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TERMOVALORIZZATORE DI SANTA PALOMBA - ETTORE LEMBO NEWS

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Termovalorizzatore di Santa Palomba:
la Capitale respira, noi… vedremo
Tra promesse da manuale elettorale e scadenze da calendario perpetuo, il maxi impianto destinato a “ripulire” Roma rischia di ridisegnare l’orizzonte — e l’aria — di mezzo litorale laziale

Mentre il Campidoglio annuncia un impianto “oltre gli standard europei” già operativo nel 2027, i contratti parlano di 2029, i vincoli paesaggistici complicano la trama e i cittadini dei comuni limitrofi si chiedono se, oltre a respirare, dovranno anche imparare ad apprezzarne l’aroma.

Santa Palomba vanta già un curriculum urbanistico di tutto rispetto: un bouquet industriale persistente, un assortimento di capannoni che farebbe invidia a un manuale di archeologia contemporanea, e un cielo che non ha certo bisogno di nuove pennellate grigie. Ma si sa, al peggio — o al meglio, a seconda dei punti di vista — non c’è mai fine. All’orizzonte, anzi proprio come nuovo orizzonte, si profila il termovalorizzatore che, secondo il Campidoglio, risolverà le croniche emergenze di Roma e, per puro spirito di generosità, si prenderà cura anche dei nostri polmoni. Lo definiscono “di ultima generazione” e “ben oltre gli standard europei”: parole che suonano come musica, almeno per chi non avrà dalla propria finestra un camino industriale, pronto a rubare la scena al tramonto.

Il sindaco Roberto Gualtieri annuncia, con la sicurezza di chi ha già visto il futuro, che nell’estate 2027 l’impianto inizierà a “trattare termicamente” i rifiuti. Energia per 200.000 famiglie, metalli nobili recuperati e polveri sottili talmente rare da far sembrare l’aria di una via trafficata un souvenir d’epoca. E niente camion sull’Ardeatina — promessa che si aggiunge alla lunga lista di quelle che, chissà perché, finiscono spesso in un cassetto.

Ma il linguaggio sobrio e impietoso dei contratti racconta altro: 44 mesi tra preparativi, lavori e collaudi, con inaugurazione proiettata al 2029. A ciò si somma il raffinato iter autorizzativo italiano — VIA, VAS, AIA — che ha il passo meditativo di un pellegrinaggio e la precisione di un orologio svizzero… dimenticato in fondo a un cassetto.

Come se non bastasse, il 31 luglio 2025 il Ministero della Cultura ha pensato bene di apporre un vincolo paesaggistico sulla “Campagna Romana”, riconoscendone il “notevole interesse pubblico”. Tradotto: per ogni intervento rilevante, serviranno permessi speciali. E se l’impianto o le infrastrutture dovessero cadere nella zona vincolata, l’agenda dei lavori potrebbe trasformarsi in un romanzo a puntate.

Alessandro Lepidini, portavoce del comitato No Inceneritore Santa Palomba, lo ha riassunto con puntualità chirurgica:

“Bisognava procedere prima con la VIA e solo dopo decidere se quell’area fosse idonea… invece hanno blindato tutto con un provvedimento straordinario che ha azzerato il dibattito. La mobilitazione è iniziata già da mesi e non si fermerà ad agosto.”

E non si parli solo di Santa Palomba: il respiro del progetto — si fa per dire — lambisce Pomezia, Albano Laziale, Ardea e arriva fino ad Aprilia. Un territorio già saturo di “attenzioni” ambientali che rischia di ricevere traffico, polveri e rumore, lasciando i benefici, come spesso accade, alla sola Capitale.

Gli abitanti non chiedono miracoli, ma fatti concreti: dati chiari, controlli seri e vincoli veri. Perché un camino industriale, una volta installato, non si restituisce con lo scontrino.

Roma sogna di respirare a pieni polmoni; qui, invece, ci chiediamo se sarà ancora aria ciò che respireremo… o se dovremo ringraziare per la “fragranza” di ultima generazione.

Luisa Paratore
13/08/2025
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