi su tutti gli “intrecci” fra politica e finanza, internazionale per esempio.
Nel terminare un dubbio. Che strana coincidenza l’intervento a gamba tesa del ministro Crosetto contemporanea all’indagine della trasmissione RAI Report, di quel Ranucci spesso assai informato, sull’azienda del Senatore Gasparri.
Azienda di cybersecurity intrisa di servizi segreti ed appalti pubblici e para pubblici.
Quella cybersecurity che, prima ignota ai più, dal 2020 è divenuta argomento della politica nel mondo.
Ignoto Uno
28/11/2023
Treni in corsa ...
Allorquando non si hanno grandi idee finalizzate a dare una sterzata, netta ed auspicabile, alla sempre più triste prospettiva della nostra nazione, la politica riempie di “chiacchiere vuote” il sistema mediatico.
Un “gioco” assai semplice che si basa su tre attori sinergici fra loro.
Da un lato la maggioranza chiamata a governare che, non avendo la capacità di attuare delle azioni politiche realmente incisive sui vari temi che la dovrebbero vedere attiva ed innovativa, parla, e straparla, su ogni argomento a grande impatto mediatico e basso valore reale.
Dall’altro lato la cosiddetta “opposizione” che, incapace ad incidere, riduce se stessa al ruolo di “sparring partner” dei primi. Tante chiacchiere vuote e nessun atto incisivo.
Dal terzo lato il sistema dei media che recita, in un numero impressionante di casi, il ruolo del “maggiordomo del potere”. Un sistema mediatico che, nel dare sempre opinioni politiche e nel non fare mai domande pungenti, svolge il ruolo di “anestetico delle menti” garantendo in questo modo lo status quo.
Tanti i “casi mediatici” cavalcati, l’ultimo quello del treno fermato a Ciampino per permettere ad un ministro di scendere dallo stesso.
Io, sempre “cittadino semplice”, assai avvezzo ai ritardi dei treni, al costo impazzito del trasporto aereo, alle code non segnalate in autostrada, al servizio di raccolta della nettezza urbana che lascia “montagne” di rifiuti sul ciglio della strada, alle cavatoie di scolo delle acque reflue nelle strade intasate di ogni cosa, alle “voragini” nel selciato stradale, ai cartelli di segnaletica stradale nascosti da piante mai tenute in ordine, a giardini pubblici completamente abbandonati a se stessi, non ho alcun interesse al fatto che il ministro Lollobrigida abbia fatto fermare un treno per tre minuti.
Questo comportamento, nel caso di specie assai poco e male motivato, è certamente esecrabile, ma non degno di così ampia attenzione mediatica.
Io, “cittadino semplice” ma ancora munito di cervello in azione, vorrei vedere le trasmissioni della prima serata televisiva essere altrettanto “graffianti” su uno qualsiasi dei temi dei trasporti e della vita quotidiana sopra segnalati.
Il giorno che, noi “cittadini semplici”, avremo trasporti ferroviari e aerei a costi accettabili e con standard di qualità dei servizi adeguati ad una nazione G7, il giorno che i servizi autostradali saranno ben funzionanti e senza chilometri e chilometri di carreggiate ridotte per lavori in corso senza nessuno che vi lavori ma con il prezzo per l’utenza invariato, il giorno che le strade nazionali, provinciali e comunali saranno senza voragini e mantenute con un adeguato decoro urbanistico nell’intorno, il giorno che, noi “cittadini semplici ma non disattenti”, vedremo una Italia dei trasporti così gestita, noi avremo interesse a ragionare su un treno fermato per far scendere un ministro.
Fino a quel giorno continueremo ad annoiarci, noi “cittadini semplici”, a subire questo teatrino assai ridicolo.
Solo una cosa, infatti, ci torna alla mente allorquando lo vediamo, meglio dire “subiamo”, questo teatrino, quel famoso passaggio di Leonardo Sciascia che recita “ Uomini, mezz'uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”.
Nel caso in questione si parla di Francesco Lollobrigida, ministro della “Sovranità Alimentare”, convivente con la sorella della Premier Arianna, laureato presso l’Università telematica Niccolò Cusano, padre di due figlie, di anni 51.
Politico che in questo anno è assai spesso stato messo sotto la lente di ingrandimento dei media per vicende personali, dalle presunte “corna” alla compagna di vita a questo fermare un treno.
Ad ognuno di noi “cittadini semplici” il decidere in quale categoria creata da Sciascia lo si ritiene parte, certi che questo esercizio andrebbe ripetuto per ogni membro del ceto dirigente ed intellettuale della nostra amata Patria.
Certi che, memori di quel percorso filosofico che prevede il sapere da dove si viene, dove si è e dove si vuole andare, il primo lavoro da svolgere è proprio quello di inserire noi stessi in una delle caselle proposte dal grande scrittore….. magari senza eccessiva indulgenza verso noi stessi e ben consci che spegnere la televisione ed aprire un bel libro colmo di contenuti aiuta a crescere.
Ignoto Uno
24/11/2023
Ragionando su Giulia
Un 22enne molto probabilmente, chi crede nella giustizia lascia al giudice il compito di formulare sentenze, ha ucciso una ragazza sua coetanea con cui aveva avuto una relazione.
Tutto quanto i media ci hanno raccontato su questo fatto di sangue lascia pensare che, se la ricostruzione sarà confermata, questo ragazzo abbia premeditato la sua azione di morte a causa del fatto che lei aveva deciso di interrompere la relazione.
Lui è stato arrestato in Germania vicino a Lipsia dopo sette giorni di latitanza in giro per l’Europa.
Filippo Turetta, questo il nome del presunto assassino, ad oggi non ha parlato con nessuno di quanto è avvenuto, di quanto molto probabilmente ha fatto, delle cause che, dato per scontato che sia stato lui, lo hanno portato a fare un azione così folle.
Azione violenta.
Azione incomprensibile.
Azione inaccettabile.
Se condannato perché colpevole per la giustizia, la sentenza mediatica è già stata formulata comprensiva di aggravanti e cause sociali, è auspicabile che paghi il suo “giusto” debito con la giustizia.
È necessaria, infatti, fare “giustizia”, non “vendetta”.
Giustizia che saranno gli inquirenti, prima, e i giudici, dopo, a poter “richiedere”, prima, e “proclamare”, alla fine di un percorso che deve chiamarsi “di giustizia”.
Le immagini televisive raccontano di due famiglie distrutte. Quella della povera Giulia che ha perso una figlia assassinata, così sembrerebbe, esclusivamente perché stanca della relazione sentimentale con il suo ex ragazzo, ora molto probabilmente suo assassino.
L’altra, quella di chi avrebbe ucciso, i primi a ritenerlo sono proprio i genitori dello stesso, persone che, sempre dal racconto dei media, sembrano esattamente rappresentabili come “una famiglia normale”. Una famiglia di “gente per bene”.
Oggi i media incolpano il “patriarcato”.
Alcuni “tuttologi”, meglio noti come “opinionisti”, hanno commentato questa tragedia collegandola al fatto che “i salari delle donne sono inferiori a quelli degli uomini”.
Capisco che potreste pensare che sia uno scherzo, purtroppo è successo realmente su RAI3, ovviamente senza nessuna richiesta di spiegazioni su come possa essere correlato l’atto omicida con detti salari da parte del conduttore.
Cosa leghi la cultura del “patriarcato” con questo assassinio è difficile da capire, ma nessun giornalista, nessun opinionista, nessun tuttologo, ne lo ha chiesto, ne lo ha spiegato.
La cultura che una parte vuole imporre si basa sullo sradicamento delle radici della nostra nazione.
Tutto è utilizzabile per raggiungere questo obiettivo, addirittura la immensa tragedia occorsa a questa sfortunata ragazza.
Che cosa è il “patriarcato”?
Il Treccani recita che è una “organizzazione famigliare, contrapposto al matriarcato, in cui i figli entrano a far parte del gruppo cui appartiene il padre, da cui prendono il nome e i diritti che essi a loro volta trasmettono ai discendenti diretti o prossimi nella linea maschile”.
Nelle famiglie “patriarcali” di un tempo, oggi viviamo nell’era dei “separati”, la “madre” era una figura altissima ed estremamente tutelata dal sistema sociale.
La “madre” era il “capo indiscusso” nella famiglia.
Il “marito” usava depositare tutti i suoi guadagni nelle mani della “moglie” sia che la stessa fosse casalinga, sia che avesse un lavoro.
L’azione più inaccettabile nella famiglia era quella di offendere la “padrona di casa”, questo era il modo di definire la “moglie” da parte del “marito” sia che essa fosse, voglio ribadirlo, una casalinga, sia che avesse un lavoro.
Vi è veramente qualcuno che, salvo per alcuni aspetti normativi legati al cognome, vede nella nostra amata Italia la dominanza della figura paterna nel nucleo famigliare oggi?
Vi è veramente qualcuno che ritiene di poter vedere nella nostra amata Italia la dominanza del ruolo dei padri separati sulle madri separate? Nel caso, chi avesse questa “buffa” idea, è pregato di andare a contare quanti padri separati sono costretti ad usare i servizi della Caritas e quante sono le madri separate negli stessi locali ad usare gli stessi servizi. Servizi quali la così definita “mensa dei poveri”.
La società civile italiana si è modificata dal referendum sul divorzio ad oggi.
Qualcuno ritiene in meglio.
Certamente il divorzio è stato una conquista sociale di libertà sia per gli uomini che per le donne.
Altrettanto vero che spesso, troppo spesso, i figli nei divorzi divengono “oggetti” da usare nella lotta fra genitori e che, detti figli, sono assai spesso strumento di ricatto finanziario da parte delle madri - ex mogli sui padri - ex mariti.
Gli omicidi tra il 1 gennaio e il 12 novembre 2023 in Italia sono stati 285.
Le vittime di genere femminile sono state 102, pari al 35,8%, di cui maturati in un contesto familiare o affettivo 82 donne e 43 uomini.
Ognuno di questi omicidi ha una storia diversa, la sua tipicità.
Calpestarli con semplificazioni è squallido, vigliacco, sporco.
Giulia andrebbe lasciata in pace, nessuna ideologia dovrebbe strumentalizzarla.
Sarebbe assai bello, oserei dire elegante, se tutti tacessero lasciando agli inquirenti il compito di dare tutte le risposte basandosi sui fatti che sapranno comprendere.
Fra queste la risposte più importante sarà quella della motivazione che ha portato un ragazzo di una “famiglia per bene” a compiere un atto così efferato.
Probabilmente “folle”.
Ignoto Uno
22/11/2023
Soddisfazione per la “pagella” di Moody’s, sarà vera gloria?
Il 18 novembre l’agenzia di rating statunitense Moody’s ha migliorato la sua visione sul futuro del nostro Paese.
La sua ultima “pagella”, infatti, parla di “Progressi nel sistema bancario e di rischi energetici diminuiti” e, nel confermare il rating, alza l’outlook a livello “stabile”.
Questo ha permesso al ministro dell’Economia Giorgetti di dichiarare che il governo stia “operando bene per il Paese, seppure tra tante difficoltà”.
Le difficoltà, a dire il vero, sono sempre più palesi a tutti i “cittadini semplici” italiani, e saranno i futuri mesi a dire loro se il modus operandi e le scelte del governo in legge di bilancio si dimostreranno corrette a migliorare la qualità della vita in Italia. Altrettanto varrà per verificare la qualità delle “pagelle” delle agenzie di rating nei confronti della nostra amata Patria.
È inconfutabile il fatto che il giudizio espresso da queste agenzie sia estremamente importante, ad esso si lega la propensione all’acquisto del debito pubblico da parte dei fondi di investimento.
Noi “cittadini semplici” ben sappiamo quanto sia necessario che il nostro debito venga comprato a tassi i più bassi possibili. Fatto che è direttamente correlato a dette “pagelle”.
Altrettanto inconfutabile il fatto che, assai spesso, le stesse agenzie hanno rilasciato “rating” che si sono in seguito dimostrati totalmente errati. Quasi fosse che tali “giudizi” abbiano più una origine “politica” che tecnica.
Negli Stati Uniti le autorità di controllo del mercato intervennero contro le agenzie di rating ritenendo le stesse corresponsabili, proprio a causa delle loro “pagelle”, a dire il vero assai errate, della crisi finanziaria nel 2007 e 2008.
Fatto corroborato da uno studio di una commissione del Senato americano.
Richiami arrivarono loro anche da organi istituzionali australiani che stabilirono che S&P ingannò gli investitori assegnando rating più alti a titoli il cui valore si dimostrò eccessivamente elevato tanto da crollare durante la crisi finanziaria globale.
Egualmente fece la Financial services agency giapponese che ordinò a S&P di migliorare il proprio sistema di verifica e aggiornamento dei rating.
Certamente, oggi, al sistema economico italiano fa assai comodo quanto deciso da queste agenzie.
Utile, però, allargare la visione sul sistema paese, superare i trionfalismi legati a queste “pagelle”, immergersi nella concretezza economica italiana.
I dati e le analisi dei vari centri studi economici potrebbero in un prossimo, neanche così lontano, futuro, dimostrare che certi “trionfalismi” contengono delle esagerazioni di ottimismo. Potrebbero dimostrarsi apodittici.
Vogliamo credere, noi “cittadini semplici”, che il ministro dell’economia sia in buona fede nel dichiarare "Accolgo con molta soddisfazione la pronuncia di questa sera . E' una conferma che , seppure tra tante difficoltà stiamo operando bene per il futuro dell'Italia", altrettanto certamente, per chi sa leggere fra le righe, dobbiamo notare che Confindustria non è totalmente convinta che il governo non possa fare meglio.
In data 18 novembre, infatti, esattamente lo stesso giorno della “pagella”, il presidente dell’associazione datoriale, Bonomi, ha dichiarato che "Il PILItaliano è rimasto fermo nel terzo trimestre e gli indicatori dicono che all'inizio del quarto l'attività nei servizi è in lieve calo, come nell'industria”.
Il messaggio sulla necessità di “migliorare” la bozza della legge di bilancio sembrerebbe chiaro.
Noi “cittadini semplici”, avvezzi al dubbio ed alla lettura dei dati, notiamo come l’inflazione si sia oggi attestata a 1,7% ma notiamo, al che, che, allo stesso tempo, il potere d’acquisto degli italiani ha subito l’andamento dei prezzi negli ultimi 24 mesi e si è ridotto di almeno un 15%.
Contemporaneamente come non notare che i tassi per i prestiti bancari sono ai massimi storici? Fatto che rende pressoché inaccessibile lo strumento del credito sia alle imprese che alle famiglie.
La caduta dei prestiti alle imprese è arrivata al -6,7% annuo e gli acquisti di beni immobili si è estremamente contratto, soprattutto se abbinati all’accensione di un mutuo fondiario.
È vero che il costo dell'energia è sceso del 19,7% rispetto a 12 mesi fa, ma è altrettanto vero che è tuttora più alto del 26,8% in base 24 mesi.
Sempre in questi giorni la Caritas ha dichiarato che in Italia vi sono 6 milioni di poveri e che gli italiani in forte difficoltà sono 14 milioni, in tutto i cittadini italiani sono 59 milioni.
Allargando il raggio di analisi all’Unione Europea, dobbiamo prendere nota del fatto che il Wall Street Journal, ha in questi giorni presentato una analisi sui mercati del lavoro nell’Europa UE27 che prevede un numero sempre maggiore di aziende, nella UE27, pronte a ridurre la propria forza lavoro nel 2024. In parole povere, intende licenziare.
Informazione che dovrebbe allarmare l’Esecutivo italiano e portarlo a scelte che siano volano reale del rilancio delle imprese sin da questa manovra di bilancio.
Il PIL industriale in Italia, conviene ribadirlo, ha visto una contrazione del 7,6% e, a conferma, va registrata una riduzione del 4,5% dell’ export italiano.
Elementi questi, tutti, che devono essere letti in modo organico e che fanno temere un ben peggiore andamento del PIL nel 2024 di quella dichiarato dal ministro dell’economia Giorgetti con diretto impatto sulle entrate e conseguenti ulteriori problemi sulle casse pubbliche e sul rapporto debito - PIL.
Rapporto che sarà appesantito ulteriormente a causa di una manovra progettata in deficit.
Da “cittadino semplice” innamorato della sua Patria spero con tutto il cuore che l’ottimismo del ministro Giorgetti e dell’Esecutivo tutto sia ben riposto, purtroppo i dati dicono ben altro.
Ignoto Uno
20/11/2023
Medio Oriente, dove è l’Europa?
Lo scontro fra lo Stato di Israele ed Hamas non può essere ritenuto uno scontro fra due entità paritetiche.
Il primo, infatti, è una democrazia che esprime un ceto dirigente liberamente eletto, il secondo un gruppo armato definito “terrorista” dagli Stati che compongono le Nazioni Unite, differenza abnorme che definisce con chiarezza le diverse posizioni.
Hamas non rappresenta il popolo palestinese, anzi usa coloro che nella Striscia di Gaza non hanno aderito a questa organizzazione terroristica come scudi umani.
Questo il motivo che dovrebbe portare tutti gli Stati aderenti all’Onu a predisporre, e gestire direttamente, dei cordoni umanitari atti a far uscire dalla Striscia di Gaza, esclusivamente per il tempo necessario a estirpare il terrorismo da quella terra, i civili, queste povere persone palestinesi, mettendole in sicurezza.
Questo renderebbe più facile e rapido il compito all’esercito israeliano di discernere fra terroristi ed innocenti.
Intendo essere molto netto e chiaro, l’esercito dello Stato di Israele non può, deve, fermare per sempre questi barbari impedendo loro di poter ripetere quanto hanno compiuto il 7 ottobre.
L’esercito di Israele deve distruggere per sempre i tunnel, calcolabili in centinaia di chilometri, e tutte le infrastrutture costruite sotto terra da Hamas per predisporsi a distruggere lo Stato di Israele come dichiarato nel loro statuto come fine.
Quanto sta avvenendo in medio oriente non è una “guerra”, non è uno scontro fra “due popoli”, è l’attuazione di un progetto estremista di un gruppo terroristico che aggrega adepti seguendo il dettato di molti Imam, presenti anche sul territorio italiano, che chiedono ai mussulmani di aderire alla “Jihad”, alla guerra santa, contro gli infedeli in tutto il mondo.
Oggi sono gli ebrei, domani saranno i cristiani. Ovunque essi risiedano.
Questi Imam educano i loro fedeli ad uccidere gli “infedeli” dichiarando che “è un obbligo imposto a tutti i musulmani”.
Questi Imam instillano l’odio religioso e predicano che a chi uccide un infedele è assicurato il Paradiso.
Per un mussulmano è “infedele” chiunque non professi di seguire le parole del Profeta Maometto.
Nel Libro, unico testo in cui crede chi è cristiano, Libro che accomuna noi che crediamo in Gesù Cristo nostro Signore a chi crede esclusivamente nel Vecchio Testamento, possiamo leggere l’Ecclesiaste (per chi volesse approfondire 3, 1-15) che ci parla del fatto che “per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo”.
“C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire”, questo possiamo leggere noi cristiani.
Cristiani che dovremmo conoscere entrambe le “parti” che compongono il “nostro” Libro.
Esso recita, inoltre, che “c’è un tempo per la pace ed un tempo per la guerra”.
Dopo quanto è successo il 7 ottobre in medio oriente, non importa assolutamente nulla se si tratta di “terra occupata” rispetto a quanto deliberato dalle Nazioni Unite nel 1947 o meno, quanto è accaduto è così abominevole che non può prevedere altro che la soluzione definitiva del “problema Hamas”.
Gli adepti di questa organizzazione terroristica possono comprendere la gravità di quello che hanno compiuto e consegnarsi alla giustizia.
Utile sarebbe prevedere una corte internazionale di giustizia per i capi di questa organizzazione.
Utile prevedere una Norimberga per loro.
Perché la comunità internazionale ha emanato un ordine di arresto internazionale per Putin in ordine a presunti reati contro bambini ucraini e non si comporta in egual misura contro i capi di Hamas?
Se l’Europa organizzasse un corridoio umanitario per togliere dal campo di battaglia gli inermi palestinesi e lanciasse l’idea di una Corte Internazionale di Giustizia per i terroristi che hanno compiuto gli orrendi atti del 7 ottobre ed i loro capi, questa Europa avrebbe una dignità politica.
Purtroppo l’Unione Europea sa parlare esclusivamente di “cappotto termico”, di “cambiamento climatico” e di “parole offensive per i gender”, veramente poco per avere un ruolo di leader mondiale.
Ignoto Uno
06/11/2023
Tu chiamale, se vuoi, “scherzoni”
Molte le domande che ha causato la telefonata fra la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, e i due “comici” russi.
I media nostrani centralizzano l’attenzione dell’opinione pubblica sulla presidente e sul fatto che le sue dichiarazioni “off records” coincidono con quelle che la stessa fa pubblicamente.
Utile a saperlo, ma le risposte che la stessa opinione pubblica italiana avrebbe diritto ad avere sono su altre domande.
Tutte domande che superano la figura della Premier e affrontano la qualità più complessiva del sistema paese.
Temo fortemente che l’affermazione dei comici/giornalisti Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov, in arte Vovan e Lexus, che recita “vedrete che vi abbiamo fatto un favore”, possa, o debba, essere ritenuta corretta.
Prima di entrare nel dettaglio delle mie perplessità permettetemi una domanda, perché definirli “impostori”?
Possiamo ritenerli esponenti dei servizi segreti russi impegnati in una azione di guerra ibrida, possiamo ritenerli abili comici, possiamo ritenerli giornalisti schierati con il Cremlino, in fondo di giornalisti proni ad un potere in Italia siamo abituati a vederne proprio tanti anche nelle trasmissioni satiriche, certamente non possiamo ridurli al ruolo di “impostori”.
È vero che il Treccani definisce l’impostore come colui che “abusa della credulità altrui allo scopo di trarne vantaggio”, però è anche vero che l’opera dell’impostore può avere successo esclusivamente se si svolge nei confronti di un “credulone”.
Darsi del “credulone” da soli non mi sembra ne utile, ne saggio.
La nostra amata Patria è sempre più sgangherata, ma è pur sempre una nazione del G7 con una tradizione forte e vincente soprattutto nel campo della sicurezza interna.
Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov hanno esclusivamente giocato le loro carte al tavolo della guerra ibrida ed hanno raggiunto chiaramente il loro scopo.
“Situazione in Ucraina e situazione dei migranti in Europa”, questi gli obiettivi della telefonata secondo uno dei due russi, in arte Lexus, intervistato da LA7.
Francamente quanto successo, comprendiamo assai bene che fa ridere il popolo è l’establisment russo, non fa ridere quello italiano.
Fa ridere ancor meno il contenuto delle dichiarazioni della Presidente Meloni.
Sono proprio queste dichiarazioni, allorquando nella telefonata hanno affrontato il tema della guerra in terra di Ucraina, che hanno portare un uomo avveduto e compassato come il direttore e storico Paolo Mieli a fare delle dichiarazioni ad Ombnibus, su La7 in data 3 novembre, il cui contenuto può essere riassunto in questo modo “la guerra è persa e molte cancellerie europee ritengono che si debba arrivare ad un accordo. Accordo che dovrà contenere delle concessioni sia agli ucraini che ai russi”.
I due comici saranno degli “impostori” ma è di tutta evidenza che hanno portato a casa un risultato significativo per la loro patria.
“Impostori” che, forse, dovremmo ringraziare fra un po’ di tempo anche noi europei ed italiani, come loro stessi fanno intendere, se, e quando, speriamo presto, anche a causa di questa telefonata rubata, si dovesse addivenire ad una tregua nel conflitto ucraino ed ad un successivo accordo che porti stabilità in Europa ed allontani la guerra nel nostro continente.
Accordo che possa, anche, riportare la Russia ad un dialogo con l’occidente e gli Stati Uniti e riportare quella stabilità energetica che è alla base dello sviluppo industriale.
Sviluppo industriale senza il quale l’Italia è destinata ad un rapido forte, ulteriore, declino. Ad una povertà sempre più accentuata e percepita.
Europa ed Italia che dovrebbero, e dovranno, tener presente i forti cambiamenti in politica estera che si vedono all’orizzonte in Stati Uniti. Cambiamenti già percepiti con l’elezione del nuovo speaker del Congresso USA, il falco trumpiano Mike Johnson.
Come non ricordare gli effetti, soprattutto sul ruolo di Silvio Berlusconi, del passaggio fra Bush, amico del leader italiano, ed Obama?
Molte altre domande e riflessioni sovvengono nell’analizzare la, oramai famosa nel mondo, telefonata.
Una su tutte.
I due “comici” hanno fatto tutto da soli o hanno trovato qualche “aiutino” in qualche ambiente dello Stato italiano? Magari in qualche parte dello Stato che sembrerebbe sempre più preoccupato per il futuro della nazione e su come questo futuro venga tutelato dall’azione di questo governo.
Tanti i dossier sul tavolo nella nostra amata Italia. Da quelli economici e di politica industriale, a quelli in ordine al debito pubblico oggi è nel medio periodo, per non dimenticare quelli di politica estera.
Fra questi i rapporti con gli Stati Uniti nel non lontano 2025, con la Russia nel dopo Ucraina, con l’Europa nel dopo Biden e, mai dimenticarlo, con la Cina nel dopo “Via della Seta”.
Un “dopo”, quest’ultimo, di cui nessuno parla. Un “dopo” che si dovrà delineare in era Biden, ma gestire nell’era “post Biden”.
Un’era, quest’ultima, che si può già immaginare assai diversa dalla precedente.
Perché non pensare che qualche manina italiana abbia voluto lanciare un messaggio attraverso questa telefonata fatta da “impostori”?
Chi, come chi scrive, conosce e stima il sistema della sicurezza nazionale italiana, francamente, fa veramente molta, ma veramente molta, fatica a credere che, improvvisamente, i nostri uomini della sicurezza siano divenuti dei “creduloni”, ancor più fatica a credere che non sappiano più applicare quei consolidati protocolli che a Palazzo Chigi funzionano assai bene sin dalla prima repubblica.
A proposito di prima repubblica, bei tempi quelli che vedevano al governo atlantisti come Spadolini, machiavellici come Andreotti, italiani come Craxi, oppositori come Berlinguer.
Finanche economisti come Goria, quel ministro del tesoro, erano gli anni ‘80, che cercò di far diventare “pesante” la nostra moneta del tempo, la “lira”.
Pensate come sarebbe diversa l’Italia e l’Europa se fosse accaduto …. ma qualcuno lo impedì.
Ignoto Uno
04/11/2023
Palestinesi scudi umani. Un’idea per salvarli
La pericolosissima crisi mediorientale, con i correlati rischi terroristici anche per l’Italia, è il principale tema nell’agenda politica di tutte le cancellerie del mondo.
Molte di queste stanno alzando il dito contro Israele per l’azione militare nella Striscia di Gaza.
Premesso che la sempre menzionata, in altre occasioni, legge del 25 giugno 1993, n. 205, quella che sanziona e condanna “frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l'incitamento all'odio, l'incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali”, è in essere anche in questo caso e che alcune dichiarazioni ed atti contro i fedeli di religione ebraica che abbiamo potuto sentire nelle piazze e nelle università italiane ne dovrebbero vedere immediatamente l’applicazione, è oggettivo che nella Striscia di Gaza vi siano poco meno di due milioni di palestinesi inermi sotto le bombe israeliane.
Veri “scudi umani” che le milizie di Hamas strumentalizzano politicamente ed usano per proteggersi e rendere più complesso all’esercito israeliano il compito, vero dovere, di andare a “pulire” da questi barbari il territorio ed impedire agli stessi di ripetere le nefande azioni compiute il 7 ottobre all’Interno dello Stato di Israele.
Nefandezze che neanche i nazisti compirono contro coloro che al tempo professavano la religione ebraica.
I nazisti compirono un olocausto nei campi di sterminio.
Essi non sgozzarono, non bruciarono vivi nonne e madri davanti ai loro parenti nelle loro case, nelle piazze delle città, portarono le loro vittime nei campi di sterminio.
Hamas ha trucidato bambini e arse vive centinaia di persone solo perché ebree.
Atti che superano il concetto di “terrorismo”, ricordano la violenza dei Visigoti nel 410 dC durante il sacco di Roma.
Hamas ha compiuto tanta barbarie per causare una reazione rabbiosa dello Stato di Israele nella Striscia di Gaza, certa che questa avrebbe innescato l’antisemitismo già in essere nel mondo arabo e in Occidente.
Dare fuoco al cimitero ebraico di Vienna, dipingere la “stella di Davide” sulle case degli ebrei a Parigi, cercare di distruggere le “pietre di inciampo” a Roma sono atti che ci dicono quanto sia ancora forte l’antisemitismo nella nostra Europa.
Antisemitismo che non nasce oggi. Antisemitismo forte e presente da prima che oggi si senta intitolato ad esprimersi. Antisemitismo che è “incitamento all’odio” e deve essere represso nell’applicazione della legge per spegnere sul nascere ogni idea di violenza terroristica di origine islamica nella, e sulla, nostra amata Patria.
Atti terroristici che troverebbero maggiore motivazione, in quanto finalizzati a “dividere”, se certi di trovare uno Stato passivo verso coloro, italiani, che già vedono nei compatrioti di religione ebraica dei “nemici”.
Io, memore della grande figura di quell’immenso uomo, ancor prima che immenso Papa, che prese il nome di Giovanni Paolo II, oggi Santo, allorquando il 13 aprile 1986 entrò nella Sinagoga di Roma e disse “cari amici e fratelli ebrei e cristiani, che prendete parte a questa storica celebrazione, vorrei prima di tutto, insieme con voi, ringraziare e lodare il Signore che ha disteso il cielo e fondato la terra e che ha scelto Abramo per farlo padre di una moltitudine di figli”, ricordo che noi, i caucasici, abbiamo origini giudaico cristiane e che, insieme a coloro che seguono le parole del profeta Maometto, crediamo in un Solo Dio.
Dio che predica la pace. Non l’odio.
Noi occidentali non possiamo accettare chi uccide, scanna i bambini e gli anziani.
Noi occidentali non possiamo accettare chi, incapace di comprendere il valore della vita, si sente in diritto di tutelare la propria, vigliaccamente, nascondendosi dietro a degli scudi umani.
Certamente è crimine di guerra lo sparare ad un palazzo civile pieno di “civili”, veri “scudi umani”, come ogni giorno ci viene ricordato dall’ONU e da certi ambienti italiani che solo apparentemente sono terzi in questa catastrofe umana in atto in medio oriente.
Altrettanto certamente è un dovere, dico dovere non diritto, quello dell’esercito israeliano di “annientare” chi, vero ignobile barbaro, ha scannato, sgozzato, bruciato vivo, esseri umani inermi, bambini inermi!
Certamente anche questo è un “crimine di guerra”, ma questo alcuni ambienti della cultura italiana ed occidentale tendono a dimenticarlo, non evidenziarlo.
Nessuno può decidere quale di questi due “crimini di guerra” sia “più crimine di guerra”.
Il campo di battaglia lo ha scelto, e definito, Hamas, non Israele.
Il milione e ottocentomila palestinesi usati come “scudi umani” debbono poter lasciare il campo di battaglia.
L’Egitto non vuole che si trasferiscano sul suo territorio.
C’è da chiedersi perché i leader europei che tanto parlano del dovere di ricevere i migranti provenienti dall’Africa non organizzano un “corridoio umanitario” e, per il tempo necessario ad Israele per annientare i nuovi Visigoti, Hamas, non trasferiscano questi “scudi umani” fuori dal campo di battaglia portandoli in Europa chiedendo in cambio allo Stato di Israele, ed a tutti gli Stati Arabi, di ribadire l’accettazione della delibera dell’ONU del 1947 in ordine a “Due Popoli, Due Stati”.
Ancor più c’è da chiedersi perché questa richiesta non venga urlata da chi manifesta per la pace e la tutela della vita umana.
Portiamoli qui in Europa per il tempo necessario a rendere inermi i barbari, contemporaneamente richiamiamo la delibera delle Nazioni Unite del 1947 che imponeva “due popoli, due Stati”.
Togliamo, noi occidentali, gli alibi.
Mai come oggi dobbiamo parafrasare Kennedy e dire “non diciamo ad Israele cosa deve fare Israele, diciamo a noi stessi cosa dobbiamo fare noi stessi” …. per la pace.
Il mondo arabo si sta “Infiammando”, che gli europei tolgano loro gli alibi.
Questo anche, cinicamente, per tutelare i nostri confini ed i nostri figli.
Chiamate questa mia idea “provocazione”.
Tale, infatti, rimarrà banalmente perché tanti si stracciano le vesti e dichiarano di sperare nel “Due Popoli, Due Stati”. Gli stessi, però, fanno finta di non notare come, sin dal 1947, gli unici che accettarono questa impostazione dei rapporti fra gli israeliani ed i palestinesi furono proprio i primi.
Quando il primo presidente dello Stato di Israele ne proclamò la nascita, il 14 maggio 1948, furono gli Stati Arabi che immediatamente lo invasero militarmente, ma è difficile trovare qualcuno che intenda ricordarlo pubblicamente.
Ignoto Uno
02/11/2023
Demografia e “migranti”. Politiche ove l’ideologia governa sulla lungimiranza
Molti anni fa ho incontrato un vescovo, filosofo e teologo salesiano, persona assai pacata, sempre molto interessante da ascoltare per apprendere.
Quel prelato mi fece ragionare sul fatto che il Sacro Romano Impero cadde a causa del fatto che aveva “barbari” dentro lo Stato, schiavi a cui i romani avevano delegato praticamente nella totalità la gestione del loro quotidiano, e “barbari” ai confini.
Oggi il nostro quotidiano, dalla gestione delle incombenze domestiche a quella dei campi, dai lavori edili a quelli più umili e faticosi, finanche molte piccole attività commerciali sono in gran parte gestiti da stranieri con origini meno fortunate delle nostre.
Allo stesso tempo vediamo una pressione crescente di “migranti” ai nostri confini.
Una ampia, ma non maggioritaria, fascia socio politica ritiene che facilitare l’ingresso sul territorio nazionale dei cosiddetti migranti sia la soluzione pratica alla crisi demografica che la nostra Patria sta vivendo.
Al contempo nel sistema paese cresce la preoccupazione allorquando ci si rende conto dei rischi che possano essere intrinsechi da una presenza percentualmente importante degli stessi nella nostra collettività.
Questo soprattutto in assenza di rigide e ben strutturate regole di inserimento degli stessi atte a rendere la loro presenza non conflittuale con il tessuto sociale e culturale della nazione.
Mentre in Italia, ed in Europa, vi è una forte, quasi ossessiva, attenzione per il “cambiamento climatico”, io “cittadino semplice” mi vedo costretto a sottolineare che la politica non attua una altrettanto cogente azione politica su un tema almeno altrettanto preoccupante quale quello del calo demografico.
La crisi demografica che ci attanaglia richiederebbe da parte dell’esecutivo azioni puntuali ed incisive.
Sarebbe assai necessario evitare una dialettica degna del bar dello sport, quale l’insignificante lotta di parole vuote sull’IVA sui beni per l’igiene femminile, ed attuare politiche che abbiano reali e misurabili impatti a favore della famiglia.
Politiche che, facilitando e stabilizzando i nuclei famigliari, potessero favorire la natalità in Italia.
Permettetemi di sottolineare. Politiche adeguate, non ideologiche.
Sarebbe anche assai interessante ragionare su quali le cause del fatto che le coppie di giovani italiani all’estero hanno una media percentuale di figli più alta dei coetanei in Italia.
Stimolati da questa riflessione sarebbe assai utile copiare, anche in sede di manovra di bilancio, le best practice a favore delle giovani famiglie degli altri Stati europei.
Nel 2014 I residenti in Italia si attestavano a circa 61 milioni, da quel momento la contrazione è stata costante, soprattutto quella di cittadini nati da genitori italiani.
L’Istat, dall’analisi dei dati del primo semestre di questo anno, prevede una fecondità a 1,22 figli per donna, dato in continuo peggioramento.
Nel primo semestre in Italia sono nati circa 3.500 bambini in meno rispetto allo stesso periodo del 2022 confermando il dato già evidenziato negli anni precedenti.
Nel 2022 i nuovi nati erano stati 393mila, 6.681 in meno dell’anno precedente.
Se il dato medio denota 1,22 figli per donna in Italia, si deve prendere atto che lo stesso scende a 1,18 se si analizza la natalità delle sole donne di cittadinanza italiana contro 1,33 nel 2008.
Secondo i dati ISTAT nella nostra amata Patria nel 2050 risiederanno 54 milioni di italiani, come nel1972.
Eurostat prevede che l’Europa UE27 perderà entro la fine del secolo 28 milioni di abitanti, dai dati ISTAT notiamo che almeno 5 milioni di questi saranno italiani.
Palese, ed assai preoccupante, lo squilibrio demografico rappresentato da questi numeri.
Andando più in profondità sui dati dobbiamo notare che entro il 2070 la popolazione europea sopra i 65 anni aumenterà di cinque milioni.
Nello stesso arco temporale la popolazione italiana calerà di due milioni e mezzo di unità in età lavorativa raggiungendo l’assai preoccupante parità fra gli italiani in età lavorativa e gli altri.
Questa prospettiva demografica causerà entro il 2070 una diminuzione in termini reali del PIL pari ad un terzo di quello attuale ed un rapporto debito pubblico-Pil che potrebbe attestarsi a duecento per cento.
Dati che dovrebbero portare a radicali semplificazioni e ristrutturazioni del sistema stato sin da subito.
Sono evidentemente indispensabili immediate, non ideologiche o demagogiche, men che meno clientelari, scelte politiche in ordine ad azioni che invertano il trend demografico.
Altrettanto impellenti sono le azioni che riducano drasticamente i costi del sistema Stato creando maggiore vivibilità e stabilità alla nazione.
Azioni oggi nella concretezza assenti.
Il calo delle nascite deriva anche dal fatto che strutturalmente è in diminuzione la popolazione italiana in età fertile.
Necessario ricordare che quello che passò alla storia come il “baby boom”, gli anni dal 1965 al 1975, sono gli anni del “boom economico” e della stabilità sociale.
Allo stesso tempo le donne italiane mediamente oggi rimangono in attesa del primo, direi unico, figlio intorno ai 31 anni.
Figli che nel 41,5% dei casi nascono fuori dal matrimonio, dato anche questo in continua crescita, era 39,9% nel 2021.
Tutti elementi che denotano un chiaro mutamento della struttura sociale della nostra Italia.
Sistema sociale, questo di oggi, che porta a 183mila nascite in meno rispetto al 2008. In termini facili da comprendere i bambini che nascono sono quasi il 31% in meno!
Oggi viviamo una nuova “guerra mondiale a rate”, gli esperti temono che possa evolvere in una guerra mondiale basata su guerre civili all’Interno dei singoli Stati.
Io, sempre “cittadino semplice”, cerco di guardare oltre a ciò che mi viene messo davanti agli occhi.
Vedo la povertà culturale e morale assai prima di quella economica.
Vedo il protervo tentativo di disintegrare i valori su cui, nei secoli, si è formata la cultura occidentale.
Quella che vide i “romani” conquistare il mondo portando cultura e benessere ovunque arrivarono.
Un “impero” quello che seppero costruire ove tutti trovavano benessere.
Su cosa cadde quell’impero?
Sulla caduta dei valori su cui si fondò, sul triclivio, sugli eccessi di bacco, su atteggiamenti lascivì l’impero romano perse la fierezza che lo portò ad essere annientato dai “barbari”.
Barbari dentro l’impero ed ai confini dell’impero.
Io, sempre e solo “cittadino semplice”, vedo delle similitudini al mondo di oggi, non so voi.
Ignoto Uno
30/10/2023
PNRR o piano Marshall. Sono uguali?
La Seconda Guerra Mondiale con le sue battaglie ed i suoi bombardamenti contò più di quaranta milioni di vittime.
Di questi 400mila erano italiani.
Distrusse pressoché tutto.
Causò disoccupazione, industrie ed infrastrutture divennero inutilizzabili, l’agricoltura fu ridotta a non produrre quasi niente.
Dolore e miseria erano la cifra che univano il popolo italiano.
Una Nazione che viveva nella scarsità di tutto. Pochissimi, infatti, i beni di prima necessità in quei tristi giorni.
L’inflazione galoppava, la disoccupazione raggiungeva livelli inaccettabili, i salari erano estremamente bassi.
Questa l’Italia del primo dopo guerra
Essa era anche assai divisa politicamente al suo interno.
Yalta aveva posto la nostra amata Patria sotto l’influenza statunitense.
Il Presidente USA, Roosevelt, comprese che il suo popolo doveva avere la capacità di riportare il benessere e la libertà a coloro che avevano sconfitto.
Per questo lanciò un ambizioso progetto di rilancio.
Fu denominato “Piano Marshall”.
Un finanziamento di un miliardo e 500 milioni di dollari con cui l’Italia rilanciò l’industria, soprattutto quella meccanica e quella siderurgica, e costruì le principali infrastrutture della nazione. Fra queste la prima autostrada, la Milano Roma, la A1.
Era il 5 giugno 1947, la sede l’università di Harvard, un grande Segretario di Stato, George Marshall, spiegava ai suoi compatrioti la lungimiranza di aiutare gli sconfitti a rialzare la testa attraverso un piano economico rivolto a loro dagli Stati Uniti.
Quel Piano, voluto da un grande Presidente poliomielitico, per volere di questi, entrò nella storia dell’umanità come “Piano Marshall”.
Nel suo discorso egli sottolineava come gli obiettivi principali fossero quelli di contrastare la fame e la povertà in Europa e di sostenerla nel percorso di ricostruzione e di ripresa economica.
Fu il successore di Roosevelt, il Presidente Truman, nel 1948, ad attuare fattivamente il Piano attraverso l’Economic Cooperation Administration e l’European Recovery Program.
In totale, fra il 1948 ed il 1952, gli Stati Uniti sostennero la ripresa economica europea con 17 miliardi di dollari.
Al mercato nero, in quei giorni, un chilo di farina costava 30 lire, un litro di benzina 2 lire.
Quando venne introdotto l’Euro, il 1 gennaio 1999, questo veniva cambiato a 1.936,27 lire.
Attraverso il Piano Marshall gli italiani, ed i i popoli europei, acquisirono, con il fine di far ripartire l’industria e l’agricoltura, macchinari, trattori, materie prime e derrate agricole. Finanche combustibili utili a far alzare la testa al sistema paese.
La nostra amata Italia riprese a crescere e raggiunse il boom economico.
Noi “cittadini semplici” potemmo comprare la prima e la seconda casa, l’automobile e gli elettrodomestici, soprattutto potemmo pensare al futuro dei nostri figli con fiducia.
In Italia fu un grande italiano, il democristiano Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, a garantire la stabilità del rapporto con i vincitori della guerra e, attraverso questo, permettere l’ingresso dell’Italia nel novero dei Paesi beneficiari del Piano Marshall.
Oggi l’Unione Europea a guida tedesca propone un piano denominato Next Generation EU, un Fondo da 750 miliardi di euro per la ripresa dei 27 Stati che la compongono, di cui il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è la parte italiana.
PNRR che viene spesso comparato al Piano Marshall.
Sommessamente chiedo se veramente, noi “cittadini semplici”, possiamo pensare che i due piani siano comparabili.
Il Piano Marshall fu di un miliardo e 500 milioni di dollari del tempo, fondi mai restituiti.
Il PNRR è di 191,5 miliardi di euro di oggi, di cui 70 miliardi, pari al 36,5%, in sovvenzioni a fondo perduto e 121 miliardi, il 63,5%, in prestiti da restituire in data certa.
Il Presidente Sergio Mattarella, intervenendo all'assemblea dell'Anci a Genova in data 25 ottobre, ha dichiarato che l’Italia deve “Attuare il Pnrr, in esso più soldi che dal piano Marshall".
Questa la motivazione per cui “non si può fallire sull'attuazione del Pnrr”.
Sommessamente, io “cittadino semplice”, mi chiedo dove ho studiato male la storia del Piano Marshall e dove non ho ben compreso il modello finanziario del PNRR.
Nel caso non avessi studiato male, forse, il ruolo strategico che può svolgere l’Italia in mezzo al mediterraneo, come spiegava a noi allora giovani italiani di cultura cristiana quel grande presidente che si chiamava Francesco Cossiga, potrebbe, e dovrebbe, essere prima maggiormente tutelata, poi usata su tavoli ove la nostra “moneta di scambio”, la nostra posizione strategica nel mediterraneo, possa essere meglio remunerata.
Magari, dato che sempre viene riportato, assai correttamente, al centro della posizione politica l’appartenenza della nostra amata Italia all’atlantismo, proprio ad un nuovo tavolo con gli Stati Uniti che permetta di addivenire ad un nuovo Piano Marshall.
Magari Roosevelt, tanto per tornare alle origini.
Ignoto Uno
27/129/2023
Siamo nella triste era della “post verità”
I sociologi spiegano che dalla struttura sociale basata sulla “ricerca della verità” si è passati a quella che si forma sulla “post verità”.
Con “post verità” si intende “una notizia falsa che influenza l’opinione pubblica tramutandosi in tema di discussione reale nel sistema sociale”.
Detta “falsità” può essere sia nella “notizia” che nella “negazione di una notizia vera” da parte di coloro a cui viene attribuita “credibilità”.
Credibilità che, spesso, viene ritenuta dalla maggioranza direttamente collegata al “potere”.
Retaggio, questo, del concetto di “principe illuminato” del settecento.
Dopo aver dedicato tempo a comprendere cosa, e quali effetti produca, la cultura della “post verità”, io, sempre “cittadino semplice” formato al “dubbio socratico”, sono persuaso che sarebbe assai utile ed urgente invertire la marcia e tornare alla ricerca della “verità” e su quella, solo su di essa, costruire la crescita sociale della nostra comunità.
La “post verità” è lo strumento, questo il punto di vista di un “cittadino semplice”, attraverso il quale le oligarchie pilotano la formazione del pensiero collettivo.
È attraverso il sistema dei media, televisione e web in primis, che principalmente si forma il pensiero collettivo basato sul “post vero”, il primo dei meccanismi utilizzati è la “paura”, che non è altro che l’emozione per eccellenza.
Televisione che non va intesa esclusivamente come mezzo per acquisire notizie attraverso i programmi giornalistici che, d’altronde, hanno fortemente perso il ruolo di “quinto potere”.
Televisione che è mezzo per acquisire stimoli attraverso diverse tipologie di contenuti, la maggior parte assai più subdoli del commento giornalistico.
Egualmente avviene attraverso il web.
La somma di tutti questi stimoli forma il tessuto sociale moderno.
Media, tutti, che hanno acquisito il ruolo di “manipolatori” delle menti, assai diverso da quello di “informatori”.
Detti media, nei vari programmi, usano come strumento di “indirizzo” dell’opinione pubblica i cosiddetti “opinionisti”, gli “esperti” e gli “accademici”.
Dette “professionalità” vengono rappresentate pressoché sempre dagli stessi soggetti a cui viene attribuito il compito della “ripetizione all’infinito” dei concetti.
La strategia è nota e semplice: una affermazione ripetuta all’infinito diviene “vera”, questa la struttura della “post verità” sui media.
L’Unione Europea, dichiarando di voler porre un freno alla cultura del “post vero”, ha votato una norma sui servizi digitali.
Essa affronta il tema dell’utilizzo “improprio” delle piattaforme sul web.
Il fine, almeno quello dichiarato, è di impedire, in particolare, la diffusione di contenuti che siano di “incitamento all'odio”.
In linea di principio la norma ha un fine certamente apprezzabile, purtroppo, nel triste mondo di oggi ove tutto può essere manipolato, anche il concetto di “Incitamento all’odio”, apparentemente di facile definizione, apre a “preoccupazioni” su un possibile uso censorio della norma da parte di chi ha più “potere” con conseguenze dirette sul modello democratico.
Alto il rischio, infatti, che questo concetto permetta una stringente censura da parte di chi detiene il “potere” nello Stato.
Sia il “potere” politico ma, assai maggiormente, il “potere profondo”, per esempio quello di chi può limitare a suo imprescindibile piacimento la visione di contenuti sui social network.
In questo, non così impensabile, caso verrebbe limitato, pressoché totalmente, il diritto al dissenso, il diritto di libera opinione.
Che cosa è, però, la “verità”?
Essa è la “Rispondenza piena e assoluta con la realtà effettiva”, non un concetto “emotivo”, un “fatto dimostrabile”.
“Piena” e “assoluta” con una “realtà effettiva” che nell’era del “post vero” può essere “stravolta” fino al totale “rovesciamento”.
Rovesciamento che nel sistema sociale basato sulla “post verità” può avvenire al verificarsi della condizione in cui la “verità”, rispetto ad un fatto, venga ritenuta una “questione di secondaria importanza”.
In essa il “preconcetto”, l’ideologia, predefinisce cosa sia “vero” fino a discapito della “verità”.
Alcuni vogliono definirla come “la condizione in cui una notizia, completamente falsa, ma spacciata per autentica, è in grado di influenzare una parte dell'opinione pubblica, divenendo di fatto un argomento reale, dotato di un apparente senso logico”.
Questa condizione permette di etero dirigere la collettività.
Chi può realmente farlo? Facile comprendere che lo possa fare, sembrerebbe anche assai facilmente, chi sia in possesso degli strumenti informativi.
Possiamo, noi “cittadini semplici”, temere che, in alcuni casi, vi possa essere una volontà di manipolazione a favore di “qualcosa” o “qualcuno” da parte di chi ha maggiore “forza” nel sistema socio politico economico?
È di tutta evidenza che questa preoccupazione apra il faticosissimo tema della “disponibilità collettiva delle informazioni”, della “certezza delle fonti informative” e, forse ancora di più, quello su chi governi “la divulgazione dei dati”.
Il tema non può ritenersi risolto con l’istituto giuridico del “accesso agli atti”.
Esso troppo spesso viene gestito dalle burocrazie con metodi e tempi che producono de facto la cultura più becera della “post verità”, quella legata al sospetto e non al dubbio.
Sospetto che si forma dalla alta difficoltà ad acquisire gli atti per i quali è stato richiesto accesso.
Nel mondo del “post vero” chi determina ciò che è “vero” e cosa sia “falso”?
Possiamo, sempre noi “cittadini semplici” che aneliamo il diritto democratico di poter arrivare a formare il nostro pensiero in autonomia basandolo su dati veri e certi, temere che nell’era del “post vero” il “potere vero e profondo” possa manovrarci come burattini invertendo il “vero” con il “falso” a suo piacimento, a suo interesse?
In ultima analisi questi tristi timori aprono il tema, più ampio e complesso, della comprensione delle “oligarchie intellettuali” e come esse interpretino il proprio ruolo rispetto alle “oligarchie politiche”, ancor più si apre il tema della verifica della “indipendenza” delle oligarchie intellettuali da quelle politiche.
Oggi è sempre più diffuso il “fact checking”, la definizione di notizie con il concetto di “fake news”.
A tal fine sono ritenuti attendibili, oserei dire incontrovertibili, siti che, in pochi secondi dall’emergere di una “notizia”, dichiarano se essa sia “attendibile” o una “bufala”.
Fatto che accade anche su argomenti di rilevanza penale o storica.
In alcuni casi sembrerebbe che questi siti, oltre ad indirizzare l’opinione pubblica, rischino di indirizzare anche l’operato dei sistemi giudiziari.
È di tutta evidenza che tutto questo riporta al centro il tema dell’etica della gestione del potere da parte di colui che lo detiene.
Può la cultura della “post verità” essere “etica”?
Come noi, sempre “cittadini semplici”, possiamo ritenere che il “potere”, sia esso in forma politica o militare o economica, senta in se il dovere del rispetto, reale e profondo, del “debole”?
Nel mondo del “post vero” la prima e più profonda forma di “debolezza” va trovata nell’Impossibilità del “debole” di “comprendere direttamente ed autonomamente” la “verità”.
Sono le oligarchie al “potere” che, nella maggioranza dei casi, puntano il dito contro le “minoranze” dichiarando che quest’ultime producano una idea distorta della realtà, in ultima analisi interpretino ciò che le circonda in modo, per l’appunto, “post vero”.
La gestione dei sistemi sociali complessi avviene oggi attraverso il “dominio della verità”, ciò porta a dedurre che il sistema del “post vero” sia nelle mani, e nella disponibilità, di chi è al potere. Non il contrario.
Molti, infatti, i “fatti” in cui è sempre più palese come l’utilizzo della cultura della “post verità” da parte di chi governa il potere abbia determinato la formazione del cosiddetto “pensiero della maggioranza”.
La “analisi” che dovrebbe portare all’accertamento della verità non si basa su “dati scientificamente certi”, non ha procedure e percorsi “concreti” finalizzati alla certificazione dei “dati”, prima, e del “fatto” come fine ultimo, troppo frequentemente si basa esclusivamente su “emozioni indotte”.
Il “fatto oggettivo” è sostituito dalle “convinzioni personali”.
Convinzioni che non si formano con lo studio e l’approfondimento, ma attraverso emozioni.
Far provare “emozioni” e il ruolo che svolgono gli “opinionisti”, personaggi che hanno opinioni su tutto.
La somma aggregata di queste “emozioni” forma nel sistema sociale, o in un sotto insieme dello stesso, la “post verità”.
Essa, in quel insieme sociale, è trasformato in “verità non negoziabile ne rivedibile”, in altre parole “in un assunto”.
Molti gli esempi in questi anni.
Si trova questo modello nel caso della “brexit”, nel “Russiagate” piuttosto che nel “Italygate” o nella vicenda di “Capitol Hill”, nella pandemia del “Covid” e nella conseguente “vaccinazione”.
Come non notare l’assoluta assenza di pragmaticità nelle “certezze”, sia di coloro che sono “favorevoli” sia di coloro che sono “contrari” in ognuno di questi casi?
In questi come in chissà quanti altri.
Non tanto tempo fa un antropologo mi faceva notare come la lettura storica assai frequentemente stravolge la lettura dei fatti nel momento della cronaca.
Galileo Galilei, fosse vissuto in questa triste “era della post verità”, avrebbe diviso la società civile in una maggioranza di “contrari alla sua scoperta”, tipicamente coloro che acriticamente si omologano al pensiero dominante, ed in una minoranza.
Questi ultimi sarebbero stati denominati “complottisti”.
Una minoranza che, non avendo certezze apodittiche e perseguendo la cultura del dubbio, avrebbe cercato di comprendere se nel pensiero di Galilei vi fosse la “verità” ponendo domande anche “fastidiose per il potere”.
Copernico, uomo del potere leso nel suo ruolo da Galilei e da chi lo avesse messo in discussione, avrebbe chiesto alla magistratura di proteggere la sua posizione.
Il magistrato avrebbe fatto un “fact checking” compulsato i siti specializzati nella verifica delle “bufale”, infine avrebbe rinviato a giudizio gli amici di Galilei e dichiarato il suo pensiero “complottista”.
Questa la rivisitazione allegorica in salsa moderna e “post vera” di quegli anni della metà del 1600.
Trecento anni più tardi, nel 1900, i “complottisti” sarebbero divenuti “eroi”.
Tornando agli ultimi anni, chi ha memoria delle dichiarazioni a tutela del generale Flynn dell’allora Presidente Trump?
Dichiarazioni subito definite “bufale” dal “fact checking”.
Il generale Flynn fu arrestato e massacrato dai media occidentali ed il professor Mifsud sparì nel nulla.
In questo 2023 la magistratura statunitense ha dichiarato innocente il generale Flynn.
Qualcuno ha visto i media amanti del “fact checking” chiedere scusa e pagare pegno?
Ovviamente no!
Quel caso è stato denominato “Russiagate”.
Io, “cittadino semplice”, nello studiare questi casi, nello studiare la “norma europea sul incitamento all'odio”, nel continuare a chiedere a me stesso chi possa decidere per tutti quale sia la “verità”, mi chiedo come possa essere possibile vivere nella triste melassa della “post verità”.
Post verità che, troppo spesso, vede un “potere” che non da risposte ai cosiddetti “complottisti”.
Io, per esempio, sempre “cittadino semplice”, vorrei tanto essere rassicurato sulle cause dell’incremento percepito di “morti improvvise” in questi ultimi dodici mesi.
Che la politica, il “potere”, ricuperi l’etica, non è suo il ruolo di decidere per tutti su ciò che sia “verità” o “falsità”, il suo compito si limita a quello di garante delle regole.
Regole che valgono per tutti, anche per il “potere”.
Ignoto Uno
24/10/23
Medio Oriente degli “orrori”
Il 7 ottobre scorso il gruppo terroristico sunnita Hamas ha deciso di assumersi in totale consapevolezza la responsabilità di innescare, attraverso atti ben più gravi di quelli terroristici, una situazione bellica che rischia di superare i confini dello Stato di Israele, superare i confini medio orientali e tramutarsi in una guerra dalle dimensioni imprevedibili.
Scelta politica, quella che abbiamo dovuto vedere noi “cittadini semplici”, che di ora in ora è sempre più possibile, pur se dallo stesso negato, ritenere etero diretta dal governo sciita iraniano.
Lo stesso governo a cui, probabilmente ora pentendosi amaramente, l’amministrazione Biden ha nell’ultimo mese trasferito ben 6,7 miliardi di dollari finalizzati ad attuare una agenda di pacificazione dell’area.
Azione, quella compiuta da Hamas, scientificamente pensata tenendo ben presente i “rancori” che sin dalla fine della seconda guerra mondiale erano chiari fra i popoli arabi ed il popolo ebraico.
Rancori, meglio definibili “odii”, le cui responsabilità vanno significativamente ricercate in chi nel “dividi et impera” vede la propria linea guida di azione politica, prima fra tutti, pur se non unica, quella Gran Bretagna che alla fine del ultimo conflitto mondiale cercava di mantenere il controllo sulla Terra di Davide.
Azione che ha superato il perimetro delle, comunque esecrabili, “azioni terroristiche” ed è volutamente e scientemente tracimata in quello delle “azioni barbare” con il fine di esacerbare detti odii ed unificare nell’odio le articolate fazioni islamiche contro lo Stato di Israele, fatto di cui dovranno essere chiamati a pagarne le responsabilità non solo gli esecutori materiali ma, forse ancora di più, coloro che in Hamas e fuori di Hamas la hanno programmata.
Hamas, questo è il netto pensiero di un “cittadino semplice” come me, nello sgozzare e bruciare donne e bambini,ha perso ogni diritto ponendosi nel recinto delle belve umane, allo stesso tempo la credibilità degli eventuali “responsabili politici internazionali” si è azzerata.
Aver deciso di attuare azioni così barbare e, addirittura con orgoglio, averli voluti documentare è stata una scelta scellerata che non può prevedere il perdono politico.
Una scelta che rappresenta un “orrore” e,anche, un suicida “errore” politico da cui i tanti palestinesi onesti, anche essi ostaggi di queste belve, vanno preservati.
Il 17 ottobre un razzo forse israeliano, fatto negato dal governo di Tel Aviv attraverso una documentata conferenza stampa, ha distrutto il principale ospedale di Gaza City causando molte centinaia di morti.
Cinquecento da fonte araba, duecentocinquanta per la CNN.
Con corretto senso politico il governo israeliano, mentre ha fornito al mondo una versione di quanto è accaduto presso l’ospedale di Gaza City ove parrebbe che l’evento sia di responsabilità jihadista, ha compiuto un corretto ed interessante cambio di passo aprendo dei percorsi umanitari.
Nel frattempo, il leader palestinese Abu Mazen rinunciava, spinto dalla propaganda araba, all’incontro con il Presidente Biden dimostrando di non avere lo spessore politico del suo precedente Arafat. Egualmente faceva il Re di Giordania, figlio di un “basso” ma non “piccolo” uomo che mi sento di escludere avrebbe mai cancellato un summit così delicato ricordandosi di essere diretto discendente del Profeta Maometto.
Sia se questo altrettanto drammatico evento avvenuto a causa di un errore avvenuto presso l’ospedale di Gaza sia attribuirle alle forze armate israeliane, sia se dovesse essere confermato dalla comunità Internazionale una diretta responsabilità Jihadista finalizzata a fornire la motivazione politica per una escalation militare nell’area, Israele dimostrerebbe di essere un grande Stato democratico ponendo in essere una azione di “de escalation” atta ad impedire l’esplosione di tutto il medio oriente.
Fatto che potrebbe portare ad una guerra mondiale da un lato e, addirittura, ad una drammatica fine della stessa esistenza dello Stato di Israele.
Oggi i tanti “cittadini semplici ed inermi” di quella terra, infatti, rischiano di essere devastati da una guerra che potrebbe vedere come attori i palestinesi libanesi di Hezbollah, gli iraniani Pasdaran dalle terre del Golan, oltre ad Hamas dalla Striscia di Gaza, si spera non le forze egiziane.
Questo causerebbe l’entrata in guerra delle truppe, già presenti nello scenario, degli Stati Uniti in soccorso dello Stato di Israele.
Da quel momento tutto sarebbe possibile sia nell’area mediorientale, sia in quella araba, che nel mondo intero.
Lo Stato di Israele avrebbe ancora più diritto, in funzione di questa saggia azione unilaterale di responsabilità, a chiedere, ed ottenere sull’onda di una forte azione internazionale, la liberazione di tutti gli ostaggi.
Questa sarebbe l’unica via per Hamas per ricuperare un minimo di credibilità internazionale dopo gli scempi che la stessa organizzazione ha compiuto.
Azione che la ha resa paragonabile al partito nazista.
Stato di Israele ed Hamas hanno molto da risolvere al loro interno, questo ci ha detto questo periodo di nuova follia medio orientale che ha visto “orrori” inaccettabili ed “errori” devastanti.
Vi è, poi, il tema di “sostituire” chi, da entrambe le parti, ha sbagliato troppo.
La democrazia israeliana, storicamente, sin dalla sua nascita, ha sempre saputo affrontare concretamente e senza scalpori queste situazioni.
Difficilmente le cancellerie mondiali potrebbero stupirsi se lo facesse anche questa volta.
Hamas, allo stesso tempo, potrebbe cogliere l’occasione per cambiare passo e ceto dirigente ricordandosi che il popolo palestinese anela anche esso la pace e la prosperità che solo il riprendere il percorso di Oslo potrebbe garantire.
L’alternativa alla “ragione” è, da sempre, la “rabbia”, questa, però, annulla il futuro a tutti.
In fondo cosa portò la strage delle Olimpiadi di Monaco del 1972?
Solo dolore e morte, prima degli atleti israeliani, poi dei palestinesi.
Questi furono trovati tutti, uno alla volta.
Il mondo guardò e tacque.
Ignoto Uno
18/10/2023
1943 - 2023
Il 16 ottobre 1943 le forze nazi fasciste entrarono nel ghetto ebraico di Roma e rastrellarono 1.023 esseri umani che deportarono al “campo di sterminio” di Auschwitz.
Al termine della guerra soltanto 16 di questi tornarono alle loro case vivi.
Tutte gli altri furono “passati per il camino”, questo il linguaggio di quelle “bestie” delle SS.
“Bestie” quelle del tempo, “bestia” l’assassino che ha massacrato dei poveri ed ignari tifosi svedesi a Bruxelles nelle ultime ore.
“Bestie” gli adepti di Hamas che hanno sgozzato e bruciato, si spera non da vivi, bambini ed anziani il 7 ottobre scorso in Israele.
Chi, “cittadino semplice” come io sono, studia, vede questi eventi e coglie la ciclicità Vichiana della storia.
Chi, “cittadino semplice” come io sono, pervicacemente lavora per mantenere in se la certezza che l’umiltà del “sapere di non sapere” è l’unico strumento per migliorare la propria capacità di comprendere, nel vedere queste nefandezze recenti ed antiche sente dentro di se il desiderio di trovare risposte a molte domande che in lui emergono con forza.
La prima di queste è comprendere la reazione emotiva di chi ha, direttamente o indirettamente, vissuto eventi così gravi.
Questo mi ha portato a voler incontrare un amico di religione ebraica, persona assai più colta di me e della media di coloro che oggi ci innondano con le loro parole vuote attraverso le quali intendono spiegare a noi, sempre “cittadini semplici”, cosa stia accadendo in Terra di Abramo.
Una persona moderata, questo mio amico, che ha subito la Shoah.
A lui ho chiesto di mettermi nella condizione di comprendere le emozioni di coloro che si trovavano in Israele quel 7 ottobre di pochi giorni fa e nei giorni che sono seguiti.
Fra il tanto di lui che mi ha donato nella nostra chiacchierata, all’interno di un ragionamento sul “senso dell’ accerchiamento”, mi ha raccontato che sua mamma gli narrava che nel 1946, durante i pogrom fatti dagli arabi musulmani agli ebrei, mentre i primi invadevano con la violenza anche le case dei secondi, dicevano "Tbah àl yehud.", “Scanna il giudeo”.
“Scanna” dicevano a quel tempo gli arabi nella Terra di Davide. Era il 1946 e non era ancora nato lo Stato d’Israele.
Furono “scannati” gli ebrei dai nazisti nei, tanti, campi di concentramento.
Sono stati “scannati” i poveri tifosi svedesi ieri a Bruxelles.
Sono i “barbari” coloro che nei secoli pensano di vincere i loro nemici “scannandoli”.
“Scannare” vuol dire, appunto, “sgozzare”.
In queste settimane abbiamo dovuto, noi “cittadini semplici con un anima”, veder sgozzare dei bambini!
Ancor peggio, abbiamo dovuto sentire degli “intellettuali” cercare delle “motivazioni” che a tale “barbarie” permettano di dare delle “giustificazioni”.
Il 14 maggio 1948 il presidente del Consiglio nazionale ebraico Ben Gurion, un grande statista che seppe guidare il suo popolo, proclamò la fondazione dello Stato di Israele.
Questo avvenne dopo che, nel 1947, la Gran Bretagna aveva dichiarato la fine del suo mandato sulla Palestina rimettendosi per la soluzione della questione ebraico palestinese alle Nazioni Unite.
Fu un Comitato speciale ad elaborare un piano di spartizione territoriale che fu approvato con una maggioranza di due terzi dall’Assemblea generale dell’ONU il 29 novembre 1947.
L’ONU, attraverso quella delibera, aveva previsto la spartizione della Palestina occidentale in uno Stato ebraico e in uno arabo palestinese.
Il piano fu accolto con favore dagli ebrei, ma fu osteggiato dagli arabi.
Lo stesso giorno in cui il presidente Ben Gurion proclamò lo Stato d’Israele l’Egitto e la Siria invasero il neo Stato.
La motivazione fu che gli “ebrei” stavano occupando la terra dei palestinesi, terra araba.
Quel territorio, a dire il vero, nel tempo, vide il dominio di numerose civiltà.
Prima i cananei, a seguire gli egizi, poi gli israeliti, i filistei, i babilonesi, i romani ai tempi di Nostro Signore Gesù Cristo, i bizantini, i crociati e gli ottomani, furono tutti popoli che ebbero il potere su quella terra.
Terra che, infine, divenne parte del mandato britannico della Palestina prima di divenire, questa era la volontà delle Nazioni Unite, il luogo ove sarebbero dovuti formarsi due Stati per due popoli che avrebbero potuto, e dovuto, vivere in pace.
Nel Libro quella Terra è chiamata “Terra Promessa”, per questo, gli ebrei hanno sempre scelto quel luogo come propria terra elettiva.
Vi andarono gli ebrei di Spagna allorquando, nel 1492, Torquemada convinse la regina Isabella ad espellere gli ebrei.
Vi andarono gli ebrei nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale allorquando le organizzazioni sioniste iniziarono a progettare la costituzione di uno Stato ebraico.
Dopo la seconda guerra mondiale, pur se la Gran Bretagna cercasse in ogni modo di impedire un esodo di ebrei verso la Terra di Davide, moltissimi fra coloro che si salvarono dalla tragedia dei campi di concentramento, decisero di andare a vivere nella Terra Promessa.
Ebrei e mussulmani palestinesi si scontrarono in quel tempo.
Entrambi compirono atti terroristici di eguale efferatezza.
Fu questa la causa che portò, nel 1947, l’Assemblea generale dell’Onu ad approvare il “Piano di partizione della Palestina”.
Una scelta saggia che non fu presa all’unanimità.
Oggi i popoli, tutti i popoli, sono chiamati a fermare la violenza ed a recuperare la saggezza.
Questo non può passare per scelte ideologiche.
Questo non può avvenire se, prima, le “belve” non verranno estirpate dal tavolo della politica.
Questo non potrà avvenire se non saranno prima restituiti agli affetti dei loro cari gli ostaggi rapiti dalle “belve” e portati nella Striscia di Gaza.
Solo allora potrà essere recuperata la centralità della politica, quella che portò nel 1947 l’Assemblea dell’ONU a deliberare con saggezza, quella che portò il 13 settembre 1993 a ratificare i cosiddetti Accordi di Oslo, quella che ha portato lo Stato di Israele e alcuni Stati arabi a sottoscrivere i cosiddetti Patti di Abramo nei tempi più recenti.
Il mondo intero agogna una pace sana e durevole in quella martoriata terra di Palestina.
Una pace basata sul rispetto reciproco.
Una pace basata sulla ricerca dell’equilibrio possibile e non dell’utopia.
Per raggiungere questo obbiettivo servono statisti capaci di superare le ideologie.
Oggi tanti parlano, e straparlano, di “inclusività”, parola troppo spesso utilizzata per “dividere”.
Io, sempre “cittadino semplice”, vedo i morti, morti inutili, e spero, finalmente, che il “tempo della ragione” prenda il sopravventò sul “tempo dell’odio”, anche di quello camuffato da “inclusività”.
Ignoto Uno
18/10/2023
Ansie di guerra. Quali parole usare?
Nel voler spiegare a noi “cittadini semplici” quanto stia accadendo nello scenario mediorientale e nel sentire il linguaggio che gli “esperti” utilizzano, chiedo a me stesso se posso essere certo che i commentatori nostrani, il cui ruolo dovrebbe essere aiutare noi “cittadini semplici” a comprendere il momento storico che stiamo vivendo, non indirizzare il nostro pensiero verso i loro interessi, conoscano il reale e profondo significato delle parole che intendono usare a quel alto fine per il quale si reputano adeguati.
Sentiamo usare, con tanta sicurezza ed altrettanta sicumera, parole quali “guerra”, “terrorismo” e, ultimamente, “guerriglia”.
Io, certo di non sapere, studio e, stimolato dalla tragedia in corso, cerco di migliorarmi nell’uso delle parole.
Smarchiamo un punto.
La “guerra” è una “lotta armata fra stati o coalizioni per la risoluzione di una controversia internazionale più o meno direttamente motivata da veri o presunti, in ogni caso parziali, conflitti di interessi ideologici ed economici” questo posso trovare su quel, almeno da me, amato testo che si porta il nome di Treccani.
Conseguentemente, nella attuale tragedia medio orientale, la parola “guerra” è usata impropriamente non essendo Hamas uno Stato, bensì essendo lo steso stato definito, formalmente, “organizzazione terroristica” dalle Nazioni Unite e da moltissimi Stati, fra cui tutti gli Stati Europei.
Smarcato questo determinante elemento, mi addentro nello studio e cerco il significato di “Terrorismo”?
Come spesso mi succede, al fine di comprendere, continua a venirmi in soccorso il sempre utile ed assai poco compulsato da molti fra coloro che, al contrario di chi scrive, non si reputano “cittadini semplici”, Treccani.
La definizione di “terrorismo” che questo importante testo fornisce è “uso di violenza illegittima finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili”.
Io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo se “sgozzare bambini e neonati” possa essere parte di quel “simili” che troviamo nella definizione.
Essendo assai certo che non possa esserne parte deduco che il concetto di “atto terroristico” sia assai riduttivo, finanche improprio, di fronte a tanta nefandezza.
Probabilmente il termine “barbarie” potrebbe essere più adeguato, per definire quanto avvenne il 7 ottobre nella Terra di Davide.
Quel giorno dei “barbari” hanno volutamente e premeditatamente sgozzato e bruciato vivi esseri umani, addirittura bambini.
Chi si spinge fino a quei gesti noi, “esseri con umanità”, li dobbiamo definire “barbari”.
Nessuna altra definizione può essere adeguata.
Il Treccani, infatti, definisce il “barbaro” colui che vive una “vita caratterizzata da un grado infimo di civiltà e cultura e dal prevalere della forza sulla ragione” e continua dichiarando che detta forma di vita è “estranea o contraria al nostro modo di concepire e organizzare l'esistenza” tanto da essere definita “incivile”.
Uccidere un bambino, ne basta uno non ne servono quaranta, volutamente con un “atto barbaro” quale è lo “sgozzare” non è un “atto terroristico”, è un atto di “barbarie”!
Nulla a che vedere con un atto di “guerriglia”.
Sempre il Treccani, almeno da un “cittadino semplice” come me, uomo che sa di non sapere e, conseguentemente, cerca, attraverso la maieutica, di comprendere, fornisce “illuminanti” punti di ragionamento sul, in queste ore in voga sui media italici, concetto di “guerriglia” e di “guerrigliero”.
In esso, infatti, troviamo che “la guerriglia è una serie discontinua di azioni di guerra condotte contro un esercito regolare da formazioni autonome irregolari, di scarsa entità, per lo più favorite dalla conoscenza dei luoghi e dall'appoggio della popolazione”.
Ebbene un “atto di guerriglia” non può essere un “atto barbaro”.
La “guerriglia” prevede atti di “sabotaggio”, anche “atti di terrorismo”, non “atti di barbarie” quali quelli sopra ricordati.
Atti, che questo sia ben ricordato da tutti noi “esseri umani che amano i comportamenti civili”, gli stessi membri di Hamas hanno documentato con video la cui visione è stata certificata dal Segretario di Stato americano in una conferenza stampa.
Il popolo palestinese ha diritto ad una terra ove costruire in libertà e pace con tutti il futuro dei propri figli, proprio per questo è triste e drammatico vedere manipolare le “parole” da chi, ideologicamente schierato contro lo Stato di Israele, vuole convincere i “cittadini semplici” che Hamas abbia compiuto questa nefandezza avendo dei “diritti”.
Nelle sempre più frequenti nella nostra Europa manifestazioni di piazza di queste ore si deve vedere abbinati e confusi i “palestinesi” e “Hamas”.
I palestinesi sono un popolo che soffre anche, forse soprattutto, a causa di Hamas.
Hamas è solo “barbarie”, neanche “terrorismo”.
Gli Stati tutti, uniti, devono estirpare dalla faccia della terra questi “barbari” al fine di dare ai palestinesi quello spazio politico che possa portare all’attuazione dei Trattati di Oslo firmati dai Premi Nobel per la Pace Rabin ed Arafat e stimolati dal presidente statunitense Bill Clinton.
Durante la presidenza Trump, Israele e alcuni Stati Arabi firmarono i Patti di Abramo, recentemente eguale firma si sta materializzando fra Israele ed Arabia Saudita.
Quest’ultimo atto ora è stato “congelato”, noi “cittadini semplici” dobbiamo sperare che presto possa essere compiuto.
Quella firma segnerebbe un passo di non ritorno verso la logica politica del “due popoli, due Stati”.
In pace fra loro, in pace con tutti.
Con buona pace di chi pensa di “esportare la democrazia”.
Ignoto Uno
16/10/2023
Hamas non è un interlocutore. Lo Stato Palestinese sì.
Nel sentire quanto i tanti opinionisti dichiarano su quanto sta accadendo al confine fra Stato d’Israele e Striscia di Gaza ho difficoltà a comprendere molte cose.
Indubbiamente nella Striscia di Gaza vivono poco meno di due milioni di persone, la grandissima maggioranza definibili come ostaggi del gruppo terrorista Hamas.
Questo semplice concetto, almeno per un “cittadino semplice” come me, non viene dichiarato dalle Nazioni Unite, sarebbe interessante capirne la ragione.
Il governo di Israele ha in più occasioni comunicato ai civili che vivono nella Striscia di lasciare il territorio, al fine di non rischiare la vita, spostandosi in Egitto attraverso il varco in essere.
Il governo egiziano, presieduto da Al Sisi, ha ribadito più volte che il varco è tutt’ora aperto.
Hamas non permette ai civili di lasciare lo scenario di guerra. Nessun altro.
Anche in questo caso le Nazioni Unite e molti opinionisti tacciono, tantomeno stigmatizzano.
Ancora, il Segretario di Stato americano Blinken, durante la sua visita a Tel Aviv, ha dichiarato di aver preso visione delle prove di quanto dichiarato dal governo israeliano in ordine a bambini, molti bambini, sgozzati dai terroristi di Hamas durante il primo giorno della loro scellerata azione.
Anche in questo caso le Nazioni Unite non hanno rilasciato dichiarazioni formali sul tema.
Egualmente nulla hanno dichiarato gli Stati Arabi.
Hamas è una organizzazione terroristica islamica che ha nello statuto l’annientamento dello Stato d’Israele.
Non conosco nessuno che vorrebbe “trattare” con chi ha come unico suo scopo di esistere l’annientarlo.
Hamas vinse le elezioni politiche nella Striscia di Gaza dieci anni fa per, poi, uccidere gli oppositori e creare uno stato dittatoriale nel territorio.
Hamas, attraverso l’infame gesto di trucidare dei bambini, è entrato nella storia come unica organizzazione terroristica che ha ucciso volutamente e massivamente bambini. Unico precedente l’assassinio di un bambino da parte dei Drusi. Un bambino, atto terrificante ed esecrabile, ora Hamas ne ha trucidati molti di bambini.
Hamas è il primo nemico dell’idea di uno Stato Palestinese autonomo, della idea politica “due popoli due Stati” infatti promulga l’idea dello “Stato Islamico”, non di uno Stato Laico Palestinese.
Io, sempre “cittadino semplice”, sarei lieto di comprendere come le Nazioni Unite e gli opinionisti italici pensino debba essere un percorso che traguardi una vera e stabile pace in quella parte del mondo se, prima, non si “estirpa” una organizzazione terroristica che ha le caratteristiche statutarie ed i comportamenti sopra ricordati.
Qualcuno dei ben pensanti reputa veramente, ancora oggi, che si possa trovare uno spazio politico condiviso con questa organizzazione?
Qualcuno dei ben pensanti potrebbe passare dalla fase dei veti a quella delle soluzioni?
Magari concrete ed attuabili.
Qualcuno dei ben pensanti potrebbe spiegare a noi “cittadini semplici” le motivazioni che portarono le cancellerie europee a non supportare politicamente la strategia del Presidente Trump dei “Patti di Abramo”?
I medesimi “Patti di Abramo” che oggi, dagli stessi ben pensanti, vengono dichiarati essere stati un tentativo per togliere le strumentalizzazioni sul popolo palestinese compiute dagli stati arabi dando un primo fattivo e diretto spazio di dialogo fra il mondo arabo sunnita e lo Stato d’Israele attraverso l’apertura di sedi diplomatiche.
Il popolo palestinese e lo Stato Palestinese sono il vero obiettivo dell’azione terroristica di Hamas.
Questa vuole raggiungere la stessa idea che fu del ISIS di Stato Islamico, esattamente opposta a quella di stati sovrani, fra questi un libero e pacifico con tutti, anche con Israele, Stato di Palestina.
La “pace” ovunque, ancor più in medio oriente, non può essere raggiunta con la sopraffazione dell’altro.
La “pace” si costruisce attraverso il raggiungimento dell’equilibrio fra tutti gli interessi rappresentati da coloro che hanno titolo a parlare in nome e per conto dei propri popoli.
Israele per i suoi cittadini, ebrei o non ebrei che siano. Stato di Palestina per il proprio popolo. Singoli Stati Arabi in egual misura.
I terroristi non rappresentano nulla di tutto questo, devono essere definitivamente messi nella condizione di non nuocere.
Non si media con il terrorismo, con i terroristi non si fanno accordi.
L’Italia vinse la lotta con il terrorismo perché, con enorme dolore e sofferenza, seppe non mediare con le Brigate Rosse prima durante il sequestro del giudice Mario Sossi e, poi, durante quello del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.
Scelte dure, la prima voluta fortemente da un uomo di Stato quale il Generale Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Uomo che seppe andare anche contro quei politici e quei magistrati che avrebbero voluto “trattare” aprendo così una deriva che non sappiamo dove avrebbe portato la nostra amata Patria italiana.
Scelte dure che videro un grande Papa, Paolo VI, chiedere pubblicamente durante il rapimento del Onorevole Aldo Moro ai “Signori delle Brigate Rosse di liberare il Presidente Moro senza porre condizioni”.
Scelte dure quelle a cui è chiamato l’esecutivo di guerra israeliano oggi.
Da un lato la tutela di lungo periodo del popolo dello Stato d’Israele, dall’altro il dover cercare una soluzione che, rendendo definitivamente impossibile il ripetersi di atti nefandi come quelli recentemente compiuti dai terroristi di Hamas, salvaguardi il più possibile la vita degli ostaggi.
Ostaggi che sono quelli catturati dai terroristi il 7 ottobre nelle prime ore del raid di queste belve, ostaggi che sono i quasi due milioni di palestinesi della Striscia di Gaza da un decennio.
Una domanda, sempre da “cittadino semplice”, cosa ha prima detto e, magari, dopo fatto l’ONU in questi dieci anni per estirpare da Gaza questi sequestratori di un popolo di due milioni di persone?
Il risultato dell’operato delle Nazioni Unite nello scenario della Striscia di Gaza lo vediamo perfettamente in queste ore e, almeno ad un “cittadino semplice” come me abituato a misurare le cose, il risultato sembra pessimo.
Agli opinionisti nostrani, dopo la estremamente condivisibile esortazione di “salvare i civili e gli ostaggi”, il ricordo di Paolo VI.
Con i terroristi non si tratta, con gli Stati sì.
Proprio basandomi su questo principio vorrei, io sempre “cittadino semplice”, vedere una tregua in quel di Ucraina che permetta la definizione di una “pace possibile” fra la Federazione Russa ed il governo Ucraino, unici attori che dovrebbero essere chiamati a decidere del loro futuro, e lo ristabilire di regole democratiche in quel della Striscia di Gaza, estirpando i terroristi, per permettere un vero tavolo di trattativa fra lo Stato d’Israele e lo Stato di Palestina ed addivenire, dopo settanta anni, ad una, la migliore possibile, convivenza in pace fra questo due popoli.
Il resto sono solo chiacchiere.
Ignoto Uno
14/10/2023
Israele in guerra. Utopia della pace, utopia della guerra. Pragmatismo degli accordi
Le guerre nel mondo, secondo la Caritas, sono 170 di cui 23 ad alta intensità.
In questi anni i media hanno focalizzato la loro attenzione su quella Ucraina. Una di centosettanta.
Dal 7 ottobre scorso hanno sostituito la tragedia in terra di Ucraina con una nuova tragedia, quella in Israele.
Della prima, inoltre, si deve notare un interesse “tardivo”, dal 2014 al 2022 che i “bambini fossero uccisi in quel del Donbas” interessava zero e gli inviati rimanevano nelle loro redazioni.
Ai “cittadini semplici” come me la guerra in terra di Ucraina raccontata dai grandi media in tempo reale, neanche fosse una partita di calcio ai tempi di novantesimo minuto, è sempre sembrata un modo per favorire il consenso delle opinioni pubbliche occidentali di un vorticoso giro di soldi che, dalle tasse dei contribuenti statunitensi ed europei, si “muovevano” solo in parte, ci sarebbe da chiedersi quanto grande, verso i bisogni sociali e bellici del popolo ucraino e, per il resto, andavano chissà dove.
La “regia” di questo vorticoso movimento di soldi sembrerebbe essere facilmente identificabile negli Stati Uniti di Biden assecondati dai suoi vassalli presenti in europa.
Chiarissimo, infatti, in questi quasi due anni, il fatto che i media non si soffermassero su cosa avesse causato la guerra ma, al contrario, quasi esclusivamente, si focalizzassero nel “convincere” l’opinione pubblica su chi “avesse ragione”, dal punto di vista della singola testata ovviamente, in quello specifico conflitto.
Il tema sui media non è stato, mai, lo stimolare la creazione di un tavolo atto a identificare un “punto di mediazione” capace di fermare le armi.
Io, sempre “cittadino semplice” con i capelli oramai canutì, mi ricordo il vecchio detto popolare che recita “la ragione si da ai fessi ”conseguentemente, cercando di non farmi annoverare in questa eletta ed assai ampia schiera, provo a ragionare sul concetto di “pace” come punto di caduta di un equilibrio fra opposti.
Nel caso ucraino la “pace” invocata dai media si doveva interpretare come “resa” di “Putin” ancor più che della Federazione Russa.
Nel caso israeliano la “pace”, secondo i midia nostrani, deve passare per una trattativa fra lo Stato d’Israele e il gruppo terroristico di Hamas, cosa ben diversa dallo stato Palestinese.
Hamas d'altronde, non crede in uno stato palestinese, bensì propone la visione di uno stato Islamico Sunnita. Hamas, in pratica, è parte integrante di quella primavera araba globalista che veniva proposta dall’ISIS e che si riprometteva di cancellare i singoli stati arabi.
La “pace” non è il raggiungimento del “equilibrio perfetto”, è la continua ricerca dell’equilibrio con l’altro, il nemico.
La “pace” è fra i popoli, non fra le fazioni.
La “pace” non può che essere raggiunta se non attraverso il confronto ed il rispetto dell’altro. Altro che deve essere “credibile”.
L’idea “terroristica” che si possa addivenire ad una “stabilità”, ad una “quiete”, attraverso la sopraffazione è Impensabile. Direi intollerabile.
A causa di questo non ha molto senso cercare chi abbia “ragione”, o “più ragione”, in un conflitto basato su comportamenti terroristici, ne si può chiedere il rispetto di leggi internazionali del diritto di guerra allorquando di fronte vi sono terroristi e non un esercito regolare.
L’assunto di base, ancor più oggi nel terzo millennio, non può che essere che in guerra hanno tutti torto ma, anche, che non si può utilizzare la parola “guerra” se non ci si trova di fronte allo scontro armato fra eserciti regolari che tutelino gli interessi, più o meno leciti, di Stati sovrani.
Non si può definire “guerra” una “azione terroristica”, ne si può pensare ad una “tregua” con dei terroristi, tantomeno ad un “negoziato di pace”.
Ovviamente diverso il concetto di “trattativa con i sequestratori”.
Questi concetti appaiono a me, “cittadino semplice”, delle “ovvietà”, purtroppo la pochezza di molti politici dei nostri tempi ci danno torto.
Incredibile che vi siano Stati, ed i loro governi, che legittimino gruppi terroristici, fra questi Hamas ed Hezbollah.
Altrettanto incredibile che vi siano governi, anche di super potenze, che legittimano, e finanziano, Stati che intrattengono rapporti con gruppi terroristici, fra cui questi.
La motivazione è che la sopraffazione terroristica non può che causare altro che sopraffazione di Stato in una logica causale che non troverà mai un punto certo di partenza.
Non è questa la strada per legittimare i propri diritti, noi italiani lo abbiamo capito attraverso il triste periodo in cui la nostra Patria fu colpita dal terrorismo rosso e nero.
Confondere azioni terroristiche come quelle che Hamas ci ha costretti a vedere in queste ore non hanno nulla a che vedere con la gloriosa guerra partigiana che salvò la dignità alla nostra Patria colpita da una dittatura che seppe, addirittura, promulgare leggi razziali.
I nostri partigiani combattevano il “nemico armato”, non uccidevano bambini, donne, persone inermi.
Gli statisti, quelli che oggi sono assai difficili da identificare, sanno che la soluzione per la composizione delle diverse posizioni deve essere sempre raggiunta attraverso la trattativa.
Trattativa fra enti rappresentativi di popoli. I terroristi non lo sono.
Trattativa che non è altro che la ricerca di una terza via che componga una mediazione accettabile delle diverse posizioni socio politiche dei contendenti.
Una trattativa non può avere altro elemento di partenza se non i “bisogni” del momento.
Nel rispetto delle divergenze, paradossalmente anche del odio reciproco. Odio che va represso.
La “saggezza” è saper “congelare i rancori” ed iniziare un “percorso nuovo”, percorso basato sul dialogo e la comprensione dell’altro.
Lo Stato di Israele e lo Stato della Palestina ci provarono con gli Accordi di Oslo, successivamente falliti soprattutto per la volontà degli Stati arabi e dell’Europa di boicottarli.
Più recentemente, partendo proprio da quel fallimento, sotto la regia del Presidente Trump, lo Stato di Israele ha firmato con alcuni Emirati Arabi i Patti di Abramo, prodromici ad una pace complessiva in medio oriente.
Nelle ultime settimane iniziava a prendere forma la firma di identici Patti fra Israele ed Arabia Saudita.
Fatto che, sembra palese, ha preoccupato molti, sia nel mondo arabo che in alcuni ambienti statunitensi ed europei particolarmente aversi a Trump. Ancor più oggi che questi si accinge a correre per la elezione del presidente USA nel 2024.
Forse in questo incontro fra il governo israeliano e quello di Riad si può identificare la carsica motivazione della tragedia che in queste ore affligge la Terra di Davide.
I Patti di Abramo rappresentano, infatti, un percorso finalizzato a delineare le basi di un equilibrio di lungo periodo i cui punti di forza sono la comprensione, prima, e il rispetto, dopo, delle istanze di tutti i contendenti.
Percorso che, se avesse visto coinvolta l’Arabia Saudita, avrebbe potuto dare vera speranza di pace al popolo palestinese ed ebraico.
Utopico questo pensiero? I fatti dicono di sì, ma cercare il raggiungimento dell’utopia non sempre rappresenta stupidità, in alcuni casi, al contrario, è esclusivamente lungimiranza.
Un esempio ci è guida in questo percorso.
La “guerra fredda” fu, per i tempi, la soluzione che garanti settanta anni di pace al nostro Occidente.
Fu delineata a Yalta.
Guerra fredda che ebbe come “simbolo” il Muro di Berlino.
Paradossalmente alzare un muro volle dire garantire la migliore pace possibile.
Non la “pace perfetta”, la migliore attuabile.
Oggi si aborrano i muri ma si sopportano le stragi di innocenti pur di non alzare i muri.
Parlare con orrore di questi “muri”, infatti, non porta a nulla altro che allo stallo per tutti e, magari, a lauti guadagni per alcuni.
Alzare dei muri, in alcuni casi, può voler dire prevenire delle stragi e permettere al tempo di levigare la pietra portandola a non avere più parti taglienti, essere più rotonda, più facile da incastrare in quella complessità che è la convivenza con il diverso da te.
La convivenza fra popoli diversi, almeno ora “incompatibili”.
Muri e blocchi navali, in alcuni casi, impediscono il crescere incontrollato dei rancori, di quella rabbia prima carsica, poi violenta, che presto o tardi potrebbe portare alla barbarie.
Come definire altrimenti lo sgozzare persone? Addirittura bambini e neonati!
Quando la “rabbia” toglie la “ragione” e “l’etica”, gli esseri umani divengono solo corpi antropomorfi.
Essi possono essere sgozzati, venduti come schiavi, maciullati nel traffico clandestino di organi, usati come scudi umani.
Queste le cause che rendono incomprensibile il comportamento di alcuni leader politici che prima facilitano con le loro politiche la nascita di rancori, poi agevolano che i “peggiori” fra gli esseri umani si armino con strumenti sofisticati di morte.
Leader politici che, addirittura, finanziano Stati che facilitano il terrorismo e credono nei massacri come strumento di gestione delle genti per, poi, infine, come se nulla fosse, all’ultimo, si schierano con la “giustizia della reazione alla violenza inaudita” definendo “male allo stato puro” coloro che usano il terrorismo estremo per rappresentare il proprio esistere.
Terroristi che sono intrinsecamente legati agli Stati che poche settimane prima lo stesso leader, ora così attento alla “giustizia”, finanziava.
Fin quando esisteranno questi leader, l’umanità dovrà avere paura per il proprio futuro.
Sono questi leaders ad aver portato l’intera umanità sull’orlo del baratro.
Per questo noi “cittadini semplici” ci stupimmo quando Obama, prima, e Biden alcune settimane fa hanno finanziato con un totale di 7,7 miliardi di dollari uno Stato, quello iraniano, che uccide le sue donne perché non vogliono indossare il velo e finanzia gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah.
Oggi lo stesso Biden dichiara Hamas “male allo stato puro”, noi “cittadini semplici” lo sapevamo da tempo, esattamente come lo sanno da tempo i palestinesi che subiscono Hamas a Gaza.
Il mondo non ha bisogno di leaders che reputano possibile compiere questi “volteggi”.
Noi “cittadini semplici” aneliamo leaders che siano lineari e coerenti a quanto ci propongono nelle campagne elettorali in cui ci chiedono di onorarli con il nostro voto.
Il mondo necessita di statisti veri che sappiano costruire patti e, se necessario, alzare muri che dividano chi non è in grado di vivere insieme.
Questo accadde con la guerra fredda, quella guerra che, pur essendoci, permise all’occidente di trovare equilibri con quella che al tempo si chiamava Unione Sovietica.
Equilibri saltati allorquando “qualcuno” iniziò a credere all’utopia della “pace perfetta” portandoci all’utopia della “guerra per raggiungere la pace perfetta”.
“Esportatori di pace”, così si fecero, e fanno, chiamare.
Noi, “cittadini semplici”, preferiamo i “costruttori di patti”, anche se, magari per qualche decennio, serve alzare qualche muro.
Ignoto Uno
12/10/2023
Dalle “guerre armate” a quelle “elettorali”, un solo disegno.
Papa Francesco, da tempo, lancia l’allarme su una “guerra mondiale a rate”.
Io, “cittadino semplice”, da altrettanto tempo, avendo per logica la sensazione che questa suggestione abbia molto del vero, aspetto che qualcuno informi noi “cittadini semplici” su chi sia il “regista”.
Risulta, infatti, facile comprendere che, se i singoli scenari di guerra hanno fra loro un filo conduttore, debba esistere un “qualcuno” che ne “governi” gli eventi, ne “governi” la crescita di intensità, ne “definisca gli obbiettivi”.
Il primo “grande evento bellico” di questo “terremoto della ragione” fu la “guerra in terra di Ucraina”.
Volendo ragionare su di essa, ho digitato sul motore di ricerca Google “inizio guerra Ucraina”.
La prima pagina che Google ci propone su questa istanza ci informa che la “guerra russo ucraina è iniziata il 20 febbraio 2014”.
L’invasione russa, la famosa “operazione militare speciale” iniziò il 24 febbraio 2022.
In un articolo del 20 agosto il quotidiano La Repubblica scrisse di 500 mila persone fra morti e feriti causati da questa guerra di cui i media occidentali ed i politici europei si sono accorti con strano e colpevole ritardo.
Dal 2014 al 2022, infatti, quanto accadeva da quelle parti non interessava praticamente a nessuno nel nostro occidente, nella nostra Europa, nella nostra amata Italia.
Certamente dal 2014 al 2022 il “puparo” della guerra in Ucraina non poteva essere quel “cattivone di Putin” dato che le sue truppe rimanevano nelle caserme ed i morti ed i feriti, compresi i sempre strumentalizzati “bambini uccisi”, erano fondamentalmente russofoni.
Da Sabato 8 ottobre noi “cittadini semplici” abbiamo dovuto vedere l’apertura di un nuovo scenario di guerra, quello israeliano.
Lo Stato di Israele, unica vera democrazia del medio oriente, è, infatti, sotto attacco di Hamas.
Questo scrivono tutte le principali testate giornalistiche occidentali.
Nessuno, memore delle parole del Papa, fa comprendere a noi “cittadini semplici” chi sia il regista.
Io, sempre “cittadino semplice”, faccio, a dire il vero, assai fatica a credere che un gruppo terroristico posizionato nella striscia di Gaza possa aver deciso ed attuato tutto quanto stiamo vedendo attraverso i media da solo.
La striscia di Gaza è un territorio con una superficie di 360 chilometri quadrati, il solo comune di Roma ha una superficie di 1287 chilometri quadrati, abitata da 1.760.037 abitanti, dei quali 1.240.082 rifugiati palestinesi.
Circa un terzo di questi palestinesi hanno aderito ad Hamas, organizzazione dichiarata “terrorista” dall’Onu, Stati Uniti ed Unione Europea, aderente ai Fratelli Mussulmani, finanziata dal Iran, i cui uomini delle truppe scelte risultano essere addestrati dai Pasdaran iraniani.
Anche per questo il governo Netanyahu ha, in queste ore, dichiarato espressamente che vi sia lo Stato iraniano dietro ad Hamas.
La domanda vera, però, è chi abbia fornito capacità strategica, uomini, tecnologia militare, capacità offensiva informatica in quantità e qualità adeguata ad organizzare prima, tenere segreto per mesi in un territorio così piccolo poi, infine attuare questa azione che non può essere ridotta ad un mero atto terroristico.
Questa domanda riconduce il nostro pensiero a ricercare chi sia il regista di questa “guerra mondiale a rate”.
Questa domanda ci costringe a ricercare le forze internazionali che, volutamente e coerentemente al loro disegno di destabilizzazione globale, si possano essere voltate dall’altra parte.
Questa domanda ci porta a chiedere se ci siano e quali possano essere state le “forze interne allo Stato di Israele” che, veri traditori della loro Patria, abbiano permesso coscientemente ad Hamas ed ai suoi amici di compiere questa nefandezza.
Questa domanda porta un “cittadino semplice” come me a chiedere quali le forze straniere allo Stato d’Israele abbiano fomentato a Gerusalemme le manifestazioni di piazza di questi mesi sul tema della riforma della giustizia e se le stesse manifestazioni non fossero il prodromo utile ad indebolire la figura del premier Netanyahu al fine di facilitare quanto ora sta avvenendo.
Le dichiarazioni di Hamas di queste ore potrebbero lasciar intravvedere un disegno di destabilizzazione dello Stato d’Israele ove il, non va dimenticato, gruppo terroristico palestinese Hamas abbia accettato di fare da sponda ad una sorta di “primavera israeliana” voluta da forze interne con cultura “globalista” allo Stato d’Israele.
Come non ricordare le “primavere arabe” che destabilizzarono tutta quell’area geopolitica ai tempi dei due mandati Obama per interrompersi durante la presenza del presidente Trump alla Casa Bianca?
Perché non temere che qualcuno possa aver fatto pensare a qualche “ambiente” in Israele che la logica del “tanto peggio, tanto meglio” potesse essere utilizzata fino a questo punto pur di riportare in seno al pensiero “globalista” la nazione ebraica?
Nelle prime ore di guerra in terra di Israele i media ci hanno informato che sono stati lanciati oltre 5 mila “razzi”, agli esperti sembrano più dei missili, chi ha finanziato una tale spesa? Hamas vive in un territorio che è un terzo della città di Roma!
Certamente l’amministrazione Biden ha recentemente fornito al regime di Teheran sei miliardi di dollari, altrettanto certamente Hamas fa parte della famiglia dei “fratelli mussulmani” tanto amata dal regime degli ayatollah e che tanta fortuna ha avuto durante l’era Obama.
Altrettanto certamente la politica dell’attuale amministrazione statunitense è rimasta molto “rigida” rispetto al conflitto ucraino, in pratica fomentandolo.
È un fatto che i sondaggi in america diano per sconfitto il partito democratico di Biden alle prossime presidenziali del 2024 e che Trump sia il leader mondiale della cultura “sovranista”.
Quel Trump che dichiara assai spesso che con lui “la guerra in Ucraina finirebbe in poche ore”.
Sul neo fronte israeliano gli analisti reputano assai probabile che le operazioni di Hamas siano state dirette da uomini del ISIS, organizzazione terroristica che ha avuto il suo momento di massimo fulgore proprio ai tempi di Obama ed il cui leader fu “abbattuto” nell’era Trump da una azione delle truppe speciali statunitensi.
Ora questo neo conflitto ci costringe a calcolare già più di 300 vittime israeliane, più di centotrenta rapiti, donne e bambini inclusi, migliaia di feriti.
Molte delle vittime sono civili e sono stati trucidati a colpi di Kalashnikov da meno di un metro, una parrebbe addirittura fosse una madre con due bambini in braccio.
Chi non ricorda le esecuzioni di civili volute dallo “stato islamico” denominato ISIS?
Vera barbarie!!!
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al recente vertice di Porto, ha dichiarato che è necessario “Sostenere l'Ucraina o ci sarà un conflitto devastante" aggiungendo che "Se l'Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini con la Russia e questo, come avvenne nel secolo scorso, tra il '38 e il '39, condurrebbe a un conflitto generale”.
Oggi abbiamo, noi “cittadini semplici” che amiamo la pace e la libera sovranità dei popoli ed aborriamo l’idea della “globalità” come fine ultimo del nuovo ordine mondiale, dovuto provare orrore nel vedere innocenti cittadini civili israeliani trucidati a colpi di Kalashnikov da membri di una organizzazione terroristica che appartiene ai Fratelli Mussulmani, quelli appunto delle globali primavere arabe.
Azioni, queste si, che ci hanno ricordato i rastrellamenti nazi fascisti del ghetto di Roma.
Alla fine del IV secolo, Publio Flavio Vegezio Renato, aristocratico romano, nel prologo del III libro del “Epitoma Rei Militaris” scriveva “Igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum” (Dunque, chi aspira alla pace, prepari la guerra), “prepari la guerra” non “distrugga il mondo”.
Oggi la nostra amata terra, unico posto dove potranno vivere i nostri figli con noi e dopo di noi, è sconquassata da guerre ovunque.
Che vi sia un disegno è facile persino a noi “cittadini semplici” da comprendere.
Che il disegno sia sovranazionale pure.
In Stati Uniti, questo crede un “cittadino semplice” come me, la “guerra” più importante per riportare il mondo tutto alla pace ed al benessere.
Una “guerra carsica” ma “definitiva” per tutti.
Chi crede nel libero arbitrio e nella vera libertà nazionale dei popoli non può non sapere che è arrivato il tempo del fare.
Non dello sperare che “facciano gli altri”.
Non delle “chiacchiere complottiste”.
Chi crede nei valori ateniesi, prima, ed illuministici, poi, di democrazia deve comprendere che questi, oggi più di ieri, vanno salvaguardati.
Questo insegna a noi “cittadini semplici” quanto sta accadendo nella terra di Israele.
Al popolo che iniziò il suo viaggio fra i due fiumi per arrivare alla “terra promessa” e formare uno Stato il sostegno di chi, senza bizantinismi, crede nella libertà democratica.
“Terra Promessa” è scritto nel Libro. “Terra Promessa” non “Stato senza terra” c’è scritto nel Libro.
“Terra” con storia, valori e tradizioni certe e chiare.
Esattamente come ogni altra “terra”, ognuna sovrana, ognuna libera.
Ignoto Uno
09/10/23
Da Vannacci ad Apostolico.
Terzietà, parola abusata e strumentalizzata.
Ai funzionari pubblici, qualsiasi sia il loro rilievo, viene richiesto di essere “terzi”.
Si auspica sobrietà nella esternazione dei loro giudizi e nei comportamenti, ancor più delle proprie opinioni politiche.
Questa la teoria. Teoria che viene applicata con grande discernimento ed altrettanta discrezionalità in funzione del fatto che il “soggetto” sia “amico” o “antagonista del pensiero dominante”.
Il Generale Roberto Vannacci, a fine agosto, venne “sollevato dal comando” dallo Stato Maggiore dell'Esercito a causa, così scrisse l’agenzia Ansa, “delle polemiche sul suo libro in cui esprime opinioni contro gay, femminismo e migranti”.
In quei giorni il ministro della difesa Guido Crosetto, sembrerebbe dalle ricostruzioni sui media sollecitato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedeva azioni ben più incisive contro il generale, ne chiedeva la “destituzione”, cioè il licenziamento.
In seguito lo stesso ministro avrebbe dato segnali di “ripensamento”, probabilmente dopo aver notato il consenso che i contenuti del libro “Mondo al Contrario”, il cui autore è il Generale Vannacci, stavano riscuotendo nell’opinione pubblica italiana.
In queste ore un nuovo “caso” di un funzionario pubblico coinvolto in una situazione ove il suo ruolo si è intrecciato con le sue idee politiche esplicitamente esposte.
Si tratta del Giudice di Catania Iolanda Apostolico.
Il magistrato, che fu ripreso in piazza nel 2018 mentre partecipava ad una manifestazione organizzata dall’estrema sinistra contro le politiche dell’allora Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno Matteo Salvini in ordine al contenimento dei migranti clandestini e delle azioni delle ONG, pochi giorni fa ha con sentenza rimesso in libertà, con alcuni altri, un giovane uomo arrivato a Lampedusa clandestinamente il 20 settembre.
Lo stesso ha richiesto “asilo politico” ma è, anche, risultato essere già destinatario di un provvedimento di espulsione.
Il giudice Iolanda Apostolico, nella sua sentenza, ha ritenuto adeguata la motivazione del tunisino richiedente asilo.
Questi ha motivato la propria richiesta adducendo, come causa del suo secondo rientro clandestino in Italia, la necessità di fuggire dalla famiglia della fidanzata, giovane deceduta durante la traversata nel primo tentativo di arrivo in Italia del ragazzo.
Famiglia che lo vorrebbe uccidere ritenendolo responsabile della morte della loro figlia.
Questa sentenza ha causato un duro scontro fra la magistratura ed il governo.
La stessa Premier Meloni è intervenuta su questa sentenza in modo molto duro.
In premessa viene, a me “cittadino semplice”, da chiedermi il perché di tanto livore da parte della famiglia della povera giovane contro questo signore.
Mi sovviene la domanda sul perché la giovane sia morte e come.
Mi chiedo se il giovane sia colpevole, per i genitori della ragazza, esclusivamente di averla convinta a partire o anche di qualcosa di peggio legato al palese, almeno per noi “cittadini semplici”, traffico dei migranti.
Traffico di migranti che, sempre più frequenti le voci in tal senso provenienti dai famosi mondi dei ben informati, non possono che richiamare anche la “scomparsa nel nulla” di tantissimi di questi esseri umani al loro arrivo in Italia o durante il loro tentativo di raggiungere la nostra amata Patria.
Mi chiedo se la dottoressa Iolanda Apostolico, nel emettere la sua sentenza sul caso, abbia avuto, anche lei, dubbi simili, oppure si sia esclusivamente soffermata su aspetti più formali del diritto come si può comprendere da quanto emerge dalla lettura, attraverso i giornali, della sentenza.
La domanda di fondo, però, che sovviene a me “cittadino semplice”, è se sia o meno simile la vicenda che vede il Generale Vannacci coinvolto con quella della dottoressa Apostolico.
Il Generale ha scritto un libro ove nulla si trova che riguardi la sua professione di militare.
Il Giudice di Catania ha sentenziato su un tema ove la stessa si era apertamente esposta politicamente.
“Terzietà” sul Treccani è sinonimo di “indipendenza dell’azione pubblica” ed “imparzialità”.
Indipendenza “sia per quanto concerne le specifiche modalità con cui le funzioni vengono svolte, sia rispetto alle loro finalità” leggiamo, noi “cittadini semplici”, sul Treccani.
L’indipendenza è la “libertà di agire secondo il proprio giudizio e la propria volontà senza subire condizionamenti da altri” possiamo continuare a leggere e, conseguentemente, ci chiediamo se sentirsi parte di una comunità politica fino al punto di partecipare ad una manifestazione contro il governo organizzata da quella parte politica sia coerente con detta “libertà di azione”.
“Terzietà e indipendenza del giudice” è la condizione principe per la sua “credibilità nel suo agire nel ruolo”.
Se condiviso questo ragionamento non potrà che essere condiviso anche il fatto che il Presidente della Repubblica oltre a “comandare” le forze armate è, anche, il Presidente del CSM.
Da “cittadini semplici” che credono nelle Istituzioni democratiche della nostra amata Patria non posso che auspicare altrettanta sollecitudine da parte dei media nel far conoscere l’indirizzo del Presidente che potei notare nella “vicenda Vannacci”.
Posizione che in quel caso, io “cittadino semplice dotato di libero arbitrio” non potei, pur rispettandola, condividere.
Egualmente io, sempre “cittadino semplice”, non posso che anelare sul caso Apostolico un altrettanto vivace dibattito giornalistico come noi tutti cittadini italiani abbiamo potuto seguire sul caso Vannacci.
Giornalisti ed opinionisti spesso pronti alla lapidazione di quel servitore dello Stato esclusivamente perché lo stesso ha esposto con la schiena dritta le sue opinioni, opinioni non in linea con il pensiero dei media stessi.
Sarebbe, poi, così bello, e per certi versi interessante, poter veder esposta anche la satira sulla vicenda di questo magistrato, magari anche due comici tanto televisivi.
Ignoto Uno
06/10/2023
Italia allo sfascio, di chi la colpa?
“La situazione economica e di finanza pubblica è più delicata di quanto prefigurato in primavera", questa è la premessa del discorso nella sua relazione in Parlamento del ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti sulla Nadef.
A causa di questo “Il Governo ritiene che l'aumento del deficit sia necessario per rilanciare l'economia” e, allo stesso tempo, sempre il ministro ha dichiarato che “sono necessarie scelte difficili”.
Giorgetti ha, inoltre,parlato di “privatizzazioni” che, sempre parole del Ministro, “hanno il fine di produrre almeno 1 punto di Pil in 3 anni".
Privatizzazioni che producono PIL?
Le “privatizzazioni” sono cessioni di quote azionarie o di asset pubblici, producono “cassa” signor ministro, non PIL!
Questa “cassa” può essere utilizzata per la riduzione del conto capitale del debito pubblico.
Peccato che, sin dai tempi delle privatizzazioni che furono “ideate”, questo dicono gli ambienti ben informati, durante quella famosa crociera del Britannia, i politici nostrani hanno sempre dichiarato che le “privatizzazioni” riducono il debito in conto capitale ed incrementano la competitività ma, questo sì può facilmente sostenere da una attenta analisi ex post, l’unico risultato che dette privatizzazioni hanno ottenuto è che il debito pubblico continua a crescere e il rapporto debito/PIL a peggiorare, mentre molti dei cosiddetti “assets strategici” sono finiti in mani straniere.
Il ministro Giancarlo Giorgetti è un uomo di lungo corso nelle Istituzioni italiane e queste analisi le conosce certamente molto meglio di un “cittadino semplice”, stupisce, conseguentemente, il suo dichiarare.
Giancarlo Giorgetti ha certamente serie competenze in campo economico che non rendono facile comprendere alcune sue dichiarazioni tecniche.
Il Ministro, infatti, si è laureato in economia aziendale alla Bocconi di Milano, la stessa università che è stata presieduta per molti anni daL purtroppo indimenticabile Presidente del Consiglio e Senatore a Vita Mario Monti.
Giancarlo Giorgetti siede in Parlamento sin dagli anni ‘90 ed ha avuto, anche, l’onore di presiedere la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati.
Oggi è ministro strategico dell’Esecutivo Meloni, ben oltre il ruolo che ricopre di Ministro dell’Economia.
La sua carriera politica lo ha visto ministro per lo Sviluppo Economico del Governo precedente all’attuale, quello Draghi di cui è stato il suo braccio destro, e, nel periodo dal 1º giugno 2018 al
5 settembre 2019, durante il Conte1, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al CIPE.
La sua carriera di governo lo aveva gia visto ricoprire incarichi durante il Governo Berlusconi del 2001 ove era stato nominato sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture.
Io “cittadino semplice”, sommessamente mi permetto di far notare che se la nostra amata Italia si è ridotta in queste condizioni lo si deve alle scellerate scelte politiche di questi anni e che il Ministro Giorgetti, in questi anni, ha avuto l’onore di servire la Patria, senza soluzioni di continuità, sempre in ruoli strategici per le scelte di politica economica dei vari esecutivi che lo hanno visto membro.
Oggi ministro dell’Economia, prima ministro per lo Sviluppo Economico, appena prima Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al CIPE!
È lui ad aver gestito le disastrose privatizzazioni di questi ultimi anni, è lui ad aver delineato le scelte politiche che hanno ridotto la Nazione in una situazione socio politico economica che lui stesso, oggi e solo oggi, definisce così grave da richiedere “scelte difficili”.
Quali le cause, secondo il ministro, che hanno causato tutto questo?
Lui le riscontra “nell'effetto dell'orientamento restrittivo delle politiche monetarie, nella congiuntura economica internazionale non favorevole e nell’inflazione ancora molto elevata”.
Certamente vero. Possiamo , però, noi “cittadini semplici” chiedere quali le contromisure attuate da questo esecutivo in questo anno di governo?
Tutte le associazioni di categoria, Confindustria in primis, hanno reiteratamente richiesto azioni di contenimento dei costi dei carburanti e degli interessi sui mutui fondiari al fine di aiutare la funzione dei consumi e favorire il PIL.
Nulla di concreto e serio ha fatto il governo su questi temi. Lo dicono i risultati sotto gli occhi di tutti.
Negli ultimi giorni il Consiglio dei Ministri lancia il “carrello tricolore”. Durata “tre mesi”.
I media, sempre assai “amici” di questo governo, ne parlano come una grande azione di contenimento dei prezzi al carrello.
Io “cittadino semplice”, amando approfondire, apprendo dall’Osservatorio Nazionale del Commercio del Ministero dello Sviluppo Economico che i supermercati in Italia sono 10.919 e che i negozi che vendono esclusivamente alimentari e bevande sono 147.407, a cui si aggiungono 32.145 imprese commerciali non specializzate a prevalenza alimentare.
Domenica la Repubblica titolava “Carrello tricolore, via in 23 mila negozi” e, con un secondo articolo, sottolineava con enfasi i mille esercenti che hanno aderito a Torino. Egualmente il Corriere della Sera titolava “Al via il carrello tricolore, a Roma oltre mille punti vendita per la spesa calmierata”.
A noi “cittadini semplici”, di cui quasi dodici milioni su cinquantanove milioni in povertà, azioni come questa sembrano tanto mediatiche quanto inefficaci.
Da questo Esecutivo vorremmo vedere azioni assai più concrete.
La nostra amata italia necessità una profonda ristrutturazione del sistema paese, ne ha una fortissima necessità sin dall’ultimo periodo della cosiddetta prima repubblica, era il 1993!
Riforme strutturali e coraggiose che taglino costi dello Stato in modo serio e definitivo.
Non si capisce come si possa prevedere nella manovra di “trovare” venti miliardi di euro da “privatizzazioni” di assets strategici allorquando si è gestito nel modo che tutti hanno potuto vedere la vicenda Alitalia - Ita.
Gli studi di tutti i grandi centri di analisi economica e finanziaria dichiarano che il sistema Italia debba urgentemente tagliare del 10 per cento i propri costi di funzionamento.
Impossibile farlo in una sola manovra, l’Italia non riuscirebbe a sopravvivere socialmente, ma è assolutamente indifferibile che questo governo, in questa manovra, compia scelte chiare e dai risultati certi di riduzione del perimetro dei costi dello Stato.
Magari, dichiarandosi lo stesso “di destra”, mettendo in atto azioni realmente più attente alla cultura del libero mercato.
Quella, tanto per essere chiari, che aborra il “clientelismo” dei “bonus” e anela efficienza dello Stato a costi che non possono più essere quelli di oggi, costi letteralmente fuori controllo.
Pensando alla politica dei nostri italici giorni mi sovvengono le parole di un grande poeta, quel Giorgio Gaber che cantava “Destra e sinistra” e chiedeva “cosa è la destra e cosa è la sinistra”.
Oggi, spesso, parole assai vuote.
Al contrario è sempre più forte la memoria di quel tema proposto da Enrico Berlinguer prima e Giovanni Spadolini poi.
Loro ponevano il tema della “questione morale”, ma loro erano statisti.
Statisti entrambi, pur se così diversi.
Ignoto Uno
03/10/2023
Migranti. Cosa nascondono tutte queste parole vuote?
Sono più di 132.000 le persone sbarcate a Lampedusa dall’inizio dell’anno.
Migranti, ne arrivano ogni giorno di più, con storie e motivazioni di ogni tipo. Da coloro che fuggono dalle guerre o dalla fame, a minori che arrivano da soli la cui presenza sugli oramai tristemente famosi “barchini” apre a molte domande.
Questo che molti vorrebbero chiamare “esodo” e che, in qualsiasi modo la si pensi, è una tragedia ha molte, ed assai diverse, sfaccettature.
Sfaccettature assai poco rese comprensibili dai media nostrani che preferiscono ridurre la complessità di questo fenomeno ad una gazzarra di basso livello fra una, permettetemi di dire, fantomatica cultura di “destra” ed una, altrettanto fantomatica, cultura di “sinistra”.
Un vero e proprio “circo mediatico” che, al di là della tanta propaganda a parti avverse, non affronta la gravità che il fenomeno rappresenta.
“Nani” e “ballerine” moderni, questo sembrano la grande maggioranza di chi si espone sui media per incensarsi nel rappresentare il proprio punto di vista su questo complessissimo e tristissimo tema a chi vorrebbe approfondire e veder approfondito il fenomeno degli “sbarchi a Lampedusa”.
Spesso io, sempre “cittadino semplice, ho la percezione che, al di là delle frasi di facciata dette con tono austero, di quei poveracci, vera carne da macello, che arrivano in quella isoletta interessi poco ai tanti che su questa tragedia ci mangiano sopra.
Cosa succederebbe, infatti, se questi “arrivi” terminassero? Dalla fine delle trasferte delle varie troupe televisive con le annesse spese per vivere sull’isola, alla fine dei tanti appalti per la gestione di queste povere persone. Ovviamente rimanendo sul piano degli “affari legali”.
Abbiamo tutti imparato parole come “hotspot” e “paese di transito”, “Lampedusa confine dell’Europa” e “CPR”, parole ripetute in maniera quasi compulsiva da opinionisti, politici e giornalisti.
Parole che spostano l’attenzione dalle tante, e gravissime, altre emergenze che la nostra povera ed amata Italia sta vivendo.
Parole solo apparentemente esaustive, ma in realtà assenti di profondità. Parole che, se osservate con attenzione, rappresentano un nulla cosmico.
Qualcuno di voi che mi onora di dedicare del tempo ai miei pensieri, ha sentito parlare in uno dei tanti dibattiti televisivi sul tema, delle dinamiche che soggiacciono al fenomeno?
Qualcuno di voi che mi onora di dedicare del tempo ai miei pensieri ha sentito parlare del ruolo delle mafie in questo “business”? Perché di business si tratta.
Qualcuno di voi che mi onora di dedicare del tempo ai miei pensieri ha sentito parlare in modo profondo ed esaustivo della “schiavitù” a cui molti di coloro che arrivano sulle coste, non solo di Lampedusa, saranno costretti per esempio nei campi agricoli italiani? Vi ricordate, un esempio fra tanti, le inchieste che hanno coinvolto anche un parlamentare e sua moglie sull’uso ed abuso dei migranti nell’agro pontino?
Qualcuno di voi che mi onora di dedicare del tempo ai miei pensieri ha sentito parlare in modo profondo ed esaustivo della “schiavitù” che colpisce molte donne che arrivano sull’isola costrette a prostituirsi dalle organizzazioni criminali che le fanno arrivare a Lampedusa?
Qualcuno di voi che mi onora di dedicare del tempo ai miei pensieri ha sentito parlare sui media nazionali del rischio che dietro questi arrivi si nasconda, anche, non solo, la schiavitù minorile dell’accattonaggio da parte delle mafie nelle nostre città?
Qualcuno di voi che mi onora di dedicare del tempo ai miei pensieri ha sentito parlare sui media nostrani dei rumori di sottofondo che chi vuol comprendere, e ricerca, sente in ordine a “fenomeni estremi” collegati a questi tristi arrivi? Fenomeni estremi che riportano alla memoria addirittura gli aberranti comportamenti del gerarca nazista Mengele.
Ampio il giro di affari legato a questo fenomeno tristissimo ove gli esseri umani non sono altro che “pezzi di carne”.
Nel rimanere nel mondo del lecito, una recente stima governativa parla di costi diretti per lo Stato nell’ordine dei 3,5 miliardi di euro nel 2023.
Quanti, però, i costi nascosti nelle regioni, per esempio per voci collegate alla sanità?
L’agenda politica italiana ed europea viene, in queste settimane, dai media nostrani ridotta pressoché ad un argomento unico.
Salvo la sempre più sbiadita presenza sugli stessi organi di informazione della guerra in Ucraina, infatti, da settimane la notizia “star” è quella relativa ai “migranti che sbarcano a Lampedusa”.
Tantissime parole, un vero fiume di parole, ma totale assenza di profondità atta ad aiutare gli italiani a comprendere il fenomeno.
Io, “cittadino semplice” che ama ragionare, non mi appassiono alle tante chiacchiere vuote, permettetemi di dire “da pollaio”, che stanno inondando da settimane il sistema mediatico con l’unico fine di tramutare questa tragedia in qualcosa di molto simile ad uno scontro fra “hooligans”.
Tifoserie dalle “facce serie” ma, nel profondo, prive di un reale interesse alla tragedia umana di quelle che, a prescindere, sono povera gente che attraversa il mare o per cercare il “nuovo mondo” o perché “schiava di poteri che li vede solo come prodotti”, come “carne” appunto.
Io “cittadino semplice” mi rendo conto che dietro a questi “barchini” vi sono tanti, ma veramente tanti, soldi che girano nelle tasche di molti, anche in Italia, non solo in Italia, e che se non verrà interrotto questo drammatico giro di soldi questo fenomeno mai terminerà.
Fino a quando noi che viviamo in Italia ed in Europa non urleremo “basta” a questo “business della morte e della schiavitù” e chiederemo che venga fatta vera luce sul vorticoso giro di affari che si muove dietro a questi “barchini” nulla cambierà.
I “migranti” continueranno ad arrivare a Lampedusa e, molti di più, a morire prima nel deserto, poi nei campi di concentramento delle mafie sulle coste dell’Africa, infine nel mare mediterraneo e noi, “cittadini più inermi che semplici” in questo caso, continueremo a vedere e sentire banalità sul tema in televisione fino allo sfinimento che, auspicabilmente, ci porterà a leggere un bel libro o vedere un bel film.
Con l’ultimo Consiglio dei Ministri il “Circo Barnum” dell’emergenza ha creato un nuovo “tema di scontro”, quei venti “CPR” che tutti, in primis i famosi ben pensanti a casa degli altri, ora vivono con “allarme” e “fastidio”.
Venti Centri per il Rimpatrio! Poco importa se funzionali o meno a ridurre questa “transumanza della morte”, l’importante è che se ne parli mentre nulla cambia.
Strategia antica in Sicilia quella del “far parlare” mentre i “piccioli” continuano a “girare”.
I “piccioli” girano, i “migranti” continuano ad arrivare e ad essere “usati dai vari sistemi”, il “popolo” si abitua a questo orrore e da sempre più per scontato che sia “giusto ed ineluttabile”.
A me, sempre “cittadino semplice”, tutto questo ricorda i tempi passati, ma che nessuno parli di nazismo o fascismo, questo “circo”, a Lampedusa, dura già da decenni.
Decenni che hanno visto tutti i partiti al governo della nostra amata Italia.
Basta leggere i numeri degli sbarchi per rendersi conto che solo due sono i politici italiani che hanno veramente cercato di incidere sul fenomeno.
Quello “strano” politico di sinistra che porta il nome di Minniti, oggi sparito dalla nomenclatura del suo partito, e quel Salvini finito sotto processo per sequestro di persona perché, da ministro degli interni, impediva gli sbarchi.
Un po’ poco per una tragedia di queste dimensioni ... sempre che questa, un giorno, non debba essere definita come la punta di un iceberg dell’orrore.
Ignoto Uno
22/09/2023
Verso la candidatura di Michelle Obama?
Manca poco più di un anno al 5 novembre 2024 allorquando il popolo statunitense deciderà il suo futuro votando per il presidente.
Anni strani quelli della presidenza di Joe Biden. Presidenza iniziata con le contestate elezioni del 2020.
Anni durante i quali il presidente uscente Donald Trump, uomo che molti definiscono “leader del mondo libero”, non ha mai smesso di dichiarare che Biden sia arrivato alla Casa Bianca a causa di brogli elettorali.
Come dimenticare che Donald Trump non ha mai “ammesso la sconfitta” ed uscì dalla Casa Bianca lasciando sulla scrivania presidenziale della famosa “stanza ovale” un foglio con scritto “Ehi Joe, you know that you did not win!”?
Donald Trump da mesi sta subendo l’attacco di una parte della magistratura americana, casualmente tutti magistrati nominati durante la presidenza Obama, che lo ha addirittura arrestato, e liberato sotto cauzione, in Georgia.
Pur sotto questo attacco giudiziario e mediatico il Presidente Trump è il leader indiscusso del Partito Repubblicano Americano e, se non impossibilitato a competere dalla magistratura, assai probabile vincitore delle prossime elezioni presidenziali del 2024, soprattutto se avrà come avversario un sempre più insignificante Joe Biden.
Un Biden che deve prendere atto che lo 'speaker' del Congresso americano, il repubblicano Kevin McCarthy, ha aperto una formale procedura di impeachment contro di lui. Procedura che vedrà la prima udienza il prossimo 28 settembre.
Allo stesso tempo Biden deve, anche, prendere atto che suo figlio, l’assai discusso Hunter Biden, sia stato incriminato presso la corte federale del Delaware per tre capi d'accusa legati al possesso di una pistola sotto effetto di stupefacenti.
Il 14 settembre, infine, un messaggio chiaro al Presidente Biden è arrivato dal Washington Post, testata assai amica dello stesso Biden e della CIA, che lo consiglia di farsi da parte perché “troppo anziano”.
Fatto che segue di pochi giorni le dichiarazioni della vice presidente Kamala Harris la quale aveva dichiarato di “essere pronta a prendere le redini della nazione nel caso il suo capo, Joe Biden, non riuscisse più a svolgere il suo compito”.
Una Kamala Harris su cui nessuno punta come candidata democratica alle prossime elezioni presidenziali statunitensi.
Da questo scenario è sempre più palese che non sarà Joe Biden a competere per la Casa Bianca nel novembre 2024
Allora chi potrebbe avere la forza di competere contro Donald Trump o persona da lui designata ed appoggiata nel caso l’attacco concentrico giudiziario e mediatico dovesse impedirgli di correre?
Nel triangolo di famiglie Biden, Clinton, Obama I ben informati vedono su questo tema una lotta all’ultimo sangue fra le “mogli”.
Hillary Clinton ha scarsissime, se non nulle, possibilità di “correre” ma sembrerebbe tramare per riuscire a giocare di nuovo la partita contro Trump, aveva già perso nel 2016, pur se il marito Bill attraverso la Fondazione Clinton ha “mosso” anche Papa Francesco.
In pole position, questo pensano le gole profonde americane, vi sarebbe, però, l’altra “moglie”.
Michelle Obama, infatti, potrebbe spuntarla, magari nella Convention Democratica dell’agosto 2024, a meno di novanta giorni dal voto.
Lo scenario potrebbe essere quello di vedere un Donald Trump impossibilitato a “correre” dalla magistratura Americana.
Noi “cittadini semplici”, che crediamo nella democrazia, non possiamo credere che possa essere assassinato come si è potuto recentemente veder paventato in alcuni articoli in Europa.
Allo stesso tempo potremmo dover vedere un Joe Biden estromesso all’ultimo minuto dal suo partito e sostituito da Michele Obama.
Chi sostituirebbe, a quel punto ed in totale continuità, Donald Trump?
La risposta è prematura, ma un “cittadino semplice” come me, attento osservatore del Partito Repubblicano statunitense non scommetterebbe sul governatore della Florida, quel De Santis tanto amato dai poteri forti europei, e, tantomeno, su quel Mike Pence, vice Presidente di Donald Trump che lo stesso definisce “un traditore”.
Ignoto Uno
20/09/2023
Ignoto Uno ringrazia e risponde ad alcuni lettori.
Egregio direttore,
nel cogliere l’occasione per ringraziarla per la sua cortesia di pubblicare i miei ragionamenti e le mie opinioni e ringraziare coloro che mi onorano nel dedicare tempo alle mie riflessioni, ancor più chi ha la cortesia di commentarle, mi permetta di soffermarmi su questo che lei ha avuto la cortesia di inviarmi.
La lettrice, o lettore, scrive con una forma più di “giudizio” che di “riflessione” al mio scritto “vi manca la schiava? La moglie, la crocerossina, ecc ecc Iniziate a crescere , diventate uomini , padri, fratelli ecc ecc non siete una massa di disabili da accudire”.
A chi scrive vorrei proporre, in primo luogo, di leggere con la stessa attenzione che io ho dedicato al suo scritto quanto io propongo in termini di “personale opinione” e non di giudizio di chi ha una idea del modello socio politico economico diverso dal mio.
In secondo luogo di notare che sia le quattro donne che hanno riempito la vita del Generale Dalla Chiesa, sia mia madre sono state persone dalla personalità “dominante” e non di certo “succube”. Donne che, sapendo guardarsi dall’esterno, si vedevano nella loro completezza e bellezza interiore e, sentendosi perfettamente realizzate come donne, vivevano una vita piena e di grande successo personale.
Come non notare che la figlia Rita del Generale, oggi parlamentare, ha saputo costruirsi una vita di enorme, e pubblico, successo professionale rimanendo “donna” e “madre” come la sua pubblica notorietà permette a chiunque di conoscere?
Come non notare la pienezza di vita e grande esempio sia stata la, pur breve, storia di una eroina quale è, a prescindere dal marito, la signora Setti Carraro?
Nel personale della mia famiglia, mi permetto di far notare a chi ha commentato che il mio “ragionamento” da lei, direttore, cortesemente pubblicato, termina con queste parole dedicate ad una immensa figura femminile quale è stata mia madre “anche lei “donna silenziosa”, anche lei “donna potentissima”.
Se queste possano essere parole con cui si rappresenta una “schiava” lo diranno i suoi lettori, io, molto sommessamente e rimanendo “cittadino semplice”, mi permetto di notare che la differenza fra “essere” ed “apparire” da molti filosofi a noi umili cultori della lettura hanno provato ad insegnare andrebbe mantenuta al centro di ogni “ragionamento”.
Infine mi permetta di fare una ultima considerazione su quanto la società sarebbe migliore se, invece di “commentare”, si “confutasse” con ampiezza di argomentazione, proprietà di linguaggio, “opinioni anche opposte, ma argomentate”.
Ignoto Uno
05/09/2023
Dal Generale Dalla Chiesa alle “sue” donne. L’Italia che a molti manca.
Qualche giorno fa seguivo in televisione il film dal titolo “Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”.
Un film che racconta la storia di un grandissimo, immenso, servitore dello Stato.
Un uomo tradito dallo Stato perché scomodo, perché integro.
Un “vero uomo”, non “in vendita”.
Nel vedere il film che ne narra un tratto di vita mi hanno colpito in particolar modo le figure femminili e la rappresentazione della sua intera famiglia.
La prima moglie, le figlie, il figlio, la seconda giovanissima moglie.
La donna veniva narrata un tempo come “la regina del focolaio”, della casa.
Qualsiasi fosse l’ampiezza della sua vita, compresa quella professionale, era nella sua dimensione di moglie e, in alcuni casi, madre che trovava il suo ruolo sociale più importante perché in esso diveniva forza determinante, ed insostituibile, della crescita del sistema socio politico economico della nazione.
Donne, donne vere, donne realizzate. Donne che si dedicano alla famiglia. Donne che lavorano ma non perdono la propria femminilità. Donne che sanno portare aiuto ai più deboli.
Quattro donne vengono rappresentate in questo film che racconta molto di più della storia di un grande servitore dello Stato, racconta un modello sociale basato su valori “tradizionali”, valori forti e certi, valori di successo.
Valori identici da una generazione all’altra, valori coniugati con stile diverso da una generazione all’altra.
Valori mantenuti saldi.
Tre modi diversi.
La prima moglie fu una casalinga devota al marito generale.
Le figlie, donne della loro generazione, lavoratrici, mogli, madri e devote da figlie al padre.
La seconda moglie, testarda giovane donna, alto borghese, crocerossina e dedita al volontariato, devota fino all’estremo sacrificio al “suo” uomo di cui rispettava ruolo e storia, anche quella famigliare.
Valori declinati in modo diverso ed al passo delle diverse generazioni, ma certi e strumento della crescita del modello sociale italiano.
Reale volano di crescita come dice in un passaggio, un magnifico passaggio, il generale alla figlia Rita, oggi parlamentare, che aveva deciso di separarsi dal primo marito, un ufficiale dei carabinieri, “dietro ad un grande uomo vi è sempre una grande donna, senza tua madre non sarei riuscito a fare quello che faccio, siamo una cosa sola io e tua madre”.
“Una cosa sola”, questo il valore della famiglia tradizionale, questo il motivo del successo di questo immenso simbolo dell’Italia per bene che è, non fu, il Prefetto, Generale, Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Questo viene fatto dire al generale Dalla Chiesa e chi ha avuto il grande onore di conoscerlo non fa alcuna fatica a ritrovarsi in quella scena del film.
La figlia, donna di una generazione diversa, si separò lo stesso ma non perse mai la sua visione “femminile” della vita.
Manuela Setti Carraro, la seconda moglie, morirà affianco al “suo” uomo a Palermo.
A questa magnifica figura femminile viene fatto dichiarare nella narrazione del film al “suo generale”una frase fortissima “Io sono testarda”.
Una “testardaggine” forte e volitiva quella della Setti Carraro, non banale e da donna viziata.
Una “testardaggine” che la portò a vivere affianco al “suo” uomo a Palermo anche contro la volontà dello stesso. Scevra del pericolo, certa che il “suo” uomo avesse bisogno della “sua” donna per essere “uomo” fino in fondo.
Verranno assassinati insieme su quella A112, una utilitaria simbolo di una vera “famiglia”.
Due eroi, non un eroe con “sua moglie”.
Due persone che sapevano chi fossero e declinavano con orgoglio il proprio ruolo nel sistema sociale.
Donne diverse, donne vere. Donne donne. Donne volitive, libere, forti ed al passo con i propri tempi quelle rappresentate in questo magnifico film in onore di magnifiche figure, tutte, non solo il generale prefetto, dell’Italia che piace a molti italiani.
Esattamente le donne di cui oggi non si parla, esattamente gli uomini di cui oggi non si parla.
Esattamente le donne, e gli uomini, di cui parla il generale Vannacci nel suo libro.
Donne, figlie, mogli, madri e lavoratrici che sanno di essere “donne” e sanno del loro immenso “potere sociale” affianco a “veri uomini” che ne sanno comprendere il valore e sanno che “affianco ad un vero uomo ci deve essere una vera donna e viceversa”, come mi insegnava un’altro grande uomo, mio padre.
Perché quelle “donne” avevano un “immenso potere sociale” anche se non lo urlavano e non andavano in giro pressoché discinte per urlare il loro essere libere, essere donne.
Il generale Vannacci racconta nel suo libro documento di una idea sociale di sua madre e suo padre, io, “cittadino semplice”, nel vedere il film sul generale Dalla Chiesa ricordo le parole del generale Vannacci ma, ancor di più, quella immensa “vera donna” che fu mia madre.
Anche lei “donna silenziosa”, anche lei “donna potentissima”.
Ignoto Uno
04/09/2023
Oggi si parla di stupri con la faccia grave e la mente distratta
In questi giorni i media hanno nuovamente messo al centro della comunicazione politica gli stupri e gli abusi sulle donne.
Giovedì 31 la Premier Meloni ha voluto visitare la cittadina di Caivano, alle porte di Napoli, teatro recentemente di uno stupro particolarmente efferato.
Due cugine di 10 e 12 anni hanno subito violenza sessuale in un edificio abbandonato in quello che sarebbe dovuto essere il centro sportivo pubblico del Comune, denominato Parco Verde, divenuto da tempo immemore una delle più note e grandi “piazze di spaccio” d’Europa.
Sommessamente mi chiedo, sempre da “cittadino semplice”, dove fossero le Istituzioni fino ad oggi, dove lo Stato, dove i vari presidenti della Regione Campania che si sono susseguiti nel tempo, dove i magistrati?
Serviva veramente arrivare allo stupro di due bambine così piccole per affrontare tutto questo squallore?
Non ci sono risorse economiche per affrontarlo?
Sempre sommessamente, e sempre da “cittadino semplice”, posso comprendere la causa che permette di trovare, sempre, le risorse per affrontare “l’emergenza migranti” mentre non si riescono a trovare qualche milione di euro per portare a norma, prima, ed in efficienza, poi, quella struttura pubblica ridotta da tempo immemore in quello stato di degrado? In una “piazza di spaccio” nota a livello europeo.
Come non notare che la cittadina di Caivano, di fronte ad un atto così scellerato ed infame, ha reagito con una fiaccolata a cui hanno partecipato non più di duecento persone a fronte di una comunità di circa 38 mila cittadini!
Come non comprendere da tutto questo che lo Stato è molto “distratto” da quelle parti e che la comunità cittadina vive nel terrore di quanto possa subire da parte della malavita organizzata se dovesse alzare la testa.
La Presidente Meloni è andata a Caivano, di questo le va dato merito, basterà ad attivare azioni chiare, forti e rapide?
Azioni di immediato impatto sul tessuto sociale di questo Comune che palesemente non è oggi sotto il controllo dello Stato ma delle cosche.
Cosche così becere e poco lungimiranti da non saper nemmeno, nemmeno loro, controllare il territorio ed impedire azioni così squallide e così inaccettabili.
Un sacerdote, Don Patricello, parrebbe l’unico che abbia saputo mantenere la schiena dritta.
Può essere questo accettabile? Può essere questo sufficiente?
Lui chiede “vigili urbani”, io “cittadino semplice” chiedo allo Stato di analizzare cosa non abbia funzionato, chi fra i funzionari pubblici si sia girato dall’altra parte e perché lo abbia fatto.
Io “cittadino semplice” chiedo allo Stato di agire con velocità per “risolvere” queste “distrazioni”.
I “cittadini semplici” sono “semplici”, non “stupidi”, capiscono facilmente che “qualcuno”, non solo le cosche di malavita, trae profitto da quella “piazza” nel girarsi dall’altra parte.
Di questo, però, i media non parlano, non “inviano” giornalisti capaci di “indagare” e “denunciare”.
Parole vuote tante, parole “concrete” neanche l’ombra
Rattristato da tanta pochezza allargo il mio sguardo al fenomeno degli stupri e degli abusi su donne e bambini su tutto il territorio nazionale senza prima dover notare che quanto è accaduto a Caivano va denominato “atto pedofilo”, non “abuso sessuale”.
Io, “cittadino semplice”, nel cercare informazioni per comprendere il fenomeno, prendo atto che mediamente sono undici le denunce di stupro o di abuso che vittime, o presunte tali, presentano presso i commissariati o le stazioni dei carabinieri ogni giorno.
Lo si legge dai documenti elaborati dalla Direzione centrale di polizia criminale su queste forme di reato.
In essi, inoltre, si legge che in Italia le denunce di questi reati sono la punta di un iceberg di dimensioni estremamente più grandi.
In queste ore i media raccontano di due gravissimi casi, non solo quello di Caivano, avvenuti in due aree assai degradate del nostro amato Paese.
In queste ore si dibatte sui media di una affermazione di un giornalista che ha un ruolo particolare, quello di vivere con la Premier ed essere padre di sua figlia.
Io, “cittadino semplice”, leggo ed ascolto le tante “chiacchiere politiche” di questi giorni su questo tema, leggo ed analizzo i dati delle fonti istituzionali sul fenomeno e comprendo che esclusivamente in questa settimana gli stupri e gli abusi sulle donne in Italia potrebbero essere stati molti, ma veramente molti, di più. In termini statistici circa una settantina.
Quanti di questi in “quartieri bene” e “famiglie borghesi” e non in zone degradate della nostra Patria?
Probabilmente non pochi, certamente non nessuno.
Stupri ed abusi avvengono principalmente all’interno delle case, all’interno delle famiglie, non esclusivamente nel degrado di periferie ove lo Stato è assente.
Comprendere questo sposta la prospettiva dal “demagogico” e “facilmente cavalcabile” degrado, ad un tema molto più complesso che si chiama “cultura”.
In primo luogo la “cultura del rispetto della morale”.
“Morale” come strumento del discernere fra il bene ed il male e regola che determina i comportamenti sociali.
Io, sempre “cittadino semplice”, mi chiede se possano essere rispettate le regole morali scegliendo quali di queste siano da rispettare e quali possano essere affrontate con maggiore “elasticità”?
Io,”cittadino semplice”, in questa mia Patria abbandonata a se stessa percepisco quotidianamente il compiersi di atti di concussione e corruzione nell’apparato pubblico, leggo e vedo le conseguenze di concorsi a cariche pubbliche manipolati e piegati ad interessi partitici e non solo, leggo e vedo le conseguenze di appalti truccati.
Io,”cittadino semplice”, in questa mia Patria abbandonata a se stessa percepisco quotidianamente la mancanza della cultura del “merito”, ovunque, nelle assunzioni, nell’Università e nella scuola di ogni ordine e grado.
Io,”cittadino semplice”, in questa mia Patria abbandonata a se stessa percepisco quotidianamente la mancanza della competenza e della fierezza nello svolgere la propria funzione.
Io,”cittadino semplice”, in questa mia Patria abbandonata a se stessa percepisco quotidianamente come il modello sociale sia basato sull’individuo e sull’egoismo e non sulla “coppia famigliare” e sull’altruismo.
Altruismo che è la base per costruire un futuro migliore alle giovani generazioni.
Oggi si parla di “stupri” con finto “disgusto” e vero “disinteresse” in attesa della prossima “emergenza” che potrà essere affrontata con altrettanto “disgusto” ed altrettanto “disinteresse”.
“Chiacchiere morte” dicevano i nostri avi.
Intanto nulla cambia, esattamente come nel Gattopardo,tutto langue,i migliori scappano, tutti gli altri sopravvivono.
Ignoto Uno
01/09/2023
Il Tricolore, simbolo della nostra identità
La disciplina che studia, ricerca e cataloga le bandiere è chiamata vessillologia.
Nell’ultimo viaggio istituzionale negli Stati Uniti d’America la Presidente del Consiglio italiana è inciampata su una domanda dello Speaker del Congresso americano che le chiedeva il significato dei colori del vessillo che rappresenta la nostra amata Patria nel mondo.
Nel vedere le immagini di quel “incidente di percorso”, la Premier non seppe dare una risposta, mi soffermai su una domanda a me stesso: dove posso comprare il nostro vessillo in Italia?
Essendo estate decisi di andare in giro per cercare di comprarne una, provai in molti negozi diversi ed in diverse cittadine italiane.
Entrai in più punti vendita della grande distribuzione e dovetti sentirmi rispondere che, essendo lontani da qualche campionato internazionale di calcio, non essendoci richiesta, non ne erano forniti. Entrando nei medesimi punti vendita, in molti di loro, notai ben esposta all’ingresso la “bandiera arcobaleno” ma non il vessillo di cui dovremmo essere orgogliosi noi tutti italiani.
Decisi di provare in molte cartolerie, solo pochissime avevano la possibilità di vendermene una, oltretutto non esposte ma presenti nel magazzino.
Solo in una tipologia di negozio, ne ho girati in una settimana una decina, la possibilità di acquisire il vessillo simbolo della nostra Patria, anche con bandiere di diverse dimensioni, si è dimostrato sempre possibile: nei negozi gestiti da cinesi.
Le bandiere delle squadre di calcio le ho trovate in vendita ovunque, la “mia”, “nostra”, bandiera,il “simbolo” della mia nazione, del popolo italiano, della Patria è acquistabile quasi esclusivamente nei negozi dei cinesi.
La “bandiera arcobaleno” esposta all’ingresso delle varie COOP e marchi affini, è ostentata per dichiarare l’appartenenza valoriale del brand a quei valori.
Da questo comprendo come i vertici di queste aziende comprendano il significato profondo di esporre un simbolo per dichiarare la vicinanza a determinati valori. Valori ritenuti fondanti e positivi per il marchio.
Mi chiedo come possa essere possibile non sentire il desiderio di esporre, con assoluto orgoglio, la nostra bandiera, il vessillo verde bianco rosso, nei medesimi punti vendita e, allo stesso tempo, definire come premiante il prodotto italiano a chilometri zero ed il “Made in Italy” in generale.
Ragionando su questo mi accorgo che nelle nostre scuole troppo spesso la “bandiera” all’ingresso c’è, e neanche sempre nelle scuole private, ma è sgualcita, non rispettata. Il concetto di “alza bandiera” ignoto sia come rito che come simbolo.
Tantomeno viene insegnato il significato dei colori che ci rappresentano, però, allorquando la Premier, amata o meno che sia, degli italiani non riesce a rispondere alla domanda sui colori della “nostra bandiera” scattano polemiche di ogni fatta.
Quanti dei nostri figli saprebbero rispondere senza una ricerca su google? Quanti di noi genitori?
Temo pochi! Triste, ma tristemente vero.
Qual è dunque il significato del “Tricolore”?
Il “verde” indica “libertà e uguaglianza”ed, allo stesso tempo, il verde richiama la “speranza”, tutti valori fondanti il Risorgimento italiano che ci permisero di arrivare all'Unità d'Italia.
Il “bianco” simboleggia la “fede” e ci ricorda le “nostre” origini giudaico cristiane.
Il “rosso” rappresenta l’”amore”, l’amore per la nostra Patria e le “nostre” tradizioni culturali e storiche.
Il “tricolore”, il nostro vessillo, il simbolo della nostra identità nazionale, dovrebbe essere ben esposto sempre e non solo quando la nostra nazionale di calcio scende in campo ai mondiali o agli europei.
Questo dovrebbe insegnare la scuola, lo dovrebbe insegnare per prima cosa, molto prima di materie come italiano, matematica, latino, storia, geografia e qualsiasi altra materia scolastica, appena prima della educazione civica, certamente molto prima della “cultura gender”.
Purtroppo non avviene, non da oggi, da moltissimi anni.
Forse anche per questo si possono notare palazzi istituzionali, addirittura Palazzo Chigi, riportare sull’intera facciata il vessillo di una altra nazione.
Il 24 agosto, infatti, Palazzo Chigi vedeva l’intera facciata illuminata con il simbolo ucraino, ne siamo stati informati dall’agenzia Ansa.
Poco importa che fosse quella Ucraina, poteva essere un qualsiasi vessillo di uno degli Stati che sono rappresentati alle Nazioni Unite. Nulla nel mio ragionamento sarebbe cambiato.
I “Palazzi Istituzionali” devono esporre la “nostra bandiera”, il “nostro Tricolore”, seguendo un “protocollo” chiaro e normato, egualmente i vessilli rappresentativi di altri Stati.
Il sito istituzionale della Presidenza del Consiglio su come debbano, e possano, essere esposti i “vessilli” ha addirittura una sezione con FAQ, interessante leggerla tutta.
Oggi mi soffermo su alcuni passaggi.
La FAQ numero 14 recita “Si possono esporre negli edifici pubblici bandiere di partito o di associazioni o di movimenti o bandiere della pace, ecc.? NO, perché negli edifici pubblici possono essere esposte soltanto le bandiere pubbliche istituzionali. Ciò per rispettare il carattere di "neutralità" delle sedi istituzionali, che costituisce sacro principio democratico”.
La FAQ numero 17 recita “Cosa significa che la bandiera nazionale deve essere posta a destra? Che deve avere la posizione più importante”.
La “posizione più importante” recita! Mi chiedo come possa essere contemperato questo con l’aver illuminato per intero la facciata di Palazzo Chigi, la sede del Premier, con il “vessillo” di un altro Stato. Sottolineo che non è importante quale fosse in modo da non far scaldare gli animi di qualcuno.
La FAQ numero 10 recita “Si possono esporre sugli edifici pubblici istituzionali bandiere e vessilli non istituzionali o privati o di parte? NO, perché sugli edifici pubblici istituzionali possono essere esposte esclusivamente bandiere pubbliche istituzionali”, fra questi anche la “bandiera arcobaleno” banalmente perché rappresentativo di una parte del popolo italiano, quello LGTBQ+, e non di tutti gli italiani.
Questo non per motivazioni “omofobe”, banalmente per motivazioni “protocollari”.
La nostra Premier non ha saputo rispondere banalmente perché, essendo, beata lei, molto più giovane di me, non ha avuto nel suo percorso di studi chi, per ruolo, doveva formarla su questi elementi identitari della nostra “nazione”.
Sarebbe il caso, lo dico sommessamente da “cittadino semplice”, che i ministri competenti emanassero per l’inizio del nuovo anno scolastico ed accademico una circolare che imponga una lezione sulla “Nostra Bandiera”, il Tricolore.
Infine, solo per nota, i professori, i docenti tutti, i funzionari pubblici, non solo i militari, sono ufficiali dello Stato, che bello se si ricordassero di salutare la Nostra Bandiera allorquando, entrando nella loro sede di lavoro, la dovessero trovare, come dovrebbe essere, esposta.
Magari nuova, pulita e non sgualcita.
Ignoto Uno
28/08/2023
Da Günther Anders a Trump
Il Presidente Donald Trump è stato arrestato, come in un crescendo Wagneriano i media hanno fatto da controcanto ad una azione giudiziaria che non ha precedenti in Stati Uniti.
Silvio Berlusconi in Italia ebbe lo stesso trattamento, una azione a tenaglia di media e magistrati per ridurlo all’impotenza e addomesticarne l’operato come voluto dall’asse europeo Merkel - Sarkozy da pochi giorni ammesso pubblicamente da quest’ultimo.
Come non ricordare le affermazioni, tutte identiche, del presidente europeo Junker, dell’allora ministro degli Esteri italiano ed ora Commissario Europeo Gentiloni e della Canceliera tedesca Merkel, oltre del sempre fido presidente francese Sarkozy, che parlavano di “impeachment entro due mesi per Trump” lo stesso giorno in cui questi vinse le elezioni presidenziali statunitensi del 2016?
Ci sarebbe da commentare che finalmente (per loro) ci sono riusciti, che il Presidente Trump è stato fin troppo tenace nel resistere per ben sette anni, che si notano molte assonanze fra la vicenda Trump e quella di Berlusconi tanto da far temere una regia unica.
Come non notare il perfetto tempismo dell’agenzia Ansa che nel giorno dell’arresto di Trump da il buon giorno agli italiani con la notizia del primo dibattito televisivo sulle primarie repubblicane americane dichiarando che l’ex Vice Presidente Mike Pence, oggi acerrimo nemico di Trump, “ha fatto bene a certificare la vittoria di Biden”.
Nel frattempo, in questi tre anni di presidenza Biden, il mondo intero è finito nel caos che tutti noi stiamo subendo.
Povertà e guerre ovunque.
Agenda politica, almeno quella dei media, imperniata su “gender”, “cambiamento climatico” e “migranti” e che annuncia e fa subito sparire le dichiarazioni sulla situazione economica e finanziaria italiana rappresentata a tinte fosche dal ministro dell’economia Giorgetti, riduce ad una notizia da pagine interne e non televisive la gravissima congiuntura economica tedesca, tralascia di far comprendere agli italiani le conseguenze della guerra in Niger sull’economia francese non facendo emergere come le centrali nucleari d’oltralpe dipendano dall’uranio proveniente da quel paese africano.
Tantomeno i media nostrani ci informano che nel 2019, ovvero quando l’industria italiana andava ancora benino, il sedici per cento del nostro fabbisogno energetico dipendeva dalle stesse centrali.
Ovviamente i nostri media si dimenticano di renderci edotti e consapevoli dei dati di Confindustria sull’andamento del sistema produttivo italiano. Il Centro Studi dell’associazione dichiara un meno 7,8 per cento in base annua.
Allargando l’ottica del nostro guardare dovremmo, noi “cittadini semplici”, essere resi edotti della crisi economico finanziaria cinese che ha come punta dell’ iceberg il fallimento della più grande società immobiliare al mondo, la cinese Evergrande, con il rischio del deflagrare di una bolla immobiliare mondiale a cui confronto la sempre citata crisi immobiliare del 1929 è nulla.
Bolla immobiliare le cui conseguenze sul sistema del credito è totalmente ignoto dato che non è possibile venire a sapere quanta parte di quel fallimento sia nella, come si usa dire, pancia delle banche italiane. Ancor più “impossibile” essere edotti su quanto di quel debito sia posseduto dagli istituti di credito tedeschi, francesi e britannici.
Il problema dei media italici, però, è il libro del Generale Vannacci il cui linguaggio sarebbe secondo gli stessi inadeguato. Il problema è commentare il linguaggio e non i contenuti ne, ci mancherebbe altro, analizzare se, per caso, la grande maggioranza degli italiani condivida quanto il generale afferma.
Nel vedere questo triste momento socio politico economico occidentale io, “cittadino semplice” amante della lettura, stimolato da un caro amico, sono andato a ricuperare “L’uomo è antiquato”, libro che nel 1956 scrisse il filosofo ebreo tedesco Günther Anders.
Interessante, soprattutto se letto in comparazione con quanto possiamo vedere ai giorni d’oggi,leggere il pensiero del filosofo in ordine a come agire “per soffocare in anticipo ogni rivolta” e il metodo che lo steso propone. L’accademico tedesco scrive che “non bisogna essere violenti”.
Violenza come strumento inutile, non come strumento da aborrire.
La sua idea è superare la violenza, lui essendo un ebreo tedesco ha nella mente quella nazista, come strumento per dirigere i popoli, sostituendola con il “creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente dei cittadini”.
Günther Anders usava addirittura il concetto di “formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate”.
Dichiarava questo il filosofo tedesco!
Allucinante notare che si trattava di un ebreo che aveva vissuto integralmente l’orrore del nazzismo.
Oggi siamo circondati da teorie fortemente evolutive dei principi morali che hanno governato i rapporti fra gli esseri umani nell’era moderna.
Nel libro di Günther Anders si legge che la seconda opzione potrebbe essere quella di continuare “il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale”.
Dagli anni ‘70 stiamo subendo, almeno noi in Italia, questo il pensiero di un “cittadino semplice” come io sono, una continua involuzione culturale ed un rapido appiattimento verso il basso ove il “merito” viene continuamente “stuprato” in ogni ambito sociale a favore del premiare coloro che si rendono “asserviti al potere”.
Con una certa grave “arroganza” per un filosofo, Günther Anders scrive e propone la teoria che un “individuo ignorante” non può che avere “un orizzonte di pensiero limitato” occupato da “preoccupazioni mediocri”.
Come non notare la teorizzazione della “mediocrazia” in queste parole?
Come non ritenerla assai “moderna”? Moderna nel senso di assai presente nel nostro quotidiano, non certamente apprezzata da un “padre” e “cittadino semplice” quale io mi onoro di essere.
Un individuo in queste condizioni non potrà “rivoltarsi” a coloro che sono al “potere” ci fa notare e teorizza nel suo libro il filosofo.
Per questo Günther Anders ritiene che colui che è al governo debba “fare in modo che l’accesso al sapere sia sempre più difficile ed elitario”, questo con il fine di consolidare la propria posizione di comando.
Sempre il filosofo teorizza che “l’informazione destinata al grande pubblico debba essere anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo”.
Non più una informazione “quinto potere” garante del sistema democratico, bensì una “informazione” strumento del potere.
In particolare nel “L’uomo è antiquato” si ritiene che non debbano essere veicolati contenuti filosofici che possano causare “ragionamento”.
Il mezzo televisivo deve “persuadere” e non “coercere”, sarà strumento per “addormentare i cervelli e le coscienze” attraverso contenuti banali, “divertimenti che adulino sempre l’emotività e la sfera dell’istinto”.
Posso, sommessamente, portare alla mia memoria le tante soap opera ed i tanti contenitori, ai miei occhi assai imbarazzanti, ove vengono elevati al rango di “opinionisti” quella nuova “professionalità” denominata “tronista”?
Posso, ancor più sommessamente, notare come ai tempi dei miei avi si sentiva dire con orgoglio “mio figlio è un ingegnere” piuttosto che un “medico”, oggi si deve tristemente notare come i genitori auspichino per i loro pargoli un futuro da “velina” piuttosto che da “calciatore”?
Tutto dovrà essere “futile e giocoso” lèggiamo in Günther Anders.
Tutto finalizzato ad impedire allo spirito di “pensare”.
Qualcuno potrebbe notare che il “pensare” causa la formazione del “dubbio”, quello Socratico, ed il “dubbio” determina il desiderio della “ricerca autonoma” del sapere.
Elemento cardine dovrà essere “la sessualità” che diverrà primaria negli interessi umani propone il filosofo tedesco. Praticamente un “tranquillante sociale”.
La gestione del potere, sempre secondo Günther Anders, passerà da un sistema repressivo e violento ad un sistema subdolo basato su una “ridicolizzazione dell’esistenza”.
Una esistenza che si sviluppa intorno ad “una leggerezza che annulla tutto ciò che ha un valore elevato”.
Ed oggi siamo nell’era di “pornohub” i cui video ridicolizzano e rendono parossistico il momento sessuale portando all’annichilamento per paura della prestazione il desiderio sessuale dei più giovani.
Günther Anders parla “dell’euforia della pubblicità come standard della felicità umana e modello della libertà”.
Pubblicità come strumento di indottrinamento sociale subliminale e non più strumento di “consiglio” per gli acquisti.
Tutto questo secondo la teoria del filosofo “creerà un modello integrato ove l’unica paura sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità”.
A me, sempre “cittadino semplice”, sembra tutto questo esattamente quello che stiamo vivendo oggi.
Il filosofo parla di “uomo di massa prodotto in questo modo che dovrà essere trattato come un vitello e monitorato come in un gregge” e continua con “tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale, tutto ciò che potrebbe causare il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto”.
“Ogni dottrina che metta in discussione il sistema deve prima essere additata come sovversiva e terrorista e a seguire coloro che la sostengono dovranno essere trattati come tali”. Messi in prigione, prigione come strumento di discredito sociale.
Da Trump a Günther Anders a voi che mi onorate nel leggermi le vostre libere conclusioni.
Ignoto Uno
25/08/2023
Da Gaber ai giorni nostri. Cultura ed informazione …. pilastri di una Nazione
Il filosofo del fine ‘800 Bertrand Russell disse che “la causa principale del mondo di oggi sono gli stupidi strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.
In questi anni questo aforisma mi torna in mente quotidianamente. Per esempio allorquando cerco di comprendere quanto accade nella società civile di cui faccio parte attraverso le trasmissioni televisive di “approfondimento politico”.
In esse illustri accademici, opinionisti, tuttologi e giornalisti si esercitano nell’esprimere le loro certezze. Certezze che vengono assai spesso espresse con il tono di chi, devastato da un ego oltremisura, si sente nel diritto di esprimere il suo pensiero come “unico pensiero accettabile”.
Ringraziando per avermi reso partecipe delle loro certezze, cambio canale e cerco un bel film oppure chiudo la televisione e mi immergo nei miei dubbi da “cittadino semplice” ed inizio a leggere per cercare in confronto con idee diverse, cercare, attraverso il dubbio, il sapere.
Il “dubbio”, il più potente motore verso la conoscenza oggi da molti rottamato a favore della “certezza”.
In fondo è facile darsi ragione da soli.
Ragionando sulla nostra società occidentale, non solo italiana, tante le domande che causano movimento a quei due neuroni che il mio cervello da “cittadino semplice” e non da “opinionista” possiede.
Siamo ancora sicuri, per esempio, che rappresentare l’emiciclo del parlamento in “destra”, “centro” e “sinistra” sia ancora un modo che permette di definire cultura, valori e tradizioni distintivi e contrapposti fra due aree culturali ed ideologiche distinte della nazione?
Mi scuseranno coloro che dedicano tempo alla mia lettura, ma dato quel che si sente nelle trasmissioni di analisi politica e nel web, vista la pochezza culturale che troppo spesso si può notare, preso atto della faziosità che assai spesso dobbiamo sentire sia nei commenti dei cosiddetti opinionisti che degli accademici invitati, credo necessario prima permettere a me stesso di definire attraverso la ricerca sui, oramai assai poco apprezzati, testi sacri, il significato intrinseco delle parole.
Parole chiave quali “nazione” e “Patria” per esempio.
Quale la definizione, infatti, di “nazione”? Essa, in diritto, è la “comunità di individui legati, all'interno di un territorio, da comuni vincoli di natura etnica, linguistica, culturale e sociale”.
Nel leggere questa semplice, e totalmente consolidata, definizione di “nazione” mi accorgo che molte “opinioni”, vendute con il tono stentoreo della “certezza” e non con l’umiltà del “dubbio” socratico, quello di chi “sa di non sapere”, sono basate su una cultura labile a cui si unisce, troppo spesso, un ego smisurato.
Utile ribadirlo, assai spesso, chi, “cittadino semplice ed umile” come me, ha la mania dell’approfondimento si accorge della pochezza di chi, da quello che non è più un tubo catodico ma un “manipolatore a distanza del pensiero collettivo” vuole “dirigere” il pensiero dei molti attraverso “affermazioni spesso apodittiche” ripetute come un mantra, ovviamente senza contraddittorio.
Quale la definizione di Patria? Il Treccani, come sempre, ci aiuta.
Ogni tanto io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo perché questo volume così facile da compulsare sia così tanto bistrattato da chi si sente “proprietario” del “sapere”.
La definizione di “Patria” è “Il territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni”.
Il primo elemento che risulta essere indispensabile per appartenere ad un “popolo” facente parte di una “Patria” è, appunto, sentire di volerne fare parte aderendo, quantomeno, al percorso storico ed alle tradizioni di quel popolo. “Lingua, cultura, storia e tradizioni” recita la definizione.
Vi sarebbe, questo sì legge in diritto, anche il tema della “etnia”, elemento che apre ai ragionamenti sui “cambiamenti sociali”. Utile sarebbe “ragionare”, divisivo “imporre” e le “divisioni” portano sempre agli “scontri”.
Per comprendere questo, utile approfondire il pensiero di Giovan Battista Vico ma, forse, per i tuttologi di oggi questa ricerca è troppo faticosa.
Esattamente da queste definizioni e dalla conoscenza del pensiero di Vico, sembrerebbe, almeno ad un “cittadino semplice” come me, che sarebbe interessante poter assistere a dibattiti equilibrati ove le diverse posizioni abbiano eguale diritto di rappresentazione con il fine di raggiungere mediazioni e rispetto reciproco, ma, purtroppo, siamo nel mondo del “pensiero unico” e, fatto ancora più devastante, siamo nell’era del “pensiero piccolo”. Pensiero corto, quello adatto per i social.
Interessante in questo ragionamento, almeno per chi si sente un umile “cittadino semplice” inadeguato a proferire parole definitive ed erga omnes, senza pensare di poter essere un “costituzionalista”, almeno leggere come la nostra Costituzione tratti i temi di Patria e Nazione.
Termini, purtroppo mi sento di temere che a qualcuno oggi sfugga, che esprimono concetti e valori costituzionali.
Ebbene l’art. 52 recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino“.
“Difesa della Patria” recita la costituzione. Mi chiedo, io sempre “cittadino semplice”, se il concetto di “difesa” debba essere interpretato esclusivamente nel senso di “tutela dei confini” o allargato a “tutela dei valori e delle tradizioni”.
In aiuto nella ricerca della risposta, sempre nel dettato costituzionale, trovo l’articolo 9 che nell’affrontare i doveri della “Nazione” recita che la Repubblica “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione“.
Tutela il “patrimonio storico ed artistico” cioè le tradizioni e la cultura su cui abbiamo costruito la nostra casa comune, la nostra amata Patria, l’Italia unita ed indivisibile.
L’articolo 67 tocca un altro elemento determinante la vita repubblicana della Nazione allorquando recita che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“ a cui sarebbe assai utile ricordare che l’articolo 98 che recita ”I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione“.
La nostra Repubblica, il nostro sistema democratico, si basa su questo.
Nel sentire le affermazioni dei rappresentanti del popolo italiano, degli opinionisti, dei tuttologi, di molti cattedratici che allargano il loro “sapere” ad ogni argomento, addirittura, più recentemente, ai critici televisivi che si cimentano in analisi sociologiche e costituzionali, devo, i “cittadino semplice” con la sola certezza di “sapere di non sapere” e colmo di “dubbi”, auspicare di poter presto vedere un “mondo migliore”, magari quello che tratteggia un grande, lui sì, poeta come Giorgio Gaber quanto scriveva: “E non riesco a trovar le parole
per chiarire a me stesso e anche al mondo cos’è che fa male”, o anche “Mi fanno male quelli che si credono di essere il centro del mondo, e non sanno che al centro del mondo ci sono io”
Gaber continuava con “Mi fanno male, quelli che sanno tutto... e prima o poi te lo dicono”, “Mi fa male il futuro dell’Italia, dell’Europa, del mondo. Mi fa male l’immanente destino del pianeta terra minacciato dal grande buco nell’ozono, dall’effetto serra e da tutte quelle tragedie planetarie, che al momento poi, a dir la verità, non mi fanno mica tanto male”.
Diceva ancora “Mi fa male l’ignoranza, sia quella di andata che quella di ritorno”, “Mi fa male la scuola privata, ma anche quella pubblica non scherza, nonostante che il Ministero della Pubblica Istruzione abbia 1.200.000 dipendenti. Numericamente nel mondo, l’ente é secondo soltanto all’esercito americano”.
Parlando di media continuava con “non mi fa male la libertà di stampa. Mi fa male la stampa. Mi fa male che qualcuno creda ancora che i giornalisti si occupino di informare la gente. I giornalisti, che vergogna! Cosa mettiamo oggi in prima pagina? Ma sì, un po’ di bambini stuprati. E’ un periodo che funzionano. Mi fanno male le loro facce presuntuose e spudorate, facce libere e indipendenti ma estremamente rispettose dei loro padroni, padroncini, facce da grandi missionari dell’informazione, che il giorno dopo guardano l’indice d’ascolto …… Questi coraggiosi leccaculo travestiti da ribelli. E’ questa libertà di informazione che mi fa vomitare”.
Sulle ONG Gaber aveva questa opinione “Mi fa male, quando mi suonano il campanello di casa e mi chiedono di firmare per la pace nel mondo, per le foreste dell’Amazzonia, per le balene del Pacifico. E poi mi chiedono un piccolo contributo, offerta libera, soldi, tanti soldi per le varie ricerche, per la vivisezione, per il terremoto nelle Filippine, per le suore del Nicaragua, per la difesa del canguro australiano. Devo fare tutto io!”.
Sulla sanità ci diceva, ed io “cittadino semplice” mi chiedo cosa è cambiato in questi trenta anni, “Mi fa male quando mi sento male.
Mi fa male che in un ospedale pubblico per fare una TAC ci vogliano in media sette mesi” e continuava “Mi fa male, anzi mi fa schifo chi specula sulla vita della gente. Mi fanno male quelli che dicono che gli uomini sono tutti uguali”.
Suo salari si chiedeva “Mi fa male che a parità di industriali stramiliardari, un operaio tedesco guadagna 2.800.000 lire al mese, e uno italiano 1.400.000. Ma, l’altro 1.400.000 dov’è che va a finire?” E si rispondeva “Allo Stato, che ne ha così bisogno”.
Sulle tasse Gaber diceva “Mi fa male che tra imposte dirette e indirette un italiano medio paghi, giustamente per carità, un carico di tributi tale che, se nel Medioevo, le guardie del re l’avessero chiesto ai contadini, sarebbero state accolte a secchiate di merda”.
Sul debito pubblico notava “Mi fa male che l’Italia, cioè voi, cioè io, siamo riusciti ad avere, non si sa bene come, due milioni di miliardi di debito. Eh si sa, un vestitino oggi, un orologino domani, basta distrarsi un attimo... e si va sotto di due milioni di miliardi”, lui cantava “in lire” al tempo!
Sulla giustizia “Mi fa male la violenza. Mi fa male la sopraffazione, la prepotenza, l’ingiustizia. A dir la verità mi fa male anche la giustizia. Un paese che ha una giustizia come la nostra, non sarà mai un paese civile. Io personalmente, piuttosto di avere a che fare con la giustizia preferisco essere truffato, imbrogliato, insultato, e al limite anche un po’ sodomizzato”, questo cantava il grande Gaber ai tempi della lira, cosa è cambiato nel frattempo?
“Mi fanno male le facce dei collaboratori di giustizia, dei pentiti... degli infami, insomma, che dopo aver ammazzato uomini donne e bambini, fanno l’atto di dolore... tre Pater, Ave e Gloria e chi s’é visto s’é visto. Mi fa male che tutto sia mafia” questo notava Gaber.
Sulle “guerre” la vedeva così “Mi fa male che in Bosnia, non ci sia il petrolio. Mi fa male chi crede che le guerre si facciano per ragioni umanitarie. Mi fa male anche chi muore in Somalia, in Ruanda, in Palestina, in Cecenia. Mi fa male chi muore”.
“Mi fa male chi dice, che gli fa male chi muore, e fa finta di niente sul traffico delle armi, che é uno dei pilastri su cui si basa il nostro amato benessere”.
“Mi fa male qualsiasi tipo di potere, quello conosciuto ma anche quello sconosciuto, sotterraneo, che poi é il vero potere” questo ci diceva per fare riflettere noi “cittadini semplici” un grande poeta moderno come Giorgio Gaber.
Da “cittadino semplice” consiglio di leggerla tutta questa poesia del “poeta di sinistra” Giorgio Gaber.
Io ne ho voluto riportare solo alcune parti, quelle che a me, magari non a voi, hanno colpito di più, soprattutto notando che quando Gaber scrisse queste parole vi erano ancora con le lire!
Ignoto Uno
23/08/2023
Riflessioni sulla destituzione del Generale Vannacci
“Il generale Roberto Vannacci è stato destituito dal Comando dell'Istituto Geografico Militare di Firenze. Lo hanno deciso i vertici dell'Esercito all'indomani delle polemiche esplose per le frasi definite razziste e contenute nel libro scritto dal generale stesso” questo recita una nota.
Io, “cittadino semplice”, posso sommessamente chiedere se chi ha preso questa decisione lo ha fatto sull’onda di “polemiche esplose” o a fronte di una “lettura attenta” del libro scritto da questo alto servitore dello Stato?
Io, sempre “cittadino semplice”, uno fra tanti visto che questo libro in Italia sta divenendo un vero e proprio best seller come parrebbe dalle vendite dichiarate da Amazon, ho voluto “approfondire” ed ho letto “Il mondo al contrario”.
Strenna che, sin dalle prime righe, si posiziona con queste parole “Il titolo la dice lunga sul tenore e sui contenuti di questo libro. “Il Mondo al contrario” vuole infatti provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità”.
La prefazione continua con “la circostanza anomala è rappresentata dal fatto che questo sgradevole sentimento di inadeguatezza non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo. Alieni che vagheggiano nel presente avendo l’impressione di non poterne modificare la quotidianità e che vivono in un ambiente governato da abitudini, leggi e principi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati”.
Lette queste poche righe mi sono, io “cittadino semplice”, sentito esattamente uno di coloro che si sentono “inadeguati” e che, abituato a leggi e principi “ben diversi”, sto cercando di capire se sia io divenuto “minoranza” o siano altri divenuti “usurpatori” in questo sistema socio politico economico che chiamiamo “Italia democratica”.
A questo punto, preso atto della dichiarazione del ministro della difesa Guido Crosetto che recita “Non utilizzate le farneticazioni personali di un Generale in servizio per polemizzare con la Difesa e le Forze Armate. Il Gen. Vannacci ha espresso opinioni che screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione.
Per questo sarà avviato dalla Difesa l’esame disciplinare previsto”, ho ritenuto assai interessante approfondire il concetto di “opinione” e comprendere quando la stessa possa recare “discredito” ad una Istituzione.
Interessante, inoltre, comprendere la differenza fra “farneticazione” ed “opinione”.
Per, infine, cercare di definire chi abbia il ruolo per dichiarare una “opinione altrui” farneticante.
Da “cittadino semplice” ho aperto un sacro testo, Il Treccani, ed ho acquisito la definizione di “opinione”.
Essa recita “Concetto che una o più persone si formano riguardo a particolari fatti, fenomeni, manifestazioni, quando, mancando un criterio di certezza assoluta per giudicare della loro natura si propone un’interpretazione personale che si ritiene esatta”
“io la penso così” si sente spesso dire nelle nazioni democratiche allorquando la propria opinione “ha senso più vicino a convinzione, principio, soprattutto in materia morale, religiosa, politica, sociale” questo possiamo ancora leggere sempre sul Treccani.
“Avere il coraggio delle proprie opinioni, sostenerle a viso aperto e comportarsi in modo coerente con esse” lèggiamo sempre su questo utile libro, oggi facilmente compulsabile anche digitalmente, che ci riporta alla memoria che i “reati di opinione” sono “una categoria di reati che comprende gran parte dei delitti contro la personalità dello stato con particolare riferimento ai reati di propaganda e apologia sovversiva, nonché di vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali”.
Il Treccani ci ricorda che esiste il concetto di “opinione corrente”, “dominante” che rappresentano “l’atteggiamento ideologico, politico, morale, prevalente in un determinato momento storico”.
Era, permettetemi una provocazione, “opinione dominante” nell’Italia delle leggi razziali che il popolo ebraico fosse da deportare, questo diceva chi governava le Istituzioni al tempo. Per fortuna della dignità della nazione vi era chi aveva una “opinione” diversa e li aiutava a fuggire dalla morte.
Molti gli italiani al tempo che, per paura delle conseguenze, rimanevano attoniti ma silenti, alcuni, i migliori diciamo oggi, combatterono per difendere le proprie “opinioni”.
Questi, con l’aiuto degli alleati, alla fine vinsero e li onoriamo come “eroi partigiani”, avessero perso oggi li continueremmo a denominare come i fascisti ed i nazzisti li definivano al tempo “banditi”.
Io, “cittadino semplice”, posso arrivare a pensare che, nell’era dei media che dominano il pensiero delle masse, li avrei potuti vedere denominati “farneticanti”.
Sempre dal sacro libro, il Treccani, posso comprendere il significato proprio di “farneticazione”.
“Ragionamento sconclusionato, fantasia, immaginazione di chi farnetica” recita il libro.
Non posso che chiedermi chi abbia il diritto in un sistema democratico di dichiarare una affermazione politica portata nell’agorà attraverso la forma più chiara quale è una argomentazione attraverso un libro, “farneticante”, ovviamente senza argomentare detta posizione.
Non posso che chiedermi quale scelta dovrebbe compiere chi si è assunto il ruolo di stroncare il pensiero altrui nel caso dovesse comprendere che, neanche tanto celatamente, una democraticamente ampia fetta di cittadini si rispecchiano in buona parte dei concetti espressi dal generale nel suo libro.
Per esempio io, “cittadino semplice ma assai libero pensante”, cittadino che non ha paura di esprimere le proprie “opinioni”, nel leggere il capitolo sulla “famiglia” non trovo nulla di “farneticante” allorquando comprendo che in esso vi è una difesa strenua della cosiddetta “famiglia tradizionale”, esattamente quella da cui provengo anche io.
“Sono figlio di una famiglia tradizionale: un padre che lavorava e che spesso non era presente proprio per motivi legati alla sua professione e una madre casalinga che, quasi da sola, si è occupata di tutte le faccende domestiche e ha allevato, cresciuto e seguito me e i miei due fratelli sino alla nostra maggiore età”.
Questo scrive il generale,ed in queste parole si comprende il suo rammarico nel vedere la distruzione di quella che, non a caso, tuttora, viene definita “famiglia tradizionale”, cioè parte di una “tradizione”, tradizione che contiene “valori” che portarono la nostra Patria al boom economico.
Oggi le signore del gentil sesso lavorano, nulla di male in questo, anzi. Credere, però, che una famiglia sia composta da un “padre” ed una “madre” non è “farneticazione”, è pensiero di una maggioranza troppo spesso silenziosa perché spaventata e non tutelata allorquando cerca di esprimere la propria opinione.
Che il signor ministro accetti la mia “farneticazione”, più o meno come i partigiani che cercavano di “combattere” i fascisti con i “giornali clandestini”.
Io, nell’utilizzare il mio libero diritto di pensare, condivido il desiderio di tutelare quel modello sociale, in cui anche io sono cresciuto e mi sono formato, che si legge nelle parole del generale Vannacci quando scrive “la bellezza di un nucleo familiare tradizionale in cui uno dei genitori, generalmente la madre, si è essenzialmente preso cura della famiglia, anche senza rinunciare al lavoro, e l’altro si è occupato primariamente del sostegno economico pur condividendo, quando poteva, la vita e i bellissimi momenti del focolare domestico”
Io mi schiero con il generale allorquando definisce quel modello “una istituzione vincente, dunque, sicuramente perfettibile, come tutto, ma indubbiamente e oggettivamente efficace” conseguentemente memore del detto “squadra che vince non si cambia” anche io, sempre “cittadino semplice”, mi stupisco degli “attacchi e delle critiche a cui la famiglia tradizionale è stata sottoposta negli ultimi cinquanta anni da una moltitudine di soggetti che propongono modelli diversi, a volte originali e stravaganti, che dovrebbero soppiantare un’istituzione che invece, per secoli, si è dimostrata più che all’altezza del proprio compito”.
Cosa di “farneticante” in questo mio “punto di vista”, opinione per l’appunto?
Cosa di “farneticante” se si vive con profondo disagio i tentativi politici, fatto da non confondere con le private abitudini sessuali, dei movimenti lgbtq+ che “introducono il concetto di fluidità sessuale, di percezione del sesso e di transgender e che classificano come famiglia l’unione tra due persone di sesso uguale o, non importa quale sesso, anzi, il sesso non esiste è solo una percezione”?
Non è “farneticazione” rimanere dell’idea che per milioni di anni l’ Homo Sapiens ha garantito la sua sopravvivenza e la sua crescita attraverso un essere umano di sesso maschile che formava coppia stabile con un essere umano di sesso femminile con il fine della procreazione, e conseguentemente mantenimento in vita della specie, e della sua formazione.
Non è “farneticazione” dichiarare che questo principio va tutelato.
Questa non è “omofobia”.
Sempre il Treccani definisce l’omofobia come “atteggiamento di condanna dell’omosessualità”.
Non vi è nessuna “condanna” nel ritenere che la “famiglia” sia composta da un uomo ed una donna e che una “Unione”, basata anche essa sull’amore, possa essere senza nessun problema, anzi con le dovute tutele di diritto, parte del sistema socio politico economico e composta anche da persone dello stesso sesso.
Questo “pensiero” non è “farneticazione”, dovrebbe essere, e lo è stato per migliaia di anni, una “ovvietà” che precede il pensiero politico, ma nel mondo di oggi è divenuto argomento dell’agenda politica, noi “cittadini semplici” che siamo ancora ancorati ad un pensiero “tradizionale” accettiamo, anzi aneliamo, il confronto paritetico con chi, “cittadino semplice o potente” di “opinione” diversa, voglia argomentare, accettando il confronto nell’argomentazione,la sua diversa “opinione”.
Quello che non accettiamo è di essere definiti, oltraggiati, umiliati, derisi, sempre senza contraddittorio, come “farneticanti”.
Il libro del Generale Roberto Vannacci rappresenta solo un punto di vista, non oltraggia lo Stato, può essere condiviso integralmente o in alcune sue parti, caso che mi annovera, ma apre un dibattito in una libera democrazia.
L’aver deferito e destituito questo alto servitore dello Stato per questa “causa” ricorda a me, sempre “cittadino semplice”, quel “punirne uno per educarne cento”, famosa affermazione e linea guida della Rivoluzione Culturale cinese, quella, però, è una dittatura non una Repubblica.
Deferire e destituire il generale Roberto Vannacci vuole, forse, lanciare questo di messaggio?
Io “cittadino semplice” non voglio e non posso crederlo, sarebbe proprio troppo per chi ama la Costituzione garante della nostra amata Patria.
"Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!" scrive il generale nel suo libro. Quante volte ognuno di noi si è sentito apostrofare con un “non sei normale” a causa di un nostro comportamento all’interno di un gruppo sociale?
Questa la mia “interpretazione” del linguaggio usato dal generale in quel passaggio. Forse poteva argomentare con più accuratezza, soprattutto doveva ricordare che oggi il “pensiero unico” va di moda e da quello bisogna tutelarsi per evitare l’ostracismo. Certamente non voleva essere “razzista”.
Per capirlo, però, va letto tutto il libro, magari raffinando la propria maieutica nel leggerlo.
Se, poi, dichiarare che esiste una “lobby Gay”, o LGTBQ+ che dir si voglia, è “farneticazione”, sempre sommessamente e sempre da “cittadino semplice”, mi permetto di far notare che, proprio nel diritto del libero pensiero democratico, esistono formali libere associazioni che tutelano e trattano i cosiddetti “diritti LGTBQ+”, questo a casa di noi “cittadini semplici” si chiama “lobby”.
Infine, al fine di aiutare chi cerca la verità nelle parole e non la strumentalizzazione, queste alcune frasi in queste ore del Generale Vannacci “Se questa è l’era dei diritti allora, come lo fece Oriana Fallaci, rivendico a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute".
Nei “toni e nelle maniere dovute”, il diritto di parola è uno di quelli,l’ostracismo no.
Ignoto Uno
20/08/2023
Riflessioni agostane. Zelensky siamo sicuri che abbia fatto il bene del suo popolo?
Il presidente ucraino Zelensky ha recentemente dichiarato che “174.000 km² di territorio ucraino sono coperti di mine ed ordigni bellici inesplosi”.
Un “cittadino semplice” come me si chiede se questa tragedia, se questo portato di morte e dolore, se gli odii che ha causato e che rimarranno per chissà quanti anni, potevano essere evitati.
Un popolo, quello ucraino, ha subito la devastazione della propria vita, della propria nazione, del proprio futuro all’interno della propria patria.
L’Ucraina si sviluppa su una estesa di 603.628 km², un terzo oggi inutilizzabile perché disseminato di ordigni inesplosi.
Nel 2021, prima del conflitto, vi vivevano 43,79 milioni di persone ed oggi ha un PIL intorno ai 150 miliardi di euro, con la guerra ridotto almeno di un terzo rispetto a prima della pandemia da COVID e una inflazione che è volata sopra il 26%.
L’ultimo report della Banca mondiale stima in 252 miliardi le perdite per la chiusura delle attività in Ucraina, in particolare a causa del crollo delle attività in agricoltura, prima della guerra asset strategico della nazione.
Tutto questo pur se l’occidente sta supportando l’economia del paese con aiuti estremamente rilevanti.
Ufficialmente l’amministrazione Biden ha inviato liquidità per 40,4 miliardi, in totale gli Stati Uniti hanno deliberato costi direttamente collegati alla guerra in terra di Ucraina sopra i 200 miliardi. Ovviamente, a questi, vanno sommati i costi per le azioni a favore del governo Zelensky degli Stati Europei.
Tutti questi sforzi per piegare una superpotenza quale la Federazione Russa che nulla altro chiedeva se non di vedere l’Ucraina come “Stato cuscinetto” e non membro NATO e dell’Europa.
Come non notare che le tensioni nello scenario ucraino furono fortemente ridotte durante l’amministrazione Trump mentre si arrivò ad un passo dalla guerra già durante il secondo mandato Obama? Guerra che è esplosa con l’amministrazione Biden.
Oggi l’Ucraina è devastata, praticamente un terzo del Paese è, e sarà, inutilizzabile per chissà quanti lustri dopo che finirà questa assai evitabile guerra.
Un drammatico conflitto che trova origine nel 2014, in piena “era Obama”, nelle province che vedevano una forte presenza di comunità russofone. Gli ucraini anti russofoni li volevano “estirpare” da quei territori.
Al tempo, però, i media occidentali rimanevano silenti e le cancellerie si giravano dall’altra parte.
In un anno e mezzo l’Ucraina non esiste praticamente più.
Territorio distrutto, un popolo esule che vede solo anziani e coscritti al suo interno. La stragrande maggioranza di giovani donne ed i loro bambini all’estero, molte oramai vedove, e senza possibilità di rientrare nella propria patria per chissà quanti anni. Nel frattempo, fatto molto probabile, si saranno rifatte una vita, i loro bambini si saranno inseriti nelle comunità che li hanno accolti, e potrebbero decidere di tornare nella loro Ucraina solo per portare un fiore ai loro defunti.
Ucraini ed ucraini di origine russa che, sin dalle azioni naziste finalizzate a sradicare i russofoni dalle province di confine con la Federazione Russa, hanno iniziato un percorso di odio reciproco che, a noi “cittadini semplici”, ci porta alla memoria l’odio fra i popoli dei campi palestinesi in medio oriente.
Questo il risultato di una guerra che poteva essere evitata semplicemente rispettando le logiche condivise dal presidente Statunitense Reagan con l’allora leader sovietico Gorbachev negli incontri di Malta, Ginevra e Reykjavik.
L’occidente, per ingordigia e mancanza assoluta di lungimiranza, ha distrutto un popolo e la sua terra molto di più che la volontà imperialistica di Putin.
Al netto delle roboanti affermazioni di vittoria dei media occidentali, quale il futuro reale dell’Ucraina?
Sempre al netto delle medesime roboanti affermazioni dei media occidentali, quale lo scenario globale che ha causato questa evitabilissima guerra in terra di Ucraina?
La risposta di un “cittadino semplice” come me molto più amante della lettura profonda e dell’analisi autonoma dei dati attraverso la cultura del dubbio che della rincorsa delle notizie sui vari media, social o non che siano, è che gli Stati Uniti sono sempre più deboli sia politicamente che economicamente, e che l’Europa è oramai invisibile sui tavoli mondiali.
Una Europa devastata al suo interno e prona ad “interessi” che vengono da assai lontano.
Contemporaneamente, sempre noi “cittadini semplici”, notiamo con viva preoccupazione come la Cina sia pronta a “prendersi” Taiwan e come la Federazione Russa sia sempre più visibilmente presente e dominante in Africa.
Quando avremo la fortuna di poter osservare una Europa che, superati con un sol balzo i tavoli ove si parla di “gender” e di “cambiamento climatico”, riprenda a svolgere un ruolo autonomo in politica estera potendo, così, incidere sui processi globali che determineranno il futuro del dopo Yalta?
Che tristezza per noi “cittadini semplici” che abbiamo letto ed amato Altiero Spinelli notare tanta inconsistenza mischiata a tanta propaganda.
La guerra in terra di Ucraina ha distrutto l’occidente molto più che la Federazione Russa che, a dire il vero, sembra assai più stabile di quello che i soliti media ci vogliono far comprendere.
Come non prendere atto che gli Stati Uniti sono stati declassati dalle principali agenzie di rating mentre l’Europa è sempre più povera?
È tempo di un reale cambio di passo e di real politique.
Tutto l’occidente non può più accettare questa inutile guerra che crea solo morte, dolore e povertà in tutto il continente.
I tempi di “bella ciao” sono passati e noi “cittadini semplici” vorremmo essere certi che non debbano tornare.
Qualcuno si prenda l’onere di spiegare a Zelensky che “bella ciao” è il passato anche da lui, che le sue scelte politiche hanno già causato gravi conseguenze per il suo popolo e per il futuro della sua nazione e che è, anche per lui, arrivato il tempo della “real politique”.
Forse non è troppo tardi per tornare alla idea di Reagan e Gorbachev degli Stati cuscinetto.
Ignoto Uno
15/08/2023
“Cambiamento climatico”, anzi “emergenza”, ma solo in Europa
“Cambiamento climatico”, linguaggio troppo blando, oggi l’ordine è di indurire i toni, conseguentemente l’ONU alza il livello di “ansia della comunicazione” e usa il vocabolo “emergenza”.
“Emergenza” che, però, parrebbe riguardare esclusivamente l’Europa.
Solo in Europa, infatti, vengono poste in essere “direttive” che, esclusivamente finalizzate ad abbattere l’inquinamento da fossili, hanno come conseguenza diretta quella di “abbattere” di un nulla l’inquinamento globale, banalmente perché l’Europa produce inquinamento da fossili per circa il 7,5% del totale mondiale, ma, allo stesso tempo, “disintegrano” il sistema economico produttivo europeo a tutto favore di quello di altre parti del mondo.
L’ONU da ormai molto tempo si occupa di tutto al di fuori del proprio compito più importante che è quello di mantenere la pace nel mondo.
I conflitti in corso, infatti, oggi sono ben 59, non solo quello in terra di Ucraina, suddivisi in tre categorie. Quelli definiti “mondiali”, i “regionali” ed i “locali”. Tutti causano vittime e povertà.
L’azione del ONU su questo piano non può che essere definita fallimentare, se non totalmente inutile, tanto è vero che le Nazioni Unite hanno completamente perso il ruolo di facilitatore, mediatore, della pace nei conflitti.
Certamente vi sono dei motivi che causano questo, ma a noi “cittadini semplici” interessa il risultato. E il risultato è ridicolo sul piano del contenimento globale della riduzione di inquinamento da idrocarburi e devastante sul piano socio economico per le famiglie europee.
Probabilmente sarebbe più utile iniziare con l’eliminare certi “carrozzoni” assai dispendiosi e poco efficienti quali l’ONU, e molte sue agenzie, e pensare ad un corpo intermedio apicale nuovo, più snello e focalizzato a garantire equilibri di pace in tutti i continenti del nostro pianeta.
Al netto di queste considerazioni non può non essere preso che in seria considerazione il documento che in data 30 luglio ha emanato l’ONU stesso in ordine al tema delle emissioni di gas serra di origine umana alimentate dalla nostra dipendenza dai combustibili fossili.
In esso vi è scritto che dette emissioni “stanno provocando il caos sul pianeta”. Linguaggio “ansiogenò” a cui siamo oramai avvezzi dopo il momento pandemico.
Affermazione a dire il vero assai forte, forse mal tarata, soprattutto se tende a far passare il concetto che la cosiddetta “emergenza climatica” sia dovuta pressoché esclusivamente all’inquinamento da idrocarburi.
Il “cambiamento climatico” esiste ma, secondo molti scienziati meno intervistati di quelli che sono portatori della tesi avversa, ha molte origini e non solo le eccessive emissioni di CO2.
Questo, però, non toglie il dovere degli esseri umani tutti di ridurre drasticamente queste emissioni, ovviamente senza, a causa di questa scelta, peggiorare drasticamente la qualità della vita di noi tutti.
Fatto che, in primis, richiede il mantenimento inalterato dei megawatt prodotti al fine di garantire in pieno esercizio servizi e sistema industriale di ogni singola nazione, la nostra amata Italia prima fra tutti, oltre alla qualità della vita delle famiglie.
Tutto questo senza un incremento dei costi, anzi con una riduzione degli stessi al fine di permettere una più elevata competitività.
L’ONU nel suo documento dichiara che nel prossimo decennio è “imperativo smettere subito di usare i combustibili fossili, avviare e finanziare politiche di adattamento, soprattutto per le aree più vulnerabili, e dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030”.
Interessantissimo, altrettanto interessante sarebbe poter leggere come l’ONU propone di farlo.
Saprà l’ONU chiedere a Cina e Stati Uniti di compiere senza indugio ogni azione finalizzata a raggiungere questo importante obiettivo?
Le tonnellate di CO2 emesse in un anno dalla Cina sono, infatti, 9.838.754.027, quelle degli Stati Uniti 5.269.529.513. L’Italia ne emette 355.454.172.
Facile comprendere come, senza una drastica azione sulla produzione di inquinanti fossili di Cina e Stati Uniti, ogni azione europea ed italiana non potrà che rappresentare un granello di sabbia nel deserto.
Peccato che politiche non attente a commisurare gli impatti ambientali con quelli socio economici causeranno tanta povertà nella nostra amata Patria e incremento di ricchezza altrove.
Ignoto Uno
01/08/2023
La forza del ….. dubbio
Socrate, filosofo greco spesso sulla bocca di molti, fu il primo a ragionare sulla cultura del dubbio come strumento per scardinare le “certezze” basate su affermazioni dei cosiddetti “sapienti” ma, al contempo, totalmente apodittiche.
Un “dubbio” basato sulla volontà della conoscenza, non scettico o assoluto, tantomeno negazionista.
Un “dubbio” colto, pronto ad accettare le affermazioni dei sapienti se risolto da risposte concrete basate sul confronto nella maieutica.
Un “dubbio” di un essere umano che “sa di non sapere” e, proprio attraverso questo atteggiamento “umile”, impedisce a coloro che attraverso “l’arroganza” impongono una “certezza” basata su ignoranza o interesse di “comandare”.
“Sapere di non sapere” come strumento per avvicinarsi alla “verità”.
Allo stesso tempo le radici della cultura occidentale trovano in Sant’Agostino colui che ci aiuta a riflettere sulle contraddizioni insite nel “dubbio”.
Dubitare non può essere un esercizio senza una motivazione reale per dubitare. Non si può “dubitare” su tutto.
Per paradosso colui che afferma di non avere certezze, cioè l’agnostico, nella sua stessa affermazione dichiara la “certezza” che non possono esistere “certezze”.
Definito questo limite, anche un padre del pensiero cristiano come Sant’Agostino trova nel percorso di ricerca basata sul dubbio lo strumento principe per cercare la “verità”. Verità che si forma sulla consapevolezza del fatto che l’essere umano può “errare” e, conseguentemente, basare le proprie scelte su “illusioni”.
Ragionando sul “dubbio” nel ‘600 troviamo Cartesio che inverte il percorso logico dichiarando che la “verità prende forma dal dubbio”.
“Dubito, quindi sono”, quel sempre menzionato “cogitò, ergo sum”, dice come il “pensiero”, basato sul dubbio, precede la “verita”.
Pensiero nel dubbio come “metodo” per crescere, migliorarsi.
Questo “metodo” è centrale per la crescita scientifica e per la democrazia.
Oggi, nel nostro occidente, tutto questo è spesso dimenticato, superato dalla cultura delle certezze imposte.
Chi non ricorda il “pensiero unico” imposto, non solo attraverso i media ma anche con vessazioni quali limitazioni gravi sul lavoro fino alla perdita del salario, nel periodo COVID?
Certezze oggi, spesso, non più tali nemmeno in chi al tempo le imponeva con toni anche arroganti quando non addirittura feroci.
Come dimenticare le brutali affermazioni utilizzate dagli “scienziati italiani” e dagli “opinionisti” sui media a reti unificate e sempre senza contraddittorio per delegittimare un premio Nobel per la medicina quale Luc Montagnier?
“Scienziati italiani” che oggi, con una certa faccia tosta, hanno superato le loro certezze dichiarando che la “scienza si basa sulla ricerca degli errori”.
Oggi il nostro occidente vive di “etichette”, noi “cittadini semplici” siamo “ingabbiati” da steccati fatti di “etichette” poste dall’alto. Etichette che emarginano chi non le accetta.
Una “emarginazione” tipica dei sistemi totalitari.
“No Vax” è colui che su un determinato vaccino pone dubbi e chiede approfondimenti, peccato che l’etichetta di “No Vax” lascia credere che quel individuo nega l’utilità di tutti i vaccini, non che quello stesso individuo pone un “dubbio” su uno specifico vaccino, oltretutto totalmente nuovo.
Chi reputa che l’umanità si basa sull’uomo e la donna, maschio e femmina in natura, e che i “gender” non sono altro che espressioni di come gli stessi si rappresentano nella società è nell’ intimità, diviene immediatamente qualificato, etichettato, come “omofobo”. Etichetta assai impropria nella stragrande maggioranza dei casi visto che non si comprende perché il dichiarare che in natura un nuovo nato è il frutto dell’unione sessuale fra un uomo ed una donna non contempla nessuna ostilità verso chicchessia, dichiara esclusivamente una “ovvietà”.
Ovvietà che, al contrario di quanto subliminalmente contenuto nell’etichetta di “omofobo”, mantiene intero il desiderio di tutelare un altro essere umano che ha pulsioni sessuali con altri esseri umani dello stesso sesso. Ovviamente nel rispetto sia della consensualità reciproca che della maggiore età, unici elementi che contengono un elemento “politico”, tutto il resto è “intimità”, non “atto sociale”.
Chi sente il desiderio di approfondire i temi legati al clima e reputa, dopo aver molto letto, che lo stesso in natura è in continua evoluzione e che gli esseri umani debbano difendere la natura dall’inquinamento senza, però, far divenire la battaglia contro lo stesso un affare per pochi, viene etichettato come “negazionista”.
Ennesima etichetta fuorviante
Vi sono anche altre “etichette” quali “razzista”, “misogino”, “trumpiano”, “filoputiniano”.
Tutte “etichette” usate come clave da pochi che intendono predeterminare i modelli sociali al fine di conseguire i propri interessi a discapito dei molti.
Praticamente se un essere umano nel nostro occidente non piega la testa viene immediatamente “convinto” con la forma evoluta del “olio di ricino” di fascista memoria, cosa se non quello è “etichettare” chi pone un “dubbio” rispetto al pensiero “dominante”?
Ecco il motivo per cui noi “cittadini semplici” dobbiamo ricuperare la “forza del dubbio”.
Un tempo i nostri avi subirono la tragedia di dover leggere che “il lavoro rende liberi”, oggi noi “cittadini semplici”, loro eredi, dobbiamo avere il coraggio di scrivere a quei “pochi” che “etichettano” i “molti” che il “dubbio rende liberi e, soprattutto, vivi”.
Ignoto Uno
29/07/2023
Apologia di reato …. speriamo sia un fake
Io non riesco veramente a credere che questa immagine possa essere stata veramente postata dal Prof Matteo Bassetti sul suo profilo Facebook.
Io non riesco veramente a credere che questa immagine possa essere stata veramente postata da chicchessia abbia letto anche una sola riga su auschwitz e sulle atrocità che in quel campo furono compiute.
Io non riesco veramente a credere che questa immagine possa essere stata veramente postata da un medico che, se veramente frequenta le corsie del nosocomio di cui lui è direttore di unità complessa, non può che conoscere il dolore della morte e la sofferenza che si può vedere, se si ha una minima sensibilità, negli occhi di coloro che hanno perso un congiunto, un amico, un collega a cui si voleva bene.
Io non riesco veramente a credere che questa immagine possa essere stata veramente postata da una persona adulta e scolarizzata.
Per questo io non riesco a credere che il Prof Matteo Bassetti possa aver postato, in totale capacità di intendere e volere, questa “nefandezza”.
Per questo auspico un suo intervento pubblico in prime time televisivo, magari su In Onda di La7 alle ore 20.30, trasmissione a lui cara, ove possa prendere le distanze da un atto che non posso veramente credere che un uomo, un medico, un direttore ospedaliero, possa aver compiuto.
In detta trasmissione il famoso professore potrà cogliere l’occasione per informarci tutti di aver presentato esposto alla polizia postale al fine di permettere ai magistrati di tutelarlo da una “nefandezza” che, se non compiuta da lui, sarebbe stata compiuta contro di lui.
Se il Prof Matteo Bassetti non prenderà una chiara posizione di totale orrore per questa immagine a lui collegata, ci sarà da chiedersi se la magistratura non dovrà agire per gravi reati da lui commessi e se l’ordine dei medici non dovrà tutelare il buon nome di coloro che tutti i giorni salvano vite umane sospendendolo dal diritto all’esercizio della professione.
Illustrissimo Prof Matteo Bassetti, noi “cittadini semplici”, Vax o No Vax, non possiamo pensare che lei non sia stato già raggiunto dalla polemica che sta montando contro di lei per questa immagine. Lei ha consuetudine con gli studi televisivi e possibilità di chiedere a giornalisti di intervistarla, si difenda da questa “nefandezza” per il suo bene.
Se non lo farà, noi “cittadini semplici” dovremo prendere atto che veramente la sua persona è caduta così in basso da postare quella “nefandezza”, in quel caso il nostro consiglio non potrà che essere di passare più tempo sui libri e meno in televisione.
Ignoto Uno
28/07/2023
Oggi le comiche ….. purtroppo no.
RAI News 24 martedì 25 luglio alle ore 16.53 trasmetteva una “catastrofica” notizia creando il “panico” fra gli operatori economici.
L’ufficio studi di Bankitalia aveva rilasciato un documento in cui si dichiara che “con le temperature così alte il PIL italiano calerà del 9,5% nel 2100”.
Per vostra informazione non mi sono impazzito. RAI News 24 ha dichiarato esattamente “nel 2100”.
Con gli addominali doloranti dal troppo ridere data la idiozia demagogica della notizia e certo che sì trattasse di un refuso, avendo tempo libero da dedicare alla ricerca, sono andato a caccia di fonti che mi permettessero di validare il fatto che si trattasse di un refuso.
Incredulo ho trovato che l’agenzia Ansa riportava integralmente i passaggi del documento incriminato.
Reputo doveroso riportarla integralmente.
“Le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 2°C dall'inizio del secolo scorso con "un impatto negativo sulla crescita del Pil".
Se il trend rimanesse questo, in uno scenario intermedio, con un aumento di temperatura di +1,5°C, il Pil frenerebbe tra il 2,8 e il 9,5 per cento al 2100: è quanto emerge da uno studio della Banca d'Italia sul legame tra temperature e attività economica. Lo studio sottolinea anche che l'incremento nella frequenza di temperature giornaliere superiori a 28°C ha influito negativamente soprattutto sul settore dell'agricoltura ma con effetti negativi registrati anche nell'industria e nei servizi”.
Preso atto che l’ufficio studi della banca centrale italiana dichiara che “il Pil frenerebbe tra il 2,8 e il 9,5 per cento al 2100”, mentre per la Rai calerà (certamente) del 9,5%, io “cittadino semplice” propongo alcune riflessioni.
Se riavvolgiamo, noi “cittadini semplici”, la nostra memoria di 77 anni e cerchiamo di ricordare la nostra Italia nel 1946, ricorderemo una nazione pressoché senza automobili, senza lavatrici e lavastoviglie,senza telefoni nelle case, con la radio ma senza la televisione.
Ricorderemo una nazione che, è ovvio, non aveva i telefoni cellulari ne internet, che viaggia in nave con le valige di cartone per andare a trovare fortuna in America, emigrava in Germania per andare a lavorare nelle miniere. Pagava in lire.
Quale sarà l’Italia del 2100? Qualcuno può escludere che tutto il nostro mondo tecnologico di oggi sarà totalmente desueto tanto quanto quello del 1946 rispetto all’oggi?
Io “cittadino semplice”, un po’ annoiato da questa informazione così incredibilmente incapace di pensare prima di parlare, mi chiedo come possa l’ufficio studi della nostra banca centrale dedicare risorse ad una analisi così insulsa.
Gli “italiani semplici” vorrebbero che qualcuno spiegasse loro quale Italia troveranno i figli fra dieci anni in termini finanziari e di politiche industriali, non come impatta sul PIL il clima nel 2100.
Mi chiedo se noi “italiani semplici” chiediamo troppo a loro che vivono senza timore per il pranzo e la cena in RAI o in Banca d’Italia.
Infine, perché se “l’economia va così bene” l’ABI plaude alla decisione della UE di permettere i “salvataggi preventivi “ delle banche?
Noi “cittadini semplici” vorremmo essere certi che la nostra banca centrale si occupi di questi rischi nel breve e non dei “drammi climatici economici finanziari” del 2100.
Anche perché la stragrande maggioranza di noi sarà già nell’aldilà, possibilmente per motivi anagrafici e non per motivi di povertà.
Ignoto Uno
27/07/2023
Caso Zaki …. Fare, parlare e straparlare
Era il febbraio 2020 quando Patrick Zaki, giovane egiziano iscritto ad un master in “studi di genere”dell'Università di Bologna, fu arrestato a Il Cairo.
Tra le accuse mosse nel mandato d'arresto l'unica che la Procura Suprema per la sicurezza dello Stato ha sostenuto al processo è quella della “diffusione di false notizie dentro e fuori il Paese” attraverso un articolo, a firma di Zaki, pubblicato nel 2019 sul giornale libanese Daraj
Il 18 luglio 2023, all'11esima udienza, Zaki è stato condannato a tre anni di reclusione ed il giorno successivo graziato dal presidente egiziano al-Sisi.
Grazia, lo ha dichiarato lo stesso Al-Sisi, dovuta all’intercessione del governo italiano presieduto dalla premier Meloni. Fatto così chiaro per Al-Sisi da fargli commentare, a dire il vero con un certo sarcasmo, con “pensavo che Zaki fosse amico del governo Meloni” allorquando questi ha deciso di non accettare l’invito del governo italiano a rientrare in Italia con un volo di Stato messogli a disposizione da Palazzo Chigi.
Il governatore della regione Emilia Romagna e presidente del Partito democratico ha commentato la grazia all’attivista egiziano e studente presso l’università di Bologna con queste parole “La destra per anni ha ignorato il caso Zaki e Fratelli d’Italia non ha votato a favore della proposta di dargli la cittadinanza italiana per aumentare il livello di protezione”.
Questa interessante dichiarazione è stata pronunciata durante la due giorni organizzata a Cesena dalla “non corrente del PD”, così si definiscono gli iscritti del PD che non appoggiano pienamente la attuale segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, denominata “Energia popolare”, di cui Bonaccini è il leader.
Il presidente del PD ha sottolineato a tutti i presenti ed alla stampa che "La destra che esulta per la liberazione di Zaki non si era mai vista alle manifestazioni ma adesso cerca di passare per salvatore della patria e strumentalizzare politicamente quello che era già scritto da tempo e un lavorio diplomatico cominciato mentre loro erano ancora all’opposizione”.
Sommessamente io “cittadino semplice” sono lieto se su un caso come questo un governo di destra si spoglia della sua ideologia per proteggere un giovane che ha compiuto esclusivamente reati di opinione pur se, questo risulta evidente da ogni comportamento di Zaki dopo e prima la grazia, lo stesso sia un oppositore dichiarato della cultura proposta dal governo italiano in carica.
Il comportamento della premier Meloni e del ministro Tajani sono apprezzabili banalmente perché “istituzionali”.
Al contrario non si comprende la necessità su un caso “umanitario” come questo di “alzare le proprie bandiere” come Bonaccini ha inteso fare.
Noi “cittadini semplici” vediamo una Italia in grande affanno e ci annoiamo molto nel dover subire questi “teatrini”.
Troppi, ma veramente troppi, i problemi che abbiamo nella nostra personale “agenda di famiglia”.
Siamo contenti per Zaki ma, ci scuseranno i benpensanti, siamo ancor più lieti se si passa ai seguenti argomenti: potere di acquisto delle nostre famiglie e futuro nella nostra amata Patria dei nostri figli.
Ignoto Uno
25/07/2023
Da San Lorenzo a Kiev …. In attesa di un nuovo fronte.
Seconda Guerra Mondiale, 19 luglio 1943, su Roma i B52 americani sganciarono 4.000 bombe.
Bombe che provocarono 3.000 morti e 11.000 feriti nel quadrante orientale della città del cristianesimo e del Colosseo.
Vennero duramente colpiti i quartieri Tiburtino, Prenestino, Casalino, Labicano, Tuscolano, Nomentano e San Lorenzo.
Dei 3.000 morti 717 furono nel solo quartiere di San Lorenzo il più vicino al primario obiettivo dei bombardamenti, lo scalo ferroviario che già al tempo si trovava attaccato alle case .
Quel giorno il Papa PIO XII e il re Emanuele III si precipitarono a San Lorenzo.
Il Papa fu applaudito, il re fischiato.
Oggi viviamo la guerra di Ucraina, una guerra strana e sporca. Certamente evitabile.
I media internazionali occidentali quotidianamente parlano dei bombardamenti delle truppe russe sulle case ucraine.
Parlano di bambini morti, stigmatizzano la distruzione delle città, ne parlano come di “crimini di guerra”. Questi sì, quelli no.
Qual è la differenza fra il bombardamento su Roma di ottant’anni fa o il bombardamento su Berlino che la distrusse completamente di pochi mesi dopo da parte delle truppe alleate ed I bombardamenti di oggi in Ucraina?
Semplicemente uno.
La storia la scrivono i vincitori e la raccontano gli “istituti luce”.
Noi “cittadini semplici” siamo costretti a guardare spesso attoniti ed a tacere perché senza reali strumenti per contare, dire la nostra.
Oggi chi può e sa ascoltare gli uomini del “mondo che non c’è” percepisce il rischio che anche in estremo oriente si avvicini una nuova guerra, una nuova conquista, la creazione di un nuovo popolo sottomesso.
Noi “cittadini semplici” ci sentiamo sempre più annichiliti da un mondo ove noi siamo sempre più spesso insignificanti e questo ci costringe ad essere sempre più preoccupati.
Chissà se, nel caso questa “profezia” dovesse avverarsi, magari presto, i media occidentali troveranno le stesse energie che hanno trovato in questi più di 500 giorni in terra di Ucraina?
Speriamo di non doverlo verificare.
Ignoto Uno
21/07/2023
“Aiutati che Dio ti aiuta”
“Aiutati che Dio ti aiuta”, questo usavano dire i nostri genitori ed i nostri nonni a noi giovani allorquando rappresentavamo loro qualche delusione o qualche insuccesso.
Giovani che hanno avuto la fortuna di essere figli di padri e madri cresciuti in una cultura “pre sessantottina”.
“Aiutati che Dio ti aiuta” significava un coacervo di cose.
Significava che dovevamo impegnarci maggiormente. Significava che non dovevamo aspettare che altri arrivassero a risolvere i nostri problemi. Significava che non dovevamo abbatterci nelle difficoltà. Significava che non dovevamo incolpare altri dei nostri insuccessi.
Oggi la nostra amata Patria sembra vivere in un limbo.
Moltissimi i nostri compatrioti che si comportano come degli “zombi”.
Uomini e donne letteralmente annichiliti davanti alle tante domande che non trovano risposte.
Impauriti, spauriti. Tristi ed inermi.
La causa si può trovare nel fatto che noi “cittadini semplici” viviamo in una strana schizofrenia.
Da un lato i media che raccontano di una Italia che va sempre meglio, sia nel campo economico che geopolitico, dall’altro noi “cittadini semplici” che facciamo sempre più fatica ad arrivare a fine mese pur se abbiamo di molto ridotto la qualità della nostra vita e l’ampiezza delle nostre aspettative.
Allo stesso tempo, chi di noi “cittadini semplici” ha il desiderio dell’approfondimento attraverso la ricerca di dati puri e non di commenti elargiti dai tanti “opinionisti”, lo sconforto di trovare sempre documenti che proprio per nulla affermano che nella nostra amata Italia sta andando tutto bene.
Anzi proprio quei dati ci portano a una continua crescita delle preoccupazioni per il nostro futuro e per quello dei nostri figli.
Da questo, e per questo, molti di noi “cittadini semplici” ci stiamo sempre più chiudendo in una forma di “paura annichilente”.
“Speriamo che passi la tempesta senza che ci colpisca, senza che ci distrugga” questo il pensiero di molti.
“Aiutati che Dio ti aiuta” dicevano i nostri avi, non ci consigliavano di avere “paura”, ma di “agire”. Agire con saggezza e lungimiranza.
Ma qual’e il contesto geopolitico ed economico in cui la nostra Patria si sta muovendo?
Il Centro Studi dell’associazione degli industriali ha recentemente dichiarato che “l’indice complessivo della produzione industriale diminuisce in termini tendenziali del 7,2%” e che aprile è il “quarto mese consecutivo negativo”.
L’ABI, associazione che riunisce le banche italiane, ha informato che le rate di mutui e finanziamenti bancari non pagati raggiunge i 14,9 miliardi di euro e che questo tema vede coinvolte quasi un milione di famiglie italiane.
La Coldiretti ha annunciato “una riduzione di acquisti dei prodotti agricoli, frutta e verdura, da parte delle famiglie italiane superiore al 8%”.
Tutto questo ha più ragioni.
Di certo una è la guerra in Ucraina che dopo più di 500 giorni non trova una soluzione, pur se parrebbe che nei primissimi incontri ad Instanbul fra le delegazioni Russa ed Ucraina, le stesse fossero arrivate ad una ipotesi di accordo.
Accordo che sembrerebbe che il leader ucraino Zelensky non poté firmare per le fortissime pressioni dell’allora Premier britannico Boris Johnonson, probabilmente coadiuvato dalla attuale segreteria di stato statunitense.
Altrettanto certamente è concausa l’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi bancari e la corsa dell'inflazione, tutti fattori legati alle politiche restrittive della BCE che hanno ridotto il reddito disponibile e hanno messo in difficoltà le famiglie in Italia.
Difficoltà con conseguenze anche assai gravi quali, per esempio, quella di rischiare di veder mettere all’asta la propria casa che molti clienti delle banche stanno correndo a causa del fatto che hanno immense difficoltà nel rispettare le scadenze relative ai finanziamenti.
I mutui fondiari deteriorati (quelli le cui ultime tre rate consecutive non sono state onorate) delle famiglie sono arrivati a marzo scorso a 6,8 miliardi con il correlato rischio per le famiglie, come sopra scritto, di perdere la casa e per gli Istituti di credito di avvitarsi in una crisi assai simile a quella legata alla bolla immobiliare del famigerato ‘29.
Sono, invece, 3,7 i miliardi di credito al consumo non rimborsato e 4,3 i miliardi relativi ad arretrati di altri prestiti personali con tutte le conseguenze in termini di pignoramenti che tolgono, fatto che è pressoché un unicum italiano, ogni agibilità finanziaria a chi entra in questo girone infernale.
“Aiutati che Dio ti aiuta” è un magnifico consiglio che riguarda tutti noi, anche chi, pro tempore, è chiamato a governare il nostro popolo.
Premier che è stata votata perché politicamente distante dai suoi predecessori e che solo nelle ultime settimane ha iniziato a dare veri segnali di discontinuità con il passato, soprattutto grazie ad un ministro la cui integrità è da sempre nota alla stragrande maggioranza di noi “cittadini semplici” italiani.
Ministro che ora, con impegno raro, cerca di affrontare e dare risposta a molti dei problemi del sistema della giustizia presenti nella nostra amata Italia.
La nostra premier ha raggiunto l’alto onore di governare il suo popolo perché dichiarava che prima sarebbero venuti gli interessi degli italiani, di nessun altro, solo degli italiani.
Speriamo che acceleri il suo desiderio di dimostrarlo a noi tutti sia in politica economica che in politica estera.
Sarò ottimista, ma se tutti noi “cittadini semplici e non” sapremo applicare con impegno il detto dei nostri avi, la nostra amata Italia potrà velocemente tornare a quei fasti non solo rinascimentali ma anche post seconda guerra mondiale.
Boom economico che certamente ebbe l’aiuto di un “piano Marshall” ma, anche, la spinta di un popolo che aiutava se stesso.
Popolo che ebbe la fortuna di trovare al tempo un grande leader capace di ammettere gli errori dei suoi predecessori in uno storico discorso negli Stati Uniti che aprì al quel Piano Marshall che tanto benessere permise alle famiglie italiane negli anni successivi.
Seppe farlo con classe e senza eccessi, con lungimiranza e senza servilismo. Dei risultati ne furono beneficiari tutti gli italiani.
Lui, Alcide De Gasperi, è ricordato come un Padre della Patria.
Ignoto Uno
11/07/2023
Putin vs Biden …..
il giorno dopo
I media occidentali, pressoché unanimemente, leggono quanto è avvenuto in Russia come un “inequivocabile segnale della debolezza del leader russo Vladimir Putin”.
Unica voce non allineata quella dell’inviato di guerra Toni Capuozzo che, ospite di una trasmissione televisiva, ha messo in dubbio la versione che rappresenta Putin come un leader finito.
La sua posizione è che il presidente russo abbia “giocato molto bene” ed abbia “messo Prigozhin nelle condizioni di non nuocere”.
Comprendere cosa è realmente successo ieri in terra di Russia non è cosa facile, certamente non immediata.
Solo con il tempo, infatti, si comprenderà cause ed effetti della “marcia” senza apparenti ostacoli della Brigata Wagner verso Mosca di questo Sabato di giugno.
Conseguentemente la lettura “a media unificati” che vede il leader russo “indebolito” appare come “propaganda” di un mondo occidentale schierato con l’amministrazione Biden e con l’Ucraina di Zelensky sulle cui basi “scientifiche”, ad oggi, molto non si comprende.
La Casa Bianca, appunto, ha voluto, probabilmente con eccesso di fretta, far sapere di essere stata informata sin da una settimana.
Se questa dichiarazione dell’amministrazione Biden celi il desiderio di “firmare” l’azione di Prigozhin e della Wagner, o almeno dei cinquemila uomini che lo hanno seguito in questo”viaggio” verso Mosca, lasciando intendere una posizione da “mandante”, non possiamo saperlo.
Certamente negli ambienti dei “ben informati” da qualche settimana si sentivano rumori su azioni dei servizi segreti statunitensi ed ucraini con la NATO per indebolire il leader russo a casa sua.
Anche i media erano divenuti particolarmente aggressivi nel far conoscere la nascita in Polonia di una assemblea di oppositori al “regime di Putin” all’estero.
È noto, inoltre, che la CIA, struttura alle dipendenze della Segreteria di Stato, sia indubbiamente più vicina politicamente al mondo di Biden, Clinton ed Obama di quanto lo sia il Pentagono. Quel Pentagono ove nel 2021 centotrenta generali di bandiera, tutti meno cinque, avevano firmato una lettera ove si chiedeva maggiore chiarezza su cosa fosse realmente successo nel mondo elettorale delle presidenziali che permisero a Biden di andare al potere.
Pentagono che da tempo viene ritenuto da quelli che vengono definiti i “ben informati” insoddisfatto dell’andamento della guerra in Ucraina.
Nelle stesse ore, con eguale tempismo, il presidente cinese Xi Jinping si è schierato con Putin dichiarando che lo stesso doveva “riportare ordine in Russia”, frase di realmente facile lettura.
Le cancellerie europee hanno tenuto posizioni simili a quella statunitense dichiarando “l’immutato appoggio al popolo ucraino”, ma anche, lo ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano, la volontà di “non farsi coinvolgere nelle dinamiche interne alla Federazione Russa esattamente come l’Italia chiede a Putin di non invadere l’Ucraina”.
Posizione “cerchiobottista” ma assai più saggia di quella della Casa Bianca” e, soprattutto, attenta anche a quanto Xi Jinping aveva dichiarato. La Cina, in fondo, oggi, è molto attiva economicamente in Europa.
Prigozhin, al momento in cui scrivo “irreperibile”, è atteso in Bielorussia, fatto che porterebbe a far pensare che Minsk possa essere la sede concordata con Putin per il suo “esilio”.
Bielorussia del presidente Lukashenko che, almeno nelle dichiarazioni, sarebbe stato il mediatore che ha portato a sancire “l’accordo” che ha causato la “ritirata” dei miliziani della Wagner, oramai a duecento chilometri da Mosca, senza che le truppe russe a tutela della capitale siano nemmeno scese in campo.
Dette truppe, infatti, sono rimaste nelle loro caserme e, se i media occidentali cercano di accreditare questo come un segnale della debolezza di Putin, è difficile negare che il leader russo rimane al suo posto mentre quello della Wagner risulta atteso a Minsk dal certo amico di Putin, Lukashenko.
Oltre a questo punto, “l’accordo” prevederebbe che “i cinquemila mercenari della Wagner coinvolti nella marcia verso Mosca non combatteranno più in Ucraina”.
Capuozzo ritiene che potrebbero essere schierati nei vari scenari in Africa che vedono la Wagner coinvolta.
In ogni caso parrebbe che le strutture del corpo paramilitare fino ad oggi alle dipendenze di Prigozhin abbiano accettato di prendere ordini dal ministero della difesa russo il cui ministro, Sergej Šojgu, è da molti mesi il “nemico politico” numero uno del capo della Wagner.
I media occidentali dichiarano che fra qualche mese lo stesso Šojgu verrà sostituito, quando dovesse avvenire comprenderemo qualcosa di più su quanto avvenuto in queste ore in terra di Russia.
Oggi l’unica certezza è che una parte dei miliziani della Wagner si sono fatti una gita mediaticamente molto rumorosa verso Mosca per poi tornare indietro senza ottenere nulla e con il loro capo che è atteso a Minsk.
A causa di questo, per ora sembrerebbe più onesto prendere atto di quanto segue.
Putin rimane al suo posto.
Gli oligarchi russi che Biden sperava vedere agire contro la leadership del leader russo non si sono messi in moto o, addirittura, alla conta che certamente è avvenuta nelle segrete stanze russe, non hanno raggiunto quella maggioranza che avrebbe fatto cadere l’ex Colonello dell’allora KGB.
La Cina si è schierata dalla parte di Putin e, così facendo, ha spostato sempre più il leader russo verso una alleanza di lungo periodo fra la Federazione Russa e la superpotenza orientale a discapito degli interessi occidentali.
Certamente, inoltre, Putin interpreterà le dichiarazioni della Casa Bianca come una ammissione che la CIA, e la NATO, quantomeno, speravano di veder emergere una nuova leadership in Russia, fatto che a quest’ora non è avvenuto.
Ad oggi il “push” è fallito e Putin ha dichiarato che “gli interessi russi in Ucraina verranno tutti raggiunti”, messaggio che è palesemente inviato alle cancellerie occidentali ed alla NATO.
Messaggio che non fa prevedere niente di buono a chi sperava in una pace a breve che permettesse di riportare serenità soprattutto in Europa.
Se la si legge in questi termini le analisi degli osservatori occidentali che hanno, assai frettolosamente, dichiarato Putin “azzoppato” da quanto avvenuto ed hanno voluto vedere una “fragilità della Russia” ove il popolo si “sarebbe diviso” parrebbero più “partigiane” che appartenenti ai valori del “quinto potere”.
Queste posizioni, anzi, nel tempo potrebbero apparire come appartenenti alla categoria dei “wishful thinking”. Ci sarebbe da chiedersi se dei media stessi o di Biden e dei suoi amici, anche in Europa, che si trovano sempre più impantanati nella situazione ucraina.
Putin è riuscito a risolvere in meno di un giorno un’insurrezione che poteva sfociare in un colpo di stato, senza versare una goccia di sangue e senza perdite significative di uomini ed equipaggiamento mantenendo al loro posto i suoi ministri ed il suo Stato Maggiore e relegando a Minsk Prigozhin, uomo che da molti mesi con le sue dichiarazioni dava il fianco ai media occidentali contro al leader russo.
Putin, se letto così quanto è avvenuto Sabato, ha fatto un capolavoro politico.
Capolavoro che si rafforza allorquando si prende atto che la Wagner, strategica per il Cremlino in tanti scenari in mezzo mondo, ha avuto la propria “onorabilità” salva, elemento strategici nei rapporti con dei “miliziani”.
Infine il fronte politico interno alla Federazione Russa non sembrerebbe per nulla indebolito per Putin.
Il Patriarca Kirrill, il leader del Partito Comunista, Gennady Zyuganov, il mondo dei blogger da tempo molto critico nei confronti del ministro della difesa russo Shoigu, l’ex comandante delle milizie popolari Igor Strelkov, ormai da anni all’opposizione di Putin, e personalità politiche come Dmitry Medveded a Ramzan Kadyrov hanno deciso di schierarsi con il presidente russo con buona pace di chi pensa che cadrà presto perché “abbandonato” dai poteri interni russi.
Cosa accadrà adesso?
Noi “cittadini semplici” sappiamo che l’avversario va messo a terra con il primo pugno e che, se questo pugno va a vuoto, l’altro non starà fermo e inizierà a picchiare duro.
Regola che, statene certi, il Colonello del KGB Vladimir Putin conosce bene e applica meglio con buona pace di chi, come il Segretario di Stato statunitense Blinken, dichiara che “la ribellione, poi rientrata, della brigata Wagner dimostra l’esistenza di crepe in seno al gruppo di potere che fa capo a Putin”.
La storia personale e politica dello stesso Putin non è quella di uno che “esporta la democrazia”, bensì di uno che sa governare il potere.
Ignoto Uno
27/06/2023
Biden vs Putin …..
partita finale
Il 23 giugno è iniziato il tentativo di destabilizzare il potere di Vladimir Putin all’interno della Federazione Russa.
Era il 23 febbraio allorquando il leader Ucraino Zelensky dichiarava che Putin sarebbe stato “eliminato dai suoi uomini”,
Una ‘“profezia”, forse un “annuncio”, da parte di chi era a conoscenza di “manovre” occidentali per destabilizzare il “nemico russo”?
L’idea di “esportare la democrazia”, da sempre cara ad Obama ed ai suoi, Biden e Clinton, sta cercando di sbarcare anche in Russia.
Fu Biden, con una delle sue affermazioni shock che vengono camuffate dalla stampa “amica” come “gaffe”, il 21 febbraio, due giorni prima della “profezia” di Zelensky, a dichiarare che “Putin credeva di essere un duro ma si sarebbe scontrato con la volontà di ferro dell'America”. Stati Uniti che “continueranno a difendere la democrazia a tutti i costi”.
In quella occasione Biden definì Putin un “assassino”.
Sin da gennaio, è una notizia della CNN, media assai “amico” dell’attuale presidenza statunitense, l’intelligence americano aveva notizie di un possibile scontro interno tra la Wagner e il Cremlino.
Sempre a gennaio un alto rappresentante della Casa Bianca aveva rivelato come la Wagner stesse diventando un “centro di potere rivale nei confronti dell’esercito russo e di altri militari russi”.
In Europa nelle ultime settimane si sentiva parlare di possibile “accelerazione” di un tentativo di “destabilizzazione” di Putin “dall’interno”, azione “facilitata” dagli Stati Uniti e dalla NATO.
Molti gli scenari che, in linea teorica, si possono prospettare.
Da quello che vede alcune componenti del potere russo che sostengono Putin decidere di abbandonarlo facilitando una sua successione, magari in accordo con le cancelleria occidentali e con l’amministrazione Biden, addirittura in accordo con Cina e Stati Uniti per “togliere il terzo incomodo”.
A quello che vede Putin stroncare sul nascere questa operazione di destabilizzazione interna.
Certamente sono queste ore decisive per il futuro prossimo del mondo, dell’Europa, dell’Ucraina.
Adesso, inutile negarlo, uno dei due nemici, Biden e Putin, deve soccombere.
Cosa accadrà lo capiremo molto velocemente.
Certamente, nel caso Putin non soccombesse, la sua risposta non si farà attendere a lungo.
Certamente, nel caso Putin soccombesse, l’affermazione “chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa cosa lascia, non sa cosa trova” rischierà di essere profetica.
Questo, però, è il rischio che si corre nel voler “esportare la democrazia”.
Ai tempi di Obama noi “cittadini semplici” ne abbiamo già potuto “apprezzare” gli effetti.
Questa volta però, si gioca nella nostra Europa.
Ignoto Uno
24/06/2023
I tassi crescono …..
la povertà pure
“Sui rialzi dei tassi abbiamo finito? No, non siamo ancora a destinazione", questo ha dichiarato la presidente della Bce, Christine Lagarde, durante la conferenza stampa nella quale ha annunciato il nuovo ed ulteriore rialzo del tasso.
Alzandolo di un quarto di punto la BCE ha portato il tasso sui rifinanziamenti principali al 4%, quello sui depositi al 3,50%, e quello sui prestiti marginali al 4,25%.
"L'inflazione è in calo ma si prevede che rimarrà troppo alta per troppo tempo” questo ha dichiarato la presidente della BCE che ha aggiunto che “il Consiglio direttivo è determinato a garantire che l'inflazione ritorni tempestivamente al 2%”.
La Lagarde, non paga, ha annunciato che a luglio il tasso “salirà ancora”.
Non paga banalmente perché noi “cittadini semplici”, al contrario della Lagarde, nel leggere i documenti dei principali centri studi italiani, riteniamo nefasto per il ceto medio il continuo alzare il tasso.
Interessante leggere la successiva affermazione della presidente della BCE allorquando dichiara che “In base alle proiezioni macroeconomiche di giugno, gli esperti dell'Eurosistema si attendono che l'inflazione complessiva si attesti in media al 5,4% nel 2023, al 3,0% nel 2024 e al 2,2% nel 2025".
Lèggiamo e non possiamo fare altro che ricordare che l’ultima nota dell’Istat dichiara che in Italia l’inflazione “torna a crescere”.
Secondo, infatti, le stime nel mese di aprile “l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) registra un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’8,3% su base annua, da +7,6% del mese precedente”.
La Lagarde dichiara che nel 2023 l’inflazione in Europa si attesterà a 5,4%.
Noi “cittadini semplici”, nel sentire le “previsioni” sia della Lagarde che dell’Istat, esprimiamo “felicità estrema” visto che la nostra personale inflazione, basata sul nostro personale carrello della spesa, viaggia su incrementi di prezzo nei dodici mesi estremamente più pesanti.
Alcuni prodotti di largo consumo hanno più che raddoppiato il loro prezzo.
Vi è, inoltre, il costo dei carburanti il cui incremento in base annua è assai lontano dalla inflazione dichiarata dal Istat, fatto che impatta sul costo della logistica e, conseguentemente, sui prezzi al dettaglio.
La Lagarde ci informa che “le prospettive economiche restano altamente incerte" e dichiara che questa “incertezza” deriva dalla “guerra tra Russia e Ucraina”.
Noi “cittadini semplici”, nel leggere queste affermazioni, ci chiediamo se le suddette “prospettive economiche” non possano derivare molto più da politiche che stanno modificando radicalmente il tessuto socio politico ed economico degli Stati che compongono l’Unione Europea piuttosto che dalla assai nefasta guerra in Ucraina.
Guerra che viene continuamente alimentata.
Noi “cittadini semplici”, nel leggere queste affermazioni, ci chiediamo se l’Europa UE 27 abbia la possibilità di mantenere una politica economica unica o se le eccessive disparità economiche, in termini di analisi dei tassi macroeconomici, non debbano portare a scelte sulla struttura stessa dell’Unione Europea.
Noi “cittadini semplici” ci chiediamo se sia possibile attuare una politica della moneta equa ed atta a tutelare contemporaneamente gli interessi e le necessità di tutti gli Stati europei.
Noi “cittadini semplici” non possiamo fare altro che prendere atto degli effetti delle politiche attuate dalla BCE e, sommessamente, esprimere dubbi sulle linee strategiche sulla moneta che attua.
Noi “cittadini semplici” delle suddette azioni ne vediamo, subiamo, gli effetti.
Un esempio su tanti, le rate dei nuovi mutui a tasso fisso sono destinate a raddoppiare nel corso del 2023, mentre quelle dei mutui a tasso variabile dovrebbero salire del 55-65%.
Incrementi che avvengono mentre i salari rimangono stabili, il costo della vita cresce senza tregua, la raccolta delle banche si riduce giorno dopo giorno, la produzione industriale in Italia diminuisce del 7,6%, gli investimenti in ricerca si attestano su un numero insignificante pari a un più 0,2% rispetto al 2022 con una inflazione al 8,3%.
A questo punto solo una domanda: cui prodest?
Per chi vuol far finta di non cogliere la retorica della domanda ricordo che “cui prodest” è una “locuzione latina utilizzata nel discorso come elemento retorico per domandarsi chi sia l'effettivo beneficiario di una determinata azione”
Qualcuno risponderebbe, altrettanto retoricamente, “ehhhh saperlo …..”
Ignoto Uno
19/06/2023
In memoria di un Uomo
che ha segnato
il nostro tempo
I funerali del Presidente Silvio Berlusconi hanno rappresentato un momento storico di questa Italia.
Può piacere o no, ma l’Italia ha perso un grande personaggio, un pari del mondo, non un “paria del mondo”.
Può piacere o no, ma l’Italia oggi è più piccola e molto meno incisiva di prima in questo mondo.
Può piacere o no, ma l’Italia oggi è meno libera.
Parliamoci chiaro, l’ultimo saluto, non solo i funerali di Stato, hanno rappresentato in modo plastico tutte le contraddizioni e tutte le “pochezze” dell’Italia di oggi.
Le esequie del Presidente Berlusconi, che piaccia o no, hanno riportato alla memoria di chi le ha studiate quelle di quel grande statista che fu Alcide De Gasperi.
Il popolo di “Silvio” ha accompagnato il feretro per trentadue chilometri, dalla sua residenza fino al Duomo di Milano.
Egualmente decine di migliaia di persone davanti ai maxi schermi nel piazzale del Duomo.
Milioni di persone attaccate alla televisione per seguire i funerali sulle reti che li hanno trasmessi in diretta.
Pagine e pagine sui media nazionali, ma ancor più importante prendere atto il risalto dei media internazionali.
Può piacere o no, ma tutto questo ricorda quello stesso popolo italiano che accompagnò il treno con il feretro del grande democristiano.
Può piacere o no, ma tutto questo ci ha fatto comprendere che non è venuto meno un politico qualsiasi, l’Italia ha perso un elemento cardine del proprio sistema socio politico ed economico.
Funerali di Stato che hanno visto la presenza dello Stato tutto e di molte delegazioni estere.
Può piacere o no, ma il mondo non si è posto il problema che questo uomo sia stato processato ed addirittura condannato, non si è preoccupato degli scandali con le escort, dei tanti gossip che lo hanno riguardato.
Il mondo ne ha riconosciuto l’unicità e le capacità.
Chi non ne ha condiviso le azioni, sia da imprenditore che da politico, ha il diritto di rimanere della propria opinione ma, allorquando in queste ore non ha saputo rispettare il dolore di chi lo apprezzava con dichiarazioni e comportamenti in alcuni casi veramente eccessive per il momento, oggi non può fare altro che prendere atto che vi è un popolo che lo ha vissuto come un leader indimenticabile.
Silvio Berlusconi lascia un impero economico, lascia un partito che dovrà, ora, saper trovare una forma reale dopo aver perso quella di “partito azienda”.
Silvio Berlusconi verrà ricordato, anche, come l’unico politico italiano di questa seconda repubblica che abbia saputo segnare la storia del mondo con quel G7 di Pratica di Mare ove Stati Uniti e Federazione Russa si sedettero allo stesso tavolo per “costruire” e non per “distruggere” il futuro delle genti del mondo.
Silvio Berlusconi, unico a saper lanciare un messaggio costruttivo per superare la tragedia della guerra in Ucraina, sapeva costruire percorsi di pace.
Silvio Berlusconi, uomo divisivo, che seppe prima usare e, poi, cavalcare la politica facendo nascere quella Forza Italia che in pochi mesi, in quel periodo di “mani pulite”, fermò la “gioiosa macchina da guerra” della sinistra italiana riempendo quel vuoto politico che gli arresti di una magistratura già allora politicizzata aveva creato.
Uomo che, proprio a causa di questo, fu attaccato da tanti.
Silvio Berlusconi fu odiato da quella parte d’Europa, Germania e Francia in primis, che non potevano accettare una Italia forte, soprattutto nella finanza.
Quella finanza che voleva salvare le banche tedesche a discapito del risparmio italiano come ci ha spiegato il Professor Giulio Tremonti, uomo schivo ma assai preparato ed informato. Uomo che vide da vicino il ricatto rappresentato da quella lettera a firma Trichet e Draghi, presidenti rispettivamente uscente ed entrante della BCE, inviata al Presidente del Consiglio con quei famosi tredici punti.
Era il 5 agosto 2011, una serie di richieste volte a condizionare il sostegno europeo all'Italia a drastiche misure di “risanamento”economico.
Lettera a cui fecero seguito le dimissioni del Presidente Berlusconi nel novembre dello stesso anno e la nascita del tanto amato dall’Europa e tanto nefasto per gli italiani Governo Monti.
I procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi sono stati molteplici e si sono svolti nel corso di circa tre decenni proprio dalla sua “discesa in campo”. Il giorno del suo addio si potevano contare 32 processi conclusi e quattro in corso.
Processi che non hanno impedito lo svolgimento di esequie degne di un regnante.
Per questo potremmo salutarlo con “morto il re, viva il re”, sperando di trovarne uno degno il prima possibile.
A Silvio Berlusconi, da uomo che non sempre lo ha apprezzato, ma che ancor meno ha apprezzato chi non ha saputo rispettare la sua dipartita e il dolore dei suoi cari, auguro “pace”.
A noi “cittadini semplici” italiani auguro di trovare presto statisti e non solo politici.
Ignoto Uno
17/06/2023
L’Italia che non vogliamo ….
ma che non ci raccontano.
Partiamo dai titoli di uno dei principali telegiornali italiani della sera di sabato 10 giugno: “Controffensiva degli ucraini, sfondata la prima linea russa”, “Gay Pride a Roma con 35 carri allegorici”, “Flussi migratori, importante missione in Tunisia”, “il Papa sta meglio”, “Quattro bambini sopravvissuti ad incidente aereo in Colombia ritrovati dopo quaranta giorni”.
Io “cittadino semplice”, pur essendo immensamente felice nell’apprendere che i quattro bambini siano stati salvati, fossi stato il direttore di quel telegiornale lo avrei aperto con un unica notizia, quella dei dati sulla produzione industriale forniti da Confindustria.
Il Centro Studi dell’associazione degli industriali in quella data ha dichiarato che “Ad aprile 2023 l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dell’1,9% rispetto a marzo”.
Nello stesso rapporto viene sottolineato che “questo mese è il quarto consecutivo in cui si registra una flessione e che questo è il dato peggiore dal 2020”.
Lo stesso centro studi aggiunge che l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 7,2% e che lo stesso segna diminuzioni congiunturali sia nei beni intermedi (-2,6%), che nei beni strumentali (-2,1%) e, in misura meno marcata, nei beni di consumo (-0,4%) e nell’energia (-0,3%).
Gli unici settori di attività economica in crescita tendenziale sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,7%), la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,1%) e la produzione di prodotti farmaceutici (+0,6%).
Le flessioni più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-17,2%), nella fornitura di energia elettrica (-13,6%), nella fabbricazione di prodotti chimici e nella metallurgia (-10,9%).
Confindustria commenta questo quadro come “una caduta marcata” ma per i media le prime due notizie sono la controffensiva degli ucraini ed il gay pride di Roma con tutte le sue polemiche.
Interessante, infatti, notare come, al di fuori del quotidiano di proprietà della stessa associazione datoriale, Il Sole 24 Ore, questa notizia sia praticamente introvabile e, comunque, assente dai media televisivi.
Sommessamente, io “cittadino semplice”, sono certo di poter ritenere che in quanto ho sopra riportato la cosiddetta “notizia” vi sia e sia assai preoccupante.
Una notizia degna del massimo risalto e di approfondimenti giornalistici finalizzati a permettere noi “cittadini semplici” di prendere coscienza del momento che la nostra nazione attraversa.
In sintesi, e solo per fare un esempio, metterci in condizione di chiederci se possiamo sostenere economicamente la guerra in Ucraina o se il nostro Parlamento, e la nostra classe politica, possa ritenere come priorità i temi sociali del mondo LGTB o debba focalizzarsi maggiormente e prioritariamente sulla congiuntura economica.
La mia risposta a questi quesiti da “cittadino semplice” è scontata. Gli antichi dicevano “primum vivere deinde filosofare”, ma, al fine di calare i dati confindustriali nel nostro carrello della spesa, ecco quanto presentò in data 3 maggio al Salone internazionale dell'ortofrutta in programma alla Fiera di Rimini la Coldiretti.
L’associazione degli agricoltori ci informò che “appesantiti dal caro prezzi gli italiani hanno tagliato gli acquisti di frutta e verdura del 9%”.
Coldiretti, forse per non allontanarsi dalla narrazione dominante dei media e riuscire in questo modo a far passare il messaggio,incolpò anche il cambiamento climatico, ma non perse l’occasione per sottolineare che “questo crollo dei consumi di ortofrutta porta gli stessi ai minimi da inizio secolo”.
Coldiretti dichiarò inoltre che “con 5,5 miliardi di chili nel 2022 il consumo di frutta e verdura degli italiani è risultato di mezzo miliardo di chili inferiore a quello dell'anno precedente”.
Dato che, da quanto dichiarato a Rimini, continua a peggiorare anche nel 2023.
Noi “cittadini semplici” questa marcata crisi, la nostra personale contrazione dei consumi, la percepiamo facilmente, come altrettanto facilmente e drammaticamente notiamo che il rateo del nostro mutuo sta letteralmente impazzendo.
Ancor più notiamo come i prezzi di qualsiasi bene siano oramai, spesso, fuori da ogni controllo. In molti casi raddoppiati, non incrementati nei termini percentuali della inflazione dichiarata dal Istat che nel suo ultimo bollettino scrive che “nel mese di maggio 2023 l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e del 7,6% su base annua, da +8,2% del mese precedente”.
Di cosa parlano, e straparlano, i media? Di questa congiuntura economica assolutamente no.
Parlano della guerra in Ucraina, del Gay Pride, della Premier e di tutto il governo nella masseria di proprietà del giornalista Bruno Vespa, di Fabio Fazio e compagnia che “perdono il lavoro in Rai”, senza notare che hanno firmato immediatamente un contratto con stipendi milionari in altre testate, e dei battibecchi da bar di periferia fra i vari politici.
Sempre da “cittadino semplice” mi faccio delle domande.
Per caso i media, tutti, filo governativi e non, hanno così paura per il futuro prossimo da cercare pervicacemente di tener lontano “l’amaro calice”?
Allo stesso tempo mi domando che fine faremo noi “cittadini semplici” se chi è chiamato pro tempore a governarci non inizia a prendere il toro per le corna cambiando, forse utile dire rovesciando, i paradigmi della linea politica italiana degli ultimi anni?
Infine, quanto di tutto questo è dovuto alle politiche dell’amministrazione Biden e dei suoi alleati, sodali, in Europa?
La risposta a questa ultima domanda per qualcuno è “molto”, anzi “troppo”, ma per i media nostrani l’unica “notizia” interessante proveniente dagli Stati Uniti è che il Presidente Trump è stato incriminato con 37 capi di accusa.
“Incriminato” ma già “condannato”dai giornalisti di casa nostra.
Noi “cittadini semplici” li ascoltiamo e leggiamo e ci viene da pensare quanto sarà divertente leggere e sentire gli stessi giornalisti italici che oggi van per la maggiore nel caso, neanche così difficile da credere, che nel 2024 il “cattivone” dovesse vincere ed essere rieletto presidente.
Magari la sera stessa del Election Day e non tre giorni dopo. Giorni strani quelli del 2020, per alcuni anche di brogli.
Ignoto Uno
12/06/2023
“Gestazione per altri”
Partiamo da un concetto base.
“Appartiene al genere Homo di cui è l'unica specie vivente della famiglia degli ominidi e all'ordine dei primati” questo è l’Homo Sapiens, cioè noi esseri umani.
L’Homo Sapiens è un mammifero. Niente di più, niente di diverso.
Io, “cittadino semplice”, mi pongo alcuni quesiti in ordine alla procreazione e, più in generale, sul “avere un figlio”.
Avere un figlio è un “diritto” o un “dono”?
Altrettanto mi chiedo se un figlio è un “prodotto” o una “creatura”
Queste le domande a cui io, “cittadino semplice”, sento il desiderio di dare la mia risposta.
Partiamo da una posizione laica e seguiamo il pensiero di Darwin.
Secondo Darwin “l'evoluzione della specie avviene come risultato di caso e necessità. Nella specie si hanno della mutazioni naturali casuali (piccoli errori nella riproduzione) e l'ambiente salva quelli adatti e elimina gli altri, principalmente attraverso la lotta per la vita”.
“Lotta per la vita” così dice Darwin, da laico.
“Poter procreare” o “non poter procreare”, da questo punto di vista scientifico, è un elemento di tutela della evoluzione della specie.
Noi Homo Sapiens dovremmo sempre ricordarci che siamo dei “mammiferi”, conseguentemente procreiamo attraverso l’unione sessuale di un maschio con una femmina, esattamente come tutti gli altri mammiferi.
In quanto tale è una parte del creato, ergo è una “creatura”. Non un “prodotto”.
Questo è il primo elemento che, almeno io “cittadino semplice”, ho assai chiaro.
Da questo deduco che la procreazione di una creatura di Homo Sapiens richiede un atto sessuale, non di amore, ma sessuale si.
Atto che può portare ad una procreazione o può non avere conseguenze in tale direzione.
Questo richiama Darwin e la sua posizione scientifica.
Non credo sia necessario, ma ai giorni d’oggi, allorquando si cammina per mari così tempestosi come quello del “diritto ad avere un figlio”, è assai più intelligente specificarlo, questo ragionamento si occupa in primis di coloro che, coppie eterosessuali, desiderano procreare, reputo questo verbo assai più consono che usare “avere”, un figlio ma non vi riescono.
Ergo, sempre laicamente e darwianamente, la “procreazione di un figlio” è un “dono” per coloro che lo cercano e desiderano attraverso un atto naturale quale quello sessuale. È un “dono” non un “diritto”.
Noi “cittadini semplici” e Homo Sapiens continuiamo a migliorare la nostra specie, ricordiamocelo siamo mammiferi, attraverso questo semplice percorso di selezione naturale.
Contemporaneamente siamo, tutti noi “cittadini semplici” o “potenti”, nella possibilità di utilizzare quanto la scienza ha scoperto.
Fra queste scoperte vi sono gli strumenti di assistenza alla procreazione.
In ordine a questo vi sono elementi etici che possono essere letti ed analizzati da diversi punti di vista, per esempio quello laico oppure di un credente. Cristiani, ebrei e mussulmani danno letture etiche disomogenee sulla procreazione e su quando il feto diviene Homo Sapiens.
I loro punti di vista etici mi affascinano e mi aiutano a crescere nella mia conoscenza, ma ragionando sui comportamenti che, sempre da “cittadino semplice”, auspico dal mio Stato, rimango su una posizione laica, conseguentemente rimango su Darwin.
A questo punto, fatte salve alcune eccezioni che derivano da casi limite o da cambiamenti nel tempo dei comportamenti e delle inclinazioni sessuali dei singoli, in termini generali, Darwin, almeno secondo un umile “cittadino semplice” come me, ci delinea la rotta delle norme in ordine alla procreazione assistita e, per vicinanza del tema, all’adozione.
La sempre richiamata “tutela dei bambini”, almeno questa volta, cerchiamo di metterla al centro per davvero ricordandoci che la loro venuta al mondo è un “dono” e non un “diritto di qualche adulto che lo desidera”, qualsiasi sia il suo sesso e la sua inclinazione sessuale.
La “gestazione per altri” supera Darwin e, nel farlo, non tiene conto di come l’Homo Sapiens si è rafforzato di generazione in generazione.
In pratica lo rende più debole ….. e solo per egoismo.
Ignoto Uno
08/06/2023
Da Trump
al deep state.
Donald Trump si è congratulato, attraverso la piattaforma Truth, con Kim Jong Un, il leader della Corea del Nord, per l’elezione nel board esecutivo dell'OMS.
Un presidente che ha insegnato ai politici moderni come si costruisce la pace fra nemici storici portando alla firma di diversi e separati atti lo Stato di Israele con gli Emirati Arabi Uniti (Bahrein, Marocco e Sudan).
Atti che, interpretati come un unicum, sono stati denominati Patti di Abramo e sono entrati di diritto nella storia del medio oriente.
Ebbene Trump è stato immediatamente attaccato per questa sua dichiarazione, fatto assolutamente non nuovo ma, questa volta, l’attacco viene dai suoi contendenti alle primarie per la corsa alla presidenza 2024.
Ron De Santis, il governatore della Florida, rivale più credibile, unico che ha qualche reale possibilità di ottenere un risultato degnamente consistente e di non sfigurare contro Trump, ne ha approfittato per osservare che "non ci si congratula con un delinquente che ha minacciato l'America e i nostri alleati".
Ci sarebbe da commentare che definire “delinquente” chi ha il controllo di uno Stato non è il modo più appropriato per tenere un filo di comunicazione con un, questo non va dimenticato, “nemico”.
Un nemico che può far scatenare un conflitto che travalicherebbe immediatamente i confini delle due Coree.
Certi linguaggi, che ci ricordano le recenti “gaffe”, più o meno involontarie, di Biden in Polonia nei confronti di Putin, non esaltano chi ritiene che la pace si debba “costruire con il dialogo” e non “obbligare con le armi”.
In fondo il generale Flavio Vegezio Renato, funzionario imperiale dell’epoca di Teodosio (IV – V secolo d.C.), è passato alla storia per aver dichiarato “Si vis pacem, para bellum” (se aspiri alla pace, prepara la guerra), non “se aspiri la pace, fa la guerra”.
Questa la causa che porta, noi “cittadini semplici”, a pensare che dare del “delinquente” ad un “nemico”non sembra la massima espressione di capacità politica di uno statista.
Vi è, poi, anche l’ex vice presidente della stessa amministrazione Trump, Mike Pence, che, in attesa di annunciare la propria candidatura alle primarie del partito repubblicano, dichiara che "nessuno dovrebbe lodare il dittatore della Corea del Nord o il leader della Russia che ha lanciato l'aggressione dell'Ucraina”.
Pence continua affermando che “questo è il momento in cui dovremmo dire chiaramente che siamo per la libertà e per coloro che difendono la libertà".
Tutto questo ci viene riferito dall’agenzia Ansa, la stessa che il 21 febbraio 2018 informava che lo stesso vice presidente Pence durante i Giochi Olimpici sudcoreani, a quali presenziava, era pronto ad incontrare segretamente Kim Yo Yong, potentissima sorella del leader nord coreano Kim Jong Un.
Il summit venne annullato per volontà della Nord Corea come rilevò il Washington Post.
RAI News in quei giorni parlava di “apertura di Pence alla Nord Corea” e di “volontà del vice presidente Pence ad aprire a colloqui con il leader coreano”.
L’allora vicepresidente statunitense precisava che il meeting avrebbe messo "nero su bianco" i dettagli per la denuclearizzazione della penisola.
Dichiarava, appunto, che la pace si costruisce con i trattati, non con le guerre.
Se ne deve essere dimenticato.
A quel tempo dichiarava “dopo l’inizio del 2019 potrebbe esserci il secondo summit tra Stati Uniti e Corea del Nord” e affermava che “il meeting tra Donald Trump e Kim Jong Un” avrebbe messo "nero su bianco i dettagli per la denuclearizzazione della penisola”.
Non dobbiamo, noi “cittadini semplici” dimenticare che un primo, allora dichiarato “storico” dallo stesso Pence, vertice fra il Presidente Trump ed il leader nord coreano si era svolto il 12 giugno 2018 a Singapore.
Pence, oggi, parla di “tutela della libertà” dimenticandosi, ma come si può ben vedere si dimentica di molte cose, che una importante parte del popolo statunitense, non solo repubblicano, lo incolpa di non aver fatto tutto quanto era nelle sue prerogative per verificare se vi fosse qualcosa di vero in quello che passerà alla storia come Italygate, cioè il timore che le elezioni presidenziali statunitensi del 2020 fossero falsate da gravi brogli elettorali sufficienti a rovesciare la volontà del popolo americano e portare Joe Biden alla Casa Bianca.
A tutt’oggi il caso, sono passati tre anni, rimane al centro dell’agenda politica e sempre più nei corridoi dei bene informati si sente dire “dove c’è fumo c’è sempre un arrosto”.
Nessuno parla, tanti ammiccano allorquando si entra sul tema Italygate.
Se mai dovesse venir fuori che qualcosa avvenne in quel 2020 Pence passerebbe alla storia come colui che non seppe, o volle, tutelare la democrazia statunitense.
Il 4 giugno è anche il 34esimo anniversario della sanguinosa repressione di Piazza Tieamen a Pechino.
Per l’occasione il regime cinese ha ordinato alla polizia di Hong Kong di arrestare la leader del partito di opposizione, Chan Po-ying.
Sempre l’Ansa ci informa che la donna, al momento dell’arresto, teneva in mano una piccola candela a Led.
Oltre a Chan Po-ying I media ci informano che sono stati arrestati diversi altri esponenti dell’opposizione tra cui Alexandra Wong, un'importante attivista conosciuta come Nonna Wong, oltre alla giornalista Mak Yin-ting.
Fu Obama a comminare sanzioni economiche alla Federazione Russa nel 2014 a tutela della libertà della Crimea.
Noi “cittadini semplici” ci chiediamo se il suo collega di partito Joe Biden saprà difendere la libertà di opinione degli abitanti di Hong Kong oggi.
Al tempo l’Europa tutta segui le scelte di Obama, egualmente oggi in ordine allo scenario ucraino.
Saprà la stessa Europa battere un colpo, almeno leggermente credibile, nei confronti della Cina per le repressioni dei cittadini cinesi a trentaquattro anni dalle vicende di piazza Tieamen?
Per ora sembrerebbe proprio di no.
D’altronde nemmeno Pence si è accorto di quanto accade in questi giorni ad Hong Kong.
Se volete chiamate questi atteggiamenti assai asimmetrici “deep state”.
Ignoto Uno
06/06/2023
Siamo nel mese LGTB …..
alcune riflessioni
Il 27 giugno 1969 la polizia irruppe nel bar di Stonewall a Manhattan nella città di New York, un bar frequentato da omosessuali.
Questo causò violenti scontri fra le forze dell’ordine e la comunità che aveva in quel bar un luogo di ritrovo.
I “moti di Stonewall”, così furono denominati, vengono considerati il simbolo che rappresenta la nascita del “movimento di liberazione gay” in tutto il mondo tanto da identificare nel 28 giugno, e in generale il mese di giugno, come data della "giornata (e mese) mondiale dell'orgoglio LGBT".
Molti anni sono passati e tanti cambiamenti sociali sono avvenuti, tanto è vero che nel 2019 la parata di New York che celebrava il 50º anniversario dei moti di Stonewall ha visto la presenza di cinque milioni di partecipanti nella sola Manhattan.
La gran parte di detti cambiamenti sociali non possono che essere ritenuti un fatto positivo del reciproco rispetto delle diverse opinioni, sensibilità, tendenze, anche sessuali.
Certamente il superamento di ogni ghetto è fatto altamente positivo e, parlando dei temi legati al mondo LGBT, oggi sono molti i locali di incontro di questa comunità. Locali che vengono rispettati dalla stragrande maggioranza della popolazione.
Purtroppo gli atti di violenza non mancano mai, vi sono nei confronti di membri di questa comunità come nei confronti delle donne, nei confronti di giovani meno capaci di auto tutelarsi perfino all’interno dei plessi scolastici. Addirittura nei confronti dei professori e dei genitori da parte di figli.
In alcuni casi lo chiamiamo “razzismo”, in altri “bullismo”.
In realtà dovremmo chiamarli tutti “analfabetismo sociale”.
Rimane il fatto che sono eccessi di una netta minoranza e come tali andrebbero stigmatizzati certamente, ma riportati senza quel eccesso di enfasi frequentemente percepibile nei resoconti dei media su questi casi.
Permettetemi una personalizzazione. Ai tempi in cui fui un teenager, alla fine degli anni ‘70, vivevo in un quartiere elegante di Roma e frequentavo una coetanea di una buona famiglia residente vicino a casa mia, peccato che fosse filippina. Lo racconto perché pressoché ogni volta che uscivamo insieme venivamo insultanti, anche molto violentemente , sia da coetanei che da adulti. In due casi rischiammo le “catenate”, al tempo usava così nei gruppi più violenti.
Oggi mi capita di camminare nello stesso quartiere e vedere molte coppie miste felici.
Il nostro occidente è cresciuto nel rispetto degli altri e va dichiarato. Al contrario si sentono sempre commenti con taglio negativo.
Per esempio in Stati Uniti si difendono i diritti dei neri americani con enorme enfasi e politicizzazione senza ricordare che la comunità nera americana ha espresso un presidente degli Stati Uniti, Obama, due segretari di stato, Colin Powel e Condoleza Rice, deputati e senatori, molti generali, professori e professionisti di successo. Fatto che dimostra che chi di loro ha voluto seguire la strada del merito e dell’impegno, pur tristemente provenendo da origini che hanno visto addirittura la schiavitù, ha avuto la possibilità di salire la scala sociale della nazione fino alle cariche più rappresentative.
Sempre per esempio i media non parlano d’altro che dei diritti degli omosessuali senza notare che la loro presenza è oramai facilmente percepibile, rispettata e diffusa ovunque.
Il cosiddetto “outing” è costante e non genera nessun moto di disprezzo nella stragrande parte della popolazione. Rimane una notizia, una come tante altre, che in libertà l’interessato decide di divulgare.
Personalmente non comprendo quale sia la necessità di farlo, ma lo rispetto. Non lo comprendo perché credo fortemente che la sfera dell’intimità sia, appunto, intima e non debba divenire pubblica.
Questo, sempre dal mio punto di vista, dovrebbe riguardare sia gli eterosessuali che gli omosessuali.
La spettacolarizzazione, anche mediatica, dei sentimenti non è, a mio avviso, una forma di evoluzione della società civile, bensì un drammatico impoverimento.
Il mese di giugno è dedicato agli LGTB, la vita privata ed i sentimenti, a mio avviso, dovrebbero vedere dedicati tutti i giorni dell’anno e non un mese deciso per decreto. Questo sia che il singolo appartenga alla comunità etero che omo.
Tutto questo mi sembra, lo dico con il massimo rispetto di chi prova sentimenti per persone dello stesso sesso, una politicizzazione ed una spettacolarizzazione triste e divisiva, in quanto tale nel tempo pericolosa.
Personalmente non capisco ne la “giornata della donna” ne il “mese LGTB”. A dire il vero di giornate ve ne sono oramai così tante che i “cittadini semplici” neanche le percepiscono più. Esattamente come i tanti “fiocchetti” di ogni colore che vediamo al bavero dei commentatori televisivi ogni due per tre.
Da “cittadino semplice” vorrei vedere più fatti concreti e meno demagogia e politicizzazione di questi elementi sociali, ma comprendo di chiedere troppo per il vuoto cosmico del mondo di oggi.
Ignoto Uno
05/06/2023
Acqua piovana ….
La media degli ultimi trenta anni in Italia del totale di precipitazioni piovane è stata di 984,2 millimetri per metro quadro con una crescita nel 2022 di circa il 9%.
Incremento, non decremento, fatto che non rende facile la comprensione del fatto che si sia sentito parlare per tutto l’anno dai soliti opinionisti televisivi di “siccità dovuta al cambiamento climatico ed alla CO2”.
Per dare una misura comprensibile del dato, nel caso in cui la quantità di pioggia caduta fosse di 5 millimetri significherebbe che su ogni metro quadrato di terra sarebbero caduti 5 litri di acqua piovana. Ne cadono mediamente in un anno 984,2 cioè circa 984 litri per metro quadro.
Fate una prova, create una vasca di un metro quadro idrorepellente e versatevi dentro 5 litri di acqua e capirete visivamente cosa vuol dire.
L’Italia non ha carenza di acqua, ha carenza di amministratori pubblici che, facendo il proprio dovere, manutengano condotte idriche e canali, costruiscano sui territori bacini di raccolta delle acque piovane, si impegnino in opere di rimboscamento delle aree montane o inadatte alla produzione agricola, rilancino i centri minori oggi abbandonati e riducano la cementificazione delle aree metropolitane.
Su questo andrebbero utilizzate le risorse, non su massive campagne di installazione di pannelli solari e pale eoliche che da un lato sono in grado di produrre quantità percentuali ridicole di potenza elettrica necessarie alla nazione e dall’altro deturpano i paesaggi e riducono le aree disponibili alla produzione agricola. Vi sono, poi, le ideologiche campagne politiche per la decrescita felice, le aree ZTL di dimensioni e logiche incomprensibili come quella di Milano e quella in arrivo a Roma, lo spostamento verso le automobili elettriche ed il cappotto termico per le abitazioni volute da politiche che non tengono assolutamente presente la devastante riduzione del potere di acquisto delle famiglie italiane e con impatti reali sull’inquinamento da CO2 risibili.
I media, in questi giorni, hanno informato che l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna nelle scorse settimane è stata causata da una precipitazione di acqua piovana pari a 100 millimetri di pioggia per metro quadrato in poche ore ed a 500 millimetri per metro quadrato in due settimane, 50 centimetri, moltissimi ma non sufficienti a farci comprendere il disastro a cui stiamo assistendo ed a farci accettare le morti.
Acqua che, invece di essere una risorsa per il sistema socio economico dei territori, diviene elemento catastrofico.
Noi “cittadini semplici” ci chiediamo se sia stata l’acqua piovana la causa della catastrofe o l’uomo.
Uomo, dirigente politico, molto, troppo, avvezzo a spostare da se le proprie colpe.
Se, infatti, in questi anni le risorse pubbliche fossero state utilizzate per attuare le politiche che in questo scritto ho elencato come necessarie alla nazione, oggi la pioggia che ha colpito l’Emilia Romagna non avrebbe causato altro che la serenità per le popolazioni di quei territori di non avere problemi di carenza idrica durante il periodo estivo ne ai fini dell’agricoltura ne ai fini delle famiglie.
Purtroppo, invece, abbiamo ancora immagini di desolazione e morte con “acqua stagnante” in immense aree di quella regione e nessuno ci spieghi perché la stessa non sia già defluita nei canali.
Ignoto Uno
30/05/2023
Diluvia …. pannelli solari
e auto elettriche
vs canali puliti
Questa volta sono state l’Emilia Romagna e le Marche ad essere colpite da un eccesso di acqua piovana che, in gran parte per la trentennale mancanza di attenzione e programmazione alla sicurezza dell’ambiente, ha causato distruzione e morte.
Quanti i casi analoghi in questa seconda repubblica? Da Alessandria, al Sarno ed Olbia, a tante altre, fra cui le stesse Emilia Romagna e Marche anche nel recente passato, solo per citarne alcune.
A tragedia avvenuta noi “cittadini semplici” sentiamo sempre la solita litania da parte dei politici e degli immancabili opinionisti.
L’immancabile “plauso ai soccorritori” a cui segue sempre l’ovvietà “in primo luogo dobbiamo recuperare le vittime”.
Le ovvietà sono sempre come le bombe a grappolo, una segue l’altra, per cui immancabile arriva il ministro, il politico o l’opinionista che ci informa che “il governo farà tutto il possibile per aiutare gli sfollati e coloro che hanno perso tutto”.
Dirigenti pubblici che si sperticano a far ben percepire l’impegno delle forze armate, delle forze dell’ordine, dei pompieri e dei sanitari nel prestare aiuto a chi si trova a dover ricominciare la vita da zero a causa, in gran parte, delle carenze che gli stessi dirigenti pubblici hanno avuto nell’agire in modo preventivo ed evitare che tragedie come queste avvengano.
Desidero parlare chiaro. Non è colpa di Nostro Signore se i canali non sono manutenuti, se si è costruito sotto il livello del mare, se non si sono precostituite aree di sfogo per le acque in eccesso. La colpa è esclusivamente dei vari livelli di Stato che avevano, ed hanno, delega a gestire il territorio.
Danni incommensurabili quelli che queste mancanze hanno causato.
Danni sul piano umano. Cittadini deceduti e tanta sofferenza per chi, rimasto in vita, vede ogni suo sforzo disintegrato.
Danni economici, non solo per le famiglie e gli individui, ma per un tessuto socio economico che subirà un impatto le cui dimensioni saranno di lungo periodo e che superano di molto il territorio colpito.
Lo Stato è così poco reattivo nella ricostruzione che il mondo dei media attiva una parallela rete di solidarietà chiedendo a noi “cittadini semplici” di intervenire direttamente sostituendosi ai doveri dello Stato.
Media che esplicitamente dichiarano che “lo Stato è lento ed inefficiente”.
Media che si mobilitano per sostituirsi, almeno in parte, alle istituzioni proprio a causa di dette lacune chiedendo l’aiuto ai singoli e garantendo loro una diretta ed accurata rendicontazione su come verranno utilizzate le loro donazioni.
Rendicontazione che lo Stato, ai suoi vari livelli, ben si guarda dal fornire ai cittadini.
È proprio in questa dichiarazione di inefficienza dello Stato, in ogni suo elemento istituzionale, il punto.
I politici, la politica tutta, sempre supportata da opinionisti onnipresenti, pontifica su quanto accaduto, in questa occasione come in ogni altra, per, poi, fornire sempre le stesse risposte. In pratica ritardando il pagamento delle tasse e dei mutui a chi si trova con più nulla in mano. Mutui che, oltretutto, sono stati erogati da soggetti privati quali le banche e non da soggetti pubblici.
Al netto di coloro che riescono a trovare il modo di parlare di pannelli solari e auto elettriche come soluzione per evitare che fatti di queste dimensioni si possano ripetere, vi è da chiedersi se questi se ne abbiano vantaggi personali dato che, anche di fronte ad un dramma di queste dimensioni, riescono a parlare di argomenti così insignificanti se rapportati al dramma in essere, gli interventi del ceto politico meno demenziale spiegano a noi “cittadini semplici” cosa si sarebbe dovuto fare per evitare la tragedia.
A questi ultimi noi “cittadini semplici”, sommessamente, chiediamo quali le cause che hanno loro impedito di fare quello che oggi ci spiegano invece di spiegarcelo ora che è palesemente tardi.
Oltretutto chiediamo, sempre noi “cittadini semplici”, se riusciranno ad attivarsi prima che un’altra tragedia di egual tipo colpisca nuovamente la nostra Patria? Magari nelle stesse zone già colpite.
Come non riportare alla memoria che, fino al giorno prima della ennesima tragedia legata a piogge, invece di attuare le ricette oggi cosi chiare ai gestori del bene comune, si è sentito solo parlare di “cambiamento climatico”, “CO2”, “cappotto agli immobili” ed “auto elettriche” dando a queste “soluzioni” la bacchetta magica per risolvere il “cambiamento climatico dovuto all’arroganza dell’uomo”.
Quanta malafede e quanti affari in queste noiose, sono eufemistico, affermazioni.
Nessuno nega che l’uomo deve volersi più bene e difendere l’ambiente anche riducendo le emissioni di CO2, ma il tema ambientale non può e non deve divenire esclusivamente un affare per le multinazionali come questa Europa sta facendo.
L’Europa si impegni a spingere gli Stati meno virtuosi, fra cui certamente la nostra amata Italia, ad attuare politiche di tutela ambientale del territorio che portino reali e forti impatti e non risibili risultati in ordine al miglioramento dell’ambiente e, al contrario, grandiosi risultati economici per le multinazionali.
Favorire massive opere di rimboschimento, favorire massive azioni di riduzione della cementificazione dei territori, favorire politiche che portino al recupero delle aree rurali dismesse, favorire il recupero ad uso agricolo dei territori invece di riempirci di “quote” per trasferire la produzione in aree geografiche ove, magari, le multinazionali sono già proprietarie di tutta la terra agricola disponibile, ecco cosa ci piacerebbe veder fare dalla sempre osannata Europa.
Invece la stessa ci vuol dire che le piogge torrenziali le eviteremo disintegrando i territori con i pannelli solari, casualmente prodotti in Cina, con le auto elettriche, le cui batterie sono casualmente prodotte in Cina, o con i cosiddetti “cappotti” alle nostre abitazioni.
Tante chiacchiere, tantissima demagogia, devastante pressapochismo e mancanza di etica della nostra classe politica e dirigente.
Una diversa menzione va annotata per i tanti “cittadini semplici” di ogni età, ma i giovani sempre bistrattati vanno particolarmente evidenziati, che si sono organizzati autonomamente dalle istituzioni per portare aiuto a chi ne ha tanta necessità in quei cento comuni distrutti non solo dalla pioggia ma, direi soprattutto, dalla incompetenza e disattenzione del ceto dirigente, tutto, italiano.
I media, sempre pronti con la demagogia, li hanno denominato “angeli del fango”, impossibile per chi vive solo di slogan non rilanciare il messaggio “italiani brava gente”.
Peccato che questa “bontà” di noi “cittadini semplici” viene spesso dimenticata quando il ceto dirigente non ha la necessità di strumentalizzarla.
Ceto dirigente, soprattutto politico, che, addirittura davanti ad una tragedia come questa, non frena le proprie ambizioni personalistiche, speriamo non economiche, e cerca di dimostrare, credo sia indispensabile tornare sull’argomento per definire la pochezza di chi ha l’onere di condurre la nazione ai vari livelli, che con i pannelli solari, le auto elettriche ed i mitici “cappotti termici” alle nostre case si risolvono i problemi della CO2 e, conseguentemente, del riscaldamento globale.
Se non ci fossero stati, per l’ennesima volta dei morti e tante famiglie rimaste senza nulla, ci sarebbe da iniziare a ridere a crepapelle.
Quanta demagogia, se vogliamo essere ingenui, quanto opportunismo da parte di politici senza alcun scrupolo, se decidiamo di guardare la realtà.
Guardiamo i numeri della famosa CO2 nel mondo.
Nel 1950 le emissioni di tonnellate di CO2 nel mondo erano 6 miliardi, nel 2021 i miliardi erano 37,2. Il 500% in più, fatto certamente preoccupante la cui tendenza deve essere invertita.
Vediamo, allora, chi produce più CO2 nel mondo.
La Cina emette 9.838.745.028 tonnellate di CO2 in un anno, gli Stati Uniti 5.269.529.513, l’India 2.466.765.373, la Federazione Russa 1.692.794.838, il Giappone 1.205.061.178.
Queste Nazioni producono da sole circa 20 dei 37 miliardi di tonnellate.
In Europa la prima in classifica per produzione di CO2 è la Germania con 799.373.211.
L’Italia ne produce 355.454.172 tonnellate di CO2.
Volendo accettare che la causa primaria del cambiamento climatico sia l’incremento di CO2, certamente ne è una concausa, è atto dovuto affrontare il tema della produzione della stessa partendo da come convincere i grandi produttori a ridurre significativamente le loro emissioni.
Il riscaldamento globale è, infatti, globale e globalmente va affrontato anche stimolando fattivamente, per esempio con le tanto utilizzate in altri scenari sanzioni, gli stessi ad impegnarsi nella tutela del globo.
Facile comprendere, calcolatrice alla mano, che la riduzione delle emissioni di CO2 della Cina del 5% darebbe un risultato maggiore dell’azzeramento delle emissioni di CO2 dell’Italia.
Ancor più facile comprendere che ridurre del 5% le emissioni di CO2 partendo da numeri così elevati è estremamente più facile e assai meno di impatto sul sistema economico ed industriale che ridurre le emissioni di un praticamente niente a confronto in Italia.
Perché questo non avviene?
Forse perché, un esempio potrebbe aiutare a comprendere, l’Italia importa 157 milioni di tonnellate di merci che arrivano nei suoi porti in grande parte proprio dalla Cina e dai primi altri tre Paesi per emissioni di CO2?
Il presidente Trump ha uno slogan che recita “America first”, egli dichiarava che il benessere dei cittadini statunitensi doveva venire prima delle emissioni di CO2, la Cina continua ad incrementare dette emissioni, parimenti l’India.
Noi italiani continuiamo a perdere posti di lavoro e fatturato da un lato e, dall’altro, drammaticamente, siamo sempre costretti a contare morti e sfollati a causa della pioggia.
Forse, lo dico da “cittadino semplice”, sarebbe molto, ma veramente molto, più utile spostare la nostra attenzione ed i nostri investimenti in sicurezza ambientale. Spostare i nostri investimenti dai pannelli solari e dalle auto elettriche a manutenere i canali e progettare un vero recupero ambientale.
Magari, così facendo, aumenteremo anche l’occupazione, oltre a ridurre la conta dei cadaveri e degli sfollati.
Arrivederci alla prossima alluvione, certi che queste parole potranno essere riutilizzate cambiando solo data.
Ignoto Uno
23/05/2023
Parliamo di anchorman
Fabio Fazio, classe 1964, dopo quaranta anni di costante presenza sulle reti del servizio pubblico, ha lasciato la RAI banalmente perché il suo contratto in scadenza non è stato rinnovato dal presidente uscente Fuortes.
Il neo presidente, Roberto Sergio, uomo di antica scuola democristiana e non certo noto come duro tagliatore di teste di destra, al suo primo giorno di guida della RAI non ha più trovato il conduttore di RAI3 fra i suoi dipendenti.
Difficile, anzi impossibile, comprendere perché dovrebbe essere lui il responsabile di questa scelta editoriale e, conseguentemente, come si possa definire “epurazione di destra” il fatto che Fazio abbia deciso di accettare un nuovo contratto da una altra emittente televisiva ma, francamente, questo a noi “cittadini semplici” poco rileva.
Quel che rileva, almeno secondo noi “cittadini semplici”, è che un contratto scaduto può essere anche non rinnovato. Fatto che succede spesso ai giovani italiani che lavorano con contratti a termine da trentamila euro lordi l’anno, non due milioni e quattrocento mila come Fazio. Contratto che la RAI firmò perché certamente meritati dal conduttore e coerenti con gli standard del settore televisivo ma, comunque, pagati attraverso il canone.
Con lui lascia la RAI anche Luciana Litizzetto che, con lui, conduceva la trasmissione di Rai3 “Che tempo che fa”.
Entrambi inizieranno una nuova avventura televisiva su Discovery.
Nel commentare la sua scelta di spostarsi alla Warner Bross Fazio ha dichiarato “d'altronde non tutti i protagonisti sono adatti per tutte le narrazioni. Me ne sono reso conto e quindi continuo a fare serenamente il mio lavoro altrove che è quello, che ho sempre fatto in questi 40 anni”.
Non so se il conduttore si è reso conto che lui stesso ha dichiarato che la sua stagione nel servizio pubblico è durata quaranta anni.
Periodo assai lungo che ha visto governi diversi e cambiamenti culturali ancora più diversi, praticamente un intero caleidoscopio di “stagioni”.
Io, “cittadino semplice” di discreta, pur se sempre ampliabile, cultura, spesso ho ritenuto faziosa e, comunque, di parte la trasmissione condotta da Fabio Fazio.
Qualcuno farà fatica a crederlo, ma proprio la sua faziosità filo Obama e amici di Obama rendeva per me interessante la trasmissione.
Attraverso essa ragionavo sui limiti della mia cultura cristiano liberale e mi confermavo, per differenza, nelle mie idee.
Di questo non posso che ringraziare il conduttore.
Al contrario risulta impossibile, almeno per me, non essere contento del fatto che anche la collega di Fazio, Luciana Litizzetto, abbia lasciato la RAI.
Abituato agli Alighiero Noschese ed ai Gigi Proietti ho veramente difficoltà ad annoverare la sua “forma artistica” come “comicità”.
Questa mia impossibilità sarà certamente annoverato dagli intellettuali come un mio limite culturale ma, dopo aver appreso che continuerà a lavorare ed a guadagnare lautamente ma coerentemente al comparto televisivo, sono lieto che il mio canone RAI non venga più utilizzato anche per remunerare detta “arte”.
Ferruccio De Bortoli, grande intellettuale ed opinionista, ha voluto salutare Fabio Fazio con queste parole "Lasciami dire che il fatto che te ne vai è una gravissima perdita per il servizio pubblico e un grande errore editoriale. Ma grazie e tanti auguri”.
Prendiamo atto della sua opinione da opinionista ma speriamo sia concesso anche a noi “cittadini semplici” notare che l’epurazione, perché Trumpiano, da FOX NEWS di Turker Carlson, commentatore televisivo seguito in tutto il mondo, non ha visto De Bortoli, e tanti altri, stracciarsi le vesti in difesa della libertà di opinione, ne definire quel licenziamento un “errore editoriale”?
Eppure la notizia del licenziamento del conduttore ha causato alla società madre della rete, la Fox Corp., controllata da Rupert Murdoch, una diminuzione della valutazione di mercato pari ad un miliardo di dollari in un solo giorno per, poi, continuare la caduta nei giorni a seguire.
Turker Carlson, però, è stato licenziato da Murdock, detto “lo squalo”, mica da un Fuortes qualsiasi e sembrerebbe che se sei un opinionista, o un intellettuale da salotto televisivo, preferisci occuparti d’altro.
Se, poi, ad essere epurato è un amico di quel cattivone di Trump è meglio, molto meglio, non occuparsene …. nel caso ti venisse la folla idea di “difenderlo” rischi di essere epurato anche tu.
Ignoto Uno
19/05/2023
Scandali anche italiani ….
dal Russiagate ad oggi
Il rapporto del procuratore speciale John Durham, nominato dal ministro della giustizia durante l’amministrazione Trump, conclude dichiarando che “l’FBI non avrebbe mai dovuto avviare il 'Russiagate'.
L’inchiesta giudiziaria, giornalisticamente denominata Russiagate, nacque a causa di sospette ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti del 2016 che terminarono con la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton.
Le indagini furono, in una prima fase, condotte dal procuratore speciale Robert Mueller, già direttore del FBI, ove fu nominato da Bush e confermato da Obama, che il 16 febbraio 2018 pubblicò il documento di imputazione contro 13 russi e tre organizzazioni che ebbero, secondo il procuratore, un ruolo. I reati ipotizzati furono spionaggio a favore di potenze estere e tradimento dello Stato. Il regista occulto, secondo la stampa americana ed internazionale, era Donald Trump.
L’inchiesta si concluse con il rapporto finale reso noto il 24 marzo 2019 in cui venivano esplicitamente denunciati presunti collegamenti tra la campagna elettorale di Donald Trump e la Russia. Fatto che veniva dedotto dalla trascrizione di intercettazioni telefoniche, le cui bobine venivano secretate, compiute dal FBI.
Trump parlò immediatamente di caccia alle streghe ma, nel frattempo, dovette vedere indagati addirittura il suo consigliere per la sicurezza nazionale, generale Michael Flynn, e il suo legale Michael Cohen. Entrambi si addossarono colpe davanti al Congresso. Oggi capiamo che lo fecero per proteggere la presidenza Trump da calunniose ed infamanti colpe che, sempre oggi, sappiamo essere totalmente false tanto che sia il generale che l’avvocato sono stati integralmente riabilitati.
Accuse che oggi sono state cancellate appunto, dopo che sono emersi i comportamenti fraudolenti nell’indagine del FBI che ha stravolto il contenuto delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche dei due indagati delineando, in questo modo, una regia di Trump per modificare l’esito delle elezioni presidenziali del 2016, elezioni che vinse.
Oggi il rapporto di oltre 300 pagine di Durham, il nuovo procuratore generale non legato al FBI, dichiara che la stessa FBI ha utilizzato "informazioni di intelligence grezze, non analizzate e non corroborate" per avviare “l’indagine su Trump e la Russia, ma ha utilizzato uno standard diverso per soppesare le preoccupazioni sulle presunta interferenze elettorali riguardanti la campagna di Hillary Clinton”.
“Interferenze” che noi “cittadini semplici” tradurremmo con “aiutini”, alla Clinton non a Trump. Malgrado questo nel 2016 I democratici degli Obama, della fondazione Clinton e della famiglia Biden persero.
Nel documento del procuratore si rileva anche che "almeno da parte di alcuni membri del personale più direttamente coinvolto nelle indagini" c'era "una predisposizione ad aprire un'inchiesta su Trump".
Praticamente dichiara che vi erano servitori dello Stato che volevano quantomeno rallentare ed indebolire l’azione del presidente Trump e colpire lo stesso presidente in corsa per il secondo mandato alla Casa Bianca.
Nel Russiagate l’Italia è coinvolta almeno a causa del professor Joseph Mifsud, docente maltese della Link Campus di Roma, sparito nel nulla il 31 ottobre 2017.
Con la sua scomparsa rimangono irrisolti un enorme numero di misteri.
Oggi, dopo quanto è emerso negli USA, questo non possono che sperare i “cittadini semplici” italiani, le autorità italiane potrebbero dare motore ad una forte iniziativa giudiziaria che dia risposte chiare sugli intrecci che passano per la nostra Patria nel caso Russiagate.
Chi era Mifsud? Una spia Russa? Oppure un professore che lavorava per qualche servizio di intelligence di un paese NATO?
Il professore è sparito, questo è sicuro, ed ancora non si è capito come abbia potuto farlo dato che era già al centro di questo intrigo internazionale.
Sarà ancora vivo e viene protetto oppure è morto, magari assassinato? Nel caso da chi e perché?
La nostra amata Patria avrebbe tutto l’interesse ad interrogarlo e comprendere quanto il professor Mifsud, nell’aprile del 2016, dichiarò al consigliere di Trump, George Papadopoulos, allorquando disse che “il governo russo possedeva materiale compromettente su Hillary Clinton”.
Materiale che aveva la “forma di mail” disse, parrebbe con dovizia di particolari, lo stesso professore. Utile ricordare che Hillary Clinton con le mail ha una certa tradizione come le dichiarazioni di Assange ed i documenti che lo stesso ha mandato via web in giro dimostrano. In carcere, però, vi è Assange.
Papadopulos, dopo aver parlato con Mifsud, si confrontò con l’Alto Commissario australiano a Londra Alexander Downer, il quale lo riferì alle autorità americane.
Il 31 luglio 2016, da queste dichiarazioni di Mifsud riportate a Londra ad un australiano, iniziarono le indagini dell’Fbi sui “presunti collegamenti fra Donald Trump e la Russia” senza minimamente tener presente che le citate mail erano di Hillary Clinton e non di qualcuno vicino a Trump. Misteri del FBI verrebbe da dire.
Accuse che sono state cancellate dal rapporto del procuratore speciale John Durham.
Fatto che avviene dopo anni e dopo la scoperta che le trascrizioni delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del generale Flynn con un addetto dell’ambasciata della Federazione Russa a Washington compiute dal FBI si sono dimostrate false e fuorvianti. In pratica non riportavano i reali contenuti delle telefonate.
Per completezza i documenti che riportavano quanto dichiarato da Mifsud a Papadopoulos nei loro incontri recitavano che in essi gli stessi “hanno parlato di sicurezza informatica e hacking come un problema più ampio”.
Cyber security che, nel 2020, divenne centrale in un altro intreccio Internazionale che riguarda, ancora una volta, le elezioni presidenziali americane.
Russiagate allora, Italygate nel 2020. Sempre Italia al centro, sempre un professore universitario che rilascia dichiarazioni assai sensibili, sempre agenzie americane coinvolte, sempre Trump che chiede la verità, sempre indagini spostate su binari minori o morti.
Un “cittadino semplice” si chiede a cui prodest in Italia tutta questa “disattenzione” e cosa avverrà in Stati Uniti dopo il passo avanti verso la verità che il rapporto del procuratore speciale John Durham ha permesso di fare.
Nota a margine, in queste ore FOX NEWS ha lanciato una campagna di stampa su presunti fondi che il presidente Biden avrebbe ricevuto da anni regolarmente dalla Cina.
Trump è il grande nemico della potenza asiatica, potenza sempre più presente in Europa e nella nostra Italia.
Noi “cittadini semplici” ci chiediamo se quelle dazioni economiche si dimostreranno vere e se, oltre a Biden e famiglia, altri denari possano essere arrivati anche ad altri importanti politici sia in Stati Uniti e, magari, anche in Italia.
In questo caso, malaugurato caso, le tante omissioni facilmente visibili sul Russiagate e non solo si comprenderebbero molto meglio …. e, almeno questa volta, sarebbero palesemente attuate per limitare quel cattivone di Trump e non per colpa di Trump.
Ignoto Uno
18/05/2023
Zelensky a Roma
L’analisi dei dati di ascolto televisivi della giornata che ha visto il presidente Zelensky a Roma permette di avere una idea chiara su quanto i cittadini italiani si sentano coinvolti nella guerra in Ucraina.
Ebbene i dati di ascolto dello “Speciale Porta a Porta”, che ha visto la presenza del presidente ucraino Zelensky, parlano chiaro.
Solo il 17,4% degli italiani, pari a 2,2 milioni di telespettatori, si sono dedicati all’ascolto di questa trasmissione che aveva, come è ovvio, il compito di permettere a Zelensky di portare agli ascoltatori la visione che lo stesso ha del momento bellico e di delineare, acquisendone consenso, le strategie ed i tempi che porteranno ad una nuova pace ed alla conseguentemente stabilità socio economica in Ucraina ed in tutta Europa.
Contemporaneamente veniva trasmessa la replica di “Avanti un Altro” su Canale 5. Questa trasmissione, mi scuseranno gli amanti del genere ma credo che accetteranno se non la ritengo un best seller, ha raggiunto uno share del 20,1%., poco meno di 3 punti percentuali in più della trasmissione che vedeva presente il presidente dell’Ucraina.
Nella stessa giornata è stato trasmesso il Festival della canzone europea che ha visto uno share del 34%, pari a 4,9 milioni di telespettatori. Praticamente il doppio di Porta a Porta con Zelensky.
Numeri che parlano, vanno letti ed analizzati sul piano socio politico.
Quali le cause di questo palese disinteresse verso le vicende della guerra?
Mi sembra semplice trovarle nel fatto che la grande maggioranza dei cittadini del mondo, fra cui gli italiani, vedono Zelensky come un signore, non mi permetto di definirlo un ventriloquo, dipendente da poteri che non sono ucraini e non vivono nemmeno in Ucraina.
Conseguentemente il suo andare in giro per il mondo, dopo la visita a Roma ha fatto un tour che lo ha visto sua a Berlino che a Parigi, appare più come una tragicommedia che come la presenza di uno statista che difende il suo popolo ed i suoi confini.
Parliamoci chiaro il mal celato tentativo di posizionare l’immagine del presidente Ucraino fra i grandi statisti occidentali della storia recente ha del assai poco credibile.
Le sorti di questa drammatica guerra, che sta vedendo un popolo morire ed una intera nazione tramutata in un campo di battaglia, sono palesemente decise fuori dall’Ucraina e, questo mi sembra certo, non da Zelensky.
Intanto la gente muore. Muoiono ucraini, russi e tanti altri “fantasmi” presenti in territorio ucraino che non vengono resi noti.
La guerra in Ucraina finirà, purtroppo non credo presto, non per merito di Zelensky e Putin, ma per volontà di ben altre forze in campo.
Forze che non erano presenti a Porta a Porta.
La loro assenza nella trasmissione di Bruno Vespa è la causa che ha reso assai più interessante vedere la trasmissione della canzone europea piuttosto che seguire il pensiero del leader ucraino.
In pratica il popolo dei “cittadini semplici”, semplici sì ma stupidi no, ha fattivamente dichiarato a Zelensky che, visto che si doveva vedere un teatrino, molto meglio quello delle musica europea.
Zelensky è un disco rotto che cambierà il suo dire quando chi tiene i suoi fili lo deciderà.
In questo teatrino vi è finito dentro anche lo Stato del Vaticano.
Il Segretario di Stato, cardinal Parolin, ha preferito, camuffandolo con un viaggio all’estero, non affiancare il Santo Padre in una azione che, almeno oggi, appare poco ponderata.
Noi credenti, che ben comprendiamo quanto sia indispensabile per gli equilibri di pace nel mondo il ruolo dello Stato del Vaticano, non possiamo che sperare che il Santo Padre abbia un disegno carsico così sofisticato da non essere comprensibile a chi non è dentro alle segrete cose.
Lo vogliamo credere da credenti, ma temiamo che Papa Francesco abbia fatto un passo che lo limiterà nella sua azione per la pace nel futuro.
Limitazione che ci riduce la speranza di poter vedere presto la luce della pace essendo noi “cittadini semplici” assai convinti del parallelismo storico fra i tristi fatti d’Ucraina di oggi e quel momento che passò alla storia come “Crisi di Cuba”. Momento che fu risolto dalla autorevolezza di un grande Papa quale fu Giovanni XXVIII.
Nell’analizzare questo triste scenario mondiale non possiamo, ne dobbiamo, limitarci a questa drammatica situazione ucraina.
Essa va inserita in uno scenario di guerra ben più totale ove noi “cittadini semplici” dobbiamo ricordarci dei rischi in essere a Taiwan, delle nuove e gravissime tensioni mediorientali, dei nuovi elementi di crisi in Africa.
Tutto si lega in geopolitica e, questo crede un “cittadino semplice” come me, solo un tavolo che sappia affrontare lo scenario globale nella sua interezza trovando un nuovo paradigma che equilibri il sistema sia in termini politici che geoeconomici fermerà questa tragedia.
Se questo non avverrà il timore di noi “cittadini semplici” è che si arriverà, ovviamente non lo speriamo, ad un nuovo conflitto mondiale.
Conflitto che, magari, memori del famoso detto “tanto peggio, tanto meglio”, a qualcuno farà anche comodo e piacere.
Eventuali forze che lavorano per favorire questo scenario di tragedia sappiano, però, che noi “cittadini semplici” non abbiamo nessun desiderio di mandare i nostri figli a morire per permettere loro di gestire i loro interessi.
Questo viene in mente a me, “cittadino semplice” come tanti altri, nel vedere le francamente ridicole immagini romane di “Zelensky and co.”.
Ignoto Uno
16/05/2023
Non sempre il “nero”
vuol dire “fascismo”
Il protocollo vaticano scrive che il «privilegio del bianco» sia riservato alle regnanti cattoliche.
Oggi sono sette e precisamente la regina Letizia e l’ex regina Sofia di Spagna, la regina Mathilde e l’ex Paola del Belgio, la granduchessa Maria Teresa di Lussemburgo, la principessa Charlene di Monaco e la principessa Marina di Savoia.
Pur se l’incontro tra la premier Meloni e il Pontefice si è svolto fuori dalle mura della Santa Sede, qualche sopracciglio alzato quel vestito bianco indossato dalla Premier lo ha causato.
Il protocollo, pur se in realtà ormai facoltativo dagli anni Ottanta, ma ad oggi sempre rispettato, infatti, prevede che per gli incontri con il Santo Padre le signore, fra le quali si annoverano anche le premier, prediligano il vestito nero ed il capo coperto.
Qualche “analfabeta” del protocollo Vaticano avrebbe certamente fatto ironia sul “nero” indossato dalla prima premier donna in Italia, persona che con il “nero” ha convissuto bene tutta la sua vita.
La domanda che sarebbe stata utile porsi prima di consigliare alla premier Meloni di indossare un vestito bianco, però, poteva essere se fosse più adeguato per rispettare lo standing che il premier di uno Stato con una cultura millenaria alle proprie spalle e che vede inglobato al proprio interno lo Stato del Vaticano lasciare gli “analfabeti” aprire bocca e dare fiato o fosse più utile rischiare di passare per “inadeguati” e “lontani dalle tradizioni”.
Ognuno di noi “cittadini semplici” con la nostra posizione privata sulla fede, sui rapporti fra lo Stato italiano ed il Vaticano, con la nostra singola e privata sensibilità culturale saprà raggiungere la propria risposta.
Io, “cittadino semplice” un po’ “antico”, avrei preferito vedere la Premier indossare un bel tallier nero con il capo coperto, magari di alta sartoria italiana.
Il “nero” non è “fascista” nel vestire, è solo “elegante”…… soprattutto in certe situazioni.
Infine, come non ricordare il famoso cappello bianco in piuma d’oca indossato da Giovanni Paolo II, oggi Santo, e la fortuna che quella allora azienda fiorentina ebbe nel mondo grazie ad una telecamera che ne inquadrò il marchio al centro del cappello?
Ebbene, che occasione irripetibile ha avuto la premier italiana allorquando davanti ad una sala gremita e di fronte a chissà quante telecamere sedeva alla distanza di un braccio dal Santo Padre.
Occasione che, per il Made in Italy, di cui questo governo va così fiero da intitolarne un ministero, sommessamente noi “cittadini semplici” riteniamo potesse essere sfruttata meglio.
Forse anche per questo servono le tradizioni e la conoscenza dei precedenti.
Ignoto Uno
14/05/2023
Simboli Reali e …..
forse “green”
Il 6 maggio presso l’Abbazia di Westminster a Londra si è tenuta la cerimonia di incoronazione di Sua Maestà il Re Carlo III.
Un rito. Un simbolo.
Il neo Sovrano, da sempre paladino della sostenibilità e dell’ambiente, aveva fatto formalizzare che avrebbe riutilizzato gli abiti precedentemente indossati dai suoi predecessori al fine di lanciare un messaggio di “sostenibilità e di efficienza”.
Abiti in seta e oro indossati nel 1821 da Giorgio IV quelli con cui Sua Maestà Carlo III ha voluto ricordare la cultura “green” attraverso i “riutilizzi”.
La cerimonia di incoronazione di Carlo III, questo ci informa il circo mediatico e degli opinionisti, “riflette la passione di lunga data del Re per la natura e il suo impegno per la tutela dell’ambiente e uno stile di vita sostenibile”.
Al netto dei 200mila pacchetti di semi di fiori selvatici donati alle scuole, per il resto una serie di messaggi simbolici interpretati come “green”.
Dall’Uomo Verde che adornava l’invito alla cerimonia. Simbolo che richiama la primavera ma che è anche antico simbolo celtico della “rinascita”.
Alla corona di foglie di quercia e biancospino che poco ha di “green” e molto di “impero romano”. Essa, infatti, coronava gli imperatori romani ed era simbolo di gloria militare.
L’abito dell’incoronazione della Regina consorte Camilla, inoltre, era ricamato con “api” simbolo dei Celti e dei Germani, oltre che degli antichi Greci, dell'abbondanza e della ricchezza e per i framassoni del lavorare insieme.
L’abito della Regina era, anche, adornato da una “coccinella” che, sempre per i Celti ed i Germanici, ma non solo per quelle culture, era il simbolo della gioia, della pulizia, della correttezza e della bontà, anche in amore.
Messaggio ben chiaro della Regina verso il Suo Re ed il Suo popolo.
Chissà se il simbolo del “mughetto”, che nella religione cristiana simboleggia le lacrime di Maria che piange la perdita di suo figlio, possa essere interpretato come un “messaggio” a Simon Dorante-Day che da anni sostiene di essere la progenie segreta della neo reale coppia?
A cui si contrapporrebbe il “mirto” antico simbolo della purezza di Venere e nella Sacra Bibbia simbolo di gioia, pace, generosità e giustizia.
Il paravento utilizzato per nascondere il Re alla vista del pubblico durante l’unzione è inoltre decorato con un albero di 56 foglie che rappresenta tutti gli Stati membri del Commonwealth, fatto che confermerebbe la cultura simbolica presente nella cerimonia anche nei passaggi meno evidenti.
I media, praticamente all’unisono al punto da chiedersi a cosa serva ancora la multi mediaticità se si leggono e sentono sempre e solo le stesse cose, hanno letto questi simboli come una volontà di Sua Maestà il Re Carlo III di ribadire la propria posizione di attivista ambientale e di assertore della cultura della sostenibilità.
Re Carlo, utile ricordarlo, già nel 2008 tenne un discorso al Parlamento europeo nel quale sottolineò l’urgenza della lotta al cambiamento climatico. Impostazione politica che mai ha abbandonato e che ha ribadito nel 2021 al vertice delle Nazioni Unite sul clima COP26 ove ha espresso il suo pensiero sul ruolo del settore privato nel sostenere la decabornizzazione.
Lotta che non ha impedito a un nuvolo di aerei privati di atterrare a Londra per portare i reali ospiti ad un evento che di sostenibile aveva ben poco, ancor meno il costo che è stato stimato dai media inglesi in almeno cento milioni di sterline. Molti dei quali per coprire costi che ben poco avevano di “green” e di “sostenibile”.
Ogni altra lettura dei tanti simboli presenti è stata resa invisibile.
Evento fuori dal tempo, in tal senso unico e storico, quello della incoronazione del Re di Inghilterra ma che, proprio per il suo essere fuori da tutto, sarebbe dovuto rimanere terzo a tutto.
Un cammeo proveniente dal passato, una radice profonda nelle tradizioni e nei messaggi.
Esattamente come i simboli che esponeva …. purtroppo, però, gli “opinionisti” li hanno voluti “modernizzare” e “politicizzare”.
Sempre che ne avessero capito le altre letture possibili.
Ignoto Uno
09/05/2023
Springsteen apre
la campagna elettorale
di Biden attraverso
gli Obama?
Bruce Springsteen, cantante rock statunitense di fama mondiale, nacque nel New Jersey e visse tutta la sua infanzia nella cittadina operaia di Freehold. Il padre di origine irlandesi e olandesi, la madre di origine italiana.
Quest’ultima proveniva da una famiglia emigrata negli Stati Uniti alla fine dell'ottocento da Vico Equense vicino a Sorrento.
Famiglia operaia e lui stesso camionista, oggi miliardario.
Un grande esempio di quell’idea di vita che viene chiamato “sogno americano”.
In altre parole quella speranza che attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e la prosperità economica.
Rispetto delle leggi, merito e duro lavoro.
Ebbene tutti i media occidentali hanno ritenuto di dare ampio risalto al fatto che Springsteen ha aperto a Barcellona la sua tournée in Europa con 55mila spettatori.
Fra questi Obama con la moglie Michelle che è salita anche sul palco per cantare con la star del rock.
Chi sarebbe lieto di non vedere correre per la Casa Bianca la signora Obama ha avuto, da questo gesto, un sussulto di speranza. Forse la vita futura della stessa si sta indirizzando verso il canto.
Purtroppo i più smaliziati vedono in questo gesto, solo apparentemente banale, il modo di fare politica di oggi. Vedono una precisa azione di campagna elettorale del mondo Obama, Clinton e Biden.
Con Springsteen fedele servitore.
Alla rockstar noi “cittadini semplici” avvezzi alla memoria desideriamo rammentare l’origine delle sue fortune, merito, lavoro e fiducia nel sogno americano e, contemporaneamente, consigliamo di andare a studiare quei drammatici giorni del 2020 allorquando mori, colpevolmente ucciso da un poliziotto nella città più di sinistra d’America, George Floyd.
Allo stesso tempo consigliamo alla stessa rockstar di leggere la posizione che prese pubblicamente Obama.
Nei giorni successivi alla morte del afroamericano di 46 anni Floyd, avvenuta il 25 maggio 2020 a Minneapolis in Minnesota, Barack Obama, infatti, pubblicò su Medium alcuni suoi pensieri e consigli a coloro che protestavano in tutto il paese per “aiutare ad arrivare a un vero cambiamento”.
Fautore principale delle proteste era il gruppo di estremisti neri americani Antifa. Che rappresenta una netta minoranza della stessa comunità nera.
Proteste che spesso si tramutavano in vera e propria violenza urbana.
Obama, che nel testo condannava le violenze, dichiarava, contemporaneamente però, che “spetterà alle nuove generazioni di attivisti il compito di ideare strategie che meglio si adattino ai tempi che corrono” e continuava dicendo “Credo che ci siano da trarre alcune importanti lezioni dagli sforzi fatti in passato.Innanzitutto, l’ondata di proteste che attraversa il paese rappresenta un genuino e legittimo sentimento di frustrazione per i continui fallimenti nel riformare le pratiche di polizia e del più ampio sistema di giustizia penale negli Stati Uniti”.
“Ondata di proteste legittime” disse. Ebbene quelle proteste videro la distruzione di abitazioni ed attività private, automobili incendiate, l’abbattimento di statue quali quella di George Washington nella capitale statunitense, addirittura il tentativo di distruzione di un crocifisso in una chiesa cattolica ritenuta vicino ad organizzazioni di bianchi suprematisti.
Distruggere simboli storici e religiosi sembrò in quei giorni ai più attenti una vera e propria strategia degli appartenenti ad Antifa.
Antifa, pur se tutti i media che fanno riferimento al mondo vicino ad Obama negano che lo stesso ne sia il leader o, così si diceva un tempo, il “cattivo maestro”, ribadisce in continuazione la vicinanza con lo stesso Obama ed i suoi membri vedono in lui uno dei più importanti riferimenti.
Inoltre, noi “cittadini semplici” riteniamo assai utile, e lo consigliamo anche alla rockstar, guardare il docufilm “Mules”.
In esso si racconta di attivisti di Antifa, con il telefonino in mano per documentare a qualcuno le loro gesta, che votavano, durante le elezioni presidenziali del 2020, decine e decine di volte ed, ognuno di loro, in vari Stati della Federazione Americana nello stesso giorno.
Elezioni che videro il Presidente Trump dichiarare che vi sono stati brogli che ne hanno stravolto il risultato. Elezioni che oggi sono sotto indagine di una Commissione Inquirente del Congresso americano.
Che i cosiddetti “mules” fossero di Antifa lo hanno già riscontrato le autorità giudiziarie di molti Stati americani.
Springsteen dovrebbe ricordarsi che, se lui discendente da immigrati, è quello che è oggi, lo deve al fatto che i suoi antenati prima, e lui negli anni che lo hanno portato al successo partendo dalla nobile ma non altrettanto redditizia attività di camionista dopo, hanno creduto nel sogno del successo legato al lavoro ed alla legalità.
Legalità che è il primo requisito della democrazia.
Antifa è la negazione di tutto questo.
Antifa è distruzione delle radici americane fino a abbattere i monumenti quali quelli di Washington e di Colombo.
Antifa è sopruso, fino a bruciare case private e attività di comuni cittadini inermi.
Antifa è immigrazione clandestina come le corti americane riscontrano ogni qual volta ne arrestano qualche membro per le sue gesta.
Antifa è sradicamento delle radici giudaico cristiane del popolo americano e, consegue, mette a rischio la cultura di tutto l’occidente.
Antifa è, direttamente o indirettamente, la cultura del deep state americano costruita durante le loro permanenze alla Casa Bianca dagli Obama, Clinton ed, ora, Biden. Assecondati dai Bush e dai Cheney, se non anche dai Pompeo e Pence.
Caro Springsteen la tua “Born in the USA” canta con orgoglio un’altra America e, indirettamente, un altro occidente.
A noi “cittadini semplici”, che amiamo il rispetto delle leggi, la crescita sociale per merito, le nostre radici culturali ed i nostri simboli, l’America che tu oggi supporti non ci piace.
Amiamo quella di prima, quella che parte dai Roosvelt, passa per i Kennedy ed i Reagan e arriva ad un uomo che non ha promosso nemmeno una guerra ed ha causato la pace attraverso i Patti di Abramo in medio oriente quale è stato il Presidente Donald Trump.
A noi, sempre “cittadini semplici”, piace quella che, portando a morire solo in Italia 90mila giovani americani, quella America ci ha dato libertà, democrazia, pace e benessere.
Quella che ha “esportato la democrazia nel mondo” lasciando guerre civili e povertà ovunque la vorremmo dimenticare e perdere per sempre.
Ma noi siamo “semplici” e siamo rimasti “ceto medio”, non siamo radical chic e non parliamo “green” dai nostri aerei privati.
Ignoto Uno
02/05/2023
Festa del 25 Aprile
e idea di libertà
Come ogni anno il 25 aprile gli italiani celebrano la Festa della Liberazione.
Essa commemora la fine dell’occupazione nazista e la caduta del fascismo.
In realtà l’occupazione nazifascista non terminò l’8 settembre 1943, data in cui a Cassibile venne firmato l’armistizio, ne il successivo 25 aprile 1944 allorquando iniziò la ritirata delle truppe di Hitler e dei Repubblichini di Salò da Torino e Milano.
Ne, tantomeno, è corretto parlare di “vittoria partigiana” della guerra.
La guerra la vinsero le truppe alleate, i partigiani dettero quell’aiuto ad esse che permise al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il 22 aprile 1946, ed al Re Umberto II di emanare un decreto: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
La ricorrenza, da quell’anno sempre celebrata, divenne solo nel 1949 istituzionalizzata come festa nazionale. Contemporaneamente venne istituita la festa del 2 giugno, la Festa della Repubblica.
Il 25 aprile celebra la ritrovata libertà degli italiani che, questo è il mio pensiero, dovrebbero ricordare non solo i caduti al Milite Ignoto, alle Fosse Ardeatine e nei tanti altri luoghi della guerra partigiana in Italia, bensì dovrebbero anche commemorare i 90mila soldati americani sepolti da Udine a Siracusa in 42 cimiteri su suolo italiano. Soldati caduti per liberare l’Italia ai quali si devono unire anche i caduti britannici.
I partigiani italiani caduti in combattimento furono 6.682.
Che cosa è la “libertà”?
Essa è “la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un'azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla”.
Siamo sicuri che nella nostra amata Italia oggi si possa vivere in una reale e totale possibilità di operare scelte senza costrizioni sia morali che giuridiche?
Abbiamo in Italia una vera libertà di azione politica?
L’Italia di oggi parla di controllo sulle “fake news” e non ricorda come la propria storia vide Galileo Galilei dover ritrattare la sua “verità” per non finire impiccato. La “sua verità” era che la terra gira intorno al sole, concetto per i tempi inaccettabile ma, salvo per pochi noti come “terrapiattisti”, oggi scientificamente provata.
Galilei sarebbe stato dipinto come un “denigratore della scienza” se al tempo vi fossero stati i vari TG e le varie trasmissioni politiche dei giorni nostri. Sarebbe stato disintegrato da programmi televisivi e quotidiani che non avrebbe fatto altro che dare spazio ai vari “opinionisti”, “divulgatori scientifici”, “giornalisti” che, spesso come martelli pneumatici, per non usare una parola evocatrice quale quella di “picchiatori”, avrebbero ribadito il pensiero del potere dominante.
Pensiero del potere che, al tempo, era graniticamente certo che la terra fosse “piatta”.
Infine sarebbe arrivato un “bufale.net” ante litteram e, dall’alto della sua capacità scientifica e di indagine, avrebbe marchiato a fuoco il povero Galileo Galilei con il marchio di “fake news”.
A noi “cittadini semplici” la figura di Galileo Galilei ricorda tanto altre più recenti quali quella di Luc Montagnier e, perché no, di quel Donald Trump.
Entrambi sempre bistrattati da un sistema che parla sempre di “libertà” ma pretende che tutti si adeguino al “pensiero unico”.
Nel 1982 il Prof Isaiah Berlin, uno dei maggiori pensatori liberali del XX secolo, filosofo, politologo e diplomatico, famoso per essersi dedicato alla ricerca della “storia delle idee” scrisse che “L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci prenda e ci massacri”
Continuava dichiarando che gli esseri umani hanno “il diritto di resistere, di essere impopolari, di schierarsi per le proprie convinzioni per il solo fatto che sono proprie”.
Questa, secondo Berlin e, più sommessamente, secondo noi “cittadini semplici”, è la vera libertà.
Se questa libertà è negata, banalmente, non c’è libertà ma esclusivamente l'illusione di averla.
L’Italia di oggi è una nazione che guarda a 70 anni fa ma non analizza i limiti socio politico economici che noi “cittadini semplici” dobbiamo subire nel nostro quotidiano.
L’Italia di oggi è una nazione ove i cittadini che non si sentono rappresentati dai partiti esistenti non riescono, a causa delle norme emanate dagli stessi partiti esistenti, a formare aggregazioni politiche e si vedono costretti a votare dei politici inseriti nelle liste elettorali dalle segreterie dei partiti.
Politici, troppo spesso, senza ne spessore ne schiena dritta.
L’Italia di oggi è una Italia ove hanno diritto di parola e di tribuna esclusivamente degli “opinionisti” che, parafrasando un grande poeta quale fu Giorgio Gaber, “opinionano con le opinioni degli altri”, riportano il pensiero di chi è al potere.
L’Italia di oggi è la nazione dei tanti magistrati, per fortuna non tutti, che “guardano solo quando serve al potere che rappresentano”.
L’Italia di oggi ha ripetuto il rito del 25 Aprile, si è dilaniata nell’ antifascismo di facciata, ha osannato i partigiani ma non ha commemorato con egual cura chi venne a spazzar via quei nazifascisti tanto odiati dopo, ma tanto sopportati, se non addirittura supportati, prima che arrivassero le “jeep” alleate.
Vi è vera libertà oggi in Italia?
Più che nel ventennio certamente sì, ma la libertà come la disegna il professor Berlin a noi “cittadini semplici” sembra molto lontana
Infine, speriamo che le cosiddette “fake news” siano per davvero “notizie false”.
In caso contrario, se i dati dei “no Vax” piuttosto che le affermazioni sui brogli elettorali in Stati Uniti nel 2020 fossero tutt’altro che “fake news”, allora ci sarebbe poco da festeggiare il 25 aprile.
Ignoto Uno
26/04/2023
Crisi demografica….
crisi della politica.
L’Italia è, dopo la Germania e la Francia, il terzo paese con più abitanti dell’Unione Europea, il venticinquesimo al mondo.
Oggi il 22,6% della popolazione ha più di sessantacinque anni mentre solo il 13,5% ha meno di quindici anni.
Allo stesso tempo sono in costante aumento gli stranieri che, oramai, superano l'8,8% dei residenti pari a 5.193.669 persone.
L’Italia di oggi è uno dei paesi con il tasso di natalità più basso. Tasso che, oramai, si attesta a 1,25 per donna. Dato in costante calo, che vuol dire peggioramento.
Allo stesso tempo il nostro magnifico paese è sempre più disabitato visto che la popolazione si concentra nei grandi centri urbani e solo 741 comuni hanno almeno quindicimila abitanti.
Su 8.040 comuni sono 7.299 i piccoli comuni, cioè quelli con poche migliaia di abitanti.
Le cause di questa situazione assai preoccupante sono molteplici.
Per esempio il 33% dei bambini sotto i tre anni nato al centro nord possono usufruire di un nido pubblico mentre il Sud fa fatica a raggiungere il 14%.
Per la precisione sono 13.834 i servizi per la prima infanzia, i nidi, per 361.318 posti di cui il 50% all’interno di strutture pubbliche.
Mediamente una famiglia spende al mese 303 euro con punte in Trentino Alto Adige ove si può arrivare a rette mensili pari a 472 euro. La retta più bassa in Molise con 169 euro.
Questi costi vanno letti insieme allo stipendio medio in Italia che è di circa 1.600 euro netti al mese per 13 mensilità, ma vi sono molte famiglie, soprattutto le giovani, che non raggiungono questi livelli di reddito.
Gli asili nido aziendali in Italia sono 220, di questi 208 nel Nord Italia e appartengono a grandi realtà aziendali.
Dati eloquenti e che aiutano a comprendere perché in Italia non nascono più bambini.
Come può, infatti, una giovane coppia che, per esempio, non ha una casa di proprietà condivisa con i genitori o comprata/affittata con l’aiuto degli stessi decidere di buon grado di mettere al mondo un figlio, men che meno due.
Due per famiglia significa crescita zero!
In Italia, oltretutto, si inizia a lavorare tardi. A 24 anni i ragazzi ed a 26 le ragazze, fra i quattro ed i cinque anni più tardi rispetto al resto d’Europa.
Addirittura peggio della Grecia che, in termini macroeconomici, è l’unica che si trova in condizioni più complesse dell’Italia.
In Italia si hanno stipendi netti più bassi che nella media europea, si inizia a lavorare più tardi e, quasi sempre, nei primi anni si fa lo stagista quasi gratis.
In Italia si vive pressoché esclusivamente nei grandi centri urbani ove il costo della vita è più caro, ancora peggio al nord.
Servizi pubblici costosi per la qualità che forniscono, affitti spesso impossibili per le giovani coppie, lavoro quasi sempre mal pagato soprattutto al primo impiego.
Questa la fotografia.
Sarà, forse, per questo che noi “cittadini semplici” non ci stupiamo nell’apprendere che sempre più neo laureati lasciano la nostra patria e che, in termini percentuali, nascono più bambini da giovani coppie italiane all’estero che nel bel paese.
La politica tutta, destra centro e sinistra, saprà, oltre le tante chiacchiere sulla crisi demografica, compiere scelte che possano far invertire la tendenza?
Ignoto Uno
14/04/2023
Dall’Ucraina a Taiwan ….
Il Presidente Macron al termine del suo viaggio a Pechino ha pensato bene di dichiarare che “l’Unione Europea non dovrebbe intromettersi nelle questioni tra la Cina e Taiwan”.
«Sarebbe paradossale - ha continuato Macron al termine dell’incontro con il presidente cinese Xi Jinping- se, presi dal panico, credessimo di essere solo dei seguaci dell'America».
Il giorno successivo ha ritenuto di correggersi, ovviamente dichiarando che non era stato ben compreso.
Noi “cittadini semplici” non avremmo, anche questa volta, capito niente, ma qualche domanda la vogliamo fare.
Presi dal panico? Per che cosa? La grande e potente Europa non sa tenere i nervi saldi secondo Macron?
“Seguaci dell’America” dichiara. È consentito a noi “cittadini semplici” chiedere al Presidente Macron chi stia definendo la politica europea e NATO nel conflitto in terra di Ucraina se non il Presidente Biden?
Fra parentesi, e giusto per disquisire, a noi “cittadini semplici” sembra che le “Americhe all’interno degli Stati Uniti” siano due.
Quella dei Biden Obama Clinton e dei loro amici nella finanza e nel mondo della comunicazione, e l’altra, quella di Trump con il mondo degli Stati Uniti rurali ed industriali.
Fra queste due “Americhe” a noi “cittadini semplici” risulta chiaro che, sin dal 2016 allorquando il “cattivone Trump” vinse le presidenziali, i leader europei e di molti Stati che compongono l’Unione stessa, fra questi per certo la Francia di Macron, si sono schierati, a prescindere dal pensiero dei loro popoli, con la linea antagonista al Presidente Trump. Giusto per precisare quella del “politicamente corretto” Obama e del suo vassallo Biden.
È, inoltre, consentito a noi “cittadini semplici” chiedere, sempre al Presidente francese, se una eventuale invasione di Taiwan da parte delle forze armate della Repubblica Popolare Cinese sia altrettanto disdicevole della invasione della Federazione Russa in Ucraina?
Non possiamo credere che una eventuale invasione cinese di Taiwan possa essere ritenuta “politicamente accettabile” dai leader europei, soprattutto dopo quanto quotidianamente ci narrano i media delle nostre parti, tutti, sulla guerra in territorio ucraino.