Scienza revocata per
decreto
Revoche
di massa: la scienza ridotta a scenografia politica
Esperti
rimossi con un decreto: la competenza trasformata in variabile
politica, la salute pubblica trattata come un copione da riscrivere.

Un tratto di
penna, ed ecco che il NITAG, Gruppo tecnico nazionale sulle
vaccinazioni, viene cancellato come se fosse un disegno sulla
sabbia. Non una sostituzione parziale, non una revisione puntuale:
tutti a casa, senza distinzione. Un gesto solenne, quasi teatrale,
che non può non far riflettere.
Che idea di
scienza si nasconde dietro una revoca collettiva? È davvero
pensabile che la competenza accumulata da anni di studi e ricerche
sia intercambiabile con la stessa facilità con cui si sostituisce un
assessore in giunta? Quale valore si attribuisce al metodo
scientifico, quel processo fondato su osservazione, ipotesi, verifica
e confutazione, se al suo posto si preferisce il metodo politico:
osservazione delle polemiche, ipotesi di opportunità, verifica
tramite sondaggi?
La medicina, che
dovrebbe essere scienza e arte della cura, viene ridotta così a
scenografia mutevole, pronta a cambiare volto a seconda della regia
istituzionale. Ma un Paese può davvero permettersi di trattare la
salute pubblica come un esercizio di casting, dove gli esperti si
selezionano non per merito ma per gradimento?
La storia insegna
che le verità scomode non hanno mai goduto di vita facile. Galileo
lo imparò a sue spese, e con Lui Ignác Semmelweis, il medico
che nel XIX secolo osò affermare che lavarsi le mani salvava vite.
Per la comunità accademica del tempo era un’eresia insopportabile,
al punto che Semmelweis venne screditato, isolato e infine internato
in manicomio. Oggi la sua intuizione appare ovvia, ma allora
disturbava l’ordine costituito. Oggi come allora, si preferisce
silenziare chi non rientra nei canoni piuttosto che accettare il
dibattito.
Che differenza
c’è, dunque, tra il manicomio di Semmelweis e la revoca del NITAG?
La forma è diversa, ma il principio sembra lo stesso: eliminare ciò
che è percepito come intralcio. Non importa se l’intralcio sia la
ricerca, la competenza, o il semplice pluralismo delle opinioni
scientifiche.
E allora, quale
messaggio si vuole trasmettere ai cittadini? Che la scienza è un
bene comune, patrimonio da difendere, o un bene di consumo,
spendibile e sostituib
Il rischio è di
confondere la ricerca con la propaganda, sostituendo l’evidenza con
la convenienza. Un gioco pericoloso, perché la scienza non è un
palco, né un apparato decorativo per i comunicati ministeriali. È
un processo rigoroso, lento, spesso scomodo. E senza di esso, resta
solo l’arbitrio.ile a piacimento? Che la competenza è un valore, o che basta un decreto per cancellarla?
Forse la prossima
scoperta scientifica non nascerà in laboratorio, ma direttamente in
Gazzetta Ufficiale.
Luisa Paratore
Roma 17/08/2025