2024 - ETTORE LEMBO NEWS

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I “nuovi peccati” di cui pentirsi
in vista del “Sinodo sulla sinodalità”
Pubblichiamo un articolo de “Il Credente” nel quale si mettono in evidenza alcune singolarità del Sinodo che si aprirà il 2 ottobre prossimo in Vaticano.

"L’autore sotto pseudonimo è un operatore ecclesiale che ha scelto l’anonimato per motivi di prudenza."

L’attuale Papa non smette di sorprendere e – ultima novità – sembrerebbe che si sia inventato dei … nuovi peccati!

Proprio così. Il prossimo 1 ottobre, vigilia dell’avvio della seconda fase del Sinodo dei vescovi “sulla sinodalità” (2-27 ottobre), si terrà nella basilica di S. Pietro una veglia penitenziale durante la quale ci saranno delle pubbliche confessioni sui seguenti “peccati”: il peccato contro la pace; contro il creato, contro le popolazioni indigene, contro i migranti; il peccato degli abusi; il peccato contro le donne, la famiglia, i giovani; il peccato della dottrina usata come pietre da scagliare contro; il peccato contro la povertà; il peccato contro la sinodalità/ mancanza di ascolto, comunione e partecipazione di tutti. L’elenco è tratto da un notiziario vaticano che, senza alcun imbarazzo, fornisce tali definizioni che hanno suscitato una certa sorpresa e ilarità nell’opinione pubblica.

Ma come, si è chiesto qualcuno, i Dieci Comandamenti sono forse superati? Non li si cita quasi più e invece ecco che dalla Santa Sede arriva un nuovo elenco sorprendente: per esempio quella “dottrina usata come pietre” significa che, se qualche prete o semplice fedele dovesse ammonire un ladro magari con tono brusco che c’è il comandamento “Non rubare”, ecco che – sulla base di questa interpretazione - in questo caso la dottrina sarebbe “usata come pietra” da scagliare contro il povero peccatore. E quindi colui che avrebbe fatto tale ammonizione avrebbe lui “scagliato una pietra” e fatto peccato, più dello stesso ladro! Siamo quasi al paradosso.

Ma la sorpresa del Sinodo non finisce qui. In realtà i veri argomenti di discussione riguardano aspetti centrali della vita della Chiesa. Esempio: il primato petrino, cioè il ruolo del Papa rispetto agli altri vescovi cattolici e alle altre chiese cristiane che non ne riconoscono il mandato di “Vicario di Cristo” e nemmeno il suo statuto ontologico superiore a qualsiasi altra carica presente nelle Chiese cristiane. C’è il tema della donna, alla quale si intenderebbe dare più spazio e autorità non soltanto sul piano funzionale, ma anche su quello liturgico e pastorale. C’è il non totalmente risolto problema della “accoglienza” dei divorziati e conviventi in situazioni “irregolari”, verso i quali alcuni recenti pronunciamenti del Papa hanno fatto già avviare pratiche di riammissione ai sacramenti, benchè gli stessi permangano in una situazione adulterina, che un tempo escludeva dalla riammissione piena alla comunione ecclesiale. Stesso discorso per le benedizioni alle coppie omosessuali, che tanto hanno fatto discutere nell’ultimo anno e che rimangono un punto dolente delle “aperture” di questo Papa alle novità per la morale sessuale della nostra epoca.

Infine c’è il tema che sta più a cuore a Francesco, quello dei migranti, per i quali non solo si spende quasi ogni giorno con appelli all’accoglienza, ma che lo ha visto convocare e ammettere al Sinodo l’attivista politico di estrema sinistra Luca Casarini, tra i fondatori della Ong Mediterranea Saving Humans. La protezione offertagli dal pontefice ne ha fatto un idolo del movimento immigrazionista internazionale, e molti si chiedono che cosa “ci azzecchi” un personaggio come lui al Sinodo con le dotte disquisizioni sulla riforma della Chiesa, la revisione della pastorale e via discorrendo!

Il Sinodo sulla sinodalità sarà un po’ tutto questo, e forse altro ancora. Occorre non dimenticare la crisi della Chiesa quanto a crollo delle vocazioni e il calo della frequenza religiosa a livello minimi alle messe domenicali (in certe realtà meno del 5 per cento della popolazione). Cosa ne sarà del futuro della Chiesa se si va avanti di questo passo? Continueremo a costruire chiese (almeno in Italia) per poi trovarle vuote e alla fine cederle ai musulmani che le trasformeranno in moschee?

Possiamo anche chiederci cosa ne sarà della dottrina e morale cattolica, se quasi più nessuno va a confessarsi. Con la scomparsa del senso del peccato, inteso come i Dieci Comandamenti, tutto può a questo punto succedere.

Il Sinodo dovrebbe occuparsi di questi dati drammatici, perché lo svuotamento delle chiese è una specie di “suicidio” dell’Occidente cristiano che sin qui aveva rappresentato l’anima profonda e guardinga dentro la società rispetto al resto del mondo ateo, comunista o turbo-capitalista.

Il problema è che Francesco ha affermato che tutte le religioni sono strade che possono condurre a Dio, con ciò – in un certo senso – annullando l’unicità e verità del mandato di Cristo: “Io sono la Via, la Verità e la Vita ... Andate e annunciate il Vangelo a tutte le creature … chi si convertirà sarà salvo”. Lo ha fatto sicuramente a fin di bene, per favorire il dialogo interreligioso, ma nei fatti è come se avesse detto che da qui in avanti non serve più fare evangelizzazione, perché tanto tutte le religioni sono uguali!

Speriamo che il Sinodo dia dei frutti concreti e non si limiti a disquisire sulla “sinodalità”, mentre le giovani generazioni si allontanano sempre più da Dio, dalla Bibbia, dai sacramenti.

Il Credente
27/09/2024
Le vere “differenze” tra Trump e la Harris:
non solo politiche ma anche morali e religiose
A leggere i giornali italiani (e non solo) all’indomani del confronto televisivo notturno tra Trump e Harris in vista delle elezioni americane di novembre, sembrerebbe che l’aspetto principale sul quale i commentatori si sono soffermati sia stato l’ “eleganza dialettica” e la sicurezza della candidata democratica, rispetto alla “rozzezza” e “trivialità” di quello che è considerato il solito populista e reazionario ex-presidente repubblicano.
Da un lato all’altro dell’Atlantico i “voti” delle testate mainstream della sinistra internazionale sono stati più o meno 60/65 per Harris e 35/40 per Trump, come a dire che il tycoon è ormai già spacciato rispetto a una sorpresa inaspettata quale si sarebbe rivelata la vice-presidente uscente, sino a pochi mesi fa considerata dagli stessi ambienti progressisti una esponente politica sbiadita e poco affidabile.
Siamo ormai tutti piuttosto smaliziati per capire che dietro a questa lettura così benevola e incoraggiante per la Harris ci sia un altro tassello della strategia “dem” solita, che consiste nel promuovere l’immagine del proprio candidato oltre ogni ragionevole livello di oggettività e nel demolire invece senza pietà l’immagine del contendente repubblicano: “character assassination” si dice in termini tecnici, cioè uccisione morale dell’avversario attraverso attacchi concentrici, spietati e spesso basati su esagerazioni e falsità palesi, così da indurre l’elettorato ad abbandonare l’ipotesi di votarlo perché “tanto ha già perso”!
La realtà risulta però ben diversa, sia sul suolo statunitense, sia da noi: anche la Meloni e il suo centro-destra di governo era dipinto in termini truci prima del voto nel 2022: i “giornaloni” italiani dicevano che sarebbero arrivati al potere i “fascisti”, ci sarebbe stata una svolta “reazionaria”, saremmo tornati al “ventennio” e così via. Si è visto che invece niente di tutto questo è successo, anzi c’è chi critica l’esecutivo guidato da “Giorgia” perché ritenuto troppo benevolo e un po’ piegato alle pressioni europee ed internazionali.
Allora proviamo a fare una breve analisi dei punti salienti del confronto Trump-Harris e a vedere dove starebbero le reali differenze se vincesse l’uno piuttosto che l’altra.
Verrebbe da dire che il nodo centrale delle due visioni politiche, che risultano abbastanza antitetiche risieda nel patrimonio morale, culturale e religioso che i due candidati incarnano.
Proviamo a spiegare: partiamo dall’aborto, tema da sempre divisivoa in tutte le società occidentali. Il fatto che i parlamenti abbiano votato per assicurare alle donne il “diritto” di interrompere legalmente la loro gravidanza non significa che l’aborto smetta di essere quello che semplicemente e diremmo “biologicamente” sia: vale a dire la soppressione consapevole, deliberata e tutelata legalmente di un essere umano, maschio o femmina, il/la quale non potrà vedere la luce a cui avrebbe diritto perché qualcuno (la madre biologica e con lei il padre naturale) glielo vuole impedire per sempre.
Ebbene, mentre la Harris ha rivendicato a spada tratta la sua difesa a oltranza del “diritto” ad abortire, impegnandosi a ribaltare nuovamente la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che, il 24 giugno 2022, aveva annullato la sentenza Roe v. Wade del 1973, che garantiva il diritto costituzionale all’aborto. Trump dal canto suo ha riproposto la sua visione, favorevole il più possibile a tutelare la vita nascente (salvo nei casi più orribili di violenza carnale), confermando l’intenzione – se eletto – di mantenere l’attuale assetto legislativo che trasferisce la regolamentazione dell’aborto ai singoli stati, molti dei quali in questi ultimi tempi hanno già introdotto leggi più restrittive. Dove sta la differenza tra i due? La risposta è palese: sul piano valoriale, morale e anche religioso, Trump è convinto del valore intrinseco della vita umana sin dal concepimento e fa di tutto perché non venga spenta arbitrariamente; sul piano civile ritiene che lo Stato centrale non debba farsi demiurgo e consentire una strage di bambini, ma che invece il passaggio veramente democratico sia quello che ciascuno degli stati che compongono gli Stati Uniti (appunto!) d’America decida per proprio conto, in maniera libera e consapevole.
Chi dei due è più “democratico”? A noi sembra che lo sia senza ombra di dubbio proprio Trump, a dispetto di quanto ci dica l’ossessionante campagna mediatica orchestrata da tivu e giornali progressisti per dipingerlo come un violento sovvertitore della legittimità democratica.
Prendiamo un altro esempio: gli immigrati irregolari. Sotto Biden ne sono entrati a milioni dalle frontiere sud col Messico. Ebbene, Trump ha denunciato il degrado umano e materiale nel quale questa “accoglienza” condanna tali nuovi ingressi, citando tra l’altro un po’ infelicemente, il caso di coloro che avrebbero mangiato “gatti”. Si è fatta ironia mondiale sui social e sui media “dem” in tutto il mondo, dicendo che si trattava di una fake, ma in realtà non lo era. C’era infatti stato un caso forse ripetuto più volte di immigrati haitiani e di altri paesi del centro America che avrebbero catturato e si sarebbero cibati di papere di un lago del Minnesota, come avevano denunciato le autorità locali, perché poverissimi e non in grado di acquistare cibo.
Riguardo all’immigrazione, ancora una volta, Trump invoca severità e frontiere chiuse per evitare che le persone arrivino in maniera incontrollata e poi vivano di stenti oppure delinquano, come purtroppo avviene non solo in Usa ma anche da noi (il caso di Viareggio è molto eloquente, al riguardo!).
Ci chiediamo perciò chi voglia più bene al popolo americano e anche agli stessi immigrati: Trump che vuole evitare disordini, tensione sociale, criminalità? Oppure la Harris che pur di apparire “accogliente” si pronuncia a favore di una immigrazione incontrollata? La risposta è ovvia: il candidato repubblicano.
E che dire delle aperture e della vicinanza della Harris al movimento “woke”, del rifiuto delle culture occidentali sulle quali si è basata finora la società americano? Di nuovo il confronto è tra chi sta dalla parte della tradizione come Trump e invece di chi vuole, come la Harris, un ambientalismo dogmatico e totalizzante, la diffusione del gender e la demolizione della famiglia tradizionale, la limitazione della libertà di espressione in nome di presunte “fake news” con conseguente censura sistematica di chi non è politically correct, per non parlare della cancellazione dei simboli e dei valori del passato tra cui i fastidiosi insegnamenti cristiani che dicono che certe cose sono “peccato” e che invece il mondo woke e progressista non vuole sentire….
Stesso discorso si potrebbe fare sull’economia e sul desiderio di Trump di rappresentare le classi lavoratrici più povere dell’America degli stati centrali, con lo slogan “Make America great again”, rispetto ai democratici della Harris che invece sono i portabandiera del potere della finanza internazionale globalista e materialista, concentrata sulle due sponde degli Usa.
Quindi, per concludere: pur con tutte le contraddizioni umane che un personaggio come Trump può avere (pensiamo al suo analogo in Italia: Silvio Berlusconi), ancora una volta si prefigura la scelta etica e anche “religiosa” tra votare un uomo e un mondo (quello di Trump) dove non tutti sono perfetti ma almeno puntano a leggi giuste e rispettose della morale naturale e dei valori religiosi. Oppure votare dall’altro lato (così come da noi in Italia col Pd e similari), lo schieramento della Harris che punta su globalismo, centralismo e umiliazione dei livelli intermedi, limitazione delle libertà personali in campo sanitario, culturale e di libertà del pensiero, immigrazione incontrollata e distruttiva, rinnegamento del passato e della storia profonda dei popoli.
Speriamo che gli americani sappiano scegliere bene, puntando sui valori sani della conservazione e della difesa di vita, famiglia e della società pluralistica, libera e – perché no? – anche religiosa.
Il Credente
17/09/2024
Kamala Harris e il diritto all’aborto
(Il Credente)
Le elezioni USA in novembre sanciranno non soltanto chi sarà il candidato vincitore tra l’ “America profonda” dei grandi stati del Midwest, per lo più repubblicani e conservatori, e invece le due sponde “progressiste” che affacciano su Atlantico e Pacifico, per lo più democratiche e iper-libertarie.

Molte sono le differenze di tesi, valori e proclami politici tra la Harris, “incoronata” nei giorni scorsi alla convention dem quale candidata “della gioia”, e il tycoon repubblicano Trump, che invece incarna il desiderio di riconoscimento delle classi subalterne, “periferiche”, quelle più povere dell’America agricola, industriale, delle piccole comunità identitarie, religiose, laboriose del cuore degli Stati Uniti. Forzando un po’ la sintesi politica, potremmo fermarci a una differenza: quella sull’aborto.

La Harris ne ha parlato come del diritto principale da tutelare, visto che in diversi stati a guida repubblicana i tribunali hanno deliberato restrizioni su questo “diritto”, sollevando l’ira del femminismo di sinistra.

Quello che preme qui mettere in luce è una specie di profonda, insanabile contraddizione tra la rivendicazione dei “diritti” che la Harris ha posto come elemento qualificante della sua candidatura, e la violenza intrinseca, insanabile che l’aborto rappresenta nei confronti dei “nuovi americani” che l’aborto uccide prima ancora che possano uscire dal grembo materno.

Come è possibile sostenere che l’aborto sia una “diritto”? Sia esso praticato per via chirurgica, sia attuato per via chimica, esso lede brutalmente e irrimediabilmente, per giunta con la benedizione dello Stato, il diritto supremo alla vita che questo bimbo ha acquisito dal momento del concepimento.

Lo diciamo non in rapporto alla verità di fede cattolica, secondo la quale Dio instilla nell’ovulo fecondato (quindi già potenzialmente uomo o donna completi) l’anima immortale.

Invece lo diciamo in rapporto all’altra verità di carattere civile, politico, democratico, che è altrettanto incontrovertibile: sin dal primo istante il nascituro è già un uomo a tutti gli effetti, contiene nel suo piccolo grumo di cellule (come si dice di solito) tutti i requisiti per diventare un uomo completo, una donna perfetta, un futuro Einstein oppure una futura Madre Teresa di Calcutta.

Negli Stati Uniti, così come in tutti gli altri paesi dove l’aborto è divenuto legge (Italia compresa) siamo di fronte a una palese violenza dei più forti rispetto ai più deboli

Quindi la campagna della Harris che si presenta come “della gioia”, con i suoi rumorosi e quasi esagerati sorrisi, in realtà è basata su un assunto di morte e prevaricazione: noi adulti, noi donne, noi “progressisti” possiamo decidere chi può nascere e chi no. Verrebbe da chiedersi cosa ci sia di più violento e fascista dell’uccidere un bambino nella pancia della mamma, fosse anche con la “pillola del giorno dopo” che nessuno vede in azione e che viene spacciata come “innocua”.

Come pensiero sovra-storico, diciamo che gli amici della vita, ad ogni latitudine e in ogni regime politico, dovrebbero puntare al vero traguardo delle società davvero democratiche e inclusive: riconoscere i diritti di base al nascituro sin dal momento del suo concepimento.

Vedremo chi tra Trump e la Harris la spunterà, se gli americani saranno più inclini a difendere la ricca e articolata tradizione religiosa del paese con le sue diverse confessioni cristiane per lo più orientate alla tutela della vita nascente, oppure se si imporrà una America che vuole accanto all’aborto anche il matrimonio omosessuale, la manipolazione genetica, le gravidanze a pagamento, l’eutanasia, la transizione sessuale libera, insomma quell’insieme di disvalori sessuali e relazionali che stanno corrompendo dall’interno le società occidentali cosiddette “avanzate”.

In conclusione: l’aborto non dovrebbe essere un diritto, perché contrappone due entità giuridiche entrambe complete, la madre e il figlio. Toccherebbe agli stati, ai parlamenti regolamentare e finalmente dare vita all’istituto della personalità giuridica del nascituro. Se non lo faranno, saranno colpevoli della propria intima implosione, perché saranno popoli e nazioni che divoreranno se stessi e i propri figli.

Il Credente
25/08/2024
Che strada prenderà la “Chiesa sinodale”
voluta da Papa Francesco?
Oggi nel mondo “progressista” l’imperativo culturale è di essere nell’ordine: ”inclusivi”, “resilienti”, “sostenibili”, “green”, “accoglienti”, “politically correct”, ovviamente “antifascisti” e – se vogliamo essere al top del progressismo – anche “democratici”  con tanto di tessera. Un tocco di cultura “woke”, giusto per utilizzare un termine esterofilo, non guasterebbe, ma da noi in Italia è ancora poco conosciuta, anche se c’è da ritenere che arriverà presto.

Con una simile carta d’identità si può stare certi che si finisce sulle pagine dei principali quotidiani di sinistra, come pure nei dibattiti delle variegate reti televisive presenti sul mercato. Infatti, nel nostro incompiuto bipolarismo odierno abbiamo: da una parte coloro che si ritengono “progressisti”, cioè i depositari del futuro luminoso già intravvisto da Marx, Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot  e da tutti gli epigoni delle svariate e sanguinarie rivoluzioni comuniste. Dall’altra i più modesti e moderati “conservatori”, alcuni dei quali non sempre sinceri, con le loro sfaccettature di centro, centro-destra e destra fino alle ali più estreme, ali che esistono del resto anche a sinistra.

Perché tutta questa premessa su destra-sinistra in un articolo che dovrebbe parlare del Papa? Perché legittimamente sempre più cattolici italiani, ma anche di tutto il mondo, si stanno interrogando se il pontefice attuale, Francesco, al secolo Jorge Maria Bergoglio, sia un po’ troppo “progressista” e se abbia intenzione di cambiare dall’interno, in maniera radicale, la Chiesa a lui affidata come successore dell’apostolo Pietro.

Non vorremmo essere irriverenti verso questo pontefice venuto “da molto lontano”, che nei fatti, sin dai primi giorni, si è dimostrato “rivoluzionario” se non addirittura eversore della tradizione apostolica cui eravamo abituati a conoscere con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI. Infatti ha concesso interviste al direttore di Repubblica, Scalfari, che non registrava ma mandava a memoria le sue risposte e poi le proponeva “molto liberamente” in lunghissime interviste non smentite dall’autore. Forse per questo sono iniziate a fare capolino affermazioni deflagranti che ci hanno stupito.

Saltando il “chi sono io per giudicare”, riferito a un gay “che cerca Dio”, Francesco non ha aggiunto che per evitare il peccato mortale e il rischio di “finire all’Inferno” sia opportuno che lo stesso gay smetta di compiere atti di amore omosessuale. Sembra del resto, non avere ricordato ai fedeli che la “castità” è un valore che si riferisce a tutti, eterosessuali e omosessuali, donne e uomini, sposati e single, consacrati o semplici credenti. Per lo più, il Papa evita di richiamarlo apertamente, così che sembra che la castità sia scomparsa dal “radar” ecclesiale. Ebbene, muovendo verso l’oggi dopo la follia della adorazione in Vaticano della Pachamama, una sorta di divinità delle tribù amazzoniche, davanti alla quale scandalosamente si sono inchinati preti e vescovi, prelati e semplici chierici. Nessuno si è dimenticato della “apertura” alle coppie irregolari, dove in pratica la situazione di evidente e aperto adulterio viene accettata e giustificata visto che possono prendere la comunione. Come anche la “benedizione delle coppie omosessuali” fatta di nascosto, senza ufficialità ma comunque fatta da un prete, una specie di preludio alla accettazione futura del matrimonio omosessuale perché “Dio accetta tutti tutti tutti, così come sono”,

Queste le parole spesso usate dal Numero uno in Vaticano verso gli LGBTQ+ …

E che dire della benedizione delle politiche green, come pure dei vaccini per il Covid definiti da Francesco un “atto d’amore”? Oppure del sostegno aperto alle tesi del World Economic Forum con le politiche antiumanistiche sul “grande reset”? E, andando avanti con le stranezze verso le quali Francesco ci ha abituato, come valutare le scelte accomodanti con la Cina tramite l’accordo bilaterale col quale, di fatto, il governo cinese mette becco sulla scelta di vescovi potendo imporre quelli “amici” del regime?

La novità più recente, e forse più importante, è quella odierna che riguarda  la terza fase del Sinodo dei vescovi che si terrà in ottobre.

Orbene, anche qui la novità grossa è che Francesco sta imponendo una “agenda” ecclesiale basata sul concetto che la mentalità “sinodale” dovrebbe essere quella che regge e orienta la Chiesa del futuro, secondo la quale, il ruolo della gerarchia “Papa, Cardinali, Vescovi, Parroci ecc.” viene ridotto quasi a comprimari, e dove a imperare in una sorta di nuovo “parlamento ecclesiale” è appunto l’assemblea sinodale all’interno della quale tutti possono dire la loro. Curiosamente, quasi si arriva a utilizzare il principio grillino dell’ “uno vale uno”, nel senso che l’ultimo dei fedeli potrebbe essere portatore di una visione di valori e di istanze reputate equivalenti o superiori a quelli espressi dalla stessa gerarchia, la gestione dei fedeli potrebbe essere affidata a una sorta di  assemblea di base all’insegna di un inedito “politically correct” ecclesiale.

Perché ci soffermiamo su questi aspetti? Perché la visione di Francesco, almeno ciò che si lascia intuire, è quella di spostare l’asse culturale e gerarchico della Chiesa cattolica verso una sorta di “progressismo inclusivo e resiliente”, dove si prefigurano senza dirlo apertamente, una nuova struttura ecclesiale in stile protestante, con il Papa non più apertamente considerato  Vicario di Cristo in terra e coi pieni poteri a lui conferiti “Ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”, ma una sorta di primus inter pares, che dialoga con luterani, ortodossi, evangelici e similari quasi alla pari, rinunciando nei fatti all’autorità conferita a Pietro e ai suoi successori un paio di migliaia di anni fa da Gesù in persona.

Sarà giusta questa interpretazione progressista della Chiesa di Francesco? Oppure la sua “Chiesa sinodale” è una forzatura riduttiva e snaturante della Chiesa tradizionale che abbiamo sin qui conosciuto? Lo “strumento di lavoro” del Sinodo varato nei giorni scorsi lascia aperte molte domande su questioni quali ruolo della gerarchia, assemblee sinodali, ruolo delle donne, accoglienza e integrazione dei gay e di tutte le minoranze possibili e immaginabili. Nel frattempo con i riottosi che cercano di resistere alle sue novità, definite “processi”, Francesco ci va giù pesante e con chi non “si allinea”, è forse un esempio mons. Viganò e diversi istituti religiosi maschili e femminili “tradizionalisti”, arrivano scomuniche, espulsioni dallo stato religioso, confisca dei beni dei monasteri, riduzione sul lastrico di interi gruppi di suore o religiosi colpevoli di essere legati ai loro carismi all’ “antica”.

Per i credenti “normali”, come probabilmente molti di noi sono, il momento è molto preoccupante ma anche promettente.

O la Chiesa prende coscienza che qualcosa di profondo sta avvenendo, oppure c’è il rischio che fra qualche anno o decennio ci sveglieremo e scopriremo che quella istituzione spirituale voluta da Gesù si sia trasformata in una specie di gigantesca Ong, se non peggio ….

Molti lo temono, altri sono fiduciosi che non accadrà.

Non praevalebunt, ovvero le porte degli inferi non prevarranno.

Il Credente
13/07/2024
Cosa ci insegna lo scontro tra mons. Viganò
e il Papa “globalista”?
Il caso dell’accusa di “scisma” e del processo canonico avviato nei giorni scorsi in Vaticano contro l’arcivescovo mons. Carlo Maria Viganò è emblematico del momento grave che sta attraversando la Chiesa cattolica. “Il Dicastero per la Dottrina della Fede mi ha comunicato, con una semplice email - informa lo stesso accusato in un testo reso pubblico su un blog - l’avvio di un processo penale extragiudiziale nei miei confronti, con l’accusa di essere incorso nel delitto di scisma e contestandomi di aver negato la legittimità di «Papa Francesco», di aver rotto la comunione «con Lui» e di aver rifiutato il Concilio Vaticano II. Mi si convoca al Palazzo del Sant’Uffizio …, in persona o rappresentato da un Avvocato. Presumo che anche la condanna sia già pronta, visto il processo extragiudiziale”.

Sappiamo che da quando è stato eletto Papa, Francesco ha subito attirato l’attenzione stupita e perplessa dei fedeli più legati alla tradizione cattolica per le sue posizioni e i suoi pronunciamenti – diciamo così – “eterodossi”. Mons. Viganò, alto funzionario ecclesiastico, già Segretario generale della Città del Vaticano e Nunzio apostolico a Washington, è stato quasi sin da subito critico delle posizioni del Papa, specie per le coperture che lo stesso pontefice aveva dato a figure apicali (cardinali e vescovi) coinvolte in casi di abusi sessuali o pratiche immorali note alla pubblica opinione. E allora, per capire cosa c’è davvero in gioco con questo processo vediamo i punti che mons. Viganò reputa di valore centrale per le sue accuse al Papa.

“Occorre che l’Episcopato, il Clero e il popolo di Dio si interroghino seriamente se sia coerente con la professione della Fede Cattolica assistere passivamente alla sistematica distruzione della Chiesa da parte dei suoi vertici – scrive l’arcivescovo nella sua memoria difensiva - esattamente come altri eversori stanno distruggendo la società civile. Il globalismo chiede la sostituzione etnica: Bergoglio promuove l’immigrazione incontrollata e chiede l’integrazione delle culture e delle religioni. Il globalismo sostiene l’ideologia LGBTQ+: Bergoglio autorizza la benedizione delle coppie omosessuali e impone ai fedeli l’accettazione dell’omosessualismo, mentre copre gli scandali dei suoi protetti e li promuove ai più alti posti di responsabilità. Il globalismo impone l’agenda green: Bergoglio rende culto all’idolo della Pachamama, scrive deliranti encicliche sull’ambiente, sostiene l’Agenda 2030 e attacca chi mette in discussione la teoria sul riscaldamento globale di origine antropica”.

Accanto a queste accuse che riguardano aspetti pastorali e spirituali del pontificato di Bergoglio, mons. Viganò aggiunge rilievi di carattere politico e culturale: “(Bergoglio, ndr) Esorbita dal proprio ruolo in questioni di stretta pertinenza della scienza, ma sempre e solo in una direzione, che è quella diametralmente opposta a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Ha imposto l’uso dei sieri genici sperimentali, che hanno provocato danni gravissimi, decessi e sterilità, definendoli «un atto d’amore», in cambio dei finanziamenti delle industrie farmaceutiche e delle fondazioni filantropiche. La sua totale consentaneità con la religione di Davos è scandalosa. Ovunque i governi al servizio del Word Economic Forum hanno introdotto o esteso l’aborto, promosso il vizio, legittimato le unioni omosessuali o la transizione di genere, incentivato l’eutanasia e tollerato la persecuzione dei Cattolici, non una parola è stata spesa in difesa della Fede o della Morale minacciate, a sostegno delle battaglie civili di tanti Cattolici abbandonati dal Vaticano e dai Vescovi”.

A questo punto l’attacco al Papa da parte di mons. Viganò si fa serrato: “Non una parola per i Cattolici perseguitati in Cina, complice la Santa Sede che considera i miliardi di Pechino più importanti della vita e della libertà di migliaia di Cinesi fedeli alla Chiesa Romana. Nessuno scisma, nella “chiesa sinodale” presieduta da Bergoglio, si ravvisa né da parte dell’Episcopato Tedesco, né dei Vescovi di nomina governativa consacrati in Cina senza il mandato di Roma. Perché la loro azione è coerente con la distruzione della Chiesa, e quindi va dissimulata, minimizzata, tollerata e infine incoraggiata. In questi undici anni di “pontificato” la Chiesa Cattolica è stata umiliata e screditata soprattutto a causa degli scandali e della corruzione dei vertici della Gerarchia, totalmente ignorati mentre il più spietato autoritarismo vaticano infieriva su Sacerdoti e Religiosi fedeli, su piccole comunità di Monache tradizionali, comunità legate alla Messa in latino”.

Appare chiaro che con prese di posizioni così dure sarà difficile che il processo canonico che si è aperto il 20 giugno in Vaticano, assente mons. Viganò, conduca a un esito di conciliazione.

Del resto, lo stesso accusato aggiunge: “La Chiesa Cattolica è stata occupata lentamente ma inesorabilmente e a Bergoglio è stato dato l’incarico di farla diventare un’agenzia filantropica, la “chiesa dell’umanità, dell’inclusione, dell’ambiente” al servizio del Nuovo Ordine Mondiale. Ma questa non è la Chiesa Cattolica: è la sua contraffazione.

Ci possiamo legittimamente interrogare quale possa essere, a questo punto, l’esito di questo scontro che non è semplicemente disciplinare o canonico, ma più profondamente intra-cattolico, tra chi è legato alla fede di sempre basata sul rispetto delle Scritture e sul Magistero bimillennario della Chiesa che non ha mai rinnegato se stesso; e invece tra chi, dall’altra parte, sostiene la linea del “rinnovamento” profondo, che prevede nei fatti il ridimensionamento del senso morale delle azioni umane, la scomparsa o quasi dei peccati personali (specie quelli sessuali, declassati a piccole ‘fragilità’ soggettive) e l’evidenziazione soltanto delle colpe sociali, quali rifiuto dei migranti, preclusioni sui gay, lo sfruttamento dei lavoratori ecc.

Si tratta – come è facile capire – di posizioni pressoché inconciliabili e quindi non ci resta che attendere l’esito del processo, considerando anche che mons. Viganò ha più volte espresso il timore che “qualcuno” lo possa volere morto per far tacere una voce critica aperta e franca.

In piccolo, il conflitto vaticano tra il Papa e Viganò richiama il confronto tra sinistra e destra in Italia e in Europa: i primi (diciamo “progressisti” per intenderci) vogliono più immigrati, libertà sessuale, matrimoni gay, politiche green, abbattimento delle frontiere, eutanasia, aborto al nono mese ecc. I secondi invece difendono i confini e la civiltà dei singoli paesi, auspicando una immigrazione controllata, la salvaguardia della famiglia naturale, la difesa della vita sempre. Chi vincerà in Vaticano e nella società europea?

Il Credente
24/06/2024
Un decalogo per il voto europeo..
degli elettori “credenti”, ma anche non
Poniamoci una domanda: i cittadini italiani che sono o si considerano “credenti” possono chiedere qualche cosa di specifico ai candidati alle elezioni europee? Noi pensiamo di sì, e proviamo insieme a rispondere.

Anzitutto c’è il tema della VITA. Vita significa difendere la vita umana sin dalla nascita: quindi NO all’aborto come “diritto” perché in realtà non è tale, bensì il prevalere del volere della donna e del suo partner sul diritto a nascere del concepito. Siccome oggi viene descritto come un “diritto intoccabile”, almeno i candidati credenti facciano il possibile per scoraggiarne l’uso e favorire l’aiuto alle mamme perché non abortiscano il loro figlio/a.

Stesso discorso sul FINE VITA con i partiti che propugnano eutanasia e suicidio assistito. Un credente invece difende la vita sino alla fine e non vuole che sia “terminata” dallo Stato con la sottrazione delle cure o l’incoraggiamento al suicidio, così che le politiche pubbliche abbiano meno persone da “assistere”. Occorre incoraggiare le cure palliative e salvare la dignità del morente.

SESSO e GENDER: questo è un campo minato. In Europa i partiti laicisti propugnano la diffusione nelle scuole della dottrina “gender” che insegna che maschi e femmine sono concezioni astratte e che in realtà ognuno dovrebbe essere libero di vivere “quello che si sente”. Quindi oltre alla libertà sessuale spinta all’estremo (ci sono gruppi che chiedono che la pedofilia divenga un “diritto” e che sia lecita l’unione tra un adulto e un minore, se questo lo desidera) viene propagandato il cosiddetto “cambio di sesso” tramite assunzione di ormoni e interventi chirurgici distruttivi. I veri credenti non possono che votare per partiti e persone che sono contrari a queste assurdità e che rispettano la famiglia, il matrimonio tra un uomo e una donna (e non i matrimoni gay che sono un assurdo!).

UTERO IN AFFITTO: in pratica si tratta di una donna che decide di vendere il proprio corpo per far nascere un figlio. Capita spesso che sia su richiesta di coppie omosessuali, ma i sostenitori della maternità surrogata, giustamente, affermano che non è solo così, perché a volte sono anche le coppie etero che chiedono l’aiuto esterno in quanto i due non possono generare figli propri. Ma ciò non toglie che la madre surrogata “affitta” il proprio utero per poi staccarsi brutalmente dal figlio nato e venire remunerata, pur se si parla di minimo 50 mila euro ma più spesso attorno agli 80-100 mila. Il bambino diventa così una “merce” comprata ad un prezzo che possono permettersi solo i ricchi. Sembra proprio che siamo di fronte a una aberrazione vera e propria.

LIBERTA’ RELIGIOSA: è ormai diffusa la tendenza a mettere a tacere i cristiani quando i valori evangelici danno fastidio ai partiti laicisti europei. Ciò vale sui temi molto cari all’etica cristiana come l’opposizione al riconoscimento delle unioni gay, alle politiche a favore degli LGBTQ+, alla richiesta di libertà di educazione sessuale nelle scuole al di fuori del controllo dei genitori che invece sono gli unici che hanno il diritto di scegliere come e da chi fare educare i propri figli. Siccome i candidati credenti sono difficili da conoscere, realtà quali Pro Vita & Famiglia, oppure CitizenGo o altre, hanno lanciato delle petizioni chiedendo ai candidati di far conoscere se e come, una volta eletti, voteranno al Parlamento europeo su questi temi. Quindi prima di votare sarebbe opportuno andare sui siti citati e trovare quali candidati siano davvero a favore della libertà religiosa e contro la censura delle lobby europee.

DONNA: su questo tema si tende a concentrarsi sulla difesa dalle aggressioni e dagli stupri. Cosa sacrosanta, ma c’è un altro tema sottaciuto. Le donne spesso “desiderano” diventare madri, ma per molte ragioni hanno difficoltà. Quindi un segno di attenzione alle coppie e alle famiglie è quello di fare politiche familiari che aiutino la maternità: solo così le donne saranno davvero libere di avere figli.

LOCKDOWN, VACCINI OBBLIGATORI, CHIUSURE AZIENDE, IDENTITA’ DIGITALE: un vero credente, che si affida a Dio, non può sopportare una società dittatoriale dove qualcuno imponga di chiudere tutto, di obbligarci a farci inoculare medicinali non sperimentati, a non lavorare, a sottoporci a un controllo digitale asfissiante e punitivo. La “libertà dei figli di Dio” è un valore spirituale ma anche civile e sociale. Quindi non andrebbero votati quei partiti che sostengono le politiche di controllo digitale e sanitario della società. In Italia, ripensiamo a chi ha voluto il “green pass”, e continua a sostenerlo, creando discriminazioni ed esclusioni dalle attività, spesso pubbliche, e non votarlo….

SUPERSTATO EUROPEO: un vero credente sa che le comunità nazionali, civili, religiose sono alla base di strutture sovranazionali complesse come è l’Unione Europea. I padri fondatori non avevano in mente un “super stato” che annullasse l’Italia, la Francia, la Germania costringendo i diversi popoli ad assumere stesse mentalità, cultura, leggi. La vera Unione Europea deve rispettare i diritti delle comunità nazionali e non ricattarle, come sta avvenendo ad esempio con l’Ungheria. Se non accettano i matrimoni gay e altri obblighi simili, gli ungheresi non riceveranno i fondi europei. Questo è un ricatto bello e buono e se così fosse, meglio sciogliere l’Europa unita e tornare ai singoli stati separati.

CASE GREEN, AUTO ELETTRICHE, GRILLI AL POSTO DELLA CARNE: gli italiani non sono stupidi e stanno capendo che l’obbligo delle “case green”, delle auto elettriche, di diminuire i consumi del cibo mediterraneo a favore dei grilli e delle carni “sintetiche” risponde non a un disegno ecologista, ma al volere di lobby economiche che vogliono demolire la libertà economica dei piccoli imprenditori. I danni di essere costretti alle case green e alle auto elettriche sono ormai chiari. Non sarebbe l caso di fermare i partiti che vogliono imporcele? Il mondo non finirà con un’auto a benzina: basta che abbia un buon sistema di scarico che abbatta l’inquinamento!

FAKE NEWS: cosa significa quando l’Europa parla di fake news?  Forse vuol dire che ai potenti europei danno fastidio coloro che la pensano diversamente e quindi vogliono metterli a tacere?  E’ giusto ribellarsi e non dare il voto a tutti coloro che impongono di parlare in maniera unica, imponendo la loro visione?  Forse così evitiamo i partiti con la tendenza alla dittatura del pensiero. Tipico in Italia è il mondo del politicamente corretto che, ad esempio, attacca tutti coloro che sono contro la “transizione ecologica”, contro l’obbligo delle case green, eccetera. Forse non dobbiamo fidarci di coloro che vogliono controllarci, l’unico modo che abbiamo per evitare che abbiano il sopravvento, pur se in minoranza, è NON VOTARLI!

IMMIGRAZIONE: no al razzismo ma sì al controllo delle frontiere e di chi entra in Europa. Quindi sarebbe opportuno non votare i partiti che propugnano la sostituzione etnica. I figli è meglio che li facciano gli europei, piuttosto che aspettare che arrivino gli immigrati senza controllo per far aumentare la popolazione.

DIO CHE EUROPA DESIDERA? Visto che parliamo “di” e “da” Credenti la risposta può essere immaginata così: Dio non vuole certamente delle marionette controllate da un potere centrale a Bruxelles. Invece vuole uomini liberi, ci ha fornito del “Libero Arbitrio”, che discutano con rispetto, confrontino le loro tesi e votino scegliendo per il meglio. Il principio di “sussidiarietà” (quello che dice che un ente superiore non si occupa di quanto viene svolto meglio da un ente inferiore: vale a dire l’Europa non si occupa di ciò che gli stati nazionali fanno meglio da soli) è un principio rispettoso della libertà voluta da Dio. Forse è meglio indirizzare il proprio voto non su propone il centralismo, bensì su chi nel rispetto delle diverse sovranità nazionali, propone una Europa armoniosa e sinceramente democratica.
Il Credente
02/06/2024
L’Europa si suicida se metterà l’aborto
nella sua Carta fondamentale!
Il diritto all’aborto va inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: è quanto ha deciso nei giorni scorsi il Parlamento europeo con un voto nel quale ha prevalso la maggioranza “progressista” con 336 “sì”, 163 “no” e 39 astenuti. Il fatto curioso e drammatico di questa decisione è che – se lo notate – non si trattava da parte dei parlamentari europei di ribadire il diritto all’aborto, il quale praticamente è presente in tutte le legislazioni nazionali con modalità molto libere, salvo in Polonia e a Malta dove permangono delle restrizioni.

No, la vera novità è che tale diritto a interrompere una gravidanza diviene – nei desideri delle sinistre e dei “liberal” europei (Macron e simili) – non più soltanto una possibilità ma addirittura un valore fondamentale e “fondante” della identità europea.

Capite in quale abisso di abiezione morale siamo caduti? Nel giro di pochi decenni siamo passati dall’aborto come crimine da vietare e punire (perché si riconosceva che con esso, fatto clandestinamente, si sopprimeva una vita), all’aborto ammesso legalmente con l’argomentazione di tutelare la vita delle donne, non più costrette ad affidarsi alle “mammane” o a medici compiacenti che agivano di nascosto contro la legge e a pagamento; fino a questo ultimo “traguardo” assolutamente folle e delirante in cui una maggioranza parlamentare di sinistra pretende di affermare che l’aborto divenga un diritto fondamentale, un “baluardo” della civiltà moderna e al quale nessuno possa più opporsi in alcun modo. Infatti, nella risoluzione votata a Bruxelles si prevede di limitare l’obiezione di coscienza di medici e sanitari, di prevedere procedure obbligatorie nei percorsi formativi di medici e ostetrici perché l’aborto divenga una competenza e una prassi diffusa a tutti i livelli sanitari, e infine di vietare il finanziamento da parte della UE alle associazioni e realtà che diffondano valori anti-abortisti e anti-gender.

Se ci pensate, siamo tornati – almeno per ora soltanto con una dichiarazione di principio che per diventare legge dovrà essere approvata dal Consiglio europeo e poi assunta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione – a una specie di eugenetica nazista: a quell’epoca i seguaci di Hitler teorizzarono l’inferiorità delle razze ebraica, rom, degli omosessuali e di persone con handicap vari. Oggi si teorizza la “superiorità” di donne e uomini europei adulti che si arrogano il diritto di decidere se il nascituro (che loro stessi hanno suscitato in vita unendosi sessualmente) sia degno oppure no di maturare nel grembo materno.

E’ un “mondo al contrario” – come direbbe il generale Vannacci – dove la soppressione di una vita non viene più timidamente definita “interruzione della gravidanza”. Qui, secondo i macroniani e socialisti vari, si ritiene invece che finalmente ci sia la conquista di civiltà piena: le donne sarebbero a questo punto libere di disporre in maniera assoluta del proprio corpo e della propria libertà sessuale, senza più quel vincolo morale di dover un po’ di nascosto porre termine a una vita nascente la cui unica “colpa” è quella di essere nata dentro il corpo di una donna che non intende (insieme al proprio partner) assumersi la responsabilità connessa a ogni rapporto sessuale: quella che possa nascere un bambino!

Di fatto dietro a questa dichiarazione europea si nasconde il sottile e indicibile intento delle sinistre di rendere l’aborto obbligatorio spazzando via le residue resistenze di medici obiettori, dei difensori della vita vari (tipo l’associazione Pro Vita & Famiglia di Jacopo Coghe che ha fatto girare a Bruxelles un camion vela con le parole: “To kill a baby is not a fundamental right”). Se la direttiva si tramutasse in legge costituzionale europea, Pro Vita non potrebbe più fare tale pubblicità ma anzi verrebbe messa fuori legge e il suo presidente Coghe forse verrebbe incarcerato!

Vediamo come hanno votato i parlamentari italiani eletti a Bruxelles: a favore dell’aborto come “diritto fondamentale” si sono espressi Pd, Verdi, Cinque Stelle, + Europa, Azione, Italia Viva, con i voti aggiuntivi di Alessandra Mussolini e Lucia Vuolo di Forza Italia e di Gianna Gancia della Lega.

Contro si sono espressi Forza Italia (escluse le due “dissidenti” qui sopra), la Lega (esclusa la Gancia) e Fratelli d’Italia. Insomma, a destra si vota per la vita e contro l’assassinio dei bambini; a sinistra invece allegramente si brinda alla fine della civiltà europea fondata e costruita attorno ai valori giudaico-cristiani e alla democrazia sostanziale secondo la quale ogni “cittadino” ha gli stessi diritti e quindi nessuno può pensare di sopprimerlo.

L’Europa di oggi esprime questo folle delirio autodistruttivo, le femministe sono contente, i maschi ancora di più perché potranno fare all’amore con donne che avranno sempre meno remore e sensi di colpa nel “far sparire” le prove di questo atto d’amore, con la benedizione delle costituzioni europee.

Siamo alla pazzia politica e culturale di un continente – il nostro – del quale andavamo fieri e che invece oggi si è messo alla testa della schiera dei lestofanti della politica che ritengono di poter decidere della vita e della morte dei propri figli, con la stessa superficiale barbarie di Hitler, Stalin e Pol Pot.

Complimenti Europa: se non correggerai la tua rotta sei destinata a scomparire o a essere invasa … come del resto sta già avvenendo!
Il Credente
15/04/2024
Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco?
Svolta a destra?
Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco? Svolta a destra? Torna ai “valori non negoziabili” che aveva quasi disprezzato? Diventa di colpo “ratzingeriano”? Si è reso conto che dopo “Fiducia Supplicans”, sulle benedizioni alle coppie irregolari e coppie gay, sta rischiando di perdere la stima e il seguito di milioni di fedeli?

Sono le domande legittime che in molti si sono posti dopo l’uscita, qualche giorno fa, del nuovo documento “Dignitas Infinita” che affronta diversi temi etici e sociali attorno ai quali si sviluppa la contesa politica in ogni parte del mondo: parliamo di aborto, maternità surrogata, teoria del “gender”, suicidio assistito, eutanasia, transessualismo,  insieme a temi più “sociali” quali guerra, povertà, migranti, violenza alle donne, tratta di esseri umani, discriminazioni etniche, religiose ecc.

Conoscendo Papa Francesco come lui stesso si è fatto conoscere da undici anni a questa parte, suscita una certa curiosità questa uscita magisteriale a firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Victor Manuel Fernandez, nella quale sembra di essere tornati “quasi” all’epoca di Papa Ratzinger che insisteva nell’annuncio di quei valori della dignità umana che venivano e vengono ancora oggi (anzi oggi più che mai) contrastati dal pensiero “progressista”: la vita che si pretende di interrompere e manipolare a piacimento, il sesso che non è più considerato un dato biologico nativo immodificabile, ma si ritiene  che possa essere considerato una variabile sostituibile col “desiderio” di essere nel sesso opposto (vedi leggi che puniscono chi rifiuta di chiamare al femminile un maschio che “si sente donna”, o viceversa, tipo la recente legislazione scozzese).

Insomma, siamo entrati nel regno della totale ambiguità e dell’oscuramento delle sicurezze che per millenni avevano garantito la stabilità del genere umano: i maschi sono maschi, le femmine sono femmine, si nasce da un uomo e una donna, la morte è un fenomeno (purtroppo) iscritto nella natura e nessuno può e deve provocarla, favorirla, ispirarla perché – lo dicono la quasi generalità delle culture religiose – la vita appartiene in ultima analisi a Dio che ce la ha donata e solo Lui può decidere quando togliercela.

Questo nuovo documento “Dignitas infinita” può essere facilmente ritrovato nel sito internet del Vaticano (vatican.va) e ognuno potrà leggere quanto il Papa pensa sull’aborto, sul gender, sul suicidio assistito e via discorrendo. Verrebbe da dire che – finalmente! – il Papa torna a fare il Papa, dice “cose cattoliche” invece che inseguire - come ha fatto sin dalla sua elezione con le prime intervista a Scalfari su “Repubblica” (le ricordate?) – la cosiddetta “agenda progressista” pompata dagli ambienti di sinistra di mezzo mondo, Italia compresa.

Occorre però stare attenti: il Papa argentino non è un personaggio che tanto facilmente cambia idea. Possibile che voglia rinunciare alle sue posizioni espresse sin da subito, tipo “chi sono io per giudicare?” alla domanda se il comportamento gay sia da condannare?

Che non intenda arretrare, lo dimostrano le dichiarazioni del card. Fernandez proprio riguardo al catechismo e alla definizione dell’atto omosessuale come “intrinsecamente disordinato” e quindi gravemente peccaminoso. Fernandez ha glissato, di fatto confermando che sulla omosessualità non si torna indietro e si va verso una progressiva “normalizzazione” (cioè che sia un fenomeno naturale da accettare, e non più un grave peccato da condannare).

Francesco, del resto, con questo nuovo documento non ha rinnegato la dichiarazione “Fiducia supplicans” sulla benedizione delle coppie gay, ma più semplicemente ha “corretto il tiro” per ingraziarsi quella ampia fetta di dignitari vaticani (cardinali, vescovi, teologi) che avevano rumoreggiato all’uscita del primo documento che pareva distruggere duemila anni di insegnamenti morali della Chiesa.

Il Papa sa bene che non può tirare troppo la corda, ha capito che lo aveva fatto e che la sollevazione popolare dei fedeli, guidati da preti e vescovi che hanno deciso di uscire allo scoperto, poteva diventare per lui troppo pericolosa. Il suo pontificato, proseguendo su quella via così “disruptive” (direbbero gli americani) avrebbe potuto passare alla storia come una sorta di grande eresia da dimenticare o addirittura poteva spaccare in due la Chiesa con uno scisma (vedi protesta di tutti gli episcopati africani) lasciando di lui un ricordo triste e deplorevole, quasi una specie di novello “Papa Borgia” dei nostri tempi, proclive a benedire tutti i peccati, specie i più gravi perché condannati dai Dieci Comandamenti.

Insomma, il consiglio è di leggere questo documento, meditarlo e vedere se i “valori non negoziabili” di sempre vi sono davvero contenuti. Quello che tutti i fedeli sinceri esigono da Papa e Vescovi è che non siano ambigui: se dicono “sì” sia “sì”; se dicono “no” sia “no” … perché il Vangelo prosegue: “… tutto il resto viene dal demonio”. E allora avanti con la chiarezza delle posizioni, se questo è lo spirito del documento, senza piegarsi alle attese e alle pressioni del mondo!
Il Credente
1104/2024/
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Per consultare il documento vedere:
vatican.va
oppure Ecco “Dignitas infinita” – Aldo Maria Valli
Perché non si fanno più figli?
Ci sono alcuni temi sociali che hanno un fortissimo risvolto personale, addirittura di natura molto “intima”: uno di questi è la bassa natalità in Italia.

E’ un tema sociale in quanto c’è una diffusa preoccupazione per il progressivo calo delle nascite registrato nel nostro paese a partire da una decina di anni a questa parte: le statistiche più recenti parlano di meno di 400 mila nati all’anno per gli ultimi due-tre anni, che se confrontati con i 700-800 mila di un paio di decenni fa evidenziano lo sfondamento all’ingiù del necessario “tasso di sostituzione” che dovrebbe essere di almeno 2,1 figli per donna. Da noi la media è 1,24 figli per donna, cioè largamente al di sotto della soglia di mantenimento numerico di un popolo. E neanche servono gli immigrati, regolari o irregolari che siano, i quali certo fanno mediamente più figli degli italiani, ma che poi mostrano, nel medio termine, la tendenza ad assumere le “abitudini” demografiche del popolo che li ha accolti.

In Europa fa eccezione la Francia che, per le sue ricche politiche sociali e di sostegno alla genitorialità, vede al momento una discreta propensione delle donne ad avere figli: Oltralpe siamo a 1,8 figli per donna anche se – a dire il vero – occorrerebbe scomporre i dati interni per gruppi etnici e di nazionalità presenti sul suolo francese. Potremmo così scoprire che la foltissima comunità di immigrati africani e mediorientali presenti tiene un po’ artificialmente alta la bandiera di paese che sostiene le nascite.

Sta di fatto che, praticamente tutti i paesi del vecchio continente stanno soffrendo in questi ultimi decenni di un preoccupante calo naturale della popolazione, solo parzialmente compensato dagli arrivi di migranti.

Veniamo quindi al secondo aspetto legato alla natalità in Italia: quello più “intimo”. Qui si entra nel vivo delle problematiche psico-affettive ormai diffuse a larghi strati dei giovani-adulti del nostro paese. Il panorama dei comportamenti di ragazze e ragazzi dei nostri giorni è piuttosto chiaro e standardizzato. Rispetto ai molti “tabù” di qualche decennio fa, i giovani hanno man mano assunto modalità relazionali aperte e disinibite: il sesso anche al primo incontro ormai pare sia una cosa quasi ordinaria, salvo poi avere ripensamenti repentini e rompere l’idillio magari già al secondo appuntamento. Oltre al generalizzato crollo delle remore morali e religiose di un tempo, forse un fattore scatenante questa rivoluzione comportamentale è stato dovuto all’utilizzo su larga scala degli anticoncezionali oltre che delle app di “dating”.

Essendo venuti meno gli ambiti un tempo in grado di selezionare i candidati a un fidanzamento più o meno “garantito” (comunità parrocchiali, quartieri dove ci si conosceva un po’ tutti, parentado allargato, gruppi amicali che vivevano più o meno all’interno di uno spazio collettivo riconoscibile e familiare) ecco che i giovani del terzo millennio si trovano a dover sperimentare per la prima volta in maniera sistematica la ricerca del o della partner un po’ alla cieca, fidandosi di strumenti quali le suddette “app” del cellulare, sperando che i candidati che vi si registrino non siano dei criminali potenziali dai quali sarebbe stato meglio stare alla larga …

Il risultato di questo nuovo contesto socio-psicologico è che i giovani in età – una volta si sarebbe detto – “da marito” o “da moglie” oggi sono costretti a fare continui tentativi per conoscere persone che vengono da contesti spesso sconosciuti, con esperienze familiari alle spalle altrettanto spesso segnate da dolori, tensioni dei genitori, separazioni e divorzi, quindi con esempi che tutto fanno fuorché indurre a un fiducioso cammino preparatorio a “metter su famiglia” (come si diceva una volta) in maniera serena e costruttiva.

Ci poniamo quindi alcune domande precise.

Perché si tende ad avere relazioni frequenti e piuttosto instabili e incostanti, invece di puntare a costituire coppie “robuste” e desiderose di dare vita a una famiglia? Perché, se si decide di tentare comunque un qualcosa di simile a una famiglia, si va a convivere, senza assumersi gli impegni di un matrimonio civile o religioso e che pone comunque dei vincoli stringenti? Perché si fanno pochi figli, uno al massimo e per lo più in età avanzata, e spesso si preferisce scegliersi un cane piuttosto che affrontare il rischio di un neonato da far crescere?

Secondo lo psichiatra Paolo Crepet, intervenuto nei giorni scorsi a un convegno a Roma promosso da Farmindustria, “il problema è soprattutto la felicità. Se sei felice – ha detto - un figlio lo fai, indipendentemente dagli aiuti o dai sussidi”. Ha poi aggiunto che “le primipare oggi hanno di norma 35 anni, nessuno si stranisce se ne hanno 45, ma c’è anche chi fa i figli a 60 anni. Ma questo è egoismo, perché ogni ragazzo ha il diritto di vivere e crescere con persone vive, non cariatidi”.

Su questi aspetti “intimi” delle decisioni che ragazzi e ragazze assumono circa la gestione della propria affettività, sessualità e genitorialità, a questo punto entrano in gioco delle considerazioni legate al ruolo svolto in passato dalla educazione religiosa all’interno del popolo italiano, rispetto a quanto avviene oggi. La Chiesa con le sue strutture territoriali (parrocchie, associazioni, oratori, centri giovanili) ha visto via via venire meno le presenze dei giovani, diminuire i catechisti e animatori, abbandonare la pratica delle messe e quella sacramentale delle confessioni e della guida spirituale.

Oggi è rarissimo trovare preti che offrano un servizio continuo e conosciuto di affiancamento dei giovani sia per le confessioni sia per un franco dialogo sulle scelte di vita più impegnative. I giovani non cercano più questo “servizio”, se non una minoranza, e quasi del tutto è scomparso a livello di coscienza collettiva il concetto di scelta tra il bene e il male, che invece, fino a tre-quattro decenni fa aveva accompagnato la messa a punto dei comportamenti e dei valori di riferimento.

Soprattutto, oggi è quasi del tutto scomparso un fattore che invece aveva rappresentato un potentissimo slancio verso il futuro: quello della “divina provvidenza”, cioè l’aiuto di Dio atteso e confidente che aveva permesso alle generazioni dei nostri padri di mettere su famiglia senza pressoché alcuna sicurezza di quelle che oggi cerchiamo. Eppure, in quelle situazioni di vera povertà, le famiglie avevano cinque-sei o anche più figli. Tutti mangiavano, crescevano, lavoravano sodo, facendo grossi sacrifici sin da piccoli, ma impostando una vita basata sull’impegno personale e su un solido quadro di valori di fondo.

Forse è questo il vero fattore che scoraggia le nascite oggi: le giovanissime generazioni di oggi sono figlie dei “boomers” degli anni 60-70, dei cosiddetti “sessantottini”, impregnati di materialismo e relativismo etico. Queste generazioni della rivoluzione sessuale e del sinistrismo tipo lotta continua e potere al popolo non sono state in grado di passare ai propri figli quei valori di impegno e sobrietà che avevano pure visto ed ereditato dai propri genitori. E così il risultato è che questi venti-trentenni dei nostri giorni non hanno un riferimento spirituale trascendente (la “divina provvidenza” che interviene nella vita di tutti gli uomini) e non possiedono nemmeno quel riferimento di perseveranza tenace che ha consentito ai propri genitori di combattere per la propria crescita e affermazione culturale, sociale e professionale.

I nostri giovani attuali ritardano le scelte, le scansano quando sono molto impegnative come quella di mettere al mondo dei figli, non perché “non sono felici” come afferma Crepet, ma perché non hanno la forza interiore di combattere duramente per i propri sogni. E non hanno soprattutto la convinzione profonda che molto del personale successo dipenda da ciascuno di noi, ma altrettanto che si possa contare sulla bontà di Dio che non fa mancare il suo aiuto a coloro che cercano il bene vero nella vita.

Il fallimento di una società che non fa più figli (o che comunque ne fa troppo pochi) dipende in ultima analisi dalla rinuncia alla speranza e dall’accontentarsi di “benefit” immediati (il rapporto sessuale facile e furtivo, piuttosto che il patto di lungo termine tra un uomo e una donna maturi che guardano al domani). E così facendo la società si condanna alla sterilità e alla auto-distruzione.
Il Credente
18/03/2024
La Chiesa oggi tra rischi nucleari, una geopolitica
in ebollizione e l’incapacità di “graffiare” il potere
Sarà che papa Francesco si era definito “un po’ sinistrino”, sarà che ha pubblicamente elogiato figure della sinistra italiana ed internazionale, sarà che ha assunto in varie occasioni posizioni politiche ed etiche tipiche dei partiti progressisti occidentali, sarà che a più riprese ha mandato strali ai politici e governanti “sovranisti” e “populisti”, sta di fatto che il ruolo internazionale della Santa sede in questi ultimi anni si è andato modificando e anche un po’ appannando, almeno presso l’opinione pubblica più cattolico-conservatrice. Nell’insieme, sembra che oggi la Chiesa non graffi più il potere, o lo graffi meno,  non costituisca più la coscienza critica che ricorda ad esempio i valori supremi della vita e della dignità del nascituro, o del malato terminale, che quasi si astenga dal dire la sua davanti a leggi quali quelle sull’aborto, l’eutanasia, le pratiche eugenetiche, i “matrimoni” gay, il cambio di sesso e così via. E del resto sono lontani gli anni dalla “caduta del muro di Berlino”, quanto una figura come quella di Giovanni Paolo II, poi canonizzato, teneva a bada sia il gigante americano, sia l’orso sovietico e poi non le mandava a dire anche agli organismi internazionali (Onu e similari) quando si trattava di difendere la dignità umana dove fosse schiacciata o non riconosciuta.
Oggi con Papa Francesco l’accento non cade più, come succedeva con Papa Benedetto XVI, sulla “dittatura del relativismo”, anche perché il pontefice argentino ha pubblicamente preso le distanze dai “valori non negoziabili”, di fatto restringendo l’attenzione della Chiesa su problematiche quali emarginazione, sottosviluppo, immigrazione, ecologia, e silenziando le battaglie etiche dei suoi due predecessori sui temi della famiglia e della vita.
Si è diffuso un certo rammarico per il fatto che, di fronte a un mondo che sta andando in fiamme come il nostro di oggi, con minacce concrete di far intervenire truppe Nato in Ucraina da una parte e, come risposta, di poter utilizzare le armi nucleari tattiche dall’altra (Putin nel suo ultimo discorso), la voce della Santa sede appaia piuttosto flebile, scontata, non più così autorevole e rilevante come è stata negli ultimi decenni.
Non si può dire che il Papa faccia mancare appelli ed esortazioni anche appropriate alla delicatezza del momento: sia verso Israele e i palestinesi di Hamas, sia nei confronti dei due stati “cugini” Russia ed Ucraina che sono in guerra da due anni, Francesco ha continuato a far sentire la propria voce in favore di un cessate il fuoco e per avviare trattative di pace. Ma, tra gli osservatori internazionali, l’opinione prevalente è che ormai si tratti soltanto di scontati pronunciamenti per niente in grado di suscitare ripensamenti da parte dei contendenti e l’avvio di concrete trattative di pace.

Una gigantesca “Ong” pro-migranti?
Quindi eccoci, come cattolici, di fronte al dilemma: questo Papa vuole forse ammainare bandiera bianca nei confronti della storia del mondo, riducendo la Chiesa a una specie di gigantesca “Ong” che si preoccupa soprattutto dei migranti irregolari da accogliere ad ogni costo? Oppure, il venir meno da parte di Francesco degli strali pubblici nei confronti dei governi e dei partiti laicisti che propugnano il relativismo etico, col corollario di aborto, matrimoni gay e analoghe amenità, significa che sta cambiando nel profondo la dottrina cattolica?
Le domande sono lecite in quanto il pontefice regnante, in sostanza, in nome della “inclusività” che va tanto di moda, asserisce che bisogna accogliere “tutti, tutti, tutti” e quindi dentro senza condizioni e tantomeno senza l’impegno personale a convertirsi e a cambiare vita, per coloro che si trovano in situazioni lontane dallo stato di vita richiesto dal Vangelo (basti pensare alla dichiarazione “Fiducia supplicans” e alle benedizioni alle coppie irregolari che tanto ha fatto discutere!) e – dice in sostanza Francesco – prima accogliamo comunque tutti e poi … si vedrà.
I fedeli cattolici più tradizionali sono sconcertati, non sanno che pesci pigliare perché si ritrovano– oggettivamente – davanti a novità troppo grosse per digerire un cambiamento epocale di questa portata, soprattutto considerando il tenore dottrinale e teologico dei due papi precedenti.
Se questo risulta il quadro valoriale complessivo che connota il pontificato di Francesco ad ogni livello, tornando più specificamente agli aspetti geopolitici internazionali, l’anno 2024 – come tutti sappiamo – si caratterizzerà per una serie di eventi di vasta portata “storica”. Infatti avremo in pochi mesi e in serie le elezioni in Russia il prossimo 17 marzo, quelle per il Parlamento europeo l’8 e 9 giugno e quelle per il presidente degli Stati Uniti il 5 novembre. Senza contare altre competizioni elettorali in varie parti del mondo di non minore rilevanza per le eventuali modifiche che gli esiti elettorali potrebbero comportare per lo scacchiere geopolitico mondiale.

Il 2024 “super anno elettorale”
Assisteremo quindi a una sorta di “super anno elettorale” nel quale potrebbero cambiare gli equilibri politici planetari, alcuni ritengono con il possibile prevalere di raggruppamenti e personalità espressione del mondo dei conservatori, dei “sovranisti” e dei “populisti” (definizioni queste ultime due tra virgolette, usate spregiativamente dalla politica e dalla stampa progressiste per bollare con marchio di infamia chi non la pensa come loro). In una parola, il mondo potrebbe “svoltare a destra”, con una sorta di palpabile terrore che si avverte nelle schiere della sinistra mondiale.
Ebbene, guarda caso il Papa la pensa proprio così: non solo ha fatto capire in più occasioni di essere vicino alle visioni globaliste e ambientaliste (stile Bill Gates e Greta Thunberg, per intenderci) ma si è anche espresso senza troppi infingimenti contro i “sovranisti” e i “populisti” vari (italiani ed internazionali) e invece in favore dell’immigrazionismo più puro. Non soltanto lo sostiene in prima persona appena può, ma lo lascia dire apertamente dai suoi più fidati collaboratori, cardinali e vescovi, mentre vengono tacitati o emarginati gli ecclesiastici legati alla tradizione di una Chiesa cattolica che non prenda posizione ma si comporti come “coscienza critica” verso tutte le parti che si contendono il potere, a qualunque latitudine.
In questi ultimi anni siamo stati testimoni di come alcune tra le figure più discutibili del fronte progressista (pensiamo ai “dem” americani filo-abortisti e filo unioni gay e pro-woke) abbiano da lui ricevuti baci e abbracci, e appena usciti dall’udienza papale, di come si siano sentiti implicitamente autorizzati a dichiarare pubblicamente che il pontefice è “con loro”.
Bisogna ammettere che siamo davanti a un pontefice sconcertante. La sua visione politica internazionale sembra aver sbilanciato la Chiesa dalla parte di quelli che una volta erano considerati i “nemici” tradizionali della Chiesa stessa (pensiamo alla Cina comunista, con cui la Santa sede ha firmato degli accordi che appaiono, nei loro effetti concreti, lasciare l’ultima parola per la nomina di vescovi e per la gestione delle politiche religiose interne al paese, ai funzionari del partito comunista cinese!).
Va tuttavia anche riconosciuto che alcuni interventi di natura politico-diplomatica dell’era Francesco hanno avuto una certa rilevanza: ad esempio la mediazione tra Cuba e gli Stati Uniti nel 2014, che ha portato al ripristino delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi dopo oltre 50 anni di embargo e isolamento. Oppure anche l’impegno per la pace in Colombia, Siria, Venezuela, Corea, come i già citati interventi in Ucraina e in altri contesti di guerra o di tensione, tramite appelli, visite, incontri, inviati speciali e iniziative umanitarie.
Francesco ha anche sorpreso (secondo alcuni in negativo) per aver firmato un accordo con il Grande Imam di Al-Azhar: si tratta del Documento sulla Fratellanza Umana, per favorire il dialogo interreligioso con l’Islam dopo gli anni terribili del terrorismo in Europa e nei paesi medio-orientali e africani (dove a dire il vero lo stesso terrorismo islamico è ancora molto attivo, con centinaia di vittime cristiane anche in questi ultimi mesi).

Una Chiesa non più “sopra le parti”?
In conclusione potremmo dire che la visione geopolitica che il pontefice ha impresso, tramite le sue iniziative e l’opera delle sue nunziature in giro per il mondo, colloca oggi il Vaticano su un crinale particolare: non è più (come lo era un tempo) quell’entità morale e culturale sopra le parti largamente rispettata e quasi “temuta”. Oggi la Santa Sede appare come un po’ inusualmente “schierata” a sinistra e comunque in favore di posizioni globaliste.
Allo stesso tempo permane un certo diffuso rispetto nei confronti del Vaticano come entità religiosa che “controlla” (si fa per dire!) circa un miliardo e mezzo di fedeli sparsi nei cinque continenti.
Con l’usuale dose di cinismo storico e diplomatico, nelle cancellerie di tutto il mondo è ben diffusa la locuzione “Morto un Papa se ne fa un altro” e quindi i grandi protagonisti globali stanno guardando a questo pontefice ormai anziano e piuttosto cagionevole in salute, per capire cosa succederà qualora si rendesse necessario indire un conclave per l’elezione del suo successore.
Ormai i cardinali elettori italiani ed europei sono ridotti di numero e sui 120 potenziali da qui a due-tre anni, gli europei non rappresenteranno più la consueta maggioranza che avevano un tempo. E’ possibile che arrivi un altro Papa “dalla fine del mondo”, magari dall’Asia profonda o dell’Indo-Pacifico (tipo dalle Filippine), come piuttosto dal Sud-America di nuovo (in tal caso è probabile che si potrà trattare di una potenziale “fotocopia” di Francesco), oppure venga scelto qualche inatteso outsider da qualche paese della laicissima nord-Europa o della lontanissima Oceania (chi lo sa?).
Comunque sarà, in molti auspicano che il futuro pontefice sia un po’ meno “sinistrino”, anche se ci sono buone probabilità che lo sia perché ormai più di due terzi dei cardinali votanti sono stati da lui eletti ed è immaginabile che siano della sua stessa “pasta” politica.
Come fedeli dell’unica Chiesa fondata da Gesù duemila anni fa, ci auguriamo che questa stessa Chiesa non si faccia travolgere dal dilagante “politically correct” e che non prenda una piega rivoluzionaria, demolendo il suo bimillenario messaggio di amore. Quindi, attendiamo fiduciosi augurando “lunga vita al Papa”, con sincera deferenza.
Il Credente
03/03/2024
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