DA GABER AI NOSTRI GIORNI - ETTORE LEMBO NEWS

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Da Gaber ai giorni nostri. Cultura ed informazione …. pilastri di una Nazione
Il filosofo del fine ‘800 Bertrand Russell disse che “la causa principale del mondo di oggi sono gli stupidi strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.
In questi anni questo aforisma mi torna in mente quotidianamente. Per esempio allorquando cerco di comprendere quanto accade nella società civile di cui faccio parte attraverso le trasmissioni televisive di “approfondimento politico”.
In esse illustri accademici, opinionisti, tuttologi e giornalisti si esercitano nell’esprimere le loro certezze. Certezze che vengono assai spesso espresse con il tono di chi, devastato da un ego oltremisura, si sente nel diritto di esprimere il suo pensiero come “unico pensiero accettabile”.
Ringraziando per avermi reso partecipe delle loro certezze, cambio canale e cerco un bel film oppure chiudo la televisione e mi immergo nei miei dubbi da “cittadino semplice” ed inizio a leggere per cercare in confronto con idee diverse, cercare, attraverso il dubbio, il sapere.
Il “dubbio”, il più potente motore verso la conoscenza oggi da molti rottamato a favore della “certezza”.
In fondo è facile darsi ragione da soli.
Ragionando sulla nostra società occidentale, non solo italiana, tante le domande che causano movimento a quei due neuroni che il mio cervello da “cittadino semplice” e non da “opinionista” possiede.
Siamo ancora sicuri, per esempio, che rappresentare l’emiciclo del parlamento in “destra”, “centro” e “sinistra” sia ancora un modo che permette di definire cultura, valori e tradizioni distintivi e contrapposti fra due aree culturali ed ideologiche distinte della nazione?
Mi scuseranno coloro che dedicano tempo alla mia lettura, ma dato quel che si sente nelle trasmissioni di analisi politica e nel web, vista la pochezza culturale che troppo spesso si può notare, preso atto della faziosità che assai spesso dobbiamo sentire sia nei commenti dei cosiddetti opinionisti che degli accademici invitati, credo necessario prima permettere a me stesso di definire attraverso la ricerca sui, oramai assai poco apprezzati,  testi sacri, il significato intrinseco delle parole.
Parole chiave quali “nazione” e “Patria” per esempio.
Quale  la definizione, infatti, di “nazione”? Essa, in diritto, è la “comunità di individui legati, all'interno di un territorio, da comuni vincoli di natura etnica, linguistica, culturale e sociale”.
Nel leggere questa semplice, e totalmente consolidata, definizione di “nazione” mi accorgo che molte “opinioni”, vendute con il tono stentoreo della “certezza” e non con l’umiltà del “dubbio” socratico, quello di chi “sa di non sapere”, sono basate su una cultura labile a cui si unisce, troppo spesso, un ego smisurato.
Utile ribadirlo, assai spesso, chi, “cittadino semplice ed umile” come me, ha la mania dell’approfondimento si accorge della pochezza di chi, da quello che non è più un tubo catodico ma un “manipolatore a distanza del pensiero collettivo” vuole “dirigere” il pensiero dei molti attraverso “affermazioni spesso apodittiche” ripetute come un mantra, ovviamente senza contraddittorio.
Quale la definizione di Patria? Il Treccani, come sempre, ci aiuta.
Ogni tanto io, sempre “cittadino semplice”, mi chiedo perché questo volume così facile da compulsare sia così tanto bistrattato da chi si sente “proprietario” del “sapere”.
La definizione di “Patria” è “Il territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni”.
Il primo elemento che risulta essere indispensabile per appartenere ad un “popolo” facente parte di una “Patria” è, appunto, sentire di volerne fare parte aderendo, quantomeno, al percorso storico ed alle tradizioni di quel popolo. “Lingua, cultura, storia e tradizioni” recita la definizione.
Vi sarebbe, questo sì legge in diritto, anche il tema della “etnia”, elemento che apre ai ragionamenti sui “cambiamenti sociali”. Utile sarebbe “ragionare”, divisivo “imporre” e le “divisioni” portano sempre agli “scontri”.
Per comprendere questo, utile approfondire il pensiero di Giovan Battista Vico ma, forse, per i tuttologi di oggi questa ricerca è troppo faticosa.
Esattamente da queste definizioni e dalla conoscenza del pensiero di Vico, sembrerebbe, almeno ad un “cittadino semplice” come me, che sarebbe interessante poter assistere a dibattiti equilibrati ove le diverse posizioni abbiano eguale diritto di rappresentazione con il fine di raggiungere mediazioni e rispetto reciproco, ma, purtroppo, siamo nel mondo del “pensiero unico” e, fatto ancora più devastante, siamo nell’era del “pensiero piccolo”. Pensiero corto, quello adatto per i social.
Interessante in questo ragionamento, almeno per chi si sente un umile “cittadino semplice” inadeguato a proferire parole definitive ed erga omnes, senza pensare di poter essere un “costituzionalista”, almeno leggere come la nostra Costituzione tratti i temi di Patria e Nazione.
Termini, purtroppo mi sento di temere che a qualcuno oggi sfugga, che esprimono concetti e valori costituzionali.
Ebbene l’art. 52 recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino“.
“Difesa della Patria” recita la costituzione. Mi chiedo, io sempre “cittadino semplice”, se il concetto di “difesa” debba essere interpretato esclusivamente nel senso di “tutela dei confini” o allargato a “tutela dei valori e delle tradizioni”.
In aiuto nella ricerca della risposta, sempre nel dettato costituzionale, trovo l’articolo 9 che nell’affrontare i doveri della “Nazione” recita che la Repubblica “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione“.
Tutela il “patrimonio storico ed artistico” cioè le tradizioni e la cultura su cui abbiamo costruito la nostra casa comune, la nostra amata Patria, l’Italia unita ed indivisibile.
L’articolo 67 tocca un altro elemento determinante la vita repubblicana della Nazione allorquando recita che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“ a cui sarebbe assai utile ricordare che l’articolo 98 che recita ”I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione“.
La nostra Repubblica, il nostro sistema democratico, si basa su questo.
Nel sentire le affermazioni dei rappresentanti del popolo italiano, degli opinionisti, dei tuttologi, di molti cattedratici che allargano il loro “sapere” ad ogni argomento, addirittura, più recentemente, ai critici televisivi che si cimentano in analisi sociologiche e costituzionali, devo, i “cittadino semplice” con la sola certezza di “sapere di non sapere” e colmo di “dubbi”,  auspicare di poter presto vedere un “mondo migliore”, magari quello che tratteggia un grande, lui sì, poeta come Giorgio Gaber quanto scriveva: “E non riesco a trovar le parole
per chiarire a me stesso e anche al mondo cos’è che fa male”, o anche “Mi fanno male quelli che si credono di essere il centro del mondo, e non sanno che al centro del mondo ci sono io”
Gaber continuava con “Mi fanno male, quelli che sanno tutto... e prima o poi te lo dicono”, “Mi fa male il futuro dell’Italia, dell’Europa, del mondo. Mi fa male l’immanente destino del pianeta terra minacciato dal grande buco nell’ozono, dall’effetto serra e da tutte quelle tragedie planetarie, che al momento poi, a dir la verità, non mi fanno mica tanto male”.
Diceva ancora “Mi fa male l’ignoranza, sia quella di andata che quella di ritorno”, “Mi fa male la scuola privata, ma anche quella pubblica non scherza, nonostante che il Ministero della Pubblica Istruzione abbia 1.200.000 dipendenti. Numericamente nel mondo,  l’ente é secondo soltanto all’esercito americano”.
Parlando di media continuava con “non mi fa male la libertà di stampa. Mi fa male la stampa. Mi fa male che qualcuno creda ancora che i giornalisti si occupino di informare la gente. I giornalisti, che vergogna! Cosa mettiamo oggi in prima pagina? Ma sì, un po’ di bambini stuprati. E’ un periodo che funzionano. Mi fanno male le loro facce presuntuose e spudorate, facce libere e indipendenti ma estremamente rispettose dei loro padroni, padroncini, facce da grandi missionari dell’informazione, che il giorno dopo guardano l’indice d’ascolto …… Questi coraggiosi leccaculo travestiti da ribelli. E’ questa libertà di informazione che mi fa vomitare”.
Sulle ONG Gaber aveva questa opinione “Mi fa male, quando mi suonano il campanello di casa e mi chiedono di firmare per la pace nel mondo, per le foreste dell’Amazzonia, per le balene del Pacifico. E poi mi chiedono un piccolo contributo, offerta libera, soldi, tanti soldi per le varie ricerche, per la vivisezione, per il terremoto nelle Filippine, per le suore del Nicaragua, per la difesa del canguro australiano. Devo fare tutto io!”.
Sulla sanità ci diceva, ed io “cittadino semplice” mi chiedo cosa è cambiato in questi trenta anni, “Mi fa male quando mi sento male.
Mi fa male che in un ospedale pubblico per fare una TAC ci vogliano in media sette mesi” e continuava “Mi fa male, anzi mi fa schifo chi specula sulla vita della gente. Mi fanno male quelli che dicono che gli uomini sono tutti uguali”.
Suo salari si chiedeva “Mi fa male che a parità di industriali stramiliardari, un operaio tedesco guadagna 2.800.000 lire al mese, e uno italiano 1.400.000. Ma, l’altro 1.400.000 dov’è che va a finire?” E si rispondeva “Allo Stato, che ne ha così bisogno”.
Sulle tasse Gaber diceva “Mi fa male che tra imposte dirette e indirette un italiano medio paghi, giustamente per carità, un carico di tributi tale che, se nel Medioevo, le guardie del re l’avessero chiesto ai contadini, sarebbero state accolte a secchiate di merda”.
Sul debito pubblico notava “Mi fa male che l’Italia, cioè voi, cioè io, siamo riusciti ad avere, non si sa bene come, due milioni di miliardi di debito. Eh si sa, un vestitino oggi, un orologino domani, basta distrarsi un attimo... e si va sotto di due milioni di miliardi”, lui cantava “in lire” al tempo!
Sulla giustizia “Mi fa male la violenza. Mi fa male la sopraffazione, la prepotenza, l’ingiustizia. A dir la verità mi fa male anche la giustizia. Un paese che ha una giustizia come la nostra, non sarà mai un paese civile. Io personalmente, piuttosto di avere a che fare con la giustizia preferisco essere truffato, imbrogliato, insultato, e al limite anche un po’ sodomizzato”, questo cantava il grande Gaber ai tempi della lira, cosa è cambiato nel frattempo?
“Mi fanno male le facce dei collaboratori di giustizia, dei pentiti... degli infami, insomma, che dopo aver ammazzato uomini donne e bambini, fanno l’atto di dolore... tre Pater, Ave e Gloria e chi s’é visto s’é visto. Mi fa male che tutto sia mafia” questo notava Gaber.
Sulle “guerre” la vedeva così “Mi fa male che in Bosnia, non ci sia il petrolio. Mi fa male chi crede che le guerre si facciano per ragioni umanitarie. Mi fa male anche chi muore in Somalia, in Ruanda, in Palestina, in Cecenia. Mi fa male chi muore”.
“Mi fa male chi dice, che gli fa male chi muore, e fa finta di niente sul traffico delle armi, che é uno dei pilastri su cui si basa il nostro amato benessere”.
“Mi fa male qualsiasi tipo di potere, quello conosciuto ma anche quello sconosciuto, sotterraneo, che poi é il vero potere” questo ci diceva per fare riflettere noi “cittadini semplici” un grande poeta moderno come Giorgio Gaber.
Da “cittadino semplice” consiglio di leggerla tutta questa poesia del “poeta di sinistra” Giorgio Gaber.
Io ne ho voluto riportare solo alcune parti, quelle che a me, magari non a voi, hanno colpito di più, soprattutto notando che quando Gaber scrisse queste parole vi erano ancora con le lire!
Ignoto Uno
23/08/2023
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