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ARIA NUOVA SULL'ILVA? - ETTORE LEMBO NEWS

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Aria nuova sull’Ilva?
La città attende, tra prescrizioni e promesse
di Luisa Paratore

Taranto si risveglia, ancora una volta, con una notizia sospesa tra la speranza e il dubbio. Il Ministero dell’Ambiente ha approvato l’Autorizzazione Integrata Ambientale “ponte” per lo stabilimento siderurgico ex Ilva, oggi gestito da Acciaierie d’Italia. Un documento tecnico di grande rilievo che, con le sue 470 prescrizioni, mira a contenere l’impatto ambientale di uno degli impianti più controversi del Paese. Si tratta di un’autorizzazione temporanea, che fissa un limite produttivo di 6 milioni di tonnellate annue di acciaio per dodici anni, e che sarà sottoposta a revisione già a partire da agosto, quando l’azienda dovrà fornire integrazioni documentali cruciali.

Le prescrizioni, elaborate con il contributo dell’Istituto Superiore di Sanità, impongono vincoli stringenti: dalla qualità dell’aria alle emissioni, dalla gestione dei rifiuti alla protezione delle fasce più vulnerabili della popolazione, come bambini e anziani. L’obiettivo è quello di rendere compatibile la produzione con la tutela della salute pubblica, trasformando lo stabilimento in un sito più sicuro e più sostenibile.

Ma la domanda che attraversa la città non riguarda tanto i numeri contenuti nei documenti, quanto la reale possibilità che questi diventino fatti concreti. La Regione Puglia, infatti, ha espresso parere negativo sulla nuova AIA, sottolineando le criticità legate al coinvolgimento degli enti locali e alle difficoltà pratiche nell’attuazione delle misure previste. Anche i comitati ambientalisti e molti cittadini hanno accolto la notizia con scetticismo, temendo che si tratti dell’ennesima tregua amministrativa destinata a rinviare decisioni fondamentali.

Nel frattempo, la città continua a convivere con l’impianto. Il quartiere Tamburi, simbolo di una ferita ancora aperta, resta il punto più esposto alle conseguenze di un inquinamento che non è mai stato solo ambientale, ma anche sociale e psicologico. Le ciminiere continuano a svettare sul mare, mentre l’aria resta carica di domande. Si può davvero parlare di svolta? Si può ancora credere che un equilibrio tra produzione industriale, salute pubblica e rispetto ambientale sia possibile?

Il dibattito che si apre ora è profondo e urgente. L’efficacia di un provvedimento così articolato si misurerà non sulla carta, ma nella vita quotidiana dei cittadini. Saranno rispettati i limiti imposti? Ci sarà trasparenza nei controlli? E ancora, le comunità locali verranno coinvolte nelle decisioni o resteranno, come spesso accaduto, spettatrici passive di scelte calate dall’alto?

A emergere è soprattutto una domanda più grande: cosa significa oggi “transizione giusta”? È davvero possibile immaginare un modello industriale che metta al centro la persona, l’ambiente, il lavoro e la salute in un equilibrio reale e duraturo? Taranto potrebbe essere il simbolo di questa sfida, ma solo se ciò che oggi viene annunciato con buoni propositi si tradurrà in un cambiamento misurabile, controllabile e, soprattutto, vissuto dalla città stessa.

Il rischio, altrimenti, è quello di tornare indietro. Di trasformare l’ennesima autorizzazione in un’occasione mancata, e le promesse in parole vuote. Perché Taranto, più che di nuove autorizzazioni, ha bisogno di risposte credibili, azioni coerenti e scelte coraggiose. Ha bisogno di poter tornare a respirare senza paura.
Luisa Paratore
18/07/2025
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