Giustizia per gli animali:
la svolta che aspettavamo

Per decenni, chi torturava, uccideva o sfruttava animali poteva contare su una giustizia lenta, su pene lievi, su un sistema che non riconosceva la vittima per ciò che era: un essere senziente, capace di provare dolore, paura, solitudine. Ma dal 1° luglio 2025 l’Italia volta pagina. Con l’entrata in vigore della Legge n. 82, i reati contro gli animali diventano finalmente reati contro la vita e la dignità dell’animale stesso, e non più soltanto un’offesa al sentimento umano. Una svolta storica e civile, che segna l’inizio di una nuova consapevolezza.
Le pene si inaspriscono in modo netto: uccidere un animale comporta da sei mesi a tre anni di reclusione, che salgono a quattro in caso di sevizie, e sanzioni pecuniarie fino a 60 000 euro. Il maltrattamento prevede da sei mesi a due anni di carcere e multe fino a 30 000 euro, non più convertibili. La stessa severità si applica all’organizzazione di combattimenti: due-quattro anni di reclusione e sanzioni fino a 30 000 euro anche per chi vi partecipa o addestra gli animali a tale scopo. Viene punita anche la diffusione online delle sevizie, aggravando ulteriormente la pena se i fatti avvengono alla presenza di minori o coinvolgono più animali.
Una misura simbolica e concreta riguarda i cani: da oggi è vietato tenerli legati alla catena. Il divieto è assoluto su tutto il territorio nazionale, con multe da 500 a 5 000 euro e pene detentive fino a due anni. Viene sanzionato anche chi uccide, cattura o detiene esemplari di specie protette, con reclusione da tre mesi a un anno e ammenda fino a 8 000 euro. Un’altra grande conquista: gli animali sequestrati non potranno più essere soppressi, ma resteranno sotto custodia fino alla conclusione del procedimento giudiziario.
A garantire che questa legge non resti solo un elenco di buone intenzioni ci sono le guardie ecozoofile. Vere sentinelle del territorio, agiscono come pubblici ufficiali con qualifica di agenti di polizia giudiziaria, vigilano, indagano, denunciano. Addestrate, presenti, volontarie, coordinate con le forze dell’ordine e le istituzioni locali, sono spesso le prime a intervenire dove nessun altro arriva. Sono loro, in molti casi, a salvare cani denutriti, cavalli feriti, animali tenuti in condizioni inumane o costretti a combattere. E sono sempre loro a raccogliere prove, a fare relazione con veterinari, a dare corpo e voce alla legge.
Accanto a loro operano anche i Nuclei investigativi di polizia ambientale, agroalimentare e forestale dell’Arma dei Carabinieri, che agiscono con mezzi sofisticati e competenze specifiche in contesti complessi, dal traffico illecito di fauna al bracconaggio, dagli allevamenti clandestini agli ecoreati.
Questa legge segna una cesura tra il prima e il dopo. Non si parla più di “sensibilità”, ma di diritti. Non si chiede più solo empatia, ma giustizia. Non si tollera più l’ignoranza o la barbarie. Si punisce, si previene, si educa. E grazie al lavoro silenzioso, capillare e coraggioso di chi opera ogni giorno sul campo, si costruisce un Paese dove la civiltà non si misura solo nei tribunali, ma anche nello sguardo libero e rispettato di ogni essere vivente.
Luisa Paratore
04/08/2025
Fonti: ANSA, ANMVI, LAV, LifeGate, Wikipedia.